mercoledì, dicembre 24, 2025

I migliori album del 2025

Il mio meglio del 2025.
album che mi sono piaciuti e che ho ripetutamente ascoltato.

In passato i migliori album furono:

nel 2005 White Stripes, Oasis e Supergrass nel 2006 Bellrays, Capossela, Who e Beatles
nel 2007 Graham Day, Pj Harvey, Amy Winehose
nel 2008 Last Shadow Puppets, Oasis, Racounters
nel 2009 Madness, Dylan, Rancid
nel 2010 Gil Scott Heron, Paul Weller, Lanegan/Campbell
nel 2011 Beady Eye, PJ Harvey, Meat Puppets
nel 2012 Secret Affair, Neneh Cherry and the Thing, Macy Gray, Martha High, Patti Smith
nel 2013 Strypes, Miles Kane, Franz Ferdinand, Excitements, Julie's Haircut
nel 2014 Sleaford Mods, Damon Albarn, Temples, The Ghost of a Saber Tooth Tiger e Benjamin Booker
nel 2015: Paul Weller (fuori concorso), Kamasi Washington, Gaz Coombes, Ryley Walker
nel 2016: Iggy Pop, Fantastic Negrito, Motorpsycho, Myles Sanko, Last Shadow Puppets con Rolling Stones e David Bowie fuori concorso
nel 2017: Gospelbeach, Kamasi Washington, Paul Weller, Dream Syndicate, Liam Gallagher
nel 2018: Fantastic Negrito, Kamasi Washington, Gaz Coombes, The Good The Bad and the Queen, Spiritualized
nel 2019: Specials, Nick Cave and Bad Seeds, Dream Syndicate, Juliana Hatfiled, Chris Robinson Brotherhood
nel 2020: Bob Dylan, Bob Mould, Fantastic Negrito, Suzanne Vega, Gil Scott Heron/Makaya McCraven
nel 2021: Jon Batiste, Sleaford Mods, De Wolff, Coral, Sons of Kemet, Specials, Mdou Moctar
nel 2022: Fantastic Negrito, Viagra boys, Lazy Eyes, Suede razors, Black Midi
nel 2023: Jamie Branch, Teenage Fanclub, Noel Gallagher High Flying Birds, Tex Perkins and the Fat Rubber Band, Madness

nel 2024: The Prisoners, Judith Hill, X, Black Crowes, The Libertines

TOP 10

LITTLE SIMZ - Lotus
Il valore della rapper inglese è fin dagli esordi indiscutibile.
"Lotus" è il sesto album e ne conferma la costante evoluzione/contaminazione, tra funk, elettronica, hip hop, la stupenda, epica, drum and bass funk orchestrale della title track , jazz, spoken word.
Ogni brano è una scoperta, pieno di sorprese, suggestioni, riferimenti ma soprattutto denota una personalità unica e difficilmente eguagliabile. Grande album.

IGGY POP - Live at Montreux Jazz Festival 2023
Un live stupendo, impressionante sia per l'energia profusa che per il numero di brani che, magari ce ne siamo dimenticati, sono assurti a "classici": da "Tv Eye" a "Search and destroy", "Raw power", "I wanna be your dog" fino "Lust for life" e "The passenger".
In mezzo ai 17 brani anche altre gemme come "Gimme danger", "Loose", "Sick of you", "Nightclubbing" o "Five foot one". La sezione fiati colora a dovere molte canzoni (pur se talvolta è un po' fuori luogo).
Grande concerto e grande live.
PS: voce ancora perfetta.

NEW STREET ADVENTURE - What Kind Of World?
Torna la band di Nick Corbin dopo un lungo silenzio con un album di rara bellezza. Tanto soul, da quello più introspettivo alla Curtis Mayfield/Marvin Gaye, a impennate Northern ("Let Me Loose" farebbe saltare per aria ogni dancefloor), fino al torrido funk di "Everyone's A Music Maker" (roba tra Sly and the Family Stone e i Temptations di "Cloud Nine"). L'album che da anni vorremmo da Paul Weller (a cui l'estetica sonora e l'impronta vocale si avvicina parecchio). Stupendi arrangiamenti di fiati e archi, musicisti di pura eccellenza, canzoni semplicemente perfette. Non per niente il tutto è targato Acid Jazz Records.

BLACK EYES - Hostile Design
Torna a vent'anni dallo scioglimento e dal secondo album, la band di Washington, sempre per la Dischord Records e con la produzione di Ian McKaye (ex Fugazi e Minor Threat). Due batterie, basso, chitarra, sax voce stridente, sei brani per mezzora di musica, in cui si mischiano tribalismi, free jazz, post hardcore, dub. Una bomba di energia e creatività, un disco che sorprende e spiazza e di raro impatto. Spettacolari.

MAVIS STAPLES - Sad And Beautiful World
A 86 anni la Signora del Gospel/Soul riesce a regalarci ancora emozioni e brividi, con un album di estrema intensità e profondità. Dodici brani ripresi con una grazia e un cuore immensi, come da sempre ci ha abituati. L'introduttiva "Chicago" di Tom Waits lascia senza fiato, "We Got Have Piece" di Curtis Mayfield e "Anthemn di Leonard Cohen commuovono alle lacrime. Al suo fianco ospiti perfettamente adeguati comne Buddy Guy, Bonnie Raitt, Jeff Tweedy, Derek Trucks. Spettacolare.

LEN PRICE 3 - Misty Medway Magick
Venti anni di attività, una discografia corposa e un nuovo album travolgente per la band di Chatham. Il sound guarda esplicitamente al garage beat di matrice Prisoners ma anche direttamente ai Sixties di Who, Kinks e affini. Una ventata di freschezza, irruenza, riff crudi e immediati, grandi canzoni.

BOB MOULD - Here we go crazy
Capita sempre più di rado emozionarsi o commuoversi ascoltando nuova musica. Bob Mould è uno dei rari esempi che distrugge ogni barriera emozionale. Quella voce, quella chitarra, quella personalità unica che nel quindicesimo album solista riesce ancora una volta a lacerare cuore e anima, facendoci capire quanto siano stati "importanti quegli anni" e quanto gli Husker Du siano stati uno dei gruppi (punk) rock più straordinari mai avuti.

LITTLE BARRIE - & MALCOLM CATTO - Electric war
I silenti e dimenticati Little Barrie tornano dopo cinque anni ad affiancare il produttore e batterista Malcolm Catto degli Heliocentrics, per ripetere l'esperienza vincente di "Quatermass Seven". Gli otto brani del nuovo album sono un avvolgente mantello tessuto a rock, funk, jazz e psichedelia, suonato con un approccio "jam live in studio", diretto e spontaneo. Disco molto bello, Hendrixiano, bluesy,e groovy.

PAUL WELLER - Find El Dorado
"Sono canzoni che porto con me da anni. Hanno assunto nuove forme nel tempo. E ora mi è sembrato il momento di condividerle." (Paul Weller)
Paul Weller ha sempre avuto una particolare predilezione per le cover di cui ha infarcito il suo repertorio, molto spesso nelle B sides dei 45 giri o nelle bonus tracks dei dischi.
Abitualmente le sue reinterpretazioni (tra Jam, Style Council, carriera solista, collaborazioni esterne) sono sempre state piuttosto fedeli agli originali.
Aveva già dedicato l'album "Studio 150" a una serie di brani preferiti, nel 20024, ma con risultati non esaltanti.
Ci riprova ora con 15 canzoni particolarmente oscure, spesso sorprendenti, fin da far sembrare l'album come un lavoro di inediti.
Il mood generale è acustico, con predilezione per folk inglese e irlandese con qualche digressione blues e soul.
Anche in questo caso le reinterpretazioni sono abbastanza fedeli, eseguite sempre con estrema passione e intensità.
Si parte con la ballata blues Handsout In The Rain di Richie Havens, tratta dal suo album del 2002 "Wishing Well", in una versione piuttosto simile. Più veloce e ritmata dell'originale, con una sezione fiati finale che rende questa altra ballata semiacustica più funk è "Small Talk Town" del cantautore americano Bobby Charles, composta con Rick Danko della band e uscito nel 1972. Molto gradevole.
Ancora una ballata acustica con una leggera orchestrazione e piccoli tocchi in fase di arrangiamento.
Alla chitarra c'è Noel Gallagher per rifare "El Dorado" di Eamon Friel scritta originariamente per il film del 1986 ‘The Best Man’ di Joe Mahon con Seamus Ball.
La rielaborazione è più complessa della ballata scarna e minimale dell'autore Nord Irlandese.
Si torna al 1971 con un country rock dal ritmo sostenuto, dal terzo album dei Flying Burrito Brothers dell'ex Byrds Chris Hillman.
"White Line Fever" è un brano composto e inciso nel 1969 dal re del country Merle Haggard. Il brano suona molto bene, pure inusuale nel repertorio di Weller, molto ispirato nel riproporlo.
'One Last Cold Kiss' scritto da Gail Collins e l'ex Mountain Felix Pappalardi era nell'album "Traveller" del 1999 di Christy Moore in chiave folk con insert elettronici e un'atmosfera molto cupa. Qui prende le sembianze di un traditional folk irlandese, affiancato dalla voce della cantautrice Amelia Coburn.
Molto bello.
Poco significativa "When You are a King" del 1971, dei White Plains, piuttosto melliflua e superflua, con archi e chitarra acustica. Perfettamente nelle corde Welleriane la successiva "Pinball" del musicista e attore Brian Protheroe, singolo del 1974 che potrebbe tranquillamente trovarsi su un qualsiasi album di Paul del primo periodo solista.
Willie Griffin, soul man Texano ha lasciato, nel 1984, il singolo "Where There’s Smoke, There’s Fire" , brano piuttosto debole nella versione origianale, a cui Weller restituisce verve, ritmo, energia, un pulsante groove quasi Northern Soul. Operazione riuscita.
La ballata mielosa "I Started a Joke" dei Bee Gees, tratta dal loro album "Idea" del 1968, viene inondata ancora di più da una cascata di melassa con archi, piano e chitarra acustica. Evitabile. Tanto quanto la successiva "Never The Same" di Lal and Mike Waterson. Debole nell'originale, poco significativa in questo nuovo arrangiamento.
Arriva per fortuna il top dell'album, una favolosa e spettacolare versione di "Lawdy Rolla" pubblicata dai francesi Guerrillas (che si avvalsero della collaborazione del sax di Manu Dibango).
"Nobody's Fool" è firmata da Ray Davies ma non fu mai incisa dai Kinks. una serie della ITV. Sigla della seconda stagione di una serie televisiva venne accreditato ai Cold Turkey. Si sente la mano di Ray e quanto Weller sia in grado di prenderne l'eredità. Uno dei vertici dell'album.
"Journey" è un buon brano di folk rock di Duncan Browne del 1970, reso in chiave più sostenuta e souleggiante. Non male.
Il brano più recente è di cinque anni fa, inciso da P.P.Arnold, "Daltry Street", scritto da Jake Flecther che fu anche chitarrista con gli Specials. Carina l'interpretazione Welleriana ma nulla di indimenticabile.
Scritta dal membro dell'Incredible String Band, Clive Palmer per il folk singer scozzese Hamish Imlach "Clive's Song" chiude al meglio l'album, in duetto con Robert Plant. Folk blues della migliore qualità.
Come ci ha abituati da molto tempo, gli ultimi suoi album non lasciano tracce indelebili (soprattutto in questo contesto di sole cover) ma sono sempre di ottima qualità. Non resterà nei vertici della sua produzione.

CARDIACS - LSD
Ho avuto poche opportunità di seguire la band di Tim Smith, prematuramente scomparso nel 2020. L'ultimo album, completato postumo, è una valanga di idee, psichedelia, somma di influenze (a caso possiamo identificare XTC, Gong, King Gizzard and the Lizard Wizard, Devo, prog, attitudine punk e mille altre cose) che stordiscono per la loro sorprendente varietà, capacità di annullare ogni riferimento prevedibile. Difficile trovare un altro disco vagamente simile. Lascia senza fiato.

GLI ALTRI

THE NEW EVES - The New Eve is Rising
Le recensioni di questo esordio del quartetto tutto femminile inglese si sbizzarriscono in definizioni e paragoni. Hanno tutti ragione: Patti Smith (del primo periodo, soprattutto), Raincoats, Fall, Pixies. Io aggiungerei Slits, Velvet Underground, lo sciamanesimo dei Goat, Poison Girls, folk psichedelico inglese dei 60/70. Ma sono sicuro che ogni ascoltatore potrà trovare altre cose. Sorprendente, sanguigno, travolgente.

BIG SPECIAL - National Average
Il duo inglese fa di nuovo centro con un secondo album muscolare in cui il post punk si mischia a hip hop alla Sleaford Mods e Beastie Boys, blues, un gospel bastardizzato, funk, assalti punk, drammatiche ballate dai toni apocalittici. Notevole, grande band.

KAE TEMPEST - Self Titled
KAE TEMPEST ha concluso la sua transizione ed è diventatO ciò che ha sempre desiderato.
Si racconta e ne parla nel nuovo "Self Titled", che vaga tra elettronica, hip hop, rap ma con anche una buona e fresca dose di pop "contaminato". A dare una mano, di spessore, Neil Tennant, Young Fathers, Connie Constance, Tawiah.
"Statue in the square" rimane il punto più alto, "Hyperdistillation" si ammanta di funk, "Sunshine on catford" di volute nu soul. Una presenza indispensabile nella musica odierna.

BONNIE DOBSON & the HANGING STARS - Dreams
Gli Hanging Stars sono una band inglese innamorata di certa psichedelia di gusto Byrdsiano e dintorni (molto genericamente), Bonnie Dobson è l'autrice di "Morning Dew", classico folk-rock dei Sixties.
La cosa stupefacente è che lei ha 85 anni, una voce ancora pulitissima, suadente, lirica, che ricorda Grace Slick).
Un disco che riconcilia con la bellezza della vita, under difficult circumstances...
Bello ma tanto.

RINGO STARR - Look up
Torna Ringo con un album, contravvenendo alla decisione di non farne più, dopo l'ennesimo sciapo lavoro, "What's my name" del 2019, dedicandosi invece a 5 ep di quattro brani ognuno, molto più efficaci, gustosi e immediati.
T-Bone Burnette lo ha convinto a ritornare sui suoi passi componendo 11 canzoni (che ha anche brillantemente prodotto) in chiave country, ambito sonoro che il batterista ha sempre adorato.
La mano di Burnette si sente, eccome, con suoni puliti ma grintosi, moderni e mai adagiati sul passatismo. Registrato tra Nashville (ovviamente) e Los Angeles, troviamo Ringo che suona come sempre sempre preciso e canta con convinzione e partecipazione, gli arrangiamenti sono perfetti, le canzoni di alta qualità tra classicismo e sferzate più rockeggianti (vedi l'iniziale "Breathless", "Never let me go" più di sapore blues o "Rosetta" in chiave funk rock blues).
A dare una mano nuove leve del country e affini come le Larkin Poe e le Lucius, Alison Krauss (già a fianco di Robert Plant), Molly Tuttle e Billy String.
A 84 anni realizza uno dei suoi migliori album (con "Ringo", "Time takes time" e "Vertical man") con una freschezza encomiabile.

THE WHO - Live at Oval 1971
Poderoso live degli WHO, registrato il Il 18 settembre 1971 davanti a 35.000 spettatori al "Goodbye Summer: A Rock Concert in aid of Famine Relief for the People of Bangladesh" nello stadio di cricket The Oval di Kennington, South London.
In "Live a the Oval 1971" ci sono quindici brani di cui cinque dall'appena uscito "Who's Next", due da "Tommy" e materiale sparso.
La band è all'apice della forma, Keith Moon funambolico e precisissimo, Roger Daltrey con una voce potentissima, John Entwistle che suona come un'orchestra e Pete Townshend che dimostra la sua versatilità tanto ritmica quanto solista.
Freschezza, hard, blues, soul, un treno in corsa, con usuale distruzione degli strumenti finale.
Registrazione più che buona (rispetto ai bootleg in circolazione), materiale remixato da nastri analogici multitraccia originali a otto piste.

ROBERT PLANT - Starving Grace
Il cammino solista di Plant è sempre stato all'insegna della raffinatezza, ricerca, omaggio alle sue radici blues, folk, country, gospel, in varie declinazioni e sempre arricchito da preziose collaborazioni. Non fa eccezione questo nuovo, pregevole, lavoro, in cui omaggia vecchie canzoni blues e folk ma si apprpria anche di uno stupendo brano dei Low. Grande.

WATERBOYS - Life, Death and Dennis Hopper
Sempre avuto scarsa considerazione e attenzione per i Waterboys, soprattutto dopo averli visti aprire ai Pretenders il 1° giugno 1984 a Milano al Festival dell'Amicizia (la festa dei democristiani...andai, in incognito, per amore di "Learning to crawl" di Chrissie Hynde & co., uno dei miei album da isola deserta).
Il nuovo disco mi ha incuriosito per il concept dedicato a uno dei miei attori preferiti, DENNIS HOPPER.
Un disco sorprendente, un'ora di musica, 25 brani (di cui una decina brevi intermezzi di un minuto/due, spesso un po' inutili), in cui spaziano da rock classico a Bob Dylan, da momenti alla Who, pause in stile Burt Bacharach, country rock, ospiti come Bruce Springsteen, Fiona Apple, Steve Earle, episodi esagerati ("frank, let's f**k", insopportabile). Tanta roba, troppa, ma mi affascinano questi tour de force artistici, questo rischio (in)consapevole di fare il passo troppo lungo, questi "London calling/Sandinista/White Album".
Un album intrigante nella sua ridondanza.
Complimenti al coraggio.

TY SEGALL - Possession
Non mi aveva mai appassionato più di tanto. Il nuovo album è invece sorprendente con tutte quelle volute psichedeliche, proto prog, garage, Beatles, freakbeat, Marc Bolan, blues, senza mai risultare accademicamente revivalista. Una sorta di Beck più immerso in quelle radici, meno propenso (solo apparentemente) all'innovazione. Il risultato è eccellente, il disco passa tranquillamente in decine di riascolto senza mai stancare, anzi, dando ogni volta il senso di scoperta di cose nuove.

SUZANNE VEGA - Flying With Angels
Assente da lungo tempo dalla discografia Suzanne Vega torna con un album davvero bello, vario, pieno di suggestioni sonore e testi combattivi che guardano con lucidità alla triste e complicata attualità (la struggente "Last Train to Mariupol").
Al classico folk rock affianca elementi soul (stupenda "Love Thief"), un inaspettato (quasi) garage punk rock in "Rats", un esplicito omaggio a Dylan ("Chambermaid" rilegge "I Want You").
Consueta classe, innata eleganza, voce inconfondibile, espressività al top.

M ROSS PERKINS - What's the Matter, M Ross?
Al quarto album il cantautore dell'Ohio ci porta in un mondo profondamente Beatlesiano, a tratti in modalità calligrafica, ma che si concede anche a power pop, beat, boogaloo, tocchi di pop psichedelico. L'approccio è però molto personale, costantemente "folle" e alla fine originale. Una piacevolissima sorpresa.

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