

Mauro Pagani è uno dei musicisti italiani di maggiore rilievo, passato dalla PFM, alla collaborazione con Fabrizio De Andrè in "Creuza de mà" e "Nuvole" al posto di direttore artistico del Festival di Sanremo nel 2014 e 2014, giusto per citare alcune delle sue vette artistiche e mediatiche.
Più difficile ricordarlo nello splendido, dimenticato omonimo esordio solista del 1978 in cui, nell’arco di otto brani, viaggia tra jazz, fusion, sperimentazione e sonorità mediterranee accompagnato dal meglio della musica italiana: in “Europa minor” e “L’albero di canto 1” ci sono gli Area al completo, mentre nell’affascinante “Albero di canto 2” divide il suo violino con una strabiliante prestazione della voce di Demetrio Stratos.
Ne “La città aromatica” ritrova tutti gli amici della PFM, mentre è Teresa De Sio a timbrare a fuoco “Argiento”.
Ma ci sono anche Walter Calloni e il chitarrista folk Luca Balco, Roberto Colombo, Mario Arcari (di lì a poco alla corte di Ivano Fossati), Vivaldi e Minieri del Canzoniere del Lazio e Carnascialia.
Il disco è di una bellezza incredibile, in largo anticipo sulla cosiddetta world music mischia attraverso l’utilizzo di strumenti etnici (mandolino e bouzuki su tutti) , musica cameristica, popolare, mediterranea, asiatica, sarda, mediorientale.
La chiamata di Fabrizio De André a collaborare a "Creuza de mà" non sarà casuale.
Erano tempi in cui la MUSICA ITALIANA sperimentava, guardava avanti, soprattutto facendo riferimento alla propria cultura, storia, tradizione, creava, era esempio e faro per l’estero, anticipando tendenze e nuove correnti.
Erano tempi in cui c'erano musicisti prodigiosi, di una preparazione tecnica e culturale strabilianti.
Onore a Mauro Pagani, musicista ed eccelso creativo.
Da un'intervista a Michele Manzotti del 2005:
Già quando ero parte della Premiata Forneria Marconi ebbi un colpo di fulmine per le sonorità del Mediterraneo.
Nel 1974-75 frequentavo Moni Ovadia che si interessava di musica tradizionale, come quella balcanica e le sue derivazioni turche. Con Demetrio Stratos ho condiviso l'amore per le sonorità bulgare che allora non erano ancora conosciute.
I dischi erano rari, ce li prestavamo tra noi.
Quindi avevo conosciuto il Canzoniere del Lazio, il gruppo di musicisti romani che si interessava di musica popolare; e ricordo anche Roberto de Simone in piena attività.
C'era tutto il segnale di recupero della cultura italiana.
In fondo la grande forza di questa nazione è quella di essere formata da mille ''città stato'' che di malavoglia si sono unite insieme: basti pensare alla meravigliosa varietà della lingua italiana che cambia appena attraversiamo un ''torrentello''.
E' una cultura estremamente creativa in cui i grandi temi sono quelli che derivano dalla Grecia antica, dalla Magna Grecia.
Ed ero incuriosito da ciò che definisco ''i figli illegittimi della dominazione turca'' che sono rimasti nei Balcani 400 anni, oltre ai paesi del medio Oriente, Libano, Palestina, Africa del Nord, con la loro complessità e lo scontro continuo tra la cultura autoctona e quella della dominazione turca o araba.
A noi tutti questo era piaciuto tantissimo e nel 1978 avevo buttato giù materiale per un primo disco, che più di un album finito era una sorta di manifesto di intenzioni.
L'avevo, scambiato con 2 album degli Area. C
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