martedì, settembre 27, 2016
Nel ventre della bestia di Jack H Abbott
Libro tremendo, spietato, dove l'orrore non ha mai fine.
Jack H Abbott ci porta nell'infermo delle carceri americane dei 70's dove il prigioniero perde qualsiasi diritto ed è alla completa mercè dei carcerieri aguzzini.
Abbott non fa nulla per migliorare la già precaria situazione, si ribella in continuazione e diventa oggetto di ogni angheria, anche la più estrema, raccontata con spietatezza e dovizia di terribili particolari, tra privazioni sensoriali, torture, fame, sete, abuso indotto di psicofarmaci.
Abbott nel 1977, appreso che lo scrittore Norman Mailer stava lavorando a "The Executioner's Song" un libro basato sulla vicenda della condanna a morte di Gary Gilmore, gli scrisse offrendogli il suo aiuto per spiegargli come la prigionia cambia le persone.
Attraverso una lunga serie di lettere descrisse in maniera drammatica una realtà inconcepibile (a St. Quentin i giovani medici si allenavano lavorando sulle ossa spezzate dei detenuti, venivano sperimentati su di loro farmaci di vario tipo, raffinate forma di trtura psicologica, isolamenti di mesi nel buoi totale etc).
Mailer le fece pubblicare nel 1981 e "Nel ventre della bestia" diventa un best seller e un caso giudiziario, per il quale sono in molti a spendersi per dare ad Abbott una seconda possibilità.
Abbott alla fine venne rilasciato in libertà condizionale nel giugno del 1981. Quaranta giorni dopo Abbott uccide a coltellate un cameriere a New York per un banale alterco.
Datosi alla fuga venne catturato in Louisiana poche settimane dopo; processato, fu condannato a scontare altri 15 anni di prigione.
La mattina del 10 febbraio 2002 si è tolto la vita impiccandosi in cella.
Un lavoro che si affianca in maniera speculare allo splendido "Il vagabondo delle stelle" di Jack London scritto nel 1915 e che, in maniera romanzata ma non troppo (si ispira ad una serie di colloqui con carcerati), narra degli stessi orrori a cui è soggetto un prigioniero che riesce però ad astrarsi e a volare con il pensiero.
“Il tempo scende sulla tua cella come il coperchio di una bara in cui sei disteso e che guardi chiudersi lentamente su di te”
“Nessuno si aspetta da me che diventi un uomo migliore in carcere.
E allora perché non dirlo: lo scopo è farmi a pezzi, distruggermi completamente.
Lo scopo è marchiarmi a vita, con il marchio di quella bestia che loro chiamano prigione.
A un uomo, quando viene messo in prigione, è portata via la sua esperienza di società, è portata via l’esperienza di un pianeta vivo di cose viventi”
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L'ho preso alla sua uscita (1982)prestandolo a più compagni al liceo. Spietato.
RispondiEliminaC
Lo lessi durante il periodo universitario (fine anni ottanta) quando mi sono dedicato per un lungo periodo all'universo carcerario; sarebbe da lettura obbligatoria nelle scuole, anche perché pure nelle prigioni italiane sono stati perpetrati crimini ed abusi di ogni genere, in particolare con l'istituzione dei famigerati carceri speciali.
RispondiEliminaGianluca
Anch'io lo comprai all'uscita e mi è rimasto "dentro".
RispondiEliminaPurtroppo (è cronaca) non di rado queste cose accadono da noi (e in qualsiasi carcere del mondo).