lunedì, maggio 08, 2023

Rock e Nativi Americani


Riprendo l'articolo che ho scritto domenica per "Libertà" dedicato ai musicisti rock di origine Nativa Americana.

Quando si parla di “musica tradizionale americana” si fa diretto riferimento al country o alla sua forma più antica, la cosiddetta “old time music”, retaggio di quella portata dai coloni britannici e francesi dalle prime immigrazioni in poi.
Oppure al blues, la musica che si “inventarono” gli schiavi africani deportati con le navi negriere dal 1.619, quando a Point Confort, in Virginia, nella prima colonia inglese, arrivò la fregata White Lion con venti uomini di origine africana, rapiti dalla loro terra.
Privati della loro identità, lingua, cultura, storia, gli afroamericani dovettero ricostruire anche la loro musica, soprattutto a causa della proibizioni di usare strumenti percussivi, caratteristica peculiare della composizione africana, per impedire di comunicare in quel modo tra piantagioni diverse.

Gli schiavi neri sostituirono i tamburi con il battito di mani e piedi (che non riusciva però ad arrivare particolarmente lontano, a livello di volume) e imbracciarono le chitarre, mantenendo vive le radici che si diluirono progressivamente, fondendosi con quelle dei coloni europei, con i quali, seppure a diversissimo livello sociale e di condizione, forzatamente convivevano.

In tutto questo i veri americani, gli originali possessori del suolo, della terra, fiumi, montagne, boschi, i cosiddetti “indiani” ma in realtà più correttamente definiti Nativi Americani, svolsero un ruolo assolutamente marginale.
Vessati, sterminati, costantemente ingannati, massacrati, schiavizzati, rinchiusi in gabbia (le riserve).
La musica e cultura ridotte ad accessorio secondario, sorta di curioso esempio di folk, raramente approfondite e studiate, se non da cultori e amanti delle radici sonore di un continente dalle mille sfaccettature, diventato in pochi anni un inquietante esempio di omologazione, in cui ogni luogo è simile all’altro.

La cultura degli abitanti originari del Nord America non compare quasi mai nelle storie popolari della musica americana, partendo dal presupposto che la terra, poi abitata dagli europei e dai loro schiavi fosse stata principalmente priva di persone precedenti, arte e cultura.

L'Africa e le isole britanniche erano viste come le uniche fonti possibili della musica che si è evoluta da quel luogo e da quel tempo.
La possibilità che le tradizioni musicali dei popoli indigeni possano essere centrali per l'armonia americana non è mai stata considerata.

Se si ascolta un brano del 1928, “Indian Tom Tom” della Indian String Band troviamo, ad esempio, un perfetto connubio di blues, country e musica tradizionale Nativa. Dimenticando anche le differenze spesso profonde, sia a livello estetico, sociale e culturale, che c’erano tra le centinaia di tribù e popolazioni indigene.

In questa sede si vuole rendere omaggio a quegli artisti più affini al rock che hanno origine nei Nativi Americani.
In molti casi hanno reso questo loro retaggio esplicito, in molti altri è stato meno evidente.

Chi ne è sempre stato orgoglioso è l’attore Johnny Depp, peraltro buon chitarrista e molto vicino all’ambiente rock con i suoi Hollywood Vampires e varie collaborazioni, tra cui quella con l’amico, recentemente scomparso, Jeff Beck.
Nel 2012 è stato adottato dalla nazione Comanche, dopo avere interpretato la parte di un Nativo in un film della Disney.
Non a caso i Comanche sono sempre stati tra i più inclusivi, accettando senza problemi tra le loro fila anche membri di altre etnie. Johnny Depp ha dichiarato:
"La mia bisnonna era un po' nativa americana, è cresciuta Cherokee o forse Creek Indian.
Ha senso visto che veniva dal Kentucky, che è pieno di Cherokee e Creek"
.

Tra i personaggi più famosi Jimi Hendrix, oltre a una chiara discendenza afroamericana e a una meno evidente irlandese, aveva una nonna con sangue Cherokee.
Per il suo secondo album “Axis. Bold as love” dichiarò di essersi ispirato a uno stile “americano e indiano”.
Il grafico Roger Law inserì nel disegno di copertina un disegno religioso indiano tra le divinità Vishnu e Krishna.
Hendrix non ne fu del tutto soddisfatto “Vidi l’immagine e pensai: È grande!, ma dovevano mettere un indiano americano. Nessuno di noi tre ha nulla a che fare con quella copertina”.

Il personaggio più significativo della nostra storia è probabilmente John Trudell.
Cresciuto in estrema povertà in una riserva Sioux, figlio di padre Santee e madre indio messicana, divenne portavoce ufficiale dell’American Indian Movement dal 1973 al 1979.
Quando, per protesta contro le discriminazioni subite dai Nativi, brucia una bandiera americana a Washington, dodici ore dopo la sua casa nella riserva di Paiute Shoshone, in Nevada, viene data alle fiamme e la moglie e due figli trovano un’atroce morte, senza che la polizia indaghi mai su cause e colpevoli.
Nel 1985 incontra Jesse Ed Davis, un chitarrista Kiowa che suona con Clapton, Dylan, John Lennon, Jackson Browne e incomincia una proficua carriera discografica con album di grande spessore politico e sociale (“Aka Graffiti Man” in particolare) e collaborazioni con Neil Young e Willie Nelson, tra le tante.
Muore nel 2015 per un brutto male, dopo avere lasciato significative testimonianze di una vita votata alla giustizia sciale e per i suoi consanguinei.

Robbie Robertson è stato il geniale chitarrista e compositore della Band, grande gruppo canadese, a lungo a fianco di Bob Dylan.
Figlio di una Cayuga e Mohawk, ha svolto un accurato lavoro di ricerca sulla musica dei nativi americani, culminato con l’affascinante “Music for the Native Americans” del 1994 e colonna sonora dell’omonimo documentario.

Buffy Saint Marie è una cantautrice canadese Creek, prima nativa a vincere un premio Oscar (nel 1983 con la canzone “Up where we belong” per il film “Ufficiale e gentiluomo”).
Nata nel 1941, venne strappata ai genitori e affidata dal governo canadese a una famiglia americana per essere “educata” al di fuori della sua cultura originaria.
Si laureò con il massimo dei voti e incominciò una proficua carriera musicale che le ha dato grandi soddisfazioni, vantando una serie di eccellenti canzoni oltre a una lunghissima lista di onorificenze.
Ha fondato varie scuole e finanziato organizzazioni filantropiche e no profit per il supporto dei Nativi nord americani.

Link Wray è stato uno dei grandi innovatori della chitarra rock ‘n’ roll, uno dei primissimi a usarla con la distorsione nel brano “Rumble”, inciso nel 1958, unico strumentale a essere censurato dalle radio statunitensi proprio per un suono non conforme.
Di origine Shawnee, crebbe nel Nord Carolina in condizioni di estrema povertà e spesso vittima, con la famiglia, dei soprusi del Ku Klux Klan.
“Dallo sceriffo a tutti i poliziotti erano membri del KKK e se non tenevi la testa bassa ti avrebbero appeso a un albero e ucciso”.
Tra i suoi brani più famosi “Comanche”, “Apache” e “Shawnee”.

Chaka Khan è stata una grandissima esponente della black music, portando anche la nomea di Regina del Funk, collaborando con grandi nomi come Ray Charles, Quincy Jones, Ry Cooder e vincendo dieci Grammy Awards.
Nella sua genealogia c’è un’origine Blackfoot che ha spesso esibito sul palco con costumi mozzafiato.

La lista di nomi è ancora lunga e complessa, spesso poco conosciuta.

A partire dai Redbone, autori di alcuni ottimi successi negli anni Settanta, con componenti provenienti da Messico, Yaqui e Shoshone. Redbone è un termine cajun che significa mescolanza di razze.
Dalla Florida arrivano i Blackfoot, band di rock duro i cui componenti sono di provenienza Cherokee, Sioux e Cree e che ha sempre utilizzato costumi di scena con chiari riferimenti alle loro origini.

Il batterista Randy Castillo, a fianco di Ozzy Osbourne, Motley Crue, Lita Ford aveva sangue Apache.

Gli XIT operarono negli anni Settanta in New Mexico, incidendo un album dedicato alla vita dei Nativi americani, alle difficoltà e ai cambiamenti incontrati durante la conquista delle Americhe.

Antiche discendenze anche per il grande cantautore Willy DeVille (nei Pequot) che si esibì anche in costumi dedicati alle sue origini.

E infine il ricordo personale dell’attività dei “miei” Not Moving con i quali, negli insospettabili anni Ottanta, supportammo numerose iniziative per fare conoscere la pessima situazione dei nativi americani, per aiutare la precaria condizione dell’attivista Leonard Peltier, ingiustamente improgionato, collaborando in maniera stretta con il poeta Cheyenne Lance Henson che partecipò anche a un nostro disco.

Quella dei Nativi americani è una lotta continua per la sopravvivenza e il riconoscimento di diritti, ancora oggi negati e continuamente ostracizzati. Come urlava prima di ogni battaglia Cavallo Pazzo, della tribù Ogalala: “Hoka Hey!” ovvero “Avanti uomini, è un buon giorno per morire” (da cui deriva la parola più usata al mondo insieme al nostro “Ciao”: OK).

8 commenti:

  1. Anonimo delle 12:42

    Se non sbaglio pure cher

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  2. John Trudell è ampiamente citato e pure in foto

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  3. Cher si è solo vestita da Nativa ma non ha alcun retaggio

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  4. Anonimo delle 12:42

    Cher ha origini cheroke.

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  5. Anonimo delle 12,42

    No. Chiedo perdono https://www.google.com/amp/s/www.aaanativearts.com/the-controversy-of-cher-s-heritage/amp

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  6. anonimo delle 12:42

    https://www.aaanativearts.com/johnny-depp-guesses-he-has-cherokee-or-maybe-creek-ancestry

    manco jhonny dep

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  7. Johnny Depp è stato adottato dai Cherokee e gli piace credere di avere una discendenza: "La mia bisnonna era un po' nativa americana, è cresciuta Cherokee o forse Creek Indian.
    Ha senso visto che veniva dal Kentucky, che è pieno di Cherokee e Creek".

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