giovedì, luglio 28, 2022
Get Back. Dischi da (ri)scoprire
Speciale THE STRANGLERS.
Una delle band più originali e anomale uscite dalla scena punk, alla quale sono stati tangenti in virtù di un sound e un approccio filosofico/estetico poco ortodosso perfino in un ambito in cui la regola era che non ci fossero regole.
Aggressivi tanto quanto romantici, oscuri, esoterici, raffinati, hanno continuato ad evolversi e a cambiare riuscendo a mantenere intatta la loro riconoscibilità artistica.
Rattus Norvegicus (1977)
No more heroes (1977)
Black and white (1978)
Live (X)cert (1979)
La trilogia "punk" mette le carte in tavola le caratteristiche sonore peculiari della band: basso roboante, voce in equilibrio tra lo sguaiato e ricami melodici, tastiere doorsiane, batteria metronomica, testi provocatori e scarsamente "politically correct" (arriveranno accuse di fascismo - JJBurnell aveva militato nell'estrema destra- e misoginia mai, astutamente, smentite), vari guai con la legge, concerti aggressivi. Tre album in un anno, minacciosi, originali, potenti, alcuni classici destinati a entrare nella storia ("No more heroes", "Hangin around", "Peaches", "Nice and sleazy" tra le altre).
Il furioso live chiude simbolicamente la prima parte di carriera, pur essendo un lavoro un po' confuso dal semplice valore di testimonianza di un'epoca.
The Raven (1979)
The Meninblack (1981)
Il passaggio dalla dimensione più ruvida a una più matura, intellettuale e con sonorità vicine a new wave ed elettronica, ritmiche meno furiose e più sintetiche. Rimane il piglio degli esordi ma più stemperato e ricercato con spazio a sperimentazione.
I testi guardano a mitologia, esoterismo, alieni (The Meninblack è un concept su visitatori da altri pianeti e visioni bibliche). JJ Burnell dichiarerà che "The meninblack" è frutto delle loro esperienze conl'eroina. Più tradizionale "The raven", decisamente anomalo "The Meninblack".
La Folie (1981)
Scottata dallo scarso successo dei precdenti due album la band devia ancora, questa volta verso una dimensione (apparentemente) più pop.
In realtà il tono rimane sempre rivolto alla sperimentazione, all'elettronica, al kraut rock pur se con atmosfere più soft e gradevoli, in particolare nella epica "Golden brown" che consegna loro un grandissimo successo (nonostante sia un brano dedicato all'eroina...).
Feline (1983)
Un piccolo capolavoro che sposta le coordinate sonore della band un passo oltre. Sinuose ballate elettroniche, eleganza, raffinata decadenza Loureediana, atmosfere sensuali.
Aural Sculpture (1984)
Dreamtime (1986)
10 (1990)
Nonostante qualche buon colpo piazzato qua e là ("Always the sun", "So nice in Nice", "Sweet small of success") gli ultimi tre album con il chitarrista e cantante Hugh Cornwell sono episodi piuttosto confusi. Batterie programmate, sonorità sempre più sintetiche, arrangiamenti pomposi ed enfatici, scarsa ispirazione.
Stranglers in the night (1992)
About time (1995)
Coup de grace (1998)
Hugh Cornwell lascia la band che riparte da Paul Roberts alla voce e John Ellis (ex Vibrators, Peter Gabriel, Peter Hammill). I risultati non sono di particolare rilievo. Il cambiamento ha trasformato la band in una normale rock band che conserva solo vaghi riferimenti all'antica personalità. Gli album sono di una povertà d'ispirazione sconfortante, la band è, discograficamente allo sbando.
Norfolk Coast (2004)
Suite XVI (2006)
Giants (2012)
Dark matters (2021)
Perse ormai le speranze di ritrovare una band ormai persa, sei anni dopo l'ultimo album JJBurnell riprende le redini del convoglio e con il nuovo chitarrista Baz Warne che aveva sostituito John Ellis restituisce dignità allo storico nome con un album di buona qualità come Norfolk Coast, ottimi brani che tornano a fare ascoltare le caratteristiche che avevano reso famoso il gruppo. Niente di indimenticabile ma brani grintosi, diretti, minimali.
Stesso discorso per Suite XVI e che segna l'uscita, polemica, di Paul Roberts dal gruppo. Si torna alle origini, con freschezza, buona canzoni a la giusta attitudine. Effetto ribadito nell'ottimo Giants del 2012. Anche Dark matters, pubblicato nove anni dopo il precedente, il primo senza il batterista ultra ottantenne Jet Black, ritiratosi dalle scene, l'ultimo con il tastierista Dave Greenfiled, morto per Covid poco tempo prima, è un ottimo lavoro.
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Ascolterò in vacanza all'hotel alpi di siusi https://www.alpedisiusi.com/it/seiseralm-plaza.html
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