lunedì, ottobre 12, 2020
La musica ai tempi del Covid
Si è parlato a lungo dei danni, spesso irreparabili, all'economia dello spettacolo causati dalla pandemia, purtroppo ancora in corso e con segnali poco incoraggianti riguardo a una fine imminente.
Il governo e una serie di artisti si sono vagamente mossi con promesse, sussidi, buone intenzioni, eventi (spesso finalizzati all'autopromozione più che all'aiuto effettivo delle maestranze e degli addetti allo spettacolo).
I nodi stanno venendo drammaticamente al pettine.
La recondita e ottimistica speranza che fosse tutto finito e che la normalità stesse per tornare, si sta letteralmente schiantando contro una realtà che lascia poco spazio a felici aspettative.
Si preannunciano un inverno e una primavera senza concerti, per i quali, se “andrà tutto bene” sembra più probabile dovere attendere la prossima estate. Le conseguenze sono devastanti per un settore già da tempo in bilico e in crisi. Le cifre sono impressionanti.
In Italia, 250.000 famiglie hanno perso il lavoro, cali del fatturato del 100%, danni per 650 milioni che lievitano a 2 miliardi e mezzo, calcolando anche l'indotto (dati a cura di AssoMusica).
Un terzo dei musicisti britannici professionisti sta valutando la possibilità di rinunciare alla propria carriera a causa del coronavirus.
Un sondaggio condotto su 2.000 membri dell'Unione dei musicisti ha rilevato che il 34% "sta considerando di abbandonare completamente il settore", a causa delle difficoltà finanziarie che devono affrontare durante la pandemia, poiché le opportunità di esibizione sono fortemente ridotte.
Quasi la metà ha già trovato lavoro al di fuori del proprio settore e il 70% non è in grado di svolgere più di un quarto del proprio lavoro abituale. L'87% dei musicisti coperti da programmi di sussidio per il licenziamento e per il lavoro autonomo afferma che dovranno affrontare difficoltà finanziarie quando i programmi dovrebbero terminare in ottobre.
In tutto il mondo la situazione è identica.
I locali chiudono, non potendo sopportare ulteriori periodi di sosta, i pochi concerti vengono pagati sempre meno, non potendo gli organizzatori accogliere più di un certo numero di persone, né alzare troppo il costo dei biglietti.
Chi svolge o svolgeva un'attività professionistica o comunque continuativa, si trova costretto, per vivere, ad abbandonare la carriera musicale.
Parallelamente gli ultimi anni, che hanno di fatto decretato la fine o comunque la decadenza della vendita dei supporti fisici (CD o vinili), hanno comportato la necessità per tutti quegli artisti che non possono contare su case discografiche potenti e ricchi budget promozionali, di vendere i propri prodotti tramite i concerti.
Non potendolo più fare, è venuta meno anche la potenziale (ed essenziale) entrata economica della vendita diretta, basilare per arrotondare i cachet non propriamente ricchi.
Una buona fetta dei gruppi e musicisti meno conosciuti ha sempre lavorato “in nero”, perlomeno parzialmente, non diventando pertanto un soggetto fiscalmente riconosciuto. Di conseguenza impossibilitato ad accedere ad eventuali aiuti statali.
Infine: i gruppi medio/alti hanno spostato i tour di un anno, dal 2020 all'inizio estate 2021, intasando di fatto il calendario del prossimo anno, impedendo la possibilità di avere spazio per tutte le nuove realtà.
Una situazione che sta creando una tabula rasa epocale, già iniziata da qualche mese.
Alla quale difficilmente in molti riusciranno a sopravvivere: artisti, gruppi, manager, proprietari di impianti voci e luci, uffici stampa, locali, festival.
Altrettanto difficilmente sarà sufficiente un aiuto istituzionale.
A quali soggetti destinare eventuali fondi?
A chi veramente andranno?
E con quale criterio?
Nel frattempo, in un' isterica e scomposta reazione, nell'ultima settimana, in Italia, sono stati pubblicati (fisicamente o solo digitalmente) un centinaio di nuovi album di gruppi “indipendenti”. Materiale destinato a un immediato oblìo o a marcire in casa degli autori.
La nave affonda, l'acqua ha invaso le stive e i locali motori.
L'ultimo bagliore di un sole che muore.
Vedremo se dopo tre giorni qualcosa poi risorge.
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