lunedì, luglio 21, 2025

ONE LAW FOR THEM dei 4 Skins - Chi sono “loro”?

Un prezioso e interessantissimo contributo dell'amico ANTONIO ROMANO (collaboratore del blog in questa rubrica: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Antonio%20Romano) relativamente a una canzone dei 4 SKINS, una delle prime band della nuova scena skinhead inglese dei primi anni Ottanta.

https://www.youtube.com/watch?v=_Fas4wFgAVU

Nel 1981, nel cuore del thatcherismo, tra disoccupazione di massa, tagli al welfare e rivolte urbane, i 4-Skins pubblicarono “One Law for Them”, divenuto uno degli anthem della musica Oi!.

Il titolo sembra esprimere con chiarezza un sentimento largamente diffuso nei quartieri popolari inglesi: esistono due pesi e due misure, una legge per “loro” – le élite, i politici, la polizia – e un’altra per “noi” - gli esclusi, i giovani cresciuti tra austerity, violenza e sfiducia.
Anche se in vita mia l’ho ascoltato e cantato centinaia di volte, analizzarne oggi il testo e il contesto con uno sguardo più maturo mi costringe a fare i conti con una confusione di fondo che un tempo ignoravo, ma che ora, da giovane adulto e convinto socialista, riconosco, pur comprendendo la rabbia che la muove.

Il brano si apre con una strofa fortemente ambigua.
Da un lato c’è l’immagine del “noi”: i giovani bianchi della classe operaia, che vanno allo stadio, si lasciano andare a forme episodiche e tutto sommato lievi di vandalismo, come lanciare un mattone, e vengono puniti con durezza.
Dall’altro, “loro”: i giovani immigrati che abitano nei ghetti urbani, descritti come autori di rivolte e saccheggi, ma secondo il testo lasciati liberi di agire nel crimine. Il messaggio implicito è chiaro e disturbante: “noi” perseguitati per ogni gesto, “loro” impuniti anche nella violenza.

È il racconto di una doppia morale che però oppone implicitamente due categorie sociali e razziali. La strofa evoca i quartieri afro-caraibici e asiatici di Londra e Liverpool, che nel 1981 furono teatro di rivolte esplose per cause che non esito a definire legittime: abusi polizieschi, discriminazione sistemica, esclusione sociale.

È una narrazione pericolosa perché, in sostanza, alimenta la guerra tra poveri, spostando il bersaglio della rabbia dal potere a chi, come noi, subisce la stessa oppressione.
Più pesante ancora è il riferimento, appena velato ma evidente, all’infame discorso di Enoch Powell del 1968, passato alla storia come “Rivers of Blood”.
Powell, deputato conservatore, tuonò contro l’immigrazione con toni apocalittici, prevedendo fiumi di sangue e guerre civili.
Fu un discorso profondamente razzista, che legittimò l’odio verso gli immigrati e fornì argomenti all’estrema destra inglese per decenni, fino ai giorni nostri.
Nella canzone, i 4-Skins dicono: “Siamo stati avvertiti dei fiumi di sangue, ora vediamo il rivolo prima dell’alluvione”.
Il discorso di Powell viene inequivocabilmente citato, senza contestarlo, senza parodiarlo né denunciarlo. Si limitano a evocarlo, lasciandone sospeso il senso e libera l’interpretazione.

Per una scena come quella Oi! dei primi 80s, già frequentata da skinhead apertamente nazionalisti ed infiltrata dai partiti neonazisti, questo riferimento era un segnale inquietante, che contribuì a far percepire la band come vicina a certe pulsioni reazionarie.
Non solo: il 4 luglio 1981, i 4-Skins, insieme a The Business e Last Resort, si trovarono coinvolti nei tristemente celebri scontri di Southall, dove suonarono in un pub situato in un quartiere a maggioranza asiatica.
La presenza massiccia di skinhead portò a violenze, scontri con la comunità locale, intervento della polizia, decine di feriti e l’incendio del locale.
Questo episodio segnò un punto di rottura: la scena Oi! fu etichettata definitivamente come pericolosa e razzista, e molte band vennero bandite dai locali.
Anche se i 4-Skins non furono gli artefici diretti della violenza, la loro immagine fu associata all’episodio e delegittimata, assieme a quella di tutto il movimento skinhead.

Dopo la strofa iniziale, il testo si concentra sull’esperienza quotidiana della working class, tra disoccupazione, alienazione, povertà.
Dato che non voglio ergermi a giudice di nulla, dico anche che l’ambiguità della parte di testo che ho approfondito va letta anche alla luce dell’età e dell’ambiente dei componenti del gruppo.
Nel 1981, il bassista e leader Hoxton Tom McCourt e il cantante Gary Hodges avevano appena 20 anni.
Provenivano entrambi da quartieri operai dell’East London, con esperienze dirette di marginalità e repressione.
La loro musica era un urlo istintivo di una generazione senza prospettive. Ma proprio questa spontaneità, priva di una riflessione politica matura, li rendeva vulnerabili al rischio di riprodurre, anche inconsapevolmente, le retoriche utilizzate dall’estrema destra, dandole inoltre in pasto alla stampa sensazionalista.

I 4-Skins, indubbiamente tra i migliori gruppi della prima generazione dell’Oi!, furono anche tra i più impulsivi, più grezzi e, probabilmente, meno politicamente consapevoli.
La loro rabbia era autentica, ma, come nel caso delle strofe che sto commentando, mal indirizzata. “One Law for Them” è una canzone che colpisce duro, ma lo fa anche contro bersagli sbagliati.

È un documento della frustrazione operaia dell’epoca, ma anche, direi ora, un monito:
la protesta, se non guidata da una visione e da autentica coscienza di classe, può restare rumore e tornare persino utile al potere. Perché “una legge per loro, un’altra per noi” è uno slogan potente, ma se non capiamo chi sono davvero “loro”, rischiamo di colpire chi è già a terra accanto a noi.
Per concludere, e solo per fare un rapido paragone con la stessa scena Oi! di poco precedente e di poco successiva, esisteva un’altra strada, che altri gruppi seppero percorrere con più lucidità e coraggio.

Gli Sham 69, ad esempio, furono pionieri nel costruire un messaggio apertamente antirazzista e unitario. Pensiamo solo che “If the Kids Are United” è stata pubblicata nel 1978, quando Jimmy Pursey aveva 23 anni, e conteneva un messaggio semplicissimo quanto radicale: se i giovani sono uniti, nessuno potrà dividerli. Nessun nemico etnico, nessuna competizione tra poveri, solo solidarietà.

Allo stesso modo, gli Angelic Upstarts, provenienti dal Nord-Est minerario dell’Inghilterra, furono sempre più esplicitamente antifascisti, socialisti e militanti. La loro immortale “Solidarity”, pubblicata nel 1983, è un inno alla fratellanza tra oppressi, ispirato al movimento sindacale polacco ma applicabile ovunque vi siano sfruttamento e ingiustizia.
A onor del vero, si tratta di un brano successivo agli esordi dell’Oi!: il frontman Mensi aveva 27 anni, e la sua scrittura mostrava ormai una consapevolezza politica affinata e matura.

Quello che voglio sottolineare è che, per gli Upstarts, il “noi” non coincideva con la sola gioventù bianca, ma con l’intera classe lavoratrice, indipendentemente da razza, provenienza o condizione: neri, bianchi, asiatici, disoccupati, sfruttati.
Uniti non dall’identità etnica, ma dalla comune esperienza dell’oppressione.

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