giovedì, gennaio 20, 2022

Elephant's Memory Band


Destino curioso quella della band New Yorkese, passata da sonorità psichedeliche/rock bluesy a un rock 70 più convezionale, senza mai riuscire ad emergere commercialmente, nonostante sia stata ripetutamente baciata dalla fortuna.

Agli esordi passa tra le sue fila una giovane Carly Simon, poi due brani finiscono nella colonna sonora del celeberrimo film "Un uomo da marciapiede" di John Schlesinger con Dustin Hoffman e Jon Voight per essere reclutati nel 1972 niente meno che da John & Yoko per il loro album più controverso, "Sometime in New York City", diventando la band dell'ex Beatle in apparizioni televisive e concerti.

Successivamente saranno con Yoko nel suo grande lavoro "Approximately Infinite Universe" (con John e anche Mick Jagger in un brano).
John Lennon produce e suona nell'omonimo loro album del 1972, pubblicato per la Apple.

Ma la band, che proseguirà ancora per qualche anno, rimarrà sempre in un limbo di semi anonimato.
Ottimo l'esordio omonimo tra psichedelia e bizzarrie Zappiane del 1969, discreto "Take It to the Streets" del 1970, dignitoso quanto anonimo l'apporto all'album di Lennon.

Yoko Ono - Midsummer New York
https://www.youtube.com/watch?v=L7JkwKtI6P4

Lennon, Yoko, Chuck Berry, Elephant's Memory Band
https://www.youtube.com/watch?v=c9rQvaapUzs

mercoledì, gennaio 19, 2022

The Redskins – Neither Washington Nor Moscow 4 boxset CD



I REDSKINS hanno marchiato a fuoco gli anni Ottanta militanti, soulcialisti, camminato come i Clash, cantato come le Supremes, lasciando poche tracce ma tuttora indelebili.

Questo box di 4 CD (libretto, foto etc) raccoglie tutto e di più della band di Chris Dean: l'unico album "Neither Washington Nor Moscow", i singoli, le varie versioni extended, estratti live con partecipazioni eccellenti (Billy Bragg e Jerry Dammers), grandi cover come "Skinhead moonstomp", "Tracks of my tears" o "Back in the Ussr", le Peel Sessions, i primi demo punk ancora con il nome di No Swastikas.

Punk, soul, impegno politico, passione, energia, sincera ingenuità/ingenua sincerità, un raggio di sole in mezzo al buio Tatcheriano.
Che poi vincerà e darà il via a un'epoca oscura che ancora dura, perdura e annienta diritti e speranze di giustizia sociale.
Chris Dean e Compagni ci avevano avvertito e scagliato l'ultima pietra.

A1 The Power Is Yours
A2 Kick Over the Statues!
A3 Go Get Organized!
A4 It Can Be Done!
A5 Keep On Keepin’ On!
A6 (Burn It Up) Bring It Down! (This Insane Thing)
A7 Hold On!
A8 Turnin’ Loose (This Furious Flames)
A9 Take No Heroes!
A10 The Crack
A11 Let’s Make It Work!
A12 Lean On Me!
A13 Lean On Me! (Reprise – ‘The Return Of The Modern Soul Classic’
A14 16 Tons (Coal Not Dole)
A15 Reds Strike The Blues (Take 4)
A16 99 And A Half Won’t Do (with Reprise)
A17 You Want It? They Got It!
A18 A Plateful Of Hateful
A19 Take Your Gods And Bury Them (‘Take No Heroes’ – Alternative Version)

B1 Bring It Down! (This Insane Thing) – 12” Version
B2 Keep On Keepin’ On! (Die On Your Feet 12” Mix) Produced by Ted de Bono, Mixed by Redskins
B3 The Power Is Yours (MGM Mix by Stephen Street)
B4 Keep On Keepin’ On (Original March ’84 – 12” Mix)
B5 It Can Be Done! 7” Version (Additional Recording and Mix by Stephen Street Alternate Mix)
B6 You Want It? They Got It! (Alternate Jammin’ Magazine Mix)
B7 Bring It Down! (This Insane Thing) (7” More FX Mix)
B8 Keep On Keepin’ On! (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’)
B9 Let’s Make It Work! (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’)
B10 Bring It Down! (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’)
B11 Kick Over The Statues! (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’)
B12 Tracks Of My Tears (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’) with Billy Bragg
B13 Back In The USSR (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’) w/ Billy Bragg + Jerry Dammers
B14 Skinhead Moonstomp (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’) with Jerry Dammers
B15 Keep On Keepin’ On! (Live in ’85 from the ‘Kick Over Apartheid Tour’) – Speech Version with Bruce George, South African Activist

C1 The Power is Yours (Live At The Town And Country Club, 22nd Apr, 1986)
C2 Kick Over the Statues! (Live At The Town And Country Club, 22nd April, 1986)
C3 Hold On! (Live At The Town And Country Club, 22nd April, 1986)
C4 The Crack (Live At The Town And Country Club, 22nd April, 1986)
C5 99 And A Half Won’t Do (Live At The Town And Country Club, 22nd April, 1986)
C6 Let’s Make It Work! (Live At The Town And Country Club, 22nd April, 1986)
C7 Unioinize / Pickin’ The Blues (Peel Session, 9th Oct, 1982)
C8 Reds Strike the Blues (Peel Session, 9th Oct, 1982)
C9 Kick Over the Statues! (Peel Session, 9th Oct ’82)
C10 The Peasant Army (Peel Session, 9th Oct ’82)
C11 Young And Proud (Peel Session, 8th Aug ’83)
C12 Hold On! (Peel Session, 8th Aug ’83)
C13 99 And A Half Won’t Do (Peel Session, 8th Aug ’83)
C14 Take No Heroes! (Peel Session, 8th Aug ’83)
C15 A Plateful Of Hateful (Kid Jensen Session, 16th Jan ’84)
C16 It Can Be Done! (Kid Jensen Session, 16th Jan ’84)
C17 Keep On Keepin’ On! (Kid Jensen Session, 16th Jan ’84)
v D1 Lev Bronstein (CNT 7”, 1982)
D2 The Peasant Army (CNT 7”, 1982)
D3 Lean on Me (Original CNT 7” Single)
D4 Unionize (CNT 7”, 1983)
D5 Move / Let My Words Be Bullets (Live in Munich, 1986)
D6 Don’t Talk To Me About Whether (Live In Munster, 1986)
D7 Levi Stubbs Tears (Live in Munich, 1986)
D8 The Most Obvious Sensible Thing (Unissued Session, 1986)
D9 Lean On Me (Northern Mix, CNT 12”, 1983)
D10 Unionize (Break Mix, CNT 12”, 1983)
D11 Stickies (Demo, 1981) as ‘No Swastikas’
D12 Strike (Demo, 1981) as ‘No Swastikas’
D13 Unnamed (Demo, 1981) as ‘No Swastikas’
D14 Anglo-Irish Summit Tapes: Interview with Redskins, 1986
D15 I Can’t Stand The Boss (Live Bootleg, ICA, London, 1986) w/ introduction from Martin Hewes
D16 Names Were Named (Live Bootleg, SWAPO Festival, Italy, 1986)

martedì, gennaio 18, 2022

Francois Regis Cambuzat


Riprendo l'articolo pubblicato domenica per "Libertà", dedicato a un personaggio unico, con cui ho scambiato due chiacchiere.

Viene da lontano la storia di Francois Regis Cambuzat.

Una vicenda artistica e umana unica, particolare, originale, mai omologata e allineata, anzi, alla costante ricerca di nuovi sentieri.
Il suo percorso musicale è ricchissimo di gruppi, concerti, dischi, vicende sempre anomale, coraggiose, nella famosa direzione ostinatamente contraria. Non ha mai smesso di sfidare e sfidarsi, eterno nomade e sperimentatore in ogni ambito musicale.

I primi passi sono negli anni Ottanta, con i Kim Squad and the Dinah Shore Headbangers (Francois ha sempre avuto una felice predilezione per i nomi creativi e suggestivi), furente band di garage punk che travolge su disco e concerto.
Sciolta la band prese tutt'altra strada con Il Gran Teatro Amaro e L'Enfance Rouge, progetti definiti avant-rock in cui si mischiano distorsioni e anima da chansonnier.

E con cui incomincia il suo ormai proverbiale nomadismo che lo porta abitualmente in ogni parte del mondo.
Nel senso letterale del termine.
Lo troviamo a suonare nel profondo est europeo o nel più oscuro oriente asiatico, nei paesi baltici o in Cina oppure in ogni luogo in cui è possibile lasciare un segno in Europa.
Ne ho parlato con lui di questa scelta, che caratterizza anche il nuovo progetto Putan Club (che condivide con Gianna Greco):
“Prima di tutto è una scelta di vita, con drastica serietà ed organizzazione ferrea, pensata con anni di anticipo.
Non siamo in musica per onanismo o per desiderio di imponenti conti bancari ma per fare effettivamente quello che vogliamo, dove vogliamo, quando vogliamo e con chi vogliamo. Bisogna essere stupido a pensare di fare soldi con la musica, ci sono modi più facili e veloci.
Nella vita, essendo cortissima, volevamo viaggiare tanto, conoscere altre musiche, gente, realtà sociali e paesi.
Velocemente esauriti i facili sogni adolescenziali (Londra, New York, Parigi, Berlino), rimaneva il mondo.
Quanto a lavorare, per esempio, in Tagikistan da una ventina di anni è molto facile: scrivi «music festival» o «venue» nella barra di Google e cominci a contattare.
Sono così dodici ore quotidiane di booking (non contare mai su qualsiasi agenzia, nessuna è in grado di lavorare bene nel mondo intero) per due mesi e infine si può partire per dieci mesi di lavoro dove hai scelto tu.
E infine è ovviamente una questione di budget: fai un bilancio generale con le grosse entrate (festival famosi e prestigiosi) che aiutano a finanziare situazioni meno redditizie.
Tengo a precisare che non arriviamo da famiglie ricche, non viviamo di aiuti o rendite, e che per me il piu grande successo musicale è stato di potere pagare l’affitto e le utenze con il nostro lavoro. Dischi, festival, stampa o relativo “successo” sono di poca importanza, aiutano quasi solamente una certa promozione e comunicazione - ma ovviamente non in modo significativo per Dushanbe in Tagikistan o Matam in Senegal.
E’ una scelta di libertà. Dieci anni fa, quando abbiamo deciso di non pubblicare più niente e di non lavorare più con agenzie ma di fare tutto da soli, fu il periodo in cui abbiamo incominciato a suonare una media di centottanta concerti all’anno, dove avevamo scelto di andare, in Cina, Asia Centrale, Africa, Oceania e in varie parti d'Europa”.


L'aspetto interessante della sua vicenda è che rende fattibile il famoso anelito del “vivere con la musica”, non necessariamente dovendosi adattare alle situazioni ma, con fatica e abnegazione, dedicandosi esclusivamente alla propria musica e arte, gestendo difficoltà logistiche spesso complesse.
“Permessi e visti sono piccole rogne burocratiche (un filino piu complicato per gli USA, che comunque non ci interessano piu di tanto) per i privilegiati detentori di passaporti occidentali come noi.
Per la strumentazione, la regola numero uno è di viaggiare il piu leggero possibile.
Consci che se chiedi un backline, spessissimo ti ritroverai a dovere suonare su dei bidoni. Dodici anni fa siamo dunque passati al digitale con emulatori di amplificatori, chitarre pieghevoli (costruite da Mattia Maglio, liutaio salentino) per non pagare più maggiorazioni dei biglietti aerei.
E un computer, per rimpiazzare i musicisti-turnisti (quelli che non fanno altro che suonare, che non sanno niente di booking e che si lamentano della zuppa troppo calda, del cachet basso, del letto duro e dei chilometri a fare il giorno dopo).
Con calzini e mutande, tutto si può tenere in una borsa dimensioni low-cost. Salvo ovviamente quando andiamo a registrare nel deserto: allora paghiamo per 120 chili di materiale.
Infine, il digitale ci permette per esempio di creare suoni di tutti i tipi”
.

Suonare in queste situazioni e condizioni non garantisce, come ha già sottolineato Francois, lauti compensi e ville con piscina ma ne è ovviamente consapevole.
“Tutto è una questione di organizzazione e lavoro.
Suoniamo su palchi enormi in orari principali come in bettole. Ma è vero che in Italia siamo sopratutto conosciuti nel giro underground – perchè un altro network non esiste realmente, o quasi, e credo/spero che mai faremo tendenza.
Per anni sono stati solo grandi festival internazionali e non avevamo più il tempo per questi tour stradaiole e forse difficile.
Ci siamo allora organizzati meglio ed eccoci qui a gelarci di nuovo le ovaie in Italia o Ungheria d’inverno, sinceramente con enorme piacere.
Ci riteniamo dei privilegiati: sopravivviamo (siamo parchi, ci serve poco per vivere) con quello che adoriamo fare, concerti di vari progetti (Putan Club, Trans-Aeolian Transmission, Ifriqiyya Electrique, Machine Rouge….), tra rock, teatro, avant, flamenco, cinema, ecc…
”.

Molto interessanti anche le considerazioni sulla loro musica, oggettivamente non di facile ascolto e fruizione.
“Tutte le musiche che non capiamo ci interpellano.
Siamo dei curiosi e ci piace studiare. Partiti in giovane età con il rock e derivati punk/soul/funk/xxx, poi l’improvizzazione e l’avanguardia, dopo abbiamo studiato il jazz come la classica contemporanea e ancora le musiche orientali e quarti di tono per arrivare anche fino alla techno o a certe musiche spirituale di elevazione.
A casa principalmente classica, Bach e l’impressionismo francese in primis.
Non apparteniamo a nessuna chiesa musicale ma rivendichiamo tutto da Gabriel Fauré a Keiji Haino come da Britney Spears a Sanubar Tursun.
Il Putan Club è stato ideato come una cellula di resistenza, caratterizzata da un modo di agire ispirato ai primi complotti di partigiani europei durante l'ultima guerra mondiale (azioni di forza in luoghi diversi e vari) e di partigiani odierni nel mondo intero.
La resistenza è organizzata con i mezzi più arcaici e immediati del nostro secolo: dal pianoforte alla chitarra, dal respiro al rumore elettrico/elettronico come dal verso scritto alla parola urlata, come dire dalle pitture rupestri al concettualismo più arduo, o dal'avant-rock alla musica classica contemporanea alla techno/house più becera, dal bacio in bocca al calcio in culo, etc... Non credo che siamo alieni, non penso che le nostre proposte siano difficili. Abbiamo suonato allo Sziget, Womad, la Notte della Taranta o Pohoda come in pizzerie, squat o teatri nazionali, davanti ad alternativi, borghesi o donne islamicamente velate.
La nostra pietra di paragone è un piccolo café/bar di pescatori sotto Gabès, Tunisia: se passiamo delle emozioni, allora abbiamo vinto, se no significa che è ancora scadente. Perche è il duende (vedi Garcia Lorca) che conta, sempre. Tutto il resto è solo marketing e polverone”.


I progetti non mancano:
“Sul versante della Trans-Aeolian Transmission abbiamo passato molto tempo con le Alevi del Kurdistan, nel Dersim dove abbiamo finito un terzo film/ricerca.
Poi l’anno scorso siamo stati quasi tutto l’anno in Africa dell’Ovest per completare una follia con il rituale dello n’döep dei lebous senegalesi. Il film + album è quasi pronto, senza nessuna fretta.
Le prossime destinazioni sono l’isola de La Riunione (per il kabarè) e il Pamir al confine con l'Afghanistan (per il falak).
Tutto richiedendo tempo, studio, organizzazione e denaro. Stiamo pian-piano ultimando un detonatore-fatwa, avant-metal con orchestra d’archi palestinesi su testi di Jamila XXX. Pura meraviglia, puro sangue.
Infine, il Putan Club - il nostro banco di prova per tutto ciò che facciamo - non ha smesso di perlustrare il pianeta. Ifriqyya Electrique è diventato un collettivo attorno ai rituali térapeutici del Maghreb (stambeli, diwân, gnawa) con una maggioranza femminile. Il terzo album è in arrivo
”.

Una serie di esperienze di assoluta unicità che si esprimono al meglio con il loro progetto finale:
“Vorremmo fare la rivoluzione”.

lunedì, gennaio 17, 2022

I locali di New York


Prosegue la rubrica TALES FROM NEW YORK

L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground" da quelle parti, allegando sue foto.

Le precedenti puntate sono qui:

Negozi di dischi:
https://tonyface.blogspot.com/2022/01/negozi-di-dischi-new-york-rebel-rouser.html

Marijuana a New York:
https://tonyface.blogspot.com/2022/01/marijuana-new-york.html

Foto:
1 Nicky's Unisex
2 Sultan Room intern vuoto
3 Sultan Room intern con Daddy Long Legs
4 Sultan Room esterno l'ingresso si vede sulla sinistra
5 Our Wicked Lady
6 Rubulad
7 TV eye live Miranda and the Beat

L'innumerevole quantita' di locali per musica dal vivo che si possono trovare a New York City e' impressionante, un numero incalcolabile di bar, locali e sale da concerti che offrono ogni genere di musica che possa venire in mente.

Attualmente fra tutte le zone della grande mela la piu' cool e chiaccherata e' quella tra Bushwick e Ridgewood che si trovano tra Brooklyn e il Queens, questi due quartieri offrono oltre alla quantita' di locali che sono veramente tanti, anche la qualita' dei gruppi o artisti che vi suonano, qui la nuova florida scena underground sta già segnando un'epoca con nuove ondate, stili e rituali.
Di sicuro per chi vive qui il rock"n"roll e' tutt'altro che morto.

Tra i migliori locali in questo quartiere troviamo il T.V. Eye aperto da quasi 2 anni e gestito in parte da Jonathan Toubin (notissimo dj e animatore di serate) si e' subito imposto come migliore locale della citta' con i gruppi migliori che arrivano in citta' e in apertura sempre gruppi locali tra i piu' originali e sgangherati. Locale molto grosso e ben curato con a volte serate a tema e dove si balla tutta notte con i migliori dj della citta'.

Our Wicked Lady su due piani con la terrazza per i concerti, propone molti gruppi femminili e Un programma con molte band underground.

The Sultan Room il migliore a livello di arredamento e immagine con una programmazione molto variegata, inserito dentro il The Turk's Inn che gia' ha una storia a se' e dove ogni dettaglio e' curatissimo.

Il costo degli eventi di fascia medio alta e' dai 15 ai 28 $ per concerti di solo gruppi locali tra 5 e i 10 dollari oppure gratis.

Altra cosa totalmente diversa da noi italiani sono gli orari dei concerti, le esibizioni iniziano molto presto generalmente alle 20:00 e non finiscono mai oltre le 23:30, poi le serate continuano con dj set fino alle 4 di mattina.

Ci sono locali che aprono una notte sola e poi basta, alcuni totalmente abusivi con prezzi bassissimi altri con indirizzo del luogo dato dopo invio messaggio tramite Istagram, si suona ovunque ogni posto e' buono per organizzare un concerto lavanderie, giardinetti, cortili, per strada.

Ogni posto e' buono per organizzare un concerto e suonare da professionisti non e' affatto difficile, il pubblico qui si lascia andare balla tutta sera alcuni anche con balli stranissimi quasi in stato mistico, partecipa allo show spronando i gruppi a continuare a suonare, d'altronde loro non vivono senza musica e ogni musicista viene realmente considerato.

Qui una lista di alcuni locali sparsi per la citta':

Rubulad
The Locker Room
Market Hotel
Nicky's Unisex
Berlin
Otto's Shurken Head
Warsaw
Union Pool
The Broadway
Gold Sounds
Alphaville

Una cosa non da poco e' che tutti i locali hanno due piatti Technics per i dj set (che vanno moltissimo) e un'altro particolare e' la cura la ricerca e l'originalita' dei bagni quasi come se fosse una gara al piu bello.

venerdì, gennaio 14, 2022

Cricket - Ashes 2021/2022


Grazie ad ALBERTO GALLETTI torniamo nel magico mondo del CRICKET.
Sempre Alberto ci aveva ben spiegato cosa sono gli Ashes qui: https://tonyface.blogspot.com/2013/07/the-ashes_10.html

ASHES 2021/22 UN DISASTRO ANNUNCIATO

Due parole sugli Ashes, la sfida sportiva per me più importante che esista, nonchè la preferita.

Non che mi aspettassi qualcosa dagli inglesi, ma la loro rovinosa capitolazione nel terzo test ha ulteriormente amplificato ed aggravato le considerazioni sulle due sconfitte precedenti, entrambe già di per se molto pesanti.

Una serie segnata fin dalla prima palla lanciata in assoluto, uno splendido leg-side yorker di Mitchell Starc.
Il modo in cui Burns gioca, però, è imperdonabile: mezzo passo sull' off-side che gli lascia scoperto il leg-stump.
La lunghezza del lancio è perfetta, la traiettoria anche, il rientro all'ultimo micidiale.
Il colpo di Burns (leg-side clip) è in ritardo e il suo leg-stump di Burns vola via.
Ma perchè, mi chiedo, un professionista, un battitore d'apertura dell'Inghilterra gioca la prima palla di una serie di cinque partite da cinque giorni in quel modo?
Gli servivano punti per vincere?
Aveva fretta?

E' sempre pericoloso giocare across palle che arrivano così, ma difendi! Poi magari usciva comunque lbw ma avrebbe sottinteso tutt'altro modo di giocare. Perchè allora non provare la legnata da 6? Inettitudine mentale ancor prima che tecnica. Risultato 59-4 al lunch e 147 all-out prima del te.
Conseguenze del gioco corto secondo me, il tipo di colpi idioti che si giocano nelT20 dove errori madornali come questo non hanno quasi mai conseguenze perchè illa durata degli incontri è talmente ridotta da non doversene curare.

Se è vero che la IPL è il più noto (e ricco) campionato ad over limitati, è vero anche che in nessun posto al mondo si giocano tante partite limited overs come in Inghilterra.
Il motivo, gli introiti televisivi e gli incassi alle partite; soldi insomma.
Nell'ultimo decennio, la federazione inglese, ECB, ha mirato esclusivamente al lato affaristico del gioco, schiacciando la tavoletta dell'acceleratore giù al massimo. Sono stati ricostruiti gli stadi più importanti, resi funzionali ad un certo tipo di intrattenimento, ad un certo tipo di pubblico, dove il gioco che si svolge quasi diventa un contorno a tutto quello che viene offerto intorno ad esso, pranzi, aperitivi, drinks, perfino piscine ho visto.
Una gigantesca pagliacciata senza fine fatta di musiche assordanti sparate a centomila watt per stordire il pubblico, già di per se stordito basta vedere come si presentano alcuni in tribuna. Da far sembrare lo sport americano una sacrestia, processo ormai irreversibile.

Hanno spinto al massimo il T20, introdotto il nuovo ed inutile 'Hundred' e marginalizzato il County Championship e i Test Match.
Così facendo hanno spinto i ricavi alle stelle, banalizzato il cricket e trovato nuovo pubblico cui poco importa cosa succede in campo, ma paga ingressi, consumazioni e abbonamenti tv.
Il tutto finanziato, neanche troppo segretamente, da sky. Così il First Class cricket e il suo livello sono finiti alle stalle.

I giocatori sono ovviamente concentrati a giocare 20 overs, al massimo 50, che sono più remunerativi e di conseguenza adattano il loro modo di giocare, in particolar modo i battitori che prendono molti più rischi.
Succede poi che la capacità di pazientare viene meno, perchè lo stare dentro non ha nessun significato nel T20, ma poi quando giochi un test match contro una squadra forte son dolori.
In una parola gli inglesi (e gli indiani) hanno rovinato il gioco, ne hanno ogni diritto, è roba loro, ma almeno gli indiani hanno una squadra da test match formidabile.
Gli inglesi invece fanno pena.

Primo test match perso per 9 wickets.
Secondo test match perso per 275 runs
Terzo test match perso per un innings e 14 runs.
Sconfitte pesantissime, ma sull'ultima mi vorrei soffermare un attimo. Sconfitta per oltre un innings contro una squadra che aveva segnato 267, un punteggio assolutamente medio se non qualcosa meno. Questo credo sia il dato più significativo ed insieme sconfortante sullo stato del cricket inglese.

Certo sono campioni del mondo, titolo assegnato a chi vince la rassegna iridata sui 50 over, non senza controversia su quel tentativo di run-out che colpisce la mazza di Stokes, e comunque dopo un tiratissimo incontro e un altrettanto tiratissimo super-over finale.
Certo sono primi nel ranking mondiale T20, ma poi quando arriva il test match si squagliano come neve al sole. I dirigenti continuano sicuramente a contare soldi, ma i battitori continuano a contare ducks e la squadra sconfitte e figuracce.

Anche i lanciatori a dire il vero non hanno risolto un granchè, ma non è una novità, in Australia si sono sempre trovati male. Certo, viste le partite e visto Lyon, la gestione inglese degli spin bowlers è stata men che ideale, a star bassi.

Questa squadra ha collezionato una serie di record negativi impressionanti: per la quinta volta in sei tour hanno perso l'urna nel minimo tempo necessario, stavolta prima del lunch del terzo giorno del terzo test, mai così rapidi.
Mai un così alto numero di ducks, mai una così bassa percentuale di conversione di 25 in 50 (13% contro 49% medio di tutte le altre squadre); 68 il punteggio col quale sono stati eliminati nel secondo innings del test di Melbourne è il più basso di sempre in terra australiana dal 1904, nello stesso innings il debuttante Scott Boland ha chiuso con un'incredibile 6/7 al lancio.
Solo cinque volte in sei innings i battitori inglesi hanno raggiunto i 50 runs, Root tre volte e Malan due.
Le scorecards degli innings inglesi sembrano le nostre dell' Idle, ultracinquantenni dilettanti italiani.

Insomma un disastro.
Alle porte un'altro 5-0 cioè l'umiliazione totale.
I dirigenti continueranno a dire che per salvare i test-match è necessario inventarsi altri format per racimolare i soldi necessari. Cari signori, un conto è quello, tutt'altra storia continuare ad inventarsi nuovi format fatti apposta per l'audience televisiva mondiale e farci guadagni enormi di cui i test-match non hanno bisogno.
Quel che è peggio è che i test non ti viene neanche voglia di guardarli.
Domenica ne quarto test è arrivato un pareggio, strappato con le unghie e coi denti. Gli australiani hanno comunque segnato 117 runs in più ma non sono riusciti ad eliminare l'ultimo battitore.

Alcuni commentatori inglesi sono riusciti a parlarne bene e a trovarci qualcosa di positivo (solo il 103 di Bairstow direi e la pioggia che ha tolto overs agli australiani il primo e l'ultimo giorno), patetici, come e più dei giocatori.
Il 5-0 è scongiurato, manca un test match, vediamo se sono capaci di vincere almeno una partita.
Io spero continuino a prendere legnate a lungo, se le meritano.

giovedì, gennaio 13, 2022

Giovanna Marini
Giovanna, storie di una voce di Chiara Ronchini


Riprendo l'articolo che ho pubblicato per LIBERTA' domenica scorsa, redatto dopo la visione del docu film di Chiara Ronchini, dedicato a Giovanna marini, "Giovanna storie di una voce".

Una delle figure più importanti e seminali della musica popolare italiana, Giovanna Marini, è, immancabilmente, nelle nostre culturalmente desolate lande, un personaggio poco conosciuto e considerato, se non dalla consueta nicchia di cultori e curiosi.

E' uscito da poco, a cura della regista Chiara Ronchini, uno splendido ritratto cinematografico a lei dedicato, che la vede protagonista, intitolato “Giovanna, storie di una voce”, presentato al Torino Film Festival.

Figlia di musicisti, nata nel 1937, ma tuttora in attività, si diplomò in chitarra (prima in assoluto in Italia) nel 1959, incominciando nei primi anni Sessanta a frequentare una serie di intellettuali, musicisti, agitatori culturali che ne formarono l'ideologia e la carriera: Pier Paolo Pasolini, Gianni Bosio, il Nuovo Canzoniere Italiano.
Alla fine degli anni Cinquanta era iniziato un periodo in cui si incominciava a sondare e a scoprire il terreno della musica popolare, folk e tradizionale italiana, precedentemente sempre trascurata.
Ci aveva già, invano, provato il ricercatore americano Alan Lomax (che ha preservato il patrimonio del blues, andando per le carceri statunitensi negli anni Quaranta a registrare i canti dei prigionieri neri).
Tra il 1954 e il 1955 girò l'Italia scoprendo ballate, filastrocche, canzoni popolari ma non trovò nessuno da noi che fosse interessato, pur potendo contare sull'appoggio di intellettuali come Moravia e Pasolini (che utilizzò alcuni di questi nastri nel suo “Decameron” ma senza accreditarlo).

Era la musica dei contadini, degli operai, del popolo, poco aggrazziata e dall'incedere e dai contenuti primitivi, non di rado abrasivi.
Spiega Giovanna nel film:
“Nella voce ci sono secoli di storia di una musica che non ha mai avuto rispetto a confronto della musica classica. E' una musica che ha una storia lunghissima e per questo l'ho voluta suonare.
Anche se all'inizio la gente non la voleva sentire.
Mi diceva: “non ho pagato 1000 lire per sentire quello che canta la mia donna di servizio o la pescivendola”
.
Viene attratta dalla spontaneità di quelle composizioni antiche, lei cresciuta nell'ambiente di una musica classica rigida e accademica. “Mi affascinava il canto delle mondine, così diverso e particolare.
E' perché cantavano da chinate, piegate in due e il suono della voce usciva differente da quando sei in piedi”.

E' proprio il nuovo amico Pasolini che la introduce alla tradizione orale, in contrasto con la sua abitudine all'ascolto di dischi o alla lettura di partiture. Ne trae spunti e ispirazione, conosce a Milano il Nuovo Canzoniere Italiano, figli dell'esperienza pionieristica dei torinesi Cantacronache e grazie alla loro collana dei Dischi del Sole incomincia ad approfondire sempre di più la sua ricerca.
Ricorda divertita come il collettivo di musicisti fosse animato da uno spirito puro e semplice, indifferente al successo commerciale e quando vendevano qualche decina di copie veniva comunque ritenuto un piccolo successo.
“Mi commuove la voce di chi canta certe cose perché porta con sé secoli di storia. A volte sono poche note, ripetitive, ma mi colpiscono ugualmente.
E' stata spesso volutamente dimenticata e trascurata perché era la musica dei poveri, dei contadini, degli esclusi, che nascondeva nei testi parole di rivolta. Ma la musica popolare è fatta per suscitare emozioni”.


Vive un'interessante e illuminante esperienza in America dove ascolta e vede in concerto Bob Dylan, Joan Baez, Pete Seeger e dove soprattutto scopre il “talking blues”, sorta di proto rap ovvero brani in cui la voce racconta su una base blues.

Un'influenza determinante che la porterà a mischiare questa tecnica e modalità espressiva con la tradizione folk italiana da cui attingerà idee e spunti che, per sua stessa ammissione e volontà, non vorrà mai riprodurre (“impossibile farlo, certe cose funzionano solo se contestualizzate al luogo in cui sono state create”) ma adattare al suo modo e ai suoi gusti compositivi. Prosegue la sua carriera solista, iniziata a metà degli anni Sessanta, in modo spartano e militante.
“Andavo in giro per l'Italia con la mia auto e un pacco di dischi che mi ero autoprodotta e li vendevo ai concerti.
Suonavo ovunque.
Scaricavo il mio amplificatore, la mia chitarra, il mio microfono e cantavo.
Nei piccoli paesini, nei circoli, soprattutto nei dopolavoro. Conobbi così un'Italia diversa, quella della provincia profonda, poco conosciuta, delle casalinghe, dei contadini, dei lavoratori”
.

E' in queste occasioni che raccoglie nuovi stimoli, ascolta nuove canzoni, nuove parole, nuovi dialetti, nuovi modi di cantare e modulare la voce.
Nel 1975 un gruppo di jazzisti e musicisti d'avanguardia occupa e risistema una scuola nel quartiere del Testaccio a Roma e fonda la Scuola Popolare del Testaccio a cui Giovanna aderisce e con cui collabora attivamente e di cui diventerà presidente prima e presidente onorario a vita poi.
“Quella è stata una svolta, un polo diverso, altrettanto degno di un Conservatorio ma in cui si insegnava jazz e musica popolare. Il riconoscimento migliore fu l'accettazione che esiste una musica diversa da quella classica”.
E' sempre in tour, a lungo anche con il cantautore Paolo Pietrangeli, con cui condivide la stagione della canzone politica e di protesta, aderisce al Partito Comunista Italiano, gira le fabbriche occupate e i teatri autogestiti, i festival, le situazioni militanti.
“Tutti volevano solo le canzoni politiche anche se avrei voluto fare cose più mie.
La musica popolare è sempre interessante ma quella politica spesso no. Vive di slogan, non ha poesia. Certi canti, direttamente politici, sono antipatici, non veicolano empatia.
Ho raccontato le lotte operaie degli anni Settanta. Poi ho smesso di raccontare, semmai ho rimpianto.”


La sua carriera approda a riconoscimenti sempre più prestigiosi, dalla cattedra di etnomusicologia all'università di Parigi, a un elenco sterminato di premi e targhe. Fino a quando, nel 2002, trova anche il successo discografico e di classifica in coppia con Francesco De Gregori che condivide con lei l'album “Il fischio del vapore”, in cui riprendono brani della tradizione popolare italiana e i suoi classici “I treni per Reggio Calabria” e “Lamento per la morte di Pasolini”. Al grande regista e intellettuale dedica frequenti canzoni e spettacoli.
“Ho fatto tanti viaggi in Friuli per riuscire a raccontare un Pasolini diverso, quello appassionato di calcio o che vinceva gare nel ballo della samba”.

Con il suo Quartetto Vocale esplora polifonie e sperimenta con la voce, insegna, scrive per il cinema e il teatro, cerca di preservare lo spirito antico e verace della musica.
“Noi non cantiamo più, al giorno d'oggi le cose le troviamo tutte e quando vogliamo ma certe particolarità non fanno più parte della nostra quotidianità. Torniamo a raccontarci le cose, quello che ci capita, invece di parlarci in modo mono tonale. La musica popolare è partecipazione. A me interessa l'essere umano, mi appassiona il contatto tra musica e uomo, credo sia uno dei contatti più alti dell'esistenza”.

Il suo curriculum è infinito, la discografia immensa (almeno una sessantina di album), la verve immutata, il piglio sempre autorevole e severo ma sotteso da un'ironia a volte pungente, altre dolce. Il suo spirito di ricerca è sempre stato molto personale, mai accademico e sterile, sempre creativo e fonte di sviluppi artistici e volontà di guardare avanti.
“Mi hanno definita ricercatrice o musicologa. Io penso di essere solamente una musicista”.

Il 5 settembre del 2003, con i soci di allora, portai Giovanna Marini in concerto a Piacenza, in Piazza Cavalli, all'interno della manifestazione Pulcheria, nata per celebrare i talenti e le capacità delle donne, ideata dall'allora assessora alle pari opportunità del Comune di Piacenza, Rosarita Mannina. Fu un concerto intenso e applaudito, in cui Marini giganteggiò, tenendo il palco come una consumata rockstar, con la sua chitarra, la sua voce, i suoi racconti.
Diede l'impressione di potenza e di essere effettivamente il megafono di una storia lunga, piena di significati e racconti.
Un perfetto ritratto di una donna, un'artista, una musicista di assoluta eccellenza, una vera intellettuale, nel senso “antico” del termine, indispensabile in questi grami tempi in cui tutti hanno un microfono e lo usano male, a sproposito, in maniera deleteria, velenosa e perniciosa.

mercoledì, gennaio 12, 2022

Piero Verni - Il sorriso e la saggezza


Il Dalai Lama (Tenzin Gyatso) è una della figure più discusse degli ultimi decenni.
Guida spirituale e referente sempre più politico (a seguito della sanguinosa invasione e successiva oppressiva occupazione cinese nel 1959) del popolo Tibetano.

Da anni combatte una battaglia all'insegna del pacifismo, alla ricerca di soluzioni condivise con la dirigenza cinese (che le ha sempre respinte), che consentano al TIBET una maggiore autonomia, avendo abbandonato da tempo ogni ipotesi indipendentista.

Troppo potente (soprattutto commercialmente ed economicamente) la Cina per potere trovare validi alleati, se non con deboli appoggi formali e pavide dichiarazioni di intenti.

"Il Tibet non faceva notizia.
Inoltre nell'agone politico non c'era simpatia per quel pugno di montanari un po' ignoranti, ancorati testardamente alle loro "superstizioni medievali" che non affascinavano di certo né l'Occidente capitalista tutto preso nel decollo accelerato dei miti della società del benessere e del consumo, né tantomeno il mondo comunista ancora schierato a difesa della Cina Popolare.
Per gli uni e per gli altri, Dalai Lama e Tibetani erano un fastidioso residuo, un ingombrante peso sulla via del cambiamento.


Piero Verni (giornalista, scrittore, studioso del popolo Tibetano) evita il rischio dell'agiografia e si addentra invece in una storia precisa e accurata delle vicende storiche e politiche del Tibet durante la vita del Dalai Lama, con date, nomi, fatti, aggiungendo la storia del "Tetto del Mondo" (vittima frequente di invasioni: mongoli, cinesi, nepalesi, inglesi), gli aspetti culturali e religiosi, le dichiarazioni dello stesso Dalai Lama che ha avuto l'opportunità di seguire e intervistare più volte, la triste e tragica conta delle immolazioni di centinaia di persone che si sono date fuoco per attirare l'attenzione sulla tragedia in corso.
Un lavoro completo e onesto che riesce a dare una visione lucida sulla questione, al di fuori da posizioni ideologiche.

"Io non sono nemmeno anticomunista.
Al contrario credo che l'aspirazione all'eguaglianza sociale del comunismo originario sia condivisibile.
Per esempio l'impegno e la solidarietà verso i deboli.
Non solo condivido queste idee ma trovo che abbiano diversi punti di contatto con quello che noi buddhisti mahayana chiamiamo, compassione, equanimità, buon cuore.
Ad esempio le teorie economiche di Marx.
Certi punti sono assolutamente condivisibili.
Ritengo giusto cercare un miglioramento delle condizioni dei più poveri e dei meno privilegiati.
E che i più ricchi possano fare qualche sforzo, qualche sacrificio a favore dei meno abbienti".

(Dalai Lama).

"Provavo una sincera considerazione nei confronti di Mao.
Mi affascinò una rivoluzione guidata dai lavoratori, una rivoluzione senza frontiere.
L'internazionalismo penso sia un principio molto valido"
.
(Dalai Lama)

Piero Verni
Il sorriso e la saggezza
Nalanda
512 pagine
20 euro

martedì, gennaio 11, 2022

Antonio Bacciocchi - Soul. La musica dell'anima


Esce oggi per DIARKOS/Rusconi il mio nuovo libro Soul. La musica dell'anima.

Dagli albori al nu soul, attraverso i nomi più importanti, le contaminazioni, le realtà meno conosciute, un viaggio attraverso la STORIA della SOUL MUSIC.

Si parla anche di soul in Italia, soul in Africa, psychedelic soul, soul punk, Go Go sound, Philly sound, Northern soul, discomusic, soul e politica e tanto altro.

Prefazione di Graziano Uliani e Carlo Babando.

«Bacciocchi ha da sempre scritto di musica utilizzando la prospettiva ampia di chi ne cerca i riflessi negli occhi degli uomini e delle donne.
Di qualsiasi colore, di qualsiasi tempo»
.
(Carlo Babando)

«Noi, che pensavamo solo alla musica, capimmo che il soul era un’altra cosa.
Era un modo di vivere
».
(Graziano Uliani)

Antonio Bacciocchi
Soul. La musica dell'anima
Diarkos
382 pagine
euro 18

lunedì, gennaio 10, 2022

Negozi di dischi a New York: Rebel Rouser

Prosegue la rubrica TALES FROM NEW YORK

L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground" da quelle parti, allegando sue foto.

Rebel Rouser

A Manatthan rimangono pochissimi negozi di dischi e quei pochi rimasti non sono da prendere minimamente in considerazione, anche se per un italiano possono sembrare interessanti.
Per prezzi e fascino rimangono dei joke e nulla hanno a che vedere con quello che si puo' trovare nella vicinissima Brooklyn per prezzo, qualita' e varieta', il discorso riguarda solo l'usato visto che le nuove ristampe hanno prezzi assurdi che arrivano tranquillamente a 30$ piu' tasse.

Per l'usato bisogna venire qui e per questo l'America e' terra santa.
A Brooklyn dove negozi nascono a vista d'occhio e nei posti piu' strani, facile trovarsi in un negozio di dischi e vedere che e' condiviso con un barbiere cosa che va molto di moda qui.

Da 7 anni all'indirizzo 867 Broadway, Brooklyn troviamo Rebel Rouser che vanta di essere in assoluto il miglior negozio di dischi di tutta New York City, mecca per tutti gli appassionati di Garage 60s, 50s Rock"n"Roll, Frat Rock, Psichedelia, 60s Pop, Soul Music, Freakbeat, Punk, Exotica, Instrumental Surf, 40s/50s Blues, Rhythm and Blues, Glam Rock tutta musica di ottima qualita' e proveniente da tutto il mondo, anche qualche grande classico del rock, ma in particolare e' fornito di una grossissima quantita' di singoli, cosa assai strana al giorno d'oggi.
Qui e' possibile trovare tutti i singoli inseriti nelle piu' storiche compilation che per molti di noi sono sempre stati un sogno e allo stesso tempo scoprirne di nuovi.

Un particolare non da poco che facilita la ricerca di ogni singolo visto che la maggior parte sono con copertina generica (una buona fetta dei singoli usciti tra i 50 e i primissimi 70 ne era sprovvista o al limite aggiunta nelle ristampe successive) è quello di avere un riassunto brevissimo ma utilissimo scritto sulla classica busta bianca, un condensato di quello che si puo' trovare nella registrazione: nome del gruppo, brano o brani portanti, anno, provenienza, condizioni e genere (vedi foto).
Anche i singoli e gli album con le copertine hanno un piccolo adesivo sul lato che riassume una descrizione.

Ormai mitica busta quella di Rebel Rouser che viene ritrovata ad ogni dj set visto che tutti i dj e musicisti della citta' si riforniscono lì.
Oltre ai dischi si trovano anche tonnellate di spille originalissime, cassette, magliette, poster, rarita', libri, vhs e un reparto di nuove e vecchie fanzine ed e' possibile ascoltare tutti i dischi, cd assolutamente banditi.

I prezzi sono veramente bassissimi (classico esempio singolo Talk Talk dei Music Machine 3/4$ vg+ in altri negozi sparsi per la citta' non lo trovi a meno di 10$.
Per politica aziendale anche sulle rarita' tengono i prezzi piu' bassi paragonati a quelli che si possono trovare sulla piattaforma Discogs.

Il negozio e' gestito da :
-William Martin che prima di partire con questa esperienza lavorava per Radio Heartbeat Records, dj conosciuto anche nel circuito romano e vicinissimo ai Taxi oggi conosciuto come Giuda, tra il periodo 1999-2006 spacciava vinili in un garage romano.
-Avi Spivak noto dj e pittore newyorkese, gestisce la fanzine Human Being Lawnmower e suona nella punk band Tuxedo Cats.
-Josh Styles dj e batterista dei grandissimi Daddy Long Legs e precedentemente nei The Deadly Nightshade, Stalkers e cantante nella storica punk band Demential Thirteenth.
-German Fernandez batterista nei Wand-ers.

Per chi fosse interessato in futuro:
Aperto dal giovedi alla domenica dalle 12 alle 20 e nel caso portate singoli di beat italiano generico (quelli che si trovano nelle bancarelle a 1euro) sono richiestissimi e pagati molto bene.

Un consiglio se si viene per almeno dieci giorni, e' quello di cercare qualche garage sale generalmente sono al sabato e la domenica si trova ottima roba e quasi sempre tutto ad 1$ o poco piu'.

Qui altri negozi:
Academy Records
Human Head Records
Head Sound Records
Almost Ready Records
Brooklyn Record Exchange

domenica, gennaio 09, 2022

Lucio Mazzi - Just like a woman


Lucio Mazzi ha una lunga carriera di scrittore in ambito musicale con decine di libri dal 1991 ad oggi.
Il nuovo lavoro affronta una tematica non facile a causa della sua ampiezza e dell'opinabilità delle scelte e dello spazio dedicato ai vari capitoli.
Il numero delle protagoniste del rock e del pop è incalcolabile.

Lo sottolinea lo stesso autore:
troppi sono i nomi realmente impossibili da incasellare in questo o quel genere musicale, quindi la preghiera è di non stare a guardare troppo per il sottile se VOI avreste messo quel tal nome in un altro capitolo rispetto a dove l‟ho sistemato IO: è tutto arbitrario e quindi legittimo, ricordiamo sempre che sono più importanti loro, la loro vita e il loro lavoro, delle etichette che vogliamo appiccicarvi.

Scorrono così le donne del blues e quelle del soul, le star dei 60's, quelle del country, del punk, della new wave, della disco e un po' di Italia sparsa.

Interessante ed encomiabile lo sforzo.

Lucio Mazzi
Just like a woman
330 pagine
15 euro

venerdì, gennaio 07, 2022

Marco Denti - Neil Young. Walk like a giant


Marco Denti, maestro del giornalismo musicale nostrano, nuota agevolmente in una materia a lui cara come la storia discografica di NEIL YOUNG.
In questo libro analizza testi e contenuti artistici di una cinquantina di album, con scrupolo, tanta poesia e capacità di sapere cogliere particolari apparentemente secondari ma decisivi alla comprensione dell'opera del Nostro.

Indispensabile per i fan ma utilissimo per chi, come il sottoscritto, non è mai stato un cultore del cantautore canadese, e che, sarà banale ma inevitabile, non resiste, leggendo queste pagine, alla voglia di andarsi a riascoltare questo o quel disco.
Cercando di cogliere ciò che dice l'ultima frase a conclusione del libro: "Neil Young non lo ascolti, lo senti". (Rick L. Snyder)

"L'uomo è irrequieto, precorre i tempi e non ha paura a guardare nel buio" (riferito ad Harvest) è una perfetta definizione per incorniciare Neil Young.

Senza dimenticare una perla come:
"Di solito la prima take è la migliore, se sei pronto.
Se non sei pronto, allora non dovresti essere lì".


Marco Denti
Neil Young. Walk like a giant
Arcana
300 pagine
22 euro

giovedì, gennaio 06, 2022

Luca Frazzi - Sniffando colla


Luca Frazzi, profondo e diretto conoscitore di questo mondo sotterraneo, di cui è stato più volte protagonista con diverse sue pubblicazioni, si è preso la briga di selezionare (su un migliaio) 50 FANZINE ITALIANE (a cui ne ha aggiunte altrettante, "le altre cinquanta"), rappresentative di un mondo conosciuto solo ai cultori ma che, non raramente, raggiungevano tirature dalle 500 alle 1000 e anche più copie.

Da "Punkadelic" (sette numeri tra il 76 e il 77 che traducevano articoli dai giornali inglesi, stampati in 10 copie, da sempre irreperibili) a "Road to Ruin" che di numeri ne stampò 120 (!!), il seminale "Red's Ronnie Bazar", la più professionale "Sottoterra", la "bibbia" del primo hardcore "TVOR", la mia "Faces".

Un salto in un "piccolo mondo antico", pieno di passione, energia, cultura.
Il libro è allegato al nuovo numero di "Rumore".

Luca Frazzi
Sniffando colla
Guide pratiche di Rumore
Pagine 72
9 euro con la rivista "Rumore"

mercoledì, gennaio 05, 2022

Basically, Johnny Moped di Fred Burns


La carriera d(e)i JOHNNY MOPED non è stata delle più fulgide né quella più ricordata e rimpianta in ambito punk rock.
Anche se ne sono stati tra i pionieri, attivi tra il 76 e il 78, nel giro londinese con un mix di punk, pub rock, rock 'n' roll sguaiato.
Una manciata di singoli, un discreto album, la partecipazione alla compilation Live at the Roxy WC2 (con Buzzcocks, Adverts, X Ray Spex, Wire, Eater, Slaughter and the Dogs), lo scioglimento, qualche reunion, nuovi dischi, l'oblìo.

Fred Burns (figlio di Captain Sensible dei Damned) ne ricostruisce la traballante e strampalata storia in un'oretta di doc, uscito nel 2013 e ora in onda su Netflix, in cui coinvolge il padre, Chrissie Hynde (entrambi passati nella band), Shane McGowan, Don Letts e i membri del gruppo.

Uno spezzone curioso, a tratti un po' imbarazzante, di un'epoca, uno dei migliaia di tasselli che ormai saltano fuori a ripetizione per unirsi a un mosaico ormai totalmente noto, saccheggiato, esaurito che è stato il primo punk rock.
Male non fa e alla fine può essere divertente.
Sicuramente non essenziale.

Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=3n3Do5xko0A

JOHNNY MOPED - Incendiary device
https://www.youtube.com/watch?v=8UI48HKarcY&t=23s

martedì, gennaio 04, 2022

1979: Northern Division - New Zealand 21-9


ALBERTO GALLETTI ci riporta nel RUGBY, con un episodio lontano e particolare.

1979: NORTHERN DIVISON 21-9 NEW ZEALAND

Due sconfitte in altrettanti test per gli All Blacks sono una rarità da questo lato dell'Equatore, se mai sia capitato.
Ribadisco la mia opinione che siano una squadra andata via via trasformandosi in un fenomeno da esibizione, fatto sta che le due sconfitte consecutive di Dublino e Parigi il mese scorso fan rumore.

Partite ovviamente ne hanno sempre perse, molto poche, e ce ne sono state alcune rimaste nella mitologia ovale; figlie del tempo in cui accaddero, del non professionismo e di  una concezione dello sport in quanto tale e non da showbusinness.

Una di queste, una delle due più imbarazzanti insieme a quella di Limerick l'anno prima, fu giocata nella semisperduta  Otley nel novembre '79, partita inserita nel programma del Tour autunnale di quell'anno (che li vide di scena anche a Rovigo contro l'Italia).
Ad attenderli una selezione del nord dell' Inghilterra, ufficialmente The Northern Division, composta da giocatori facenti parti delle rappresentative delle contee, Yorkshire, Lancashire, Cumbria, e via dicendo alcuni dei quali nazionali tra cui il capitano inglese, e della rappresentativa, Bill Beaumont, ma anche il pilone Fran Cotton e il terza linea Tony Neary.
Eroe della giornata fu Tony Bond, centro di Sale, che realizzò due mete, per me pure Alan Old che orchestrò magnificamente il gioco in campo aperto. 

Artefice di quel successo fuori dal campo fu Des Seabrook leggendario allenatore del Lancashire, in carica da inizio decennio, colui che trasformò il rugby del nord fino a ad allora vissuto all'ombra di quello dell'agiato sud composto in gran parte, dentro e fuori dal campo, da membri dell'estabilishment britannico, old boys delle public schools, Oxbridge graduates eccetera.
Inoltre si trovava ad operare nella roccaforte del Rugby League che, in quanto professionistico, si prendeva quasi tutti i migliori giocatori, e quasi tutte le attenzioni del pubblico che da quelle parti affollava i campi al sabato a livelli calcistici.

Seabrook credeva nell'impegno serio, negli allenamenti, nella dedizione alla causa.
Trovò dedizione e  buoni giocatori che allenò intensamente, e con competenza alzandone il livello.
Ancora la sera prima della partita a fine allenamento, Seabrook chiese a Cotton e Beaumont cosa avrebbero fatto gli All Blacks in caso di rimessa laterale a 5/10 metri dalla loro di meta.
Insieme decisero come giocare la rimessa, la provarono, poi andarono sotto la doccia.
Seabrook confessò poi che da quel momento cominciò a sentirsi sicuro che il giorno dopo avrebbero vinto.

"Per me quello fu il momento chiave del weekend" - disse.
All'interno del piccolo e sovraffollato spogliatoio, il capitano Beaumont informa i compagno che 'loro hanno vinto il toss e batteranno il calcio d'inizio per cui per i primi cinque minuti fate come se il pallone non esistesse.'
Chiaro.
Seabrook, da sempre in contrasto con l'estabilishmente e da sempre risentito  contro il favoritismo del sud caricò i giocatori a modo suo, disse:
"Sentite ragazzi, i bastardi giù a Londra hanno già fatto la squadra per sabato prossimo e sperano che voi oggi perdiate in modo da poter poi dire che la loro selezione era motivata.
Il momento per confrontarvi contro la migliore realtà internazionale per voi, quindi, è qui, adesso.
Oggi avete un motivo in più per entrare in campo e stracciare questi qua che non sono certo migliori di voi"
.
Il riferimento era alle convocazioni federali per il test match dell'Inghilterra del sabato successivo contro gli stessi avversari.

Fuori la giornata è fredda e ventosa, grigia.
Una foschia leggera vela la brughiera in lontananza, piove.
Gli spalti sono gremititssimi.
Folla numerosissima e composta, partecipe e rumorosa sempre al momento giusto, competente. C'è gente arrampicata sugli alberi fuori dal perimetro del campo.

Le note del programma informano i presenti che le Industrie Thorn, con il loro generoso contributo, hanno reso possibile lo svolgimento di questo incontro, che la ditta Gilbert fornirà il pallone e che le divise dei giocatori di casa sono fornite da Bukta Ltd e offerte da Jack Lees Sports al numero 15/19 di George Street ad Halifax.
Beati tempi....

Una Haka poco convinta e convincente precede il calcio d'inizio, Cotton mormora nell'orecchio di Steve Smith che li guardava terrorizzato;
"Guardali sti finocchi che ballano".
Smith replicò quasi comicamente; "Abbassa la voce che ti sentono". Più d'uno tra gli inglesi guardandoli pensò:  "Abbiamo giocatori migliori dei loro, e vinceremo questa partita".

Il calcio d'inizio di Old finì in faccia ad un vento forte e tagliente, la palla dopo essersi alzata tornò indietro.
Rimessa All Blacks sulla linea dei dieci metri che attaccano e sembrano aver segnato ma Carleton sventa magnificamente rubando palla ad un avversario nella propria area di meta, quindi contrattacca e calcia a liberare guadagnando una rimessa laterale a meta campo.
Great stuff.

Poi sugli sviluppi di una rimessa laterale una  bella manovra al largo del North viene fermata dalla difesa neozelandese in rimessa laterale sul lato opposto all'interno dei 22 metri.
La rimessa è vinta dagli inglesi che attaccano, ci sono due ruck e quindi una mischia a loro favore, siamo a dieci metri dalla linea.
La mischia si apre, confusione, c'è un in avanti all black e nuova mischia a favore del Nortd. Buona spinta e bel tallonaggio, palla a Smith che serve Old che da all'accorrente Bond messo giù da un muro nero. Dixon raccoglie la palla a terra e si butta avanti, messo giù a sua volta.
Accorrono i compagni raggruppamento a terra, sopraggiunge come un fulmine Smith: dieci metri.
Smith allarga a sinistra per Narey che bloccato da tre avversari viene spinto verso sinistra, va giù.
Ancora Smith rapidissimo allarga di nuovo a sinistra per  O'Brian che finta all'esterno e poi si accentra. Cozza di nuovo contro il muro nero, va giù, palla di nuovo fuori calcio a scavalcare di Old in area di meta dove Fraser anticipa Smith e annulla.
Grande azione  e neozelandesi in effetti in difficoltà.

Al 19' un altro intervento di Fraser in difesa genera un contestato calcio di punizione per gli inglesi in mezzo ai pali, Old realizza i primi tre punti dell'incontro.
Al 35' Smith calcia lungo in territorio avversario, Richard Wilson raccoglie all'interno dei propri ventidue metri, accorre Slemen che lo costringe a liberarsi in fretta della palla con un passaggio a Stuart Wilson.
Il passaggio però è sbagliato e la palla cade dalle mani di Stuart Wilson, c'è in avanti ma l'arbitro lascia giocare perchè Slemen ha continuato la corsa e recupera l' ovale.
Da dietro spunta a razzo Smith che viene servito, entra in area di meta e schiaccia per il 7-0 scatenando entusiasmo.
Old manca la trasformazione. 
Un altro calcio, stavolta un bellissimo drop di Richard Wilson, si stampa sul palo.
Le squadre vanno al riposo con il Northern Division in vantaggio clamorosamente per 7-0.

L' avvio di ripresa è tutto per i neozelandesi che attaccano con continuità il North che fatica a contenere la pressione. Dopo due azioni brillantemente condotte ottengono infine un calcio di punizione che Richard Wilson stavolta infila tra i pali; 7-3.
Di nuovo il North, Smith conduce la carica ben supportato dai suoi avanti, gli All Blacks controllano.
Nulla possono però quando Old, al limite dei ventidue metri, alza un campanile sull'out destro, la retroguardia neozelandese cincischia per la seconda volta in un minuto su un campanile e la palla è raccolta da Carleton che fugge via.
Messo giù a cinque metri dalla linea riesce a mettere il pallone a disposizione. Smith è lesto a raccogliere e a ripartire, elude un avversario e serve splendidamente a destra dove Bond che arriva come un treno raccoglie e schiaccia nell' angolo.
Absolute scenes sugli spalti e punteggio ora sul 11-3;  Old colpisce il palo sulla trasformazione da angolo difficile e il quasi boato di esultanza si trasforma in oooohh di delusione.

La Nuova Zelanda non ci stà e reagisce, la rapidità dei suoi avanti sul punto d'incontro aumenta e la pressione sulla rappresentativa inglese si fa più forte.
Quando questi cercano di giocare al largo finiscono sempre per indietreggiare.

Ci pensa comunque ancora Old, davvero sapiente, che con un calcio a scavalcare oltre la linea dei ventidue metri sorprende l'estremo avversario che deve correre all'indietro per coprire.
Su di lui si avventano due inglesi che lo trascinano fuori. Touche vinta dal North e palla allargata a destra per Beaumont che carica, messo giù. Palla a disposizione, raccoglie Smith che serve Old, tre metri. Old da a Wright che fermato resta in piedi e riesca a dare a Bond il quale da non più di un metro riesce a schiacciare oltre la linea.
Spettatori in visibilio, gli alberi oscillano paurosamente, ragazzini esultanti in campo, comincia ad imbrunire.
Il freddo non sembra più un problema per nessuno perchè i punti scaldano il cuore del pubblico. L'elegante Old centra la trasformazione, che giocatore: 17-3.

Riparte la Nuova Zelanda, Old li ricaccia a metà campo con un calcio a liberare. Sono arrabbiati adesso, si ricordano chi sono e si mettono a giocare da par loro.
Al 73' al termine di un'attacco condotto con grande forza e intensità Stewart Wilson infila il corridoio giusto, elude tre avversari e segna una gran meta individuale. Richard Wilson trasforma per il 17-9.

Manca poco però, la Nuova Zelanda ha bisogno di almeno due segnature, ci provano ma, sotto pressione, commettono un paio di in avanti che ne fermano i tentativi di avanzata.

Invece è di nuovo Alan Old a mandare in crisi la loro retroguardia con un calcio alto. Fraser  fatica a controllare all'interno dei suoi ventidue, su di lui piomba Bond che lo ferma ma fa in avanti. Mischia per la Nuova Zelanda, il pacchetto del Nord fa indietreggiare gli avversari, la palla esce dietro agli avanti neozelandesi ma qualcuno esita.
Ne approfitta lo splendido Smith che raccoglie, ringrazia e serve Old che riceve oltrepassa la linea e a schiaccia in meta nonostante il tentativo di placcaggio, mettendo così la ciliegina sulla torta alla sua prestazione individuale e a quella della squadra. O'Brian manca i pali e il punteggio è ora di 21-9.

Si riprende, c'è buio quasi, gli ultimi due assalti degli all blacks si spengono su una rimessa laterale che Mr. Hoise non fa tirare.  Così, mentre l'oscurità avvolge Cross Green e i moors in lontananza, la folla esultante si riversa in campo a festeggiare gli eroi di una giornata indimenticabile che ha regalato al rugby inglese una delle pagine più gloriose mai scritte.

Il sabato successivo gli All Blacks sconfissero l' Inghilterra a Twickenham sconfessando i privilegiati del sud con grande soddisfazione di Seabrook.
Il 28 novembre chiusero il tour con la loro prima apparizione di sempre in Italia, a Rovigo regolarono gli azzurri 18-12.

Otley, Cross Green 17 Novembre 1979
Tour Match
Northern Division 21 - 9 New Zealand
Northern Division:
15 Kevin o'Brien (Broughton Park) 14 John Carleton (Orrell) 13 Tony Wright (Sale) 12 Tony Bond (Sale) 11 Mike Slemen (Liverpool) 10 Alan Old (Sheffield) 9 Steve Smith (Sale) 1 Colin White (Gosforth) 2 Andy Simpson (Sale) 3 Fran Cotton (Sale) 4 Bill Beaumont (Fylde) 5 Jim Syddall (Waterloo) 6 Roger Uttley (Wasps) 7 Tony Neary (Broughton Park) 8 Peter Dixon (Gosforth)
New Zealand; 15 R. Wilson 14 B. Fraser 13 G Cunningham 12 M B Taylor 11 S Wilson 10 E Dunn 9 M Donaldson 1 B Johnstone 2 A Dalton 3 J Spiers 4 A Haden 5 J Fleming 6 K Stewart 7 G Mourie 8 M Mexted
Umpire: Alan Hoise (Sco)
Spettatori: 10.000 circa

lunedì, gennaio 03, 2022

Marijuana a New York


Foto, nell'ordine:
i venditori a Washington Square Park
menu' inviato tramite what's app
le buste per la vendita
siringa contenente olio


Il blog inaugura la nuova rubrica TALES FROM NEW YORK

L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground" da quelle parti, allegando sue foto.

Ormai legalizzata al 100% la marijuana nello stato di New York dopo una lunghissima battaglia, anche se gia' dal 1977 era stata parzialmente depenalizzata, si arriva ora all'ultimo traguardo mancante, quello della coltivazione ad uso commerciale (per ora tutta l'erba che si trova arriva dalla California o viene coltivata illegalmente).

E' consentito il possesso fino a 80 grammi (3 once) oppure 24 grammi di concentrato di cannabis (olio) e il possesso di 3 piante per uso domestico.
Lo stato di New York ha, come ultimo, vietato da ottobre 2021 di sottoporre ai test per l'uso di cannabis e la discriminazione verso i lavoratori dipendenti che ne fanno uso.
E' necessario chiaramente avere piu' di 21 anni e si puo fumare in tutti i luoghi dove e' consentito fumare tabacco o sigarette elettroniche.

Vietato fumare erba in auto mentre si guida ma consentito in modalità parcheggio, inoltre e' vietato fumare dentro e fuori le scuole, luoghi pubblici, posti di lavoro e fuori dai ristoranti (quest'ultimo più per buon senso che per legge e vale anche per le sigarette).

Tutti fumano e nessuno ci fa' piu' caso, vedere alle 7 di mattina una ragazza rollarsi un mega joint prima di andare al lavoro è d'abitudine, e folate di ottima Marijuana voleggiano ad ogni angolo della città, la gente e' libera di farsi una fumata di erba in casa oppure in un parco o mentre cammina per strada nella totale legalita' senza doversi nascondere.

I venditori si trovano ovunque per la città oppure si possono trovare piccoli stand in luoghi meno turistici come Washington Square Park o Lower East Side (vedi foto) oppure la puoi ordinare tramite Instagram o WhatsApp e te la portano direttamente a casa.
Essendo consentito cederla, i pusher girano in bici con borse piene di buste e con una quantita sempre nella legalita' (80gr) per poi una volta finita tornare a rifornirsi a casa.
Ti inviano menu sempre aggiornati, bustine con marchi e nomi per ogni qualita' (Gorilla Glue, Black Cherry, Gelato, Babylon Rutz ecc.

Per chi e' possessore della licenza per uso medico terapeutico si puo' recare nei rivenditori autorizzati dallo stato di New York sparsi in tutta la citta'.

Altri tipi di rivenditori non legalmente autorizzati permettono la vendita solo ai soci e solo dopo una iscrizione e' possibile l'acquisto (simile al modello introdotto in Spagna al momento in fase sperimentale).
Uscendo poi dal classico stereotipo del joint, molto usati sono l'olio venduto in siringhe chiaramente senza ago (vedi foto) usato per via orale mettendolo sotto la lingua, caramelle, biscotti, ricariche per vape, il tutto venduto con specifiche richieste solo thc, solo cbd oppure tutti e due insieme e con principi attivi alti o bassi a seconda dell'esigenza.

Gara di vendite tra i pusher anche su instagram con foto e video della propria merce.
Il costo chiaramente e' alto e piu' spendi e piu' fumi erba di alta qualita' e con i loro stipendi altissimi i newyorkesi non hanno problemi a permettersela.
I nomi dei pusher sono sempre delle consonanti tipo G, Z, J, C ecc.

Nella mentalita' delle persone che si abbiano 18 o 80 anni fumare erba e' una cosa normalissima lo fanno tutti chi raramente, chi ogni tanto, chi tutti i giorni, chi tutte le ore e chi non fuma vede tutto questo senza alcun problema con una mentalita' molto aperta.

domenica, gennaio 02, 2022

Statistiche 2021


Un po’ di consuete statistiche annuali per il BLOG (mio/nostro pro memoria personale di ciò che ascolto e leggo) che, a dicembre, ha compiuto 17 ANNI.

L'altisonanza dei numeri non tragga in inganno.
Sono cifre molto favorevoli ma, ovviamente, irrisorie, nonostante lo sviluppo. Gli aspetti più interessanti sono il seguito per un mezzo obsoleto come il blog e, soprattutto la giovane età del 60% degli utenti, per un profilo che tratta di dischi, libri, film attuali ma gestiti da un 60enne, con gusti palesemente retrò.

Dopo un periodo di calo e una tenuta nel 2015, una forte ripresa nel 2016, in media il 2017, la risalita del 2018, la conferma del 2019, il boom di accessi del 2020, un altro picco nell'anno passato.

308.309 gli accessi nel 2021 (182.357 nel 2020, 126.000 nel 2019, 128.377 nel 2018, 123.200 nel 2017, 130.400 nel 2016, 121.500 nel 2015, 120.500 nel 2014, 139.482 nel 2013, 144.211 nel 2012, 105.973 nel 2011).

Una media di 845 accessi quotidiani.

Più di 71.000 gli utenti singoli.
Oltre all'Italia la provenienza è nell'ordine dagli USA, Spagna, Germania, Francia, Inghilterra, Irlanda, Svizzera, Finalndia, Olanda.
Tra le città Milano, Roma, Torino, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Modena, Cagliari.
Prima città straniera é Londra, seguita da Dublin e Helsinki.
La "mia" PIACENZA é al 48° posto.

Maggiori accessi (il 60%) da un pubblico dai 18 ai 34 anni, 15% da 35 ai 45 (curioso per un blog di tematiche prevalentemente "datate").
55% gli accessi da utenti maschi, 45% da utenti femmine.
Particolarità costante degli ultimi anni sono gli accessi a post storici e passati che mantengono costante nel tempo il dato statistico.

Il post più visto di sempre è quello sulle 100 canzoni italiane più belle, seguito da Ari Paffgen, Messaggio di Brian Eno agli Europei, Herbie Hancock e Wayne Shorter: lettera ai giovani musicisti, Elogio di Cesare Cremonini, Le 100 canzoni più belle dei Beatles, I dischi più rari e costosi, Il rock e i Kiss.

I post più visti, tra i 319 pubblicati, sono stati dei classici "sempreverdi" e una nuova entrata.

Ari Paffgen - Christian Aaron Boulogne
http://tonyface.blogspot.com/2016/11/ari-paffgen-christian-aaron-boulogne.html

Maneskin e il futuro del rock in italia
http://tonyface.blogspot.com/2021/11/maneskin-e-il-futuro-del-rock-in-italia.html

La musica nei campi di concentramento
https://tonyface.blogspot.com/2020/01/la-musica-nei-campi-di-concentramento.html

Poi Le 100 canzoni italiane più belle, Anfiteatro Romano di Piacenza, Il cervello dei batteristi e, di nuovo, Maneskin.

Attualmente dalla sua nascita, 17 anni fa, gli accessi sono quasi 2 milioni.

Un ringraziamento a tutti i collaboratori che hanno contribuito con i loro scritti, in particolare ad ALBERTO GALLETTI, vero pilastro, alle decine di commentatori abituali che rendono vivo e frizzante questo blog, a quelli che si “limitano” a leggere, a tutti i nuovi arrivati da queste parti.
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