martedì, giugno 11, 2019
Rossella Catanese - Futurist Cinema: Studies on Italian Avant-garde Film
Rossella Catanese ha recentemente curato "Futurist Cinema: Studies on Italian Avant-garde Film", pubblicato da Amsterdam Press, ricerca scientifica (in inglese) che diffonde la conoscenza ad un pubblico internazionale delle relazioni tra avanguardia e Futurismo nell'ambito della cinematografia.
Un testo molto approfondito, tecnico, ricco di dettagli accuratissimi su un periodo di incredibile creatività, in questo caso incentrato sulla allora nascente cinematografia, dapprima vista scetticamente, poi abbracciata dai Futuristi come elemento espressivo di primaria importanza.
"Il cinema è lui stesso Futurista".
Si parla di "Vita futurista" (1916) il film dei futuristi purtroppo andato perduto, di "Velocità", sceneggiatura cinematografica di Marinetti fino a "Thais" di Anton Giulio Bragaglia.
Interessantissimo e unico.
THAIS di Anton Giulio Bragaglia
https://www.youtube.com/watch?v=fZQF4KODGfM&t=1682s
Rossella Catanese è dottore di ricerca in Tecnologie digitali e metodologie per la ricerca sullo spettacolo. Abilitata come professore di seconda fascia nel settore 10/C1, da gennaio 2019 è assegnista di ricerca presso IMT School for Advanced Studies di Lucca nell'ambito del PRIN “Aesthetics in the Brain: an interdisciplinary investigation on the functional and neural mechanisms mediating aesthetic experience”.
È docente a contratto di "Tecniche del restauro digitale delle immagini e del film" alla Sapienza Università di Roma. Inoltre, insegna storia del cinema italiano presso NYU Florence (program provider per NYU in Italia).
I suoi interessi di ricerca prioritari sono il cinema delle avanguardie storiche, il Futurismo italiano tra cinema, pittura e letteratura, il patrimonio cinematografico, gli archivi e le cineteche, il restauro dei film fra pratiche analogiche e tecnologie digitali, l’archeologia dei media, la storia del cinema sperimentale, la storia della tecnologia, il cinema scientifico, la teoria dell’avanguardia, il rapporto tra cinema e neuroscienze, il rapporto tra avanguardie e processi sinestetici, il cinema delle origini e il colore nel cinema muto.
A seguire un'intervista con Rossella:
Le affinità e la vicinanza del Futurismo con il fascismo hanno, secondo te, compromesso l’approfondimento della conoscenza dell’arte futurista?
La questione è estremamente controversa.
Saranno in tanti ad associare questa prossimità in funzione della carriera di Filippo Tommaso Marinetti dagli anni Venti agli anni Quaranta, senza considerare che il manifesto del Futurismo esce su «Le Figaro» nel 20 febbraio 1909, mentre i Fasci italiani di combattimento vengono fondati da Benito Mussolini il 23 marzo 1919, dieci anni dopo, sebbene alcune delle energie del partito politico futurista, il cui manifesto è scritto da Marinetti nell’11 febbraio 1918, confluiranno poi nel partito fascista.
Infatti, il poeta rivoluzionario diventerà poi Accademico d’Italia integrandosi nel potere dell’obbedienza omologata.
Un punto in comune tra Marinetti e Mussolini nel 1914 è la posizione a proposito dell’intervento bellico in occasione del primo conflitto mondiale: entrambi sono convinti interventisti.
Per Mussolini, che comincia a dissentire dal partito socialista in cui militava, l’entrata in guerra rappresenta un primo passo verso il consolidamento dell’identità nazionale.
Marinetti glorifica la guerra come «sola igiene del mondo», esaltando «il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna».
Per Marinetti, però, si tratta di un’estrema e travolgente provocazione, dichiaratamente contro l’ipocrisia cosmopolita del salotto borghese, in antitesi col principio della tradizione classica del καλός κἀγαθός (“bello e buono” inteso come “virtuoso” e fulcro della civiltà, simbolicamente archetipo dell’umano).
Nell’immaginario marinettiano la fantasia di un corpo metallico, “reificato”, meccanico e moderno si sostituisce al dato umano, prefigurando le teorie del Post-Human del secondo Novecento. Ricordiamo però come la provocazione sia il tratto essenziale del primo Futurismo; Marinetti descrive nel manifesto del 1909 un gruppo che in realtà non esiste ancora, ma è così innovativo e coinvolgente che riesce a costruire una preziosa rete di sinergie con i più brillanti e innovativi artisti italiani del suo tempo.
Nonostante il carisma di Marinetti, noto come “caffeina d’Europa”, alcuni Futuristi, più vicini a idee marxiste o anarchiche, non saranno in accordo con il partito politico futurista, né si sentiranno rappresentati da Mussolini.
Alcuni, infatti, dissentono; mi viene in mente il manifesto Anarchia e Futurismo di Renzo Provinciali, pubblicato su «La Barricata» nel 1912 (rivista a cura di Leda Rafanelli e Carlo Carrà) o alcuni articoli anarco-futuristi usciti su «La Tempra» rivista di Pistoia (1914-1916).
Umberto Boccioni, Bruno Corra, Francesco Cangiullo simpatizzano per idee marxiste.
E lo stesso Antonio Gramsci apprezza le innovazioni rivoluzionarie dei futuristi.
Completare il libro, frutto di coordinamento di diverse firme, è stato un lavoro difficile?
È stato un lavoro che ha richiesto diversi anni, dalla prima idea progettuale all’ultimo controllo di bozze.
Ho cominciato a lavorare alla proposta editoriale nel 2012 e il volume è uscito alla fine del 2017 (sebbene risulti afferente all’anno 2018).
Questo sia perché si è trattato di una curatela internazionale, con autori dislocati in diversi paesi e contattati prevalentemente tramite email, sia perché l’editore accademico ha previsto due fasi di revisione paritaria e una serie di verifiche su tutte le fasi del lavoro editoriale.
Poi naturalmente ho dovuto anche verificare tutte le immagini e le loro condizioni sul piano del diritto d’autore per non incorrere in sanzioni.
Ho avuto la fortuna di incontrare una grande collaborazione da parte di tutti: dai detentori dei diritti delle immagini alle istituzioni con cui ho collaborato, dal team della casa editrice agli autori, bravissimi e incredibilmente pazienti nonostante la lunga attesa.
Ci tengo infatti a ringraziarli e nominarli tutti (in ordine alfabetico):
Paolo Bertetto, Giancarlo Carpi, Carolina Fernández Castrillo, Giovanni Lista, Denis Lotti, Fernando Maramai, Lucia Re, Antonio Saccoccio, Sabine Schrader, Marcello Seregni, Wanda Strauven, Elisa Uffreduzzi, Valentina Valente e Francesca Veneziano.
In quanto avanguardia credo che il cinema futurista fosse pertinenza di un ristretto numero di persone.
Quando è stato riscoperto, se lo è stato?
È vero che i gruppi d’avanguardia per loro stesso statuto sono pertinenza di un numero ristretto di persone, ma vista la popolarità mediatica pare che la prima del film Vita futurista (1916) riscuota successo: 463 spettatori registrati al Teatro Niccolini di Firenze (28 gennaio 1917).
Nel 1935 la rivista cinematografica «Bianco e Nero» dedica un approfondimento alla pionieristica esperienza futurista al cinema pubblicando anche dei fotogrammi del film.
Negli anni Sessanta lo studioso Mario Verdone scriverà estensivamente di cinema e Futurismo e intervisterà Arnaldo Ginna; è a Verdone che si deve prioritariamente il lavoro di recupero e la prima sistematizzazione teorica di questi materiali.
Successivamente, negli anni Settanta, le ricerche e il lavoro analitico di Giovanni Lista costituiranno il corpus storiografico di riferimento principale e imprescindibile per ogni studio sul Futurismo.
Nel corso dell’evolversi culturale (e sottoculturale) del dopoguerra hai trovato qualcosa di paragonabile alla visionarietà del Futurismo?
Ci sono diverse cose che potremmo immaginare come una sorta di continuazione dell’esperienza futurista in direzione della sperimentazione radicale: le istanze innovative portate avanti dalle neoavanguardie, dagli artisti che lavorano sull’idea di cinema espanso (sulla falsariga della definizione di Gene Youngblood), i cosiddetti cameraless film (nel saggio di Francesca Veneziano si fa riferimento proprio al cinema di Paolo Gioli come emblematico percorso evolutivo della sperimentazione di matrice futurista), l’attivismo della videoarte, la sperimentazione laboratoriale fotochimica dei laboratori d’artista e tanto altro ancora…
Tutte traiettorie di ricerca sperimentale che si sono sviluppate anche in Italia e che indagheremo nel prossimo libro!
Il materiale citato nel libro è reperibile?
“Vita futurista” è purtroppo andato perduto.
Come accennavo prima, «Bianco e Nero» la rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia dedica un approfondimento a Vita futurista pubblicando anche dei fotogrammi del film, tra i pochi materiali superstiti.
In realtà in un suo libro precedente (Il cinema futurista, Le Mani, Genova 2010, p. 52) Giovanni Lista parla di fotogrammi superstiti, contraddicendo la versione ufficiale.
Nonostante l’incendio e la distruzione della copia di Carlo Belloli (si tratta di pellicola in nitrato di cellulosa e dunque estremamente infiammabile, soggetta ad autocombustione), se esiste del materiale superstite probabilmente è vincolato a complesse vicende editoriali o legali.
Il saggio che ho scritto faceva riferimento soprattutto alle fonti, che possono addirittura permetterci di provare ad interpretare un film perduto.
Dall’Indice alfabetico delle pellicole cinematografiche approvate dal Ministero dell’Interno dal 1 gennaio 1916 al 31 dicembre 1921 ai registri di borderò, dalle recensioni ai carteggi privati e così via.
“Vita futurista” è frutto di un lavoro collettivo ed è stato girato in parte a Firenze con i futuristi loro stessi attori.
Esatto. Le firme sono di Marinetti, Corra, Ungari, Carli, Settimelli, Chiti, Balla, Nannetti, Venna e Spina, fratello di Settimelli.
“Vita Futurista” aveva connotati comici e irriverenti, vero?
A mio avviso sì.
Ho cercato di dimostrare questi elementi comici sulla base di una sistematizzazione teorica.
Fatto sta che a Marinetti del linguaggio cinematografico interessano soprattutto le rapide comiche.
Inizialmente i Futuristi sono però molto scettici nei confronti dello strumento cinema.
Fino a quando nel 1916 Marinetti proclama “Preferiamo esprimerci attraverso il cinema”.
È quasi simbolico il fatto che il più diffidente verso una sperimentazione cinematografica sia Boccioni, che muore nel 1916, e un paio di mesi dopo vedranno la luce il manifesto e del film.
Lo stesso Marinetti che nel 1917 scrive il soggetto di “Velocità” senza però realizzarlo.
Carolina Fernández Castrillo ha scritto un saggio proponendo un’analisi dettagliata della sceneggiatura e un ottimo paradigma interpretativo per il progetto nell’ambito della figura marinettiana e degli studi sul Futurismo.
“Thais” di Anton Giulio Bragagna ha dei connotati grotteschi ma anche riferimenti a occultismo e spiritualismo.
L’analisi del film proposta da Lucia Re evidenzia questi aspetti, rilevando una serie di complessi riferimenti che tra la dimensione spirituale e al limite con l’occulto di matrice cerebrista, procedono fino ad un possibile discorso sulla cultura visuale al tempo della prima guerra mondiale, ampliando le interpretazioni sull’apparato scenografico con una prospettiva che – in pieno conflitto mondiale - rimanda all’estetica della Secessione Viennese e ad una riflessione sulle baionette e sui gas asfossianti.
I Futuristi anticiparono in qualche modo la società a venire attraverso il concetto comunicativo del “many to many”?
Il saggio di Antonio Saccoccio illustra i rapporti tra la diffusione di nuove tecnologie e nuovi media e il Futurismo italiano nei primi decenni del Novecento, anticipando le teorizzazioni elaborate circa mezzo secolo più tardi da Marshall McLuhan.
Il Futurismo intuisce che le innovazioni tecno-scientifiche stanno sconvolgendo e modificando la sensibilità dell’uomo. Con i loro manifesti e creazioni artistiche testimoniano e incoraggiano tali trasformazioni, in direzione di una sensibilità futurista e anti-“passatista”.
Le teorie elaborate da McLuhan possono aiutare anche a comprendere alcune delle contraddizioni del Futurismo italiano, dal patriottismo cosmopolita alla negazione della logica nell’elogio della scienza.
Se dovessi immaginare una playlist di musica attuale dall’impronta “futurista” cosa sceglieresti?
Immaginerei una musica che si possa definire come prosecuzione della composizione di Luigi Russolo, creatore dell’“intona-rumori” (un sintetizzatore ante litteram, inventato nel 1913).
Al contempo, dovrebbe essere giocosa e serena, come il manifesto Il controdolore di Aldo Palazzeschi (1913) o la Ricostruzione futurista dell’universo di Giacomo Balla e Fortunato Depero (1915).
Una playlist italiana contemporanea potrebbe essere:
Black Shape - “Doom Room”
The Hand - “Vodkatronic”
Giuda - “Spacewalk”
Movie Star Junkies - “These Woods Have Ears”
Un archetipo singolo che potrebbe raccoglierle tutte è a mio avviso:
Quintron - “Meet Me At The Club House”
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento