lunedì, giugno 24, 2019
Intervista a Ezio Bosso
Riporto la versione integrale dell'intervista apparsa ieri sul quotidiano "LIBERTA'"
Ezio Bosso è un fine intellettuale, persona lucida, diretta, concreta, uno di quei personaggi di cui ha bisogno il Belpaese, martoriato dalla volgarità, dalla superficialità, dal degrado morale, etico, civile.
Una persona che insieme a pochi altri riesce a indicare una via, quel raggio di luce in fondo al retorico, ma quanto mai reale al giorno d'oggi, tunnel oscuro.
Lo ha fatto anche recentemente con una trasmissione coraggiosa e allo stesso tempo spettacolare come “Che storia è la musica”.
Quando accetta di buon grado, pure con entusiasmo, di farsi intervistare e mi dice che si fermerà a Piacenza, investendomi di parole di stima, mi agito e pure molto.
La mia proverbiale attitudine glaciale e distaccata si scioglie in un attimo.
Il Maestro, una delle persone che più ammiro in assoluto, viene da me per riservarmi il privilegio di un'intervista.
E dove lo porto?
Lui sta per partire per Roma a ritirare la cittadinanza onoraria della capitale, approvata all'unanimità dall'Assemblea, per dire.
Conoscendolo un po' opto per la “toppia” (pergolato) della Cooperativa di S.Antonio e tra un tavolo di accaniti giocatori di briscola, uno in cui un anziano scorre lentamente con il dito la pagina dei morti della “Libertà” e uno da cui si levano animate discussioni di calcio mercato, mentre tutto intorno scorre caotica la via Emilia, incominciamo a parlare.
A ruota libera.
Ezio pervade tutto di un'aura di positività, di determinazione, continuando a vivere in modo chiaro e pulito nelle difficoltà circostanti (non a caso il motto filosofico della cultura mod, da cui lui è partito e che rivendica fin dalla prima domanda).
Il tuo esordio è stato da giovanissimo, suonando il basso con gli Statuto e frequentando il giro mod torinese.
L'esperienza con gli Statuto è stata brevissima perchè mi hanno cacciato subito per eccesso di note.
La mia musica è sempre stata la classica ma ero affiancato da musicisti come Davide Rossi (che ha suonato successivamente anche nei Coldplay) e da Oscar Giammarinaro che ai tempi faceva il Conservatorio.
Non ho comunque mai smesso di seguire quella scena, continuo ad ascoltare quella musica, gli Who, i Jam.
Quell'esperienza continua. Per migliorare se stessi e la società anche attraverso la leggerezza, per renderla meno volgare e vivendo non attraverso i propri averi ma per il gusto e la cultura. Se sono l'uomo che sono è anche perchè ho avuto a che fare con i mods. Mi sento ancora un mod.
Quanto è attuale la musica classica?
E' una necessità. L'errore vero è quello di pensare che si faccia la musica classica perchè è storica e museale.
E' invece qualcosa di cui abbiamo bisogno, E' una musica dedicata alle nostre diversità. L'errore è pensare che la musica appartenga ad un periodo.
Tutti i compositori trascendono e superano il periodo, attingono dal passato e si proiettano nel futuro.
Beethoven scriveva, suonava, cantava, dirigeva. La musica ci appartiene perchè la lasci a qualcuno. Questo fenomeno si è sviluppato allo stesso modo nel jazz o nel rock.
La musica ha un valore oggettivo ?
Per fare un esempio, Beethoven è superiore a chi fa rock n roll o la dance elettronica?
Si, c'è un valore oggettivo.
Musicisti come Beethoven e Bach curavano ogni nota. Solo per non possederla più.
Ho rispetto per tutte le musiche ma nel loro caso c'era una necessità vitale e vera.
E' necessario sia per chi l'ha scritta sia per chi la suona. Quando noi interpretiamo questa musica non esistiamo più, diventiamo la partitura, quelle sono le note e quelle devi fare. Questa è un'oggettività. Il playback non lo possiamo fare. Ci sono parametri assoluti.
Ci sono 200 anni di musica di Beethoven e dentro ci sono un sacrificio e una passione che in altri tipi di musica non si trovano. Oggi fare il musicista classico è qualcosa di punk. Beethoven diceva che la musica è nostra mentre spesso si pensa di conservarla solo per un pubblico paludato.
Se vi piace una parte di Beethoven io ve la rifaccio, applauditela, partecipate.
La gente va avvicinata alla musica.
Trovi ancora stimoli nel suonare, nell'ascoltare cose nuove?
Suonare Beethoven, ad esempio, è ancora uno stimolo?
Quella partitura pur avendo sempre le stesse note muta insieme al tuo progresso umano, diventa diversa con te e scopri cose nuove.
Ogni volta che riprendo in mano una partitura scopro spesso particolari che non avevo mai notato prima. Il fatto che le note siano quelle non vuole dire che sia un monolite.
Cambia in base a ciò che sei.
Se l'ascolti fatta da me o da un altro spesso sono cose completamente differenti.
Credi che la televisione possa ancora essere un mezzo d'insegnamento?
La televisione continua ad essere il principale strumento di diffusione in tutto il mondo.
In Italia ancora di più. I grandi numeri di internet in realtà derivano dalla televisione e te lo dico per esperienza personale. Non bisogna fare ascoltare tutto ma una proposta mirata può essere educativa.
La televisione può avere la funzione di dare un accesso a certe esperienze.
Quando è partita la mia trasmissione mi dicevano che quella musica non interessa a nessuno.
E invece abbiamo avuto un milione di spettatori fissi per tutta la durata, una media del 5.3 contro quella del 4 delle domeniche precedenti.
E' il modo di proporre le cose, un po' come la famosa “Non è mai troppo tardi” del maestro Manzi. Mi ha ispirato lui quando l'ho pensata. Quella era la mia intenzione. Quando senti la parola “alla gente piace quello” mi viene paura, è un concetto totalitarista.
L'importante è un'offerta varia, poi uno sceglie.
Che cosa pensi dell'importanza sempre maggiore che hanno i talent show?
Per me i talent sono la distruzione della cultura musicale. La musica è un mestiere.
Anche piccolo ma che ha delle regole normali. Questa storia del successo è malata. Se uno non ha successo sembra che non abbia dignità. La musica è anche quella proposta dai professori che la insegnano alle medie o dei gruppi che suonano nei bar.
Ci vorrebbero mille gruppi che ogni sera suonano in mille bar. Quello è il vero talent show. La storia della musica è fatta da musicisti che partivano dal piccolo, crescevano e con il talento arrivavano o meno al successo.
Credi ancora nel valore dell'educazione in questi tempi grami?
Io ci provo e ci credo. Ascoltando il prossimo. La musica per natura è educativa.
La cosa più importante che esista è ascoltare. E da lì cresci, cerchi cose nuove.
“Amo tanto una canzone che voglio capire che cosa dice, cosa c'è dietro”.
E grazie a quello scopri altre musiche o aspetti culturali.
Che rapporto hai con internet ?
Internet è passato dall'essere un mezzo con un potere enorme ad essere un fine.
E il linguaggio che è usato sempre più violento. Oggi attraverso internet ho enormi possibilità, anche come musicista, soprattutto di accedere ad archivi immensi.
Ma viene invece usato per fini assolutamente narcisistici. Nei giorni della trasmissione ad esempio la pagina di Wikipedia dedicata a Beethoven ha avuto picchi incredibili come mai si erano registrati prima. I giorni successivi le classifiche di classica avevano in testa la Quinta di Beethoven, poi veniva Ezio Bosso. Questo dimostra il potere della televisione e di internet. E' un mezzo enorme usato in funzione autoriferita.
Una curiosità. Ma quando dirigi trovi anche in teatro gente che riprende con il cellulare? Purtroppo si.
Dico sempre una cosa prima dei concerti. Cerchiamo di viverlo e partecipare, cosa ti importa di fare un video che si sentirà male e che non riguarderai mai?
L'uso della tecnologia digitale, anche e soprattutto nella musica, ha cambiato radicalmente le cose negli ultimi anni.
Un problema di atteggiamento suicida di chi produce le cose.
Si pensa che, in ambito musicale, attraverso il digitale si migliori ma in realtà è caduta la qualità del suono e del contenuto. Inoltre togliendo l'oggetto togli il valore alla stessa produzione. Si lamentano della pirateria ma sono stati loro a dare il via a tutto ciò. Si toglie un momento di convivialità, di discussione. Ma non credo sia la fine, credo che alla fine vincerà la qualità.
Tu da sempre combatti tra il tuo essere un personaggio pop ed essere invece una persona.
Ho una figura pubblica che non si discosta da quella privata. Il termine “personaggio” a me dà fastidio, soprattutto il volere essere personaggio.
Com'era bello vedere i documentari di Zavoli e Zavattini dove le persone davanti alla telecamera erano imbarazzate, spontanee. timide. Ora tutti cercano di essere personaggio, di avere il minuto di successo. Io voglio la persona, le persone, non questa orrenda parola che è “gente”.
Incominciamo a riguardarci in faccia, a parlare l'uno con l'altro.
Le nostre singolarità diventano la società, la formano, “gente” non vuole dire niente.
Come procedi abitualmente relativamente alle scelte artistiche?
Mi chiedono di partecipare a progetti. Quando ho pensato alla trasmissione l'ho fatto per non andare più a programmi ad inviti.
Ho determinato di non partecipare più a nulla a meno che non fosse qualcosa di mio. Mi piacerebbe fare qualcosa che mostri come è davvero l'Italia, andare tra la gente e chiedere che musica ascoltano, quale conoscono, farne una fotografia.
Com'è la giornata tipo di Ezio Bosso?
Studio molto, lavoro tanto, faccio ricerche, sia sotto il profilo musicale che storico e letterario, guardo la televisione, mi piace guardare certe serie tv, cucino tanto.
In realtà penso alla musica in ogni momento, da quando mi alzo a quando mi addormento. Facendo il direttore d'orchestra posso lavorare anche da casa, anche a letto, anche se sto male.
Suono un po' anche il pianoforte quando non mi fanno male le mani.
Abitualmente cosa ascolti?
Per chi lavora con una partitura in testa, come me, è molto difficile ascoltare altro che non sia quello. Va in contrasto con quello a cui penso da mattina a sera. Ma ogni tanto mi ascolto Who, Jam, Weller, sono ancora legato a certe cose.
Cosa pensi di quegli idealisti che, negli anni 60 o 70, vivevano per un'idea, fino in fondo, totalmente? E' qualcosa di finito, ti identifichi con qualcosa del genere?
Già ai tempi c'erano come priorità il posto fisso, stare agli ordini di chiesa o partito.
Gli idealisti ci sono, esistono anche oggi ma sono meno visibili. I ragazzi che dirigo o a cui insegno sono spesso idealisti, fanno cose per gli altri, per la comunità.
Ma spesso di essere idealisti se ne accorgono dopo, ne sono inconsapevoli.
Chi si dichiara idealista spesso cerca solo il potere. Mi piace il principio del credere, nel volere bene alle cose. L'idealismo è un grande oggetto che si applica alle piccole cose. Uno schiaffo farà sempre più rumore di una carezza.
La cosa fantastica della musica è che non la puoi tradire, quando la tradisci cade tutto.
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Favolosa intervista e concetti. Hai ragione Tony.
RispondiEliminaGrazie F
Grazie, una bella intervista...e mi è piaciuto l'ambiente che ha scelto , adatto ad una persona colta e semplice allo stesso tempo come penso sia stato il grandissimo Ezio (come voleva essere chiamato..).
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