mercoledì, aprile 25, 2018
Hertzko Haft
A cura di ALBERTO GALLETTI
Oggi, 25 aprile 2018, è la festa della liberazione.
Per la ricorrenza odierna un ricordo sportivo, non calcio stavolta ma pugilato, che ha come protagonista un uomo, un sopravvissuto di Auschwitz che riuscì a liberarsi dalla prigionia ma non dei segni delle crudeltà vissute.
Il suo nome era Hertzko Haft, un ragazzo all’epoca dei fatti.
Polacco, era nato a Belchatow nel 1925, a tre anni rimase orfano di padre.
Quando i nazisti occupano la Polonia nel 1939, Hertzko ha 14 anni e per sopravvivere, insieme al fratello, si mette a fare il contrabbandiere. A 16 anni si innamora pazzamente di una ragazza, Leah, insieme alla quale progettava di costruirsi un avvenire.
I nazisti avevano purtroppo in serbo altri programmi per quelli come lui e, in quello stesso 1941, causa le sue origini ebree, viene arrestato e condotto al campo di lavoro di Poznan.
Vi resta due anni, fino al ’43 quando, dopo che Hitler deliberò sulla ‘soluzione finale’, fu tradotto, insieme a migliaia di altri, ad Auschwitz.
Dotato di grande vigoria fisica e coraggio, Hertzko rifiuta di soccombere mentalmente alle coercizioni del campo, sopporta di tutto: botte, umiliazioni, torture, fa di tutto per sopravvivere.
Leah, il suo ricordo lo aiutano a tener duro.
La testardaggine e la vitalità del ragazzo non sfuggono ad un ufficiale SS che gli propone di cimentarsi in incontri di boxe grazie ai quali potrà usufruire di un minimo miglioramento delle proprie condizioni, ergo mangiare.
Hertzko accetta.
Non ha fatto però i conti con la spietata crudeltà dei suoi aguzzini che decidono anche che chi perde morirà.
Il forte istinto di sopravvivenza non gli lasciò scelta.
Combattè, pare, 76 volte, vinse sempre, con la consapevolezza che la sua sopravvivenza significava morte sicura per l’avversario, cosa che lo mise nella tragica condizione di diventare una specie di carnefice a sua volta.
Riporto un passo, contenuto nel libro Il Pugile, storia della sua vicenda, in cui confida al fratello, internato con lui:
"Dio?
Guardati intorno.
Permetterebbe una cosa del genere se esistesse?".
“Ciò che accadde tramutò tutti i protagonisti da uomini a involucri pieni di paure, disperazione, rabbia e vendetta.
Chi era un SS non aveva nessun tipo di rimorso o pietà, se non per un tornaconto personale; i kapò mossi da paura e aggrappati a un misto di istinto di sopravvivenza e delirio di potere, tradivano i propri amici, la propria gente.
E anche gli ebrei e gli altri prigionieri vennero ridotti a individui che cercando di sopravvivere con le unghie e con i denti a volte si trasformavano loro stessi in carnefici verso chi era ancora più debole o, mossi da istinti di vendetta, non esitavano a trasformarsi in feroci assassini.”
L’inferno in terra.
L’avanzata sovietica , comportò la smobilitazione di parecchi campi di concentramento da parte dei nazisti, che non volevano lasciar tracce dello sterminio in atto, compreso quello di Jaworzno, dove si tenevano i combattimenti, mandando i prigionieri alle infami marce della morte.
Durante una di queste, ancora una volta grazie alla sua grande forza fisica, Hertzko riuscì a fuggire, uccise un soldato tedesco, gli rubò l’uniforme.
Si diede alla macchia in territorio ancora occupato dai tedeschi in ritirata scappando di villaggio in villaggio, rifugiandosi dove capitava.
Arrivò fino in Baviera, dove uccise una coppia di anziani contadini che gli avevano dato riparo perché temeva che avessero scoperto che non era tedesco.
Un inferno dopo l’altro
Riuscì a nascondersi fino alla resa nazista e alla fine del conflitto, e ci rimase
. Nel 46 fu notato da un ufficiale americano, ex-puglie, durante un torneo di boxe per sfollati e rifugiati di guerra che lo convinse, e aiutò, insieme ad uno zio di Hertzko che viveva già la, a trasferirsi negli USA.
E’ il 1948, Hetrzko inizia la carriera di pugile, categoria pesi massimi (1,75m per circa 78kg) e cambia nome americanizzandolo in Harry Haft.
Vinse 13 dei 21 incontri disputati , ne perse 8.
In fondo sperava che diventando famoso forse Leah , mai dimenticata, lo avrebbe riconosciuto e in qualche modo contattato.
Fu sconfitto malamente il 5 gennaio del 1949 da Roland Lastarza, un italoamericano fortissimo che darà poi parecchio filo da torcere ad un altro italoamericano, una sconfitta dalla quale non riuscì più a riprendersi.
Tornò sul ring il 18 luglio dello stesso anno ma un certo Rocky Marciano lo demolì in tre riprese ponendo fine alla sua carriera.
Lo stesso Marciano battè poi Lastarza ponendo fine alla sua imbattibilità, ben 37 incontri, e relativi sogni di gloria, in un incontro finito ai punti e contro il cui verdetto in molti gridarono allo scandalo.
Di Leah nessuna traccia, nonostante avesse saputo che anche lei era fuggita in America.
Si sposò un mese dopo e aprì un negozio di frutta e verdura a Brooklyn, ebbe un figlio, Alan Scott, l’anno dopo, quindi una figlia e un’ altro figlio maschio.
Era un tipo duro, violento, di poche parole, l’ambiente in famiglia non deve essere stato il massimo, l’inferno gli era rimasto dentro, fuggito il corpo dagli orrori, non l’anima, non la mente.
Nel 2003, ormai anziano, spifferò l’intera storia della sua vita al figlio Alan Scott, che rimase allibito, ma non certo sorpreso, nello scoprire i motivi di tanta violenza nei comportamenti del genitore.
Le memorie furono pubblicate nel 2006, grazie anche all’aiuto di due storici, John Radzilowksi e Mike Silver, nel libro che ho citato prima.
Alan Scott disse ad una conferenza di ritenersi egli stesso una vittima, seppur indiretta, dell’olocausto, causa i trattamenti subiti dal padre, che mai si era liberato dell’orrore vissuto.
Sicuramente una tragedia nella tragedia, anche per chi riuscì a sopravvivere.
Tragico infine anche l’incontro con Leah, lui è ormai sposato con figli, lei malata di cancro con i giorni contati, ancora dolore.
Hertko Haft, sopravvissuto ad Auschwitz, ma non all’orrore del suo ricordo, morì a Miami in Florida nel 2007, all’età di 82 anni.
Buona giornata
W la libertà.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Sono tradizionalista. Il 25 aprile vado in corteo poi arrivano vecchi amici sotto il portico di casa mia : tanta musica, parmigiano 30 mesi, salame, un secchio di carbonara e vini buoni come se piovesse. Giornata sacra.
RispondiEliminaIo porto da sempre un mazzo di fiori su un cippo di partigiani caduti nel mio paese
RispondiEliminaper me il 25 Aprile è la festa più bella..
RispondiEliminaC
Il mio Natale laico, onorato con una passeggiata di gruppo sul sentiero delle staffette partigiane. 10 km tra campi, boschi e ruscelli. C'erano pure diversi bimbi il che fa ben sperare.
RispondiEliminaStand up per Gallopedia.
Charlie.