lunedì, aprile 14, 2025

Steve Wynn Trio (con Rodrigo D’Erasmo e Enrico Gabrielli)
12 Aprile 2025, Ristorazione Sociale, Alessandria.

L'amico e collaboratore FABIO PASQUARELLI ci regala questa entusiasta recensione del concerto di Steve Wynn Trio (con Rodrigo D’Erasmo e Enrico Gabrielli), 12 Aprile 2025, Ristorazione Sociale, Alessandria.

Un monologo, un racconto, una confidenza e un concerto: questo è ciò che Steve Wynn (storico leader dei Dream Syndicate e leggenda della musica undeground americana) ha messo in scena per il numeroso pubblico accorso nella serra della Ristorazione Sociale di Alessandria lo scorso sabato 12 aprile.

Questa formula ibrida è stata scelta del musicista per mettere in scena la sua autobiografia “Non Lo Direi Se Non Fosse Vero”, recentemente pubblicata anche in Italia da Jimenez Edizioni.

Per accompagnarlo in questa narrazione, Steve ha scelto la collaborazione di Rodrigo D’Erasmo (violino ed effetti) ed Enrico Gabrielli (tastiere, sax, flauto traverso), due dei musicisti più versatili, colti e sensibili della scena italiana contemporanea.

Il racconto a parole di Wynn inizia nei primi anni 70 in California, con l’infanzia trascorsa in un contesto sociale ancora molto influenzato dai sixties, sempre con la bussola della musica a tracciare un percorso, dal primo blues composto a nove anni alle cover degli Stones coi compagni di scuola.

Parla in tono confidenziale Steve, raccontando tutto con semplicità, mai cattedratico o egoriferito, sempre con un sorriso estatico sulle labbra.

Alcune piccole intermittenze della passione musicale giovanile l’avrebbero portato verso l’illuminazione: la puntina che scende sulla prima traccia del primo album dei Velvet Underground:
“I Velvet ti possono piacere o non piacere, magari non oggi, magari domani, magari mai, c’è fuori tanta musica per accontentare tutti. Ma se capisci i Velvet Underground sei da questa parte della storia. In quel momento, la mia vità cambiò per sempre”.

Ingresso di D’Erasmo e Gabrielli, “Sunday Morning” dolcissima e struggente tra violini, tastiere e chitarre acustiche, e Steve ad agitare lo spettro inquieto di Lou Reed.
Confesso di essermi emozionato come non mi capitava da tempo.
E poi una valigia aperta di racconti e avventure (incredibile la storia dell’allontanamento da casa per andare a Memphis a conoscere il suo idolo decaduto, Alex Chilton dei Big Star), fino ad arrivare ai Dream Syndicate e alle canzoni del loro debutto “The Days Of Wine And Roses”.
Un album registrato in una notte e mixato e ultimato in altre due, il disco in cui Steve e il suo gruppo costruirono la musica che avrebbero voluto ascoltare e che non esisteva da nessuna altra parte.
“Tell Me When It’s Over”, “That’s What You Always Say”, “When You Smile” ricevono un trattamento emozionale inedito, con Gabrielli e D’Erasmo che escono dalla zona di comfort dei loro strumenti per accompagnare Wynn in versioni notturne e rarefatte di questi piccoli classici.

Steve parla di tour, di sogni, di gioventù, di aggregazione e di quel realismo magico che solo la vita underground può dare, con le canzoni a raccordare tra di loro le storie.

Poi ancora avanti, al difficile secondo album, in cui la libertà e l’urgenza vengono in qualche modo veicolate da una grossa casa discografica, con un budget consistente e un produttore importante a fare da filtro. Il blocco creativo, i tempi che si allungano, il punk sempre più lontano.
“Medicine Show” suonata come se Steve ci avesse fatto pace introduce all’ultima parte dello spettacolo, che corrisponde allo scioglimento della band dopo l’album “Ghost Stories”, con una versione erratica del classico “Boston”.
“Lo spettacolo sta per finire questa sera perché in questa parte della storia si interrompe il libro, ma le cose sono andate avanti”.

A questo punto Wynn si lascia andare ad un bilancio della sua vita spesa a suonare, dai palchi giganteschi delle tournée con gli U2 e coi REM fino ai piccoli club, dai tempi del Paisley Underground ai dischi solisti, e alla resurrezione dei Dream Syndicate nel 2012, sempre allo stesso livello del suo pubblico, sempre attento a quanto la sua musica e le sue parole contino per chi sta giù dal palco, con un’umanità e un’empatia veramente rare.
Conclusione con “Make It Right” dal suo ultimo album.

Inchino dei musicisti, fine del concerto, fine del tour italiano.
Prima di andare (direttamente a Malpensa con un biglietto per New York) un ultimo stop al banco del merch, per prendersi cura di ognuno dei suoi fans (o sarebbe meglio chiamarli “amici”?) e dare loro l’appuntamento al “prossimo giro” dopo una serata indimenticabile.

Steve Wynn: un esempio, un gentleman, un punk.

Una menzione speciale va all’organizzatore Salvatore Coluccio, che periodicamente ci ricorda quanto la provincia abbia tutto il potenziale per uscire dalla provincia.

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