domenica, marzo 10, 2019

Pietro Sacconi e Arthur Rimbaud



La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
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Il piacentino Pietro Sacconi è stato uno dei più straordinari esploratori italiani dell'800.
Patriota, garibaldino, partecipò a diverse guerre nella seconda metà del secolo.
Nel 1869 si mise in viaggio per Aden e Zeila in Somalia con un carico di fucili da barattare.
Sfuggì alla morte in modo avventuroso, visitò numerose zone del Corno d'Africa, imparò il somalo raccogliendo una discreta somma con scambi commerciali vari.
Nel 1972 sfuggì di nuovo ad una fine sicura, catturato da una tribù locale ma perse tutti i suoi averi.

Ma ritrovò il modo di recuperare nuovo danaro, commerciò bachi da seta in Giappone, tornò di nuovo in Africa dove conobbe un francese che lo colpì per la sua competenza nelle tecniche di cammino, nella botanica e, soprattutto, per la sua infaticabilità oltre alla conoscenza dell'aramaico, dell'arabo e di dialetti locali.

Era Arthur Rimbaud, il poeta "maledetto" che aveva lasciato la Francia, da molti dato per morto, che in zona commerciava (pare anche i nschiavi) e faceva da guida agli esploratori e trafficanti di vario tipo.
Penetrò sempre di più nelle terre inospitali della Somalia, incontrando spesso l'ostilità delle popolazioni locali.

Il 12 agosto 1883 nel villaggio di Kora Nogal, nell’alto Ogaden (attualmente in Etiopia ma etnicamente somalo), venne massacrato, con alcuni servitori, da una tribù locale e i suoi appunti dati alle fiamme.

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