giovedì, giugno 29, 2023

Rod Stewart


Speciale ROD STEWART
Non solo Faces, alcol, sostanze, Celtic e dichiarazioni vergognose di stampo razzista.
Anche tanta buona musica.


An Old Raincoat Won't Ever Let You Down (1969)
Dopo le esperienze con gli Steampacket di Brian Auger e il Jeff Beck Group, Rod the Mod inaugura la fortunata carriera solista nel 1969 con un album di immediata ottima fattura. Rock blues, sonorità folk rock, la voce inconfondibile e uno stuolo di amici illustri o destinati a diventarlo a suonare con lui: Ron Wood, Ian Mac Lagan, Keith Emerson, Micky Waller.
Bella la versione del classico dei Dubliners "Dirty old town" e riuscita l'iniziale "Street fighting man" degli Stones in chiave folk soul rock blues.

Gasoline Alley (1970)
Every picture tells a story (1971)
Never a dull moment (1972)
Smiler (1974)
Una manciata di ottimi album imperniati su una classica miscela di rock, blues, soul, rhythm and blues, country, ruvide ballate, che vedono la presenza di un nutrito stuolo di amici, dai Faces al completo, a Micky Waller, Long John Baldry, Maggie Bell, Elton John. Tra i brani sparsi nei quattro album "My way of giving" degli Small Faces rifatta dalla band con la voce di Rod al posto di quella di Steve Marriott, una grezza "Angel" di Hendrix, il suo successo "Maggie May".
Tra i quattro "Gasoline Alley" probabilmente il più fresco e interessante.
Atlantic Crossing (1975)
Rod recluta i Booker T and Mg's (senza Booker T), i Memphis Horns, David Lindley, Jesse Ed Davis e uno stuolo di altri eccellenti musicisti e vira su funk, rock 'n' roll pesante e duro, infila un mezzo reggae, si tiene stretto il groove di Faces e Stones, riprende gli Isley Brothers in "This Old Heart of Mine" e piazza una hit come "Sailing" che scala le classifiche mondiali. Probabilmente il suo miglior album solista.

La carriera proisegue poi tra alti (pochi), bassi (tantissimi) in mezzo alle svolte vicino alla disco, al synth pop, a lunghi periodi artisticamente insignificanti ma sempre corroborati da ottime vendite e tour di successo. Ci sarà la fortunata partentesi dei cinque album The Great American Songbook con i classici della canzone americana e un ulteriore riuscito omaggio:

Soulbook (2005)
Dedicato alla soul music, senza nulla di particolarmente indimenticabile è comunque un lavoro gustosissimo con cover azzeccate e interpretazioni eccellenti, inclusa la bellissima "My cherie l'amour" di Stevie Wonder (che suona l'armonica in questa versione).

1 commento:

Related Posts with Thumbnails