lunedì, giugno 12, 2023

40 anni di Statuto e Gang


Riprendo l'articolo che ho scritto ieri per "Libertà", dedicato ai 40 anni di attività di STATUTO e GANG.

A cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta anche in Italia arrivò, con l'atavico ritardo, l'ondata punk, portando con sé una travolgente ventata di freschezza e nuova energia.
Soprattutto per chi anelava calcare qualche palco con il proprio strumento (spesso acquistato da poco) ma che, secondo i parametri dell'epoca che imponevano una tecnica assodata, avrebbe dovuto aspettare anni trascorsi in sala prove. Il punk disse poche parole chiare: prendi uno strumento e sali su un palco, non importa che tu lo sappia suonare bene o male, fregatene, vai e fallo.
Nacquero così anche da noi decine prima, centinaia poco dopo, di gruppi che, nel corso del tempo, espressero talenti di ogni tipo.
In alcuni casi ne uscirono personaggi destinati al successo (dai Litfiba a Raf, che proprio con il futuro partner di Piero Pelù, Ghigo Renzulli, condivise l'esperienza dei Cafè Caracas, suonando anche prima dei Clash nel giugno del 1980 a Bologna, per citarne un paio). La maggior parte tornò nei ranghi, mantenendo però un legame indissolubile con quell'epoca e quell'attitudine.
Altri invece continuarono un'attività fatta di alti e bassi, difficoltà inenarrabili per proseguire la carriera ma con perseveranza, cocciutaggine e una grande forza di volontà sono, alla fine, andati avanti, trovando soddisfazioni, un, seppur limitato, successo e una grande considerazione da parte critica e fan.

Nel 2023 compiono quaranta anni di carriera due dei gruppi che meglio rappresentano quest'ambito. Gang e Statuto, che compirono i primi passi proprio nei primi anni Ottanta per poi progressivamente affermarsi, ritagliarsi un ruolo importante nel rock italiano, diventare icone di un modo di fare musica e cultura.
v Gli Statuto suonano per la prima volta dal vivo il 1° maggio 1983 e in breve tempo si imposero all'attenzione del pubblico con un immaginario fedelmente mod e sonorità beat, ska e soul.
Come i loro omologhi inglesi Specials hanno sempre saputo coniugare musiche allegre e ritmate con messaggi politico/sociali sempre ben definiti. Il primo 45 giri “Io Dio” / ”Balla” fu prodotto dal sottoscritto e altre persone nel 1986, un'autoproduzione totale, artigianale, venduta con il passaparola, ai concerti, spedendolo per posta, copia per copia.
Il 45 vendette bene, ne uscì un altro, la band continuò a crescere e approdò nel 1992 alla multinazionale EMI. Nel frattempo transitarono nel gruppo due eccellenze della musica.
Xico, al basso, meglio conosciuto successivamente come Ezio Bosso, che diventò il geniale compositore e direttore d’orchestra che abbiamo conosciuto, e Davide Rossi, tastierista, poi assurto a fama mondiale come arrangiatore e violinista con Coldplay, Depeche Mode, Siouxsie, Duran Duran, Robert Fripp, Vasco, Zucchero etc.
Prerogativa della band, anche a causa, di un’incessante attività live e discografica a cui non è sempre facile stare appresso, l’intercambiabilità dei componenti, passati a decine intorno al nucleo fondatore. Grazie alla EMI arrivano al Sanremo con l’ironico e indimenticato “Abbiamo vinto il Festival di Sanremo”, irresistibile brano ska. Un sound che aveva caratterizzato fin da subito le loro sonorità (a cui si sono sempre aggiunte componenti swing, pop rock, beat, rhythm and blues, soul) e che furono tra i primissimi a suonare in Italia in modalità fedeli al groove originale.
Tra le prerogative degli Statuto, posizioni politico ideologiche sempre nette e dirette, a fianco dei più deboli, per la giustizia sociale, contro i potenti.
Si spostano musicalmente verso il Brit Pop di Oasis e Blur, per ritornare poi alle radici ska.
Approdano, nel 1997, anche al Meeting dell’amicizia fra i popoli italiano e cubano all’Avana, dove suonano in Plaza de la Revoluciòn davanti a duecentomila persone.
Nel frattempo continuano a coltivare la passione per i lcalcio, nello specifico per la squadra del cuore del Torino, a cui dedicano brani e omaggi, trovando il supporto della società e degli stessi calciatori, tra cui il mitico Paolino Pulici che compare anche in un loro video. Ma i loro testi esplorano anche il poco conosciuto mondo degli ultras (il brano “Ragazzo ultrà” è diventato un inno per chi frequenta le curve), in modo schietto, onesto e informato. La lista di album e collaborazioni si allunga, tanto quella di concerti e attività di sostegno per il sociale (dagli eventi per le famiglie delle vittime della tragedia della Thyssen Krupp a quelli per i licenziati e cassaingtegrati della Fiat di Chivasso e di Mirafiori). Una storia lunga e che non vuole finire e probabilmente non finirà mai, soprattutto nel cuore di chi li ha sempre seguiti e amati.
La band festeggia ora i 40 anni con il disco dal vivo (e alcuni inediti) “Bella storia” in cui compare per l'ultima volta lo storico bassista Rudy Ruzza che ci ha tragicamente lasciati pochi mesi fa.

La storia dei Gang è invece immortalata da un libro pubblicato in questi giorni da GoodFellas, “Alle barricate! Il libretto rosso dei Gang” scritto da Lorenzo Arabia, Gianluca Morozzi e Oderso Rubini che entra nel dettaglio della loro vicenda molto particolare, nata nella profonda provincia marchigiana, partita dall'autoproduzione, passata alle grandi etichette discografiche e volutamente tornata negli ultimi anni all'autogestione. Nel volume ne troviamo la complessa storia, arricchita da splendidi aneddoti, un numero enorme di foto e documenti, inseriti in una grafica a metà tra la fanzine e la ricerca artistica e la consueta fluviale parlantina di Marino Severini, che con il fratello Sandro è da sempre alla guida del gruppo, intorno a cui si sono succeduti decine di musicisti.
E' proprio Marino che sintetizza l'anima dei Gang:
“La nostra è una canzone che canta le storie, non la Storia.
Come ripeto da decenni in ogni occasione, pubblica o privata che sia, se c’è una “cosa“ che non ho mai condiviso soprattutto nell’immaginario radicato della sinistra italiana, è proprio lo slogan “ La Storia siamo Noi”.
Dispiace per De Gregori o Minoli ma questa è una bugia, una falsità che ci siamo raccontati a lungo, per decenni. La storia appartiene ai vincitori.
Chi vince ha la Storia e ne impone la propria versione con i propri strumenti, quelli del potere. Repressione quando serve oppure , come accade oggi, attraverso il controllo delle comunicazioni di massa.
Ma allora Noi, nei secoli dei secoli che abbiamo avuto ? Noi abbiamo avuto il Plurale! Che sono LE Storie.
Che fanno una storia diversa da quella dei vincitori, la Nostra.
Quella dei Vinti. Ecco allora che anche attraverso le storie cantate noi teniamo vive le nostre storie, è così facendo ripercorriamo le strade che c’hanno portato fino a qui, nel presente. Le strade dell’esclusione, dello sfruttamento, della violenza subita, dell’umiliazione. E in questo modo, attorno al “fuoco” della storie cantate, noi celebriamo il rito della Memoria. Che è l’unico strumento che da Vinti ci rende invincibili! Non vincitori ma Invincibili.”


I Gang partirono sull'onda dell'insegnamento dei Clash da cui poi si spostarono artisticamente verso suoni e scelte vicine alla canzone d'autore italiana, al folk rock e all'ispirazione di “padri fondatori” come Woody Guthrie e Bob Dylan. Testi sempre di grande contenuto politico/sociale, attenti ai cambiamenti che hanno caratterizzato la nostra quotidianità e la nostra storia in questi decenni.

Nel 2005 l'unione di queste due anime pure e sincere viene sancita con il brano “In fabbrica” contenuto nell'album “Sempre” degli Statuto a cui collaborano i Gang. E il testo rimane tra i più incisivi nella storia del nostro rock.

“E tiro e tiro avanti Per una sporca busta paga
Ma chi c'é stato lo sa Che la fabbrica é una galera
Se otto ore vi sembrano poche provate voi a lavorare
E proverete la differenza Tra lavorare e comandare
In fabbrica in fabbrica Non ci voglio andare
In fabbrica in fabbrica Non ci vado più più più più”
.

Due gruppi che ora si preparano a scendere di nuovo nelle strade italiane per una lunga serie di concerti estivi, per portare in giro il proprio messaggio ma soprattutto una passione che non si affievolirà mai e, ci scommetto, durerà altri quarant'anni.

Ancora marino Severini:
“Io cerco sempre di vedere. E lo sguardo mio è rivolto alla Canzone. Non mi interessa più di tanto la cosiddetta musica, primo perchè non sono un musicista e poi perchè la musica non è altro che una parte, un frammento che serve per costruire una canzone. Insieme ad altri “ pezzi”, come il teatro, la pittura, la letteratura, il fumetto, le storie orali, i tanti linguaggi, i tanti pezzi che messi insieme, in maniera provvisoria, fanno una canzone. Fanno una “ cosa “ tanto piccola della durata di “ tre minuti “, che ha il fine e lo scopo di raccontare il Mito! L’unità!”

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