giovedì, giugno 01, 2017

Lou Reed - Street Hassle - Take Live No Prisoners - The bells



Rock goes punk è una rubrica che esplora in una serie di post gli album di gruppi provenienti dal rock (più o meno) classico e che furono influenzati da punk e new wave.
Dopo i primi due album solisti di Iggy Pop, "The idiot" e "Lust for life" del 1977 andiao avanti con Lou Reed e tre album tra il 1978 e il 1979.

Il precedente post qui
:
http://tonyface.blogspot.it/2017/05/iggy-pop-idiot-lust-for-life.html

Padre putativo del punk, sia musicalmente (a partire una bella manciata di brani dei Velvet Underground), che esteticamente (le sue foto dai 60's alla metà dei 70's parlano da sole) ma soprattutto come attitudine e approccio.

Nel periodo post '77 LOU REED assorbì parte di quei nuovi suoni (soprattutto quelli new yorkesi) e in qualche modo li affiancò alla sua Arte.
Album come il capolavoro "Street Hassle", il deragliante live "Live take no prisoners" e il successivo "The bells" sono palesemente contaminati da quell oche stava accadendo intorno a lui.

"Street hassle" (del febbraio 1978) è un lavoro completo tra autocitazione (l'inizio di "Gimme some good times" che parte con "Sweet Jane"), deraglianti blues ("Dirt"), ripescaggi di brani lasciati da parte dai Velvet Underground ("Real good time together") e uno dei brani più incredibili nella storia del rock come l'orchestrale, inquietante, depravata suite della title track (in cui compare per un breve parlato anche il giovane Bruce Springsteen).
Album al passo con il tempo ma già avanti. Lou si ripeterà raramente a questi livelli.

"Take no prisoners - Live" (novembre 1978) è un album quasi cabarettistico con Lou che parla, ironizza (la "famosa" invettiva contro Patti Smith : ""Fuck Radio Ethiopia, man! I'm Radio Brooklyn!"), improvvisa.

"The bells" (aprile 1979) filtra con il funk più malato, con certe atmosfere rhythm and blues addirittura per poi adagiarsi nei drammatici, strazianti nove minuti della title track con la tromba di Don Cherry a tagliare i timpani delle orecchie mentre un ossianico e ipnotico giro di basso scandisce il lento incedere funereo.

3 commenti:

  1. Intenso e sintetico il post per Lou ma rende!

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  2. Street hassle mio pezzo preferito in assoluto di lou reed in generale trovo che gli archi negli arrangiamenti "rock" siano un rischio ma se sono centrati bene fanno la differenza

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