mercoledì, dicembre 09, 2015

Robert Wyatt - Different Every Time di Marcus O'Dair



Vita spettacolare, drammatica e tragica quella di ROBERT WYATT, che solo recentemente ha (ri)trovato il giusto ruolo (importantissimo) nell'olimpo del rock, dopo anni ed anni di oblìo (spesso testardamente cercato).

La biografia di Marcus O'Dair è precisa, accurata, dettagliata, piena di interessanti aneddoti, di contributi specifici dello stesso Wyatt, rare foto, copertine e discografia inclusa la sterminata serie di collaborazioni.

Partendo dall'infanzia, attraverso gli esordi con la psichedelia sghemba dei Wilde Flowers, i primi successi con il jazz rock avanguardista dei Soft Machine (incluso un tour americano con Jimi Hendrix), la dolorosa rottura con la band madre, la breve esperienza con i pur validi Matching Mole e la tragica caduta che lo costringe sulla sedia a rotelle.

La carriera solista è ricca di piccoli capolavori (Rock Bottom su tutti), centinaia di collaborazioni (da Brian Eno a Paul Weller), la vita privata gli porta a fianco il genio e l'amore di Alfreda Binge (artista autrice di tutte le sue copertine) ma anche l'alcolismo, la depressione e il terrore per il palco, l'esperienza con il partito comunista inglese di estrazione stalinista e l'adesione all'energia del punk (collaborerà a lungo con la Rough Trade e varie band new wave) e l'amore per lo ska della 2Tone.
Fino ad arrivare ai recenti tributi di pubblico e critica che lo hanno riportato alla luce che ha sempre meritato.

Il libro è scritto con ironia, in modo spedito e facilmente leggibile.
Si arriva alla fine increduli di quanto un personaggio del genere abbia fatto per la musica rock.

Perfino il verbo TO WYATT o WYATTING coniato da un giornalista del Guardian ovvero: scegliere di proposito musica oscura o difficile sull'internet jukebox di un pub allo scopo di infastidire gli altri avventori (il suo disco Dondestan fu definito nello stesso articolo come il metodo migliore per disperdere la folla che gremisce un pub del centro il venerdì sera.

4 commenti:

  1. In effetti gli album solisti sono abbastanza difficili, pur se affascinanti.
    I primi tre Soft Machine sono per me piu' abbordabili e comunque danno una bella misura del genio (Moon in June su tutto)
    Si tratta comunque di cose diverse dagli album a nome Wyatt.
    Anche per me Rock Bottom e' un capolavoro (Sea Song e' fenomenale)
    In ogni caso merita un ascolto.

    GMV

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  2. OT, hey GMV, siano d'accordo con Galletti e altri per una birra al Melville di San Nicolò. Scrivimi a info@lilithandthesinnersaints.com che ci si mette d'accordo

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