L’Italia musicale continua ad esprimere eccellenze e dischi interessantissimi che abitualmente seguiamo e segnaliamo il più possibile da queste parti.
L’elenco che segue è, ovviamente, lo specchio delle mie preferenze ma soprattutto tiene conto dei dischi che ho ascoltato di più e con più piacere (cercando di distribuire la lista in funzione dell'ampiezza di generi).
nel 2007 c'erano ai vertici Statuto e Temponauts
nel 2008 Assalti Frontali
nel 2009 Julie's Haircut, Edda e Teatro degli Orrori
nel 2010 June e Statuto
nel 2011 Verdena, Peawees, Enrico Brizzi, Dellera, Paolo Apollo Negri, Statuto
nel 2012 An Apple Day, Barbacans, Julie’s Haircut
nel 2013 Julie's Haircut, Statuto, Raphael Gualazzi, Cesare Basile, Giuda.
nel 2014 Edda, Finardi, Bologna Violenta, Bastard Sons of Dioniso, Steeplejack
Per ulteriori suggerimenti vi rimando al “Meglio di ogni mese” con abbondanza di altri titoli che ho segnalato.
1 Ex aequo
CESARE BASILE - Tu prenditi l'amore che vuoi e non chiederlo più
IACAMPO - Flores
Uno dei più brillanti, profondi, originali cantori di casa nostra, arriva al nono album.
Aiutato da una lunga schiera di amici (Manuel Agnelli, Enrico Gabrielli, Rodrigo d'Erasmo, Simona Norato, Lilith) Tu prenditi l'amore...parla una lingua diretta, orgogliosamente ostile alla convenienza dei compromessi (sonori e non), scava nel profondo delle sue radici siciliane e mediterranee, scrive nuove pagine dell'infinita epopea del Blues, si avvicina alla canzone d'autore più nobile (da De Andrè a Leonard Cohen), assimila suoni apparentemente lontani (il desert rock dei Tinariwen aleggia spesso).
Arrangiamenti minimali, essenziali, curatissimi e soprattutto sempre originali, personali e di grande classe. Pura eccellenza.
Un affascinante incontro di suoni, umori, colori che arrivano da ogni angolo del Mediterraneo, dell'Africa, del Brasile, è la colonna vertebrale che sostiene il nuovo lavoro (il terzo) del cantautore veneziano.
Iacampo può vantare una lunga attività discografica e concertistica anche con le precedenti esperienze di Elle e Goodmorningboy ma è con la nuova incarnazione che è riuscito a rendere al meglio le capacità compositive ed espressive che lo caratterizzano e FLORES ne è un fulgido esempio, sospeso tra atmosfere acustiche e contemplative e una malinconìa lirica avvolgente.
La miscela di canzone d'autore, pennellate jazzy, un approccio indie folk e un mai invasivo ma perfettamente equilibrato contributo di suoni etno, rende l'album personale, riconoscibile e immediatamente fruibile, grazie a brani freschi, immediati, diretti, mai banali.
3
MIMOSA - La terza guerra
Poderoso esordio dell'attrice, musicista e cantante Mimosa (nome d'arte di Mimosa Campironi già al lavoro con Gigi Proietti, nel musical dei Tre Allegri Ragazzi Morti "Cinque allegri ragazzi morti" di Eleonora Pippo, ora al Festival del Cinema di Venezia con ”Pecore in erba” prima opera di Alberto Caviglia).
"La terza guerra" è una raccolta di una serie di storie di donne in cui Mimosa si identifica alla perfezione, ora con rabbia, ora con struggente sentimento, con malinconia, con drammatica partecipazione.
I brani sono di prevalente impostazione pianistica ( studiato al Conservatorio) e non disdegnano sguardi alla teatralità di Dresden Dolls o Petrina ma mantenendo una personalità assoluta.
Le tematiche sono spesso ostiche (donne uccise, sfigurate, che perdono il padre) ma riconducono, come soluzione salvifica (ma non troppo, spesso è solo arma) all'Amore
. Arrangiamenti curatissimi ma essenziali, grande pulizia sonora, eccelse capacità interpretative di Mimosa.
4
SALVO RUOLO - Canciari patruni ‘un è l’bittà
Cinque anni dopo “Vivere ci stanca” il ritorno discografico di Salvo Ruolo pur se breve (ma l’immediatezza e l’urgenza sono di primaria importanza in “Canciari patruni ‘un è libittà”) segna profondamente la scena cantatutorale italiana per il coraggio e lo spessore della proposta. Magnificamente prodotto da Cesare Basile l’album affonda nelle radici più recondite della Sicilia ribelle, parlando una lingua arcaica, antichissima che marchia a fuoco storie di briganti e resistenti alle forzature della “malaunità” , di coloro che si opposero si ai Borboni che ai Savoia.
Le sonorità passeggiano su uno stretto sentiero che si erge tra i dirupi del blues e le gole del folk, l’approccio è quello, duro ed elegante allo stesso tempo, che fu del De Andrè di “Creuza de ma”. Nei sette brani si respira l’antica e ormai dimenticata aria del Mediterraneo, intesa non come entità geopolitica ma spirituale, anima e cuore del nostro passato che torna costante a pulsare nel presente.
Un disco importante, intenso, avvolgente, personale, duro e commovente.
5
SIMONA NORATO - La fine del mondo
Esordio sorprendente, prodotto da Cesare Basile, originalissimo, dai toni severi, rigorosi e drammatici, teatrali e diretti.
Il riferimento più immediato si avvicina al mood della prima PJ Harvey ma troviamo anche Gabriella Ferri, Nada, Mia Martini, Ani Di Franco, Dresden Dolls con il pianoforte dall’intenso approccio classico protagonista, a tessere la trama di un album splendido che si concede anche episodi ruvidi ed elettronici.
6
MASSIMO RANIERI - Malìa
MASSIMO RANIERI prosegue il suo omaggio personale alla tradizione canora napoletana, sempre in compagnia con MAURO PAGANI ma stavolta con un progetto particolare e gustosissimo come spiega lo stesso Pagani:
“Ci sono stati 10 anni in cui a Napoli si scriveva americano. Dalla seconda metà degli anni ’40 i soldati erano in città grazie alle navi dell’esercito.
C’erano locali solo per la loro musica e i musicisti napoletani ne hanno assorbito le influenze musicali, per di più da musicisti colti".
E così ecco riunita intorno a Ranieri una band con alcuni dei migliori JAZZISTI italiani, gente del calibro di Enrico Rava (tromba e flicorno),Stefano Di Battista (sax), Rita Marcotulli (pianoforte), Stefano Bagnoli(batteria) e Riccardo Fioravanti (contrabbasso).
E il risultato è strepitoso, di un'eleganza raffinata, ammaliante (appunto..) tra note pop, bluesy, il fantastico swing funk di "Tu vuo fa l'americano", l'arrangiamento arabeggiante e super cool di "O sarracino" e altre perle che ritrovano vita in una veste perfettamente tessuta.
Su tutto la voce di Ranieri sempre purissima e convincente che non si cala nel ruolo di crooner ma di interprete d'eccezione.
7
SACRI CUORI - Delone
Non appaia una visione provinciale ma a partire dal fatto che a questo album, oltre alla stupenda e sensuale voce di Carla Lippis, partecipino nomi come Evan Lurie, Howe Gelb, Steve Shelley e Marc Ribot (che si aggiungono a quelli che già avevano arricchito i precedenti tre album della band romagnola, da Jim Keltner, David Hidalgo dei Los Lobos, Isobel Campbell, John Convertino, tra gli altri) e che i Sacri Cuori abbiano contribuito a dischi di Hugo Race, Robyn Hitchcock, Dan Stuart dei Green On Red, acuisce ancora di più l'attenzione verso un progetto multiforme e che si conferma tra i più particolari, personali ed originali in circolazione.
Detto questo "Delone" avvolge nelle sue atmosfere cinematografiche di sapore "tarantiniano", nelle cavalcate tex mex, nelle beguine di stampo Los Lobos ma che odorano anche di Willy DeVille, Lana Del Rey, Yma Sumac.
Ma c'è anche tanto gusto Felliniano nell'approccio stilistico ed evocativo.
L'ascolto è gradevole ma le atmosfere sono sinuose ed inquietanti come lo può essere girare di notte in certi quartieri di New Orleans...fate attenzione !
8
ELLI DE MON - II
Altro eccellente (secondo) lavoro della blueswoman vicentina. Blues minimale e viscerale sempre crudo e diretti ma con una maggior cura negli arrangiamenti e un paio di brani con l’apporto di archi che riportano ai Velvet Underground.
Notturno e sotterraneo.
9
CALIBRO 35 - SPACE
Non potevano fare scelta migliore i Calibro 35 che andare a registrare il quinto album della fortunata serie, iniziata nel 2008, al Toe Rag Studios di Londra, dove tutta l'apparecchiatura è rigorosamente rimasta agli anni '60 e si incide tutti insieme in una stanza .
Il sound, sempre rigorosamente strumentale, ci riporta come sempre alle atmosfere care alle colonne sonore di 60's e primi 70's, con richiami palesi alla scuola italiana che fu di Morricone, Umiliani e Piccioni.
Il tutto corredato da poderose basi funk e da intrecci sonori che attingono di volta in volta da lounge, jazz, addirittura da venature care al Canterbury Sound e al primo prog.
10 ex aequo
I RUDI - Nient'altro che routine
Il trio milanese (basso, batteria e tastiere, nessuna chitarra!) srotola un fresco beat dal sapore 60's, con abbracci a soul e rhythm n blues, caratterizzato da un'energia unica, una tecnica esecutiva eccelsa e ecletticità a volontà. Un disco di grandissima potenza, canzoni mai semplici ma efficaci al primo ascolto, sempre bene articolate e composte alla perfezione.
Grande band !
EL XICANO - La grande paura
El Xicano è una delle innumerevoli esperienze di Silvio Pasqualini, inquieta anima romagnola, già agitatore della mirabile esperienza con Lemeleagre e poi con Australia e Robot.
La nuova dimensione one-man-band ci porta in un bellissimo mondo psichedelico che guarda alla seconda metà degli anni 60's, quella più lisergica, senza perdersi però in troppi "fiori e colori" ma parlando un linguaggio sonoro più crudo e minimale, aspro e abrasivo (non lontano da certe ballate dei Verdena o dell'ex Husker Du Grant Hart).
C'è anche la visione di bands come Real Estate o Temples ma l'impronta è personalissima e unica nel panorama italiano, unita ad una serie di brani di classe compositiva sopraffina.
THE GANG - Sangue e cenere
Mancavano da tempo in uno studio di registrazione i fratelli Severini.
Tornano con un botto, un album che li conferma perfetti, credibili, genuini, sinceri interpreti (originali) di un genere, di un sound ben riconoscibile e personalissimo.
Combat rock, folk rock, ballate, canzone d’autore, testi che spaziano dalla critica sociale all’intimismo, a storie di lotta.
Con loro la sezione fiati di Bruce Springsteen, Garth Hudson della Band e tanti altri ospiti prestigiosi.
NO STRANGE - Universi e trasparenze
Dopo 30 anni di onorata e spesso eccellente attività i NO STRANGE, maestri psichedelici "no-strani", decidono, per la prima volta, di rendere omaggio ad alcune delle loro principali fonti di ispirazione, in un prezioso ed elegante 10 pollici in vinile, come sempre coloratissimo e, ancora una volta, edito dalla benemerita Area Pirata.
Cinque i brani, dall'iniziale (momento più riuscito del lavoro) “Selig Sind Die Sanftmütigen”, dei Popol Vuh, a due gioielli sconosciuti del 1967,"Dawn” dal primo dei Nice e “Susan Song” delle Stelle di Mario Schifano.
Il lato B si addentra in meandri più sperimentali con la lunghissima (oltre i 10 minuti) “Embroidery” di Terry Riley e “The Tortoise, His Dreams And Journeys” di La Monte Young.
Come è logico, trattandosi della band torinese, il tutto viene rielaborato e rivisitato secondo l'ampia creatività di Ursus e compagni.
E' come sempre psichedelia nella sua accezione più profonda, meno scontata e commerciale, più vicina al concetto originale, non solo musicale ma culturale e attitudinale.
NICO - Ciao ciao bell’amore mio
Una lunga esperienza con la indie band dei Flyin Dolly e un'altrettanto corposa militanza al basso nella band di Dente sono l'ottimo biglietto da visita di Nicola Faimali in arte Nico, raffinato ed elegante autore nonchè brillante polistrumentista che in questo esordio solista seleziona, dal suo ricco repertorio sedimentato e lievitato negli anni, dieci limpide canzoni di pop cristallino .
"Ciao ciao bell'amore mio" (titolo che evoca immediatamente Tenco, tra i riferimenti di Nico) abbraccia una larga gamma di influenze dal miglior canzoniere italiano, da Battisti a Dalla, Samuele Bersani, Gazzè, Niccolò Fabi, lo stesso Dente ma anche una deliziosa vena Beatlesiana (in particolare il tratto compositivo caratteristico di Paul McCartney), un pizzico di Style Council, di 10cc e un diffuso gusto lounge.
Non è facile comporre buoni canzoni POP.
Nico sorprende per la facilità con cui scrive eccellenti melodie e la leggerezza con cui le avvolge di arrangiamenti ricchi e ricercati per quanto, paradossalmente, semplici e minimali.
RANDY ROBERTS & the CAPITAL STROKES - CS
All'esordio con un grande album FUNK SOUL, Randy Roberts arriva da Roma con i suoi CAPITAL STROKES, è il figlio dell'immenso Rocky Roberts e del padre ha preso tutto il SOUL, una grande voce e un gusto per i grooves più travolgenti.
La band fa faville e l'album "CS" spacca !!!
OPHIUCO - Hybrid
Paolo “Ezua” Zangara, Marino “Malima” Peiretti e Ilaria “Ali” Nicolini, sono l’anima del progetto Ophiuco, al secondo appuntamento discografico, dopo una lunga pausa di quasi otto anni.
Per l’occasione la band si avvale anche della collaborazione di Irene “Ire” Parabita, Luca “Morse” Morselli e Nathalie “Nat” Carlesso a comporre un caleidoscopico mondo sonoro che parte da basi elettroniche di sapore Portished fino ad arrivare ad atmosfere che sarebbero particolarmente care a Nick Cave.
Il tutto con un afflato molto cinematografico e teatrale, con atmosfere che riescono ad essere dream pop e allo stesso tempo molto conturbanti e inquietanti, quasi morbose.
Undici brani, tre quarti d’ora di musica curatissima, in ogni particolare ma senza per questo perdere spontaneità e urgenza.
GIUDA - Speaks evil
La band romana sigla il terzo centro della carriera con un album all'altezza delle grandi aspettative ormai costanti intorno ad un nome che è riuscito nell'impresa di sfondare anche nell'impenetrabile mercato inglese.
Registrato completamente in analogico, restituisce il consueto clima sonoro di derivazione 70's, tra glam rock, rock n roll, boogie, pub rock., da sempre marchio di fabbrica del gruppo.
Non ci sono novità, se non alcuni episodi più orientati al power pop ("It ain't easy") ma non è certo da loro che si possa aspettare chissà quale stravolgimento sonoro.
I DALTON - Come stai ?
Da Roma tra Sham 69, Eddie and the Hot Rods, Cocksparrer, Cockney Rejects, Slade, Chelsea.
Colgono perfettamente QUEL suono a cavallo tra il pub rock, il primo punk ancora intriso di rhythm and blues e rock n roll di fine '76 /inizi 77.
Attitudine working class, diretti, crudi, essenziali.
BIG MOJO - Dancing skeletons
Cesare Ferioli ha una lunga storia alle spalle come batterista di alcune delle principali bands della scena bolognese, transitando dal punk al rock n roll, con i Jack Daniel’s Lovers e Dirty Hands, approdando ora al Wu Ming Contingent.
Parallelamente gestisce questo affascinante progetto con il nickname di BIG MOJO in cui riesce nell’apparentemente impossibile impresa di coniugare elettronica, ritmiche house e downtempo con blues, rhythm and blues, soul e jazz dance. Aiutato da un lungo stuolo di amici e collaboratori “Dancing skeletons” è un avvolgente e trascinante viaggio tra suoni deep blues che sembrano arrivare da qualche fattoria abbandonata in riva al Mississipi e ritmiche che pulsano come da un album dei Daft Punk.
Straniante, originalissimo, potentissimo.
PELUQUERIA HERNANDEZ – Mamboo
La band veronese coglie il segno con il terzo capitolo della produzione discografica che non solo è il disco della maturità ma anche e soprattutto un prezioso gioiello di equilibrio, grazia sonora, accostamenti originali ma perfettamente coerenti nel momento in cui si accostano il Tex Mex, il sound “desertico” dei Calexico, l’exotica di Yma Sumac, il dolce sapore Lounge Music, l’evocativo richiamo alle colonne sonore di classici western di Morricone o alle follie visive di Quentin Tarantino. Non a caso i Peluqueria Hernandez sono stati spesso vicini anche al mondo cinematografico (su tutti il mediometraggio Peluqueria Hernandez – Il Film nel quale i membri del gruppo appaiono in una vicenda surreale.
Il disco è quasi esclusivamente strumentale, carico di (auto) ironia (basti leggere titoli come Tinto Bruna non avrai il mio scalpo o Torpedone per l’Inferno) e si chiude alla perfezione con una cover dell’immortale Tequila dei Champs. Mamboo è fresco, solare, gradevole, perfetta colonna sonora per qualsivoglia attività.
martedì, dicembre 22, 2015
I migliori dischi italiani del 2015
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