Il mio meglio del 2024.
Venticinque album che mi sono piaciuti e che ho ripetutamente ascoltato.
In passato i migliori album furono:
nel 2005 White Stripes, Oasis e Supergrass nel 2006 Bellrays, Capossela, Who e Beatles
nel 2007 Graham Day, Pj Harvey, Amy Winehose
nel 2008 Last Shadow Puppets, Oasis, Racounters
nel 2009 Madness, Dylan, Rancid
nel 2010 Gil Scott Heron, Paul Weller, Lanegan/Campbell
nel 2011 Beady Eye, PJ Harvey, Meat Puppets
nel 2012 Secret Affair, Neneh Cherry and the Thing, Macy Gray, Martha High, Patti Smith
nel 2013 Strypes, Miles Kane, Franz Ferdinand, Excitements, Julie's Haircut
nel 2014 Sleaford Mods, Damon Albarn, Temples, The Ghost of a Saber Tooth Tiger e Benjamin Booker
nel 2015: Paul Weller (fuori concorso), Kamasi Washington, Gaz Coombes, Ryley Walker
nel 2016: Iggy Pop, Fantastic Negrito, Motorpsycho, Myles Sanko, Last Shadow Puppets con Rolling Stones e David Bowie fuori concorso
nel 2017: Gospelbeach, Kamasi Washington, Paul Weller, Dream Syndicate, Liam Gallagher
nel 2018: Fantastic Negrito, Kamasi Washington, Gaz Coombes, The Good The Bad and the Queen, Spiritualized
nel 2019: Specials, Nick Cave and Bad Seeds, Dream Syndicate, Juliana Hatfiled, Chris Robinson Brotherhood
nel 2020: Bob Dylan, Bob Mould, Fantastic Negrito, Suzanne Vega, Gil Scott Heron/Makaya McCraven
nel 2021: Jon Batiste, Sleaford Mods, De Wolff, Coral, Sons of Kemet, Specials, Mdou Moctar
nel 2022: Fantastic Negrito, Viagra boys, Lazy Eyes, Suede razors, Black Midi
nel 2023: Jamie Branch, Teenage Fanclub, Noel Gallagher High Flying Birds, Tex Perkins and the Fat Rubber Band, Madness
TOP 10
THE PRISONERS - Morning star
A trent'anni dall'ultimo album torna una band seminale, per quanto oscura e immeritatamente trascurata, autrice di quattro fenomenali album e di una carriera fulminea quanto lucente ed esplosiva. Furono precursori del Britpop con un sound che mischiava Small Faces, garage, beat, psichedelia, con l'energia del pub rock e del punk. La carriera successiva allo scioglimento ci ha dato grandi soddisfazioni con James Taylor Quartet, Solarflares, Prime Movers, Gaolers, Galileo 7. L'inaspettata reunion ci riconferma, con gli stessi favolosi ingredienti, una band ancora fresca, pulsante, creativa, con quattordici brani nuovi, semplicemente eccezionali.
JUDITH HILL - Letters From A Black Widow
Una storia tremenda quella a cui fa riferimento il titolo. Judith Hill è stata a lungo definita "Black widow" a causa delle sue collaborazioni con Michael Jackson e Prince poco prima che morissero, facendo partire una campagna diffamatoria e infamante, rinfocolate dagli hater da social. Il suo curriculum è ricchissimo di backing vocals per varie star della musica, da Rod Stewart a Robbie Williams, John Legend, Dave Stewart. Il nuovo, quinto, album è un capolavoro in cui troviamo soul, funk, blues, gospel, jazz, sperimentazione, rock, elettronica, hip hop, con la sua voce spettacolare a tenere le fila. A tratti ricorda Macy Gray o Erikah Badu, a volte Prince e altre Sly and the Family Stone o perfino Aretha Franklin ma la personalità e l'ecletticità che sprigionano l'album sono uniche e originalissime.
The X - Smoke & Fiction<
Nell'ultimo album della loro lunga e gloriosa carriera gli X fanno gli X, esattamente come ce li aspettiamo e come ci piacciono. Dieci canzoni, meno di mezzora di musica. Talmente belle da sincera commozione. Grazie per tutta la bellezza e per il vostro eterno Wild Gift!
BLACK CROWES - Happiness bastards
Il ritorno dei Robinson Bros non tradisce le attese. Consueto southern rock tinto di funk, soul, Stones, Stax, 70's hard, blues. Ma quanta classe, energia, groove. Hanno pochi rivali in questo ambito.
THE LIBERTINES - All quiet on the eastern esplanade
Lasciate finalmente da parte le banalità da gossip, Pete Doherty, Carl Barat e soci dimostrano di avere ancora tanto da dire e lo fanno con un ottimo album, pieno di belle canzoni. Alcune punkeggianti come "Oh shit", "Be young" o "Run run run", altre immerse in malinconiche atmosfere semiacustiche, bluesy o swinganti ("Baron's claw") o con un tocco reggae. Il capolavoro è però "Merry Old England" un incrocio tra Paul Weller, Joe Strummer, Kinks e Billy Bragg. Un album di cui ci si può anche innamorare.
MOOON - III
Terzo album per la band olandese, immersa come sempre in atmosfere freakbeat, garage, psichedeliche, profondamente Sixties (con qualche puntata nel decennio successivo). Divertenti, a tratti travolgenti.
THE HEAVY HEAVY - One Of A Kind
Spettacolare esordio per la band di Brighton che pesca a piene mani nei fine Sixties più cool, tra melodie alla Jefferson Airplane, Turtles, Monkees, ballate West Coast (vedi CSN&Y), immancabili riferimenti Beatlesiani. Ma ci sono anche Velvet Underground, The Band, il Dylan di metà decennio, Byrds e tanto altro, incluse folate Britpop/shoegaze. Irresistibile.
PRIMAL SCREAM - Come ahead
La band di Bobby Gillespie torna con il botto.
"Come ahead" è pieno di groove funk, soul, disco da dancefloor.
Ma anche blues, gospel, malinconia, technopunk (formidabile "Love ain't enough" e ...Stone Roses meet Bobby Gillespie ("Circus of life").
Disco riuscito, immediatamente riconoscibile, modernissimo ma con l'anima nel (recente) passato.
DEXY'S - The Feminine Divine + Dexys Classics: Live!
Formidabile live con 19 brani in cui la band raccoglie l'intero, recente e ottimo, "Feminine divine" e poi ci delizia con versioni stupende, elaborate, piene di soul, groove e raffinatezza di alcuni classici, da "Geno" a "Come on Eileen", passando attraverso "Jackie Wilson said", "Plan B", "Tell me when my light turns green". Si chiude con la struggente canzone popolare irlandese "Carrickfergus". Registrazione impeccabile, band spaziale, kevin Rowland vocalmente superbo. Un gioiello.
KNEECAPP - Fine art
Il trio di Belfast firma il secondo album , un assalto sonoro hip hop / funk, che guarda soprattutto ai Beastie Boys, cantato in inglese e gaelico, ma con influenze anche da The Streets, Slowthai e gli immancabili Sleaford Mods.
Giovani, incazzati, sfacciati.
Ci sono anche Grian Chatten dei Fontaines D.C. e altri ospiti, rumori, suoni, interludi.
Sound of the suburbs.
IL RESTO
PETER PERRETT - The cleansing
L'artista inglese ha vissuto una vita ai limiti e sempre "un passo indietro", nonostante talento e classe a profusione.
Prima con gli Only Ones e poi, a macchia di leopardo e lunghe pause, in chiave solista.
Il suo terzo album in questa veste si chiama "The cleansing", è doppio e ha venti brani dolenti, cupi, crudi, rauchi, trasfigurazione di un malefico mix di Modern Lovers, Johnny Thunders e Lou Reed.
"The cleansing" è la rappresentazione più opaca, inquieta e minacciosa della decadenza sonora.
Affascinante e conturbante.
JULIAN COPE - Friar tuck
L'artista inglese da tantissimo tempo si autoproduce con la sua Head Heritage, pubblicando con una certa frequenza più o meno quello che gli salta in testa al momento, da album filo Stooges a sperimentazioni di 70 minuti con il Mellotron, evitando accuratamente di piegarsi alla diffusione digitale nelle abituali piattaforme. Il nuovo "Friar Tuck" è un ottimo album in cui si avvicina spesso a uno dei suo mentori psichedelici, Syd Barrett, ma che ama spaziare anche in altri campi (da Nick Cave al punk rock). Il tutto in un mood lo-fi, urgente e "ruspante".
Il Druido psichedelico non delude e prosegue la sua lotta antagonista contro modernità e discografia ufficiale.
GRACE BOWERS & the HODGE PODGE - Wine on Venus
La giovanissima chitarrista americana se ne esce con un album semplicemente esplosivo, tra southern rock, un torrido funk, rock blues, Janis Joplin, Sly and the Family Stone (non a caso riprende "Dance to the music", sonorità caldissime, voce superba, grande groove. Sorprendente e con prospettive future più che brillanti.
FANTASTIC NEGRITO - Son Of A Broken Man
L'artista californiano, al sesto album, si conferma di nuovo come una delle realtà più interessanti, vitali , propositive in circolazione. Innanzitutto in virtù di una personalità e di un sound immediatamente riconoscibili e per la capacità di miscelare ingredienti diversissimi alla perfezione. Blues, funk e soul sono alla base della pietanza ma non esita a infilarci Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Sly Stone. Non si tratta di revivalismo perché il tutto è moderno, fresco, eccitante. Un album di pura eccellenza. Come sempre.
THE LEMON TWIGS - A dream is all we know
Nei precedenti quattro album i fratelli new yorkesi D'Addario ci hanno abituati (più che bene) alla loro personale rilettura degli anni Sessanta e Settanta (questi ultimi intesi come glam, power pop, bubblegum music ma anche XTC, Elvis Costello e Squeeze) meno scontati e prevedibili, attraverso canzoni semplicemente deliziose. Nel nuovo lavoro in In the eyes of the girl (romantica ballata tra Beach Boys e Paul McCartney, entrambi riferimenti spesso ricorrenti nell'album) hanno anche un briciolo di Beatles con Sean Ono Lennon al basso e alla produzione. A questo proposito ci sono momenti in cui, vedi la title track, è difficile non pensare a un'outtake di un album degli Wings mentre nella conclusiva Rock on (over and over) ci ritroviamo in mezzo a un'impossibile jam session tra Marc Bolan, Brian Wilson e i primi Beatles. Ancora una volta un lavoro di pregevole fattura, divertente, per un progetto sempre più personale e convincente.
KULA SHAKER - Natural Magick
Tornano i KULA SHAKER con il settimo album di una tormentata carriera.
"Natural Magick" è il lavoro che ci può aspettare dalla band di Crispian Mills e soci (di nuovo con la line up originale).
Freakbeat, pop rock, influenze sempre marcatamente 60's, psichedelia, riferimenti "indiani", Beatles ultimo periodo a profusione.
Personalmente non chiedo, non pretendo, né mi aspetto altro e saluto un ottimo album di una delle migliori band del Britpop.
MDOU MOCTAR - Funeral for justice
La musica di Mdou Moctar, contaminata da tradizione Nigerina e da un rock psichedelico di gusto Hendrixiano, ha da tempo fatto il giro del mondo. Il nuovo album è un inno alla giustizia per il suo martoriato paese, vittima di un recente colpo di stato, e per il suo popolo, i Tuareg. Anche per questo l'approccio è più aggressivo, urgente (il disco è stato registrato in soli cinque giorni a New York) duro, quasi violento. Il sound, sempre potentissimo, è a tratti quasi isterico e abrasivo. Come sempre a livelli di eccellenza.
PAUL WELLER - 66
Paul Weller festeggia il 66° compleanno con il titolo omonimo per il 17° album solista.
La consueta, doverosa, premessa è che non ha nulla da dimostrare, la sua carriera quasi cinquantennale, solista inclusa, parla chiaramente.
Può dare sfogo alle sue esigenze creative senza dover compiacere critici, fan o chiunque altro.
L'album parte fortissimo con l'intensa ballata quasi jazzata "Ship of fools" in coppia con Suggs, molto "british" e Kinks e prosegue con il brano forse più complesso (e tra i migliori), "Flying fish", che mischia ritmiche quasi disco con una progressione che ci tuffa in un groove più rock, il tutto corredato da ampio uso di effetti elettronici.
"Jumble Queen", già proposto dal vivo, è composto con Noel Gallagher (presente anche nel brano), un poderoso soul rock con tanto di fiati e potente riff chitarristico.
Ballata nel consueto stile Welleriano, "Nothing" è abbastanza anonima.
Più definito il bluesaggiante e malinconico "My best friend's coat".
"Rise up singing" è puro Style Council, con un'orchestrazione sontuosa e toni gospel, non male.
Archi a profusione e impostazione acustica anche nelle successive "I woke up" e "Gimpse of you", sontuosa e quasi da colonna sonora cinematografica di un film anni Cinquanta.
Un po' jazzy e sbarazzina "Sleepy Hollow" con solo di vibrafono ad addolcire il tutto. Carina.
"In full flight" è un'altra ballata, molto lenta, che ci lascia in un clima molto rilassato e un tantino sonnolento.
"Soul wandering" torna, per fortuna, ad alzare i ritmi con l'apporto di Bobbie Gillespie, un buon soul funk dalla chitarra energica e atmosfere gospel con sezione fiati.
Uno degli episodi più interessanti.
La conclusione dall'incedere epico e solenne di "Burn out" ci consegna quasi ai Pink Floyd anni 70.
In definitiva Weller confeziona un altro buon album ma, a parere personale, senza lode né infamia, a tratti particolarmente anonimo e poco ispirato, soprattutto al confronto con i momenti più riusciti.
La qualità compositiva del Nostro è conosciuta e non è certo in discussione ma, a malincuore, "66" non rientrerà nelle sue migliori opere soliste.
LIAM GALLAGHER & JOHN SQUIRE - s/t
Quello che ci si poteva aspettare dalla liason artistica di Liam e John non poteva che convergere in queste dieci canzoni. Prevedibilmente un sapiente e gradevole mix di umori Britpop, rock 'n' roll, sapori Sixties, la voce miagolosa di Liam, la chitarra solida, non di rado Hendrixiana, di John. C'è un imprevisto torrido rock blues ("I'm a wheel"), il riff beatlesiano di "I'm bored", un po' di psichedelia sparsa, una traccia glam hardeggiante alla Humble Pie come "You're not the only one". La scrittura è decisamente ottima, di alto livello, l'ascolto piacevolissimo per chi ha apprezzato le precedenti avventure dei due.
CLAIRO - Charm
Il mondo della cantautrice americana si dipana, sensuale e mellifluo, nel secondo album "Charm", tra suoni folk psichedelici tardo 60's, conturbante pop "alla francese", un'anima soul (non a caso a suonare c'è la Menahan Street Band e a produrre Leon Michels dei Dap Kings).
Perfetta per un'estate malinconicamente afosa, intanto che le giornate si accorciano.
JACK WHITE - No name
Singolare, forse semplice espressione dei "nostri tempi", che il nuovo di Jack White, uno dei migliori e più interessanti autori e musicisti in circolazione in questi anni, sia assurto a immediata popolarità per la scelta di pubblicarlo improvvisamente, gratuitamente, sul web, senza nome, in busta bianca, senza titoli dei brani. Il contenuto passa in secondo piano.
Tredici canzoni all'insegna di un assalto sonoro garage punk, con i consueti riferimenti a Led Zeppelin, blues, rock blues, anche Rage Against The Machine (la track 5), un groove funk.
Come sempre tantissimo talento anche con una materia così basica, genialità sparse, energia a profusione.
Come sempre ineccepibile, anche nelle scelte di marketing.
UPPLOPPET - Roadrunner
In Svezia quando c'è da fare ruggire le chitarre sono sempre pronti. Al primo album il quintetto di Gothenorg spara una classica ma micidiale miscela di Mc5, Hellacopters, Hanoi Rocks, Stones incazzosi, punk rock, street hard rock. Dieci brani, 27 minuti, la perfezione rock 'n' roll.
THE THE - Ensoulment
Torna a splendere la creatura di Matt Johnson dopo un lungo periodo in sordina artistica. Il nuovo album è ricco di brani bluesy, soffusi, spesso dalle tinte soul ma con l'impronta personalissima della scrittura di Matt che non dimentica le radici new wave e il suo modo unico di intendere la musica. Un lavoro di primissima qualità.
SAHRA HALGAN - Sharaf
Halgan è un'attivista politica, paramedico, ex combattente in prima linea nella convulsa e caotica Somalia.
E' di Hargeisa, capitale dell'autoproclamata repubblica (dal 1991) del SOMALILAND (che divide la parte del nord della Somalia con un altro stato dichiaratosi indipendente, il Puntland, con cui, manco a dirlo ci sono screzi e scontri).
Nel suo nuovo album "Hiddo Dhawr" confluiscono psichedelia, rock, tradizione locale, melodie arabe, ethio jazz, funk, blues, addirittura garage punk (ascoltare "Sharaf" nei commenti), una miscela conturbante, forte, aggressiva e allo stesso tempo dolce.
LES AMAZONES D'AFRIQUE - Musow Danze
Supergruppo femminile e femminista formato in Mali nel 2015 da Kandia Kouyaté, Angélique Kidjo, Mamani Keita, Rokia Koné, Mariam Doumbia, Nneka, Mariam Koné, Massan Coulibaly, Madina N'Diaye, Madiaré Dramé, Mouneissa Tandina et Pamela Badjogo, grandi voci in rappresentanza della miriade di musica che arriva dall'Africa (NON ESISTE una "musica africana" ma MILLE- forse più - MUSICHE AFRICANE). Cantano contro la violenza sessuale, le mutilazioni genitali femminili, diritti.
In questo nuovo album a fianco di una delle fondatrici Mamani Keïta (Mali) ci sono Fafa Ruffino (Benin), Kandy Guira (Burkina Faso), Dobet Gnahoré (Côte d’Ivoire), Alvie Bitemo (Congo-Brazzaville), Nneka (Nigeria). Produce il grande Jacknife Lee. Nell'album ci sono ritmi tribali, hip hop, highlife, afrobeat, elettronica, influenze tradizionali, soukous, voci incredibili, un grandissimo groove.
LUCINDA WILLIAMS - Sings the Beatles from Abbey Road
Improbabile fare il conto degli album tributo ai Beatles.
Molto bello questo appena uscito. La voce di Lucinda Williams, sofferta e dolente, conferisce alle versioni (peraltro la scelta dei brani è particolarmente oculata con uno sguardo a episodi "oscuri" come "I'm looking through you", "Rain" o "Yer Blues") un'aura "maledetta" che ne rinnova (aspetto difficilissimo) la veste.
Anche i classici "Let it be", "While my guitar gently weeps" e "Something" escono benissimo.
Più che riuscito.
RUTS DC - ELECTRacoustic vol.3
E' da poco uscito il terzo volume della serie "ELECTRacoustic" dei RUTS DC (reperibili qui: https://rutsdc.com/downloads).
Una delle mie band preferite in assoluto (anche dopo la triste scomparsa di Malcom Owen) riprende il repertorio dei Ruts e della prosecuzione con l'allegato DC e aggiunge qualche inedito, in chiave semi acustica, ridando a classici come "Babylon's burning", "West One", "Staring at the rude boys", "Jah War", una nuova veste e confermando la loro altissima qualità compositiva e la capacità esecutiva da pure eccellenze come strumentisti.
MONKEY CAT - Psychotic Wonderland
Dall'Arizona l'arrembante garage punk rock (con synth disturbante a dare un tocco di grande originalità) in cui la band sprizza energia, freschezza, brani pulsanti di immediata presa e un tiro comune a pochi.
lunedì, dicembre 23, 2024
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L'album più bello per me è Unsoulment degli The The di Matt Johnson.
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