martedì, agosto 28, 2018
Third Lanark A.C.
A cura di ALBERTO GALLETTI
Il 1967 fu l’anno culminante della gloria del calcio scozzese, il momento in cui si combinarono alcuni episodi che determinarono risultati clamorosi che, a parer mio, issarono i pedatori del leone rampante sul tetto d’Europa e in una certa misura anche del mondo.
Nel luglio dell’anno precedente la nazionale inglese, ‘the auld enemy’, si era laureata campione del mondo al termine del mondiale ospitato sui campi di casa.
Un percorso lineare chiuso con il successo sui tedeschi nella finale di Wembley che non mancò di scatenare polemiche su presunti favoritismi causa il gol non gol concesso dall’arbitro svizzero Dienst su un tiro di Hurst che picchiò sotto la traversa e rimbalzò oltre la linea, o forse no.
Il gol fu concesso e consentì agli inglesi di portare il parziale sul 3-2 a loro favore.
Hurst chiuse poi i conti allo scadere dei supplementari con una gran bordata imprendibile per il 4-2 a scanso di equivoci.
La Scozia invece non si era qualificata a quel mondiale, inserita nel girone 8 di qualificazione era finita seconda alle spalle dell’Italia: 7 punti a fronte dei 9 degli azzurri.
Fatale agli scozzesi il 3-0 subito a Napoli nell’ultimo decisivo incontro del girone, un pareggio li avrebbe qualificati.
Ancorati ancora al vecchio ordinamento calcistico, i britannici continuarono imperterriti nello svolgimento del loro Home Championship (l’Interbritannico), così le quattro rivali si ritrovarono di fronte, come da tradizione, nella primavera del 1967.
Con l’Inghilterra detentrice del trofeo e campione del mondo in carica, si arrivò all’ultima giornata con in programma Inghilterra – Scozia, a Wembley, decisiva.
L’Inghilterra è in testa con 4 punti, la Scozia segue con tre.
Gli inglesi sono strafavoriti e non perdono una partita dal 1965, forse non proprio il giorno ideale per l’esordio in panchina del nuovo tecnico scozzese Bobby Brown che aveva a sua disposizione un solo risultato.
Al termine del suo discorso prepartita Brown sorprese il geniale centrocampista Baxter assorto nella lettura del Daily Telegraph e, piuttosto seccato, lo apostrofò con un ‘Qualcosa da aggiungere Jim?’ ‘Si - disse Baxter - vedi questi inglesi qua? Non san giocare.’
La sfacciataggine di Baxter, in contrasto con la preoccupazione del suo allenatore, riassume al meglio lo spirito della squadra quel giorno.
La Scozia vinse la partita 3-2, dominandola in maniera ben più larga di quanto il punteggio possa lasciar immaginare e Baxter guidò i suoi con una prestazione fantastica.
Per gli oltre 30.000 al seguito un pomeriggio trionfale e la conseguente autoproclamazione a campioni del mondo non ufficiali, quali freschi vincitori dei campioni del mondo in carica in partita ufficiale.
Non finì qui, poco più di un mese dopo la metà bianco-verde dell’Old Firm si presentò a Lisbona per giocarsi la finale di Coppa dei Campioni, avversari questa volta gli italiani dell’ FC Internazionale, già campioni d’Europa nel biennio 1964/65 e semifinalisti l’anno precedente.
Nonostante lo svantaggio iniziale, i ragazzi di Stein rimontarono i nerazzurri e si imposero per 2-1 aggiudicandosi partita, trofeo, titolo di campioni d’Europa (prima squadra britannica) e la gloria eterna presso i propri parrocchiani sotto l’appellativo di ‘Lisbon Lions’.
Per chi vive di gloria in chiave antinglese un’annata difficilmente superabile.
Ma non tutto rimirava felicità e gloria nella rude Glasgow del pallone in quell’estate del ‘67.
Una città fosca, spietata e all’epoca ancora con ancora sacche di povertà, arretratezza e disperazione urbana da restare impietriti.
Molte di queste carenze erano lenite dall’odio settario dell’Old Firm, il duopolio parrocchiale in chiave calcistica, elemento catalizzante per la città e per il suo bisogno di passioni forti, spesso troppo, spesso autodistruttive.
Esistevano tuttavia, come ancora esistono, parecchie altre parrocchie in cui il culto del calcio veniva celebrato. In una di queste, Cathkin Park, si vivevano giorni disperati.
Cathkin Park era la casa del Third Lanark AC.
Fondato il 12 dicembre 1872 presso il Quartier Generale del Reggimento in Howard Street a Glasgow come ramo calcistico del 3rd Lanarkshire Rifle Volunteers. Il club fu membro fondatore della Scottish Football Association, in quello stesso anno ,e fondatore della Scottish Football League nel 1890, partecipò alla prima edizione della Coppa di Scozia e alla prima edizione del campionato.
Novantacinque anni di attività ne avevano fatto un’istituzione del calcio scozzese,magari non di successo come quella degli invadenti vicini dell’Old Firm, ma le ‘giubbe rosse’ avevano in bacheca tutti i trofei scozzesi: il Campionato del 1903/04, le Coppe di Scozia del 1899 e 1905, oltre a 4 Glasgow Cup, particolarmente apprezzate dai sostenitori in quanto frutto di vittorie dirette sui rivali dell’Old Firm e degli altri club cittadini.
Nel 1903 il cambio di nome in Third Lanark A.C. segnò la fine di ogni rapporto con l’autorità militare. Ironia della sorte alla vigilia della vittoria in campionato.
Cinquantotto partecipazioni alla massima divisione scozzese su settanta disputate tra i professionisti sono un biglietto da visita di tutto rispetto e, sebbene il Queen’s Park possa vantare la bellezza di 10 vittorie nella SFA, ma nessun campionato, il declino di questi ultimi dovuto al rifiuto di adottare il professionismo, fecero degli ‘Hi-Hi’s’, la terza compagine della città per tutto il corso del XX secolo fino al giorno dell’inopinata chiusura.
Un successo fatto di squadre di buon livello, una tradizione abbastanza solida di bel gioco in un atmosfera di cordialità diffusa, lontana dai veleni tossici dell’Old Firm, giusto dietro l’angolo, che si tradussero quasi fino alla fine in un seguito numeroso ed appassionato che riempiva ogni sabato le decrepite gradinate del venerando Cathkin Park.
Nei primi anni 60, sembrò per un attimo che quei lontani giorni di gloria potessero tornare: sconfitti nella finale di Coppa di Lega 1959/60, 3-2 dagli Hearts, nella stagione 1960/61 centrarono un magnifico terzo posto in campionato alle spalle di Rangers e Kilmarnock, ma davanti al Celtic, corredato dalla bellezza di 100 reti segnate in 38 partite, miglior attacco, traguardo raggiunto all’ultima giornata grazie alla demolizione dell’Hibernian per 6-1, chissà cosa sarebbe successo con una difesa migliore (concessero 80 gol).
Il rinnovato entusiasmo dei sostenitori che seguivano in massa le partite fu ben presto smorzato dal ritorno in società dell’infame William G. Hiddleston che, allontanato dal consiglio d’amministrazione qualche anno prima era tornato, scalando la proprietà del club fino a diventarne presidente. Proprietario di una ditta all’ingrosso di vetri, sigaro perennemente in bocca, losco per natura, Hiddleston instaurò ben presto la propria personale dittatura al Third Lanark, noncurante delle leggi vigenti, dei diritti degli azionisti, dei regolamenti federali ne, tantomeno, dei suoi dipendenti.
I suoi piani per il Third Lanark, a lui chiari dal principio, si riveleranno tristemente rovinosi per il club.
Al momento della sua reinstaurazione, l’allora manager George Young, un monumento del calcio scozzese, sia in termini di taglia che di carriera, già capitano sia dei Rangers che della nazionale (54 caps per lui), se ne andò prevedendo la catastrofe, con lui tutto il suo staff.
Lasciò immediatamente anche il Direttore Generale Robert Martin che dimettendosi dichiarò: ‘ Buona fortuna ai Thirds, che Dio li aiuti’. Videro giusto.
Hiddleston cominciò a non pagare.
Le squadre avversarie erano avvisate di doversi portare seco le lampadine in quanto il club non le avrebbe fornite.
L’acqua calda venne tolta, la corrente elettrica divenne un optional, i riflettori non vennero più accesi, le partite in notturna cancellate così come gran parte degli allenamenti, i pochi svolti furono spostati al pomeriggio con abbandono di chi di giorno doveva lavorare.
Passò poi alla vendita dei pezzi migliori: nel 1962 Alex Harley, eroe di quell’ultima gloriosa stagione con 42 gol all’attivo fu ceduto al Manchester City, fu poi la volta di Davie Hilley che se andò al Newcastle, seguito poco dopo da Matt Gray, anch’egli al City.
Le tre cessioni fruttarono un totale di 74.500 sterline, nessuna delle quali fini nelle casse del club.
Ancor più grave, i tre erano gli artefici dell’attacco monstre del ‘61, senza di essi la squadra precipitò nei bassi fondi della classifica e, dopo quattro anni di stenti e due salvezze per il rotto della cuffia, retrocedette, ultima in classifica con la miseria di sette punti nel ‘65.
Le farse a Cathkin Park continuarono: completi da gioco usurati e mai sostituiti, un giocatore portato con la spalla rotta in ospedale, con il dirigente, sotto istruzione di Hiddleston, che dovette raccomandarsi coi medici di non tagliare la maglia per liberargli l’arto perché non ce n’era un'altra da usare.
Terreno di gioco allagato in previsione di una gelata per non giocare in notturna.
Stipendi ai giocatori non pagati, e quando pagava, Hiddleston lo faceva in monetine direttamente dalle casse dei botteghini, sulle quali spesso il capitano si precipitava a fine gara senza farsi la doccia, se c’era, nel timore che sparissero.
Nel 1964 Hiddleston licenziò 19 giocatori, liberandosi dei contratti, sostituendoli con ragazzi delle giovanili e altri a fine carriera; come abbiamo visto l’ultimo posto arrivò in maniera spettacolare.
Incredibilmente però autorizzò la costruzione di una nuova tribuna il cui costo andò a gravare sulle già disastrate finanze del club.
Le voci ricorrenti, e sempre più insistenti sul conto di Hiddleston e della sua gestione del club destarono l’attenzione della Camera di Commercio, sospetti su accordi e pagamenti sottobanco, che ordinò un’inchiesta, fu l’inizio della fine.
Le indagini confermarono le malefatte, le conclusioni schiaccianti e inequivocabili: “ Sembra chiaro che l’obbiettivo del Sig. Hiddleston sia stato quello di ottenere il controllo completo della società.
Nessun dubbio in merito al fatto che ci sia riuscito.
Il quadro che ne emerge è che il club sia stato gestito da lui con il tacito consenso di altri direttori, in maniera incapace, senza scrupoli ne osservanza per la Legge sulle Società e senza cura per gli interessi degli azionisti … esclusi da queste accuse si intendono coloro che hanno cessato le loro cariche prima del 20 maggio 1965”.
Le indagini stabilirono anche che i giocatori venivano costretti a recarsi alle partite in trasferta con mezzi propri, che non c’era acqua calda nello stadio e che i manager venivano assunti esclusivamente da Hiddleston senza interpellare il Consiglio di Amministrazione.
Conclusero infine che lo scopo di Hiddleston era mandare il club in rovina per vendere lo stadio a speculatori edilizi e poi ricollocare il club in qualche sobborgo periferico senza squadra.
Un piano criminale.
L’indagine fu la pietra tombale per il glorioso Third, sebbene l’accusa non fu provata, tanto bastò affinchè la Royal Bank of Scotland costrinse il club a vendere lo stadio per rientrare di un fido da 10.000 sterline.
Poco meno di 300 spettatori furono presenti all’ultima partita casalinga, 3-3 contro il Queen of the South.
Il vecchio e glorioso Third Lanark giocò l’ultima partita della sua storia il 28 aprile 1967 a Boghead Park e finì travolto 5-1 dal Dumbarton.
I sigilli furono apposti allo stadio il 30 giugno.
Il giorno dopo quattro direttori del club furono giudicati colpevoli di aver infranto il Company Act del 1948 in relazione alla gestione del club e condannati ad un’ammenda di 100 sterline ciascuno.
La Camera di Commercio passò inoltre l’indagine alla polizia con la richiesta di condurre un inchiesta penale nei confronti di Bill Hiddleston per bancarotta fraudolenta.
Non si andò a processo, Hiddleston morì d’infarto nel novembre successivo.
Doppia beffa alla sua infame memoria quando, dopo che il terreno dello stadio fu venduto dal liquidatore agli immobiliaristi, questi scoprirono che l’area non era edificabile in virtù di un vecchio warrant municipale che ammoniva che l’area avrebbe dovuto restare per sempre destinata a scopi ricreativi.
Rimase però in stato di abbandono fino al 1977, quando l’assessorato ai parchi del Comune lo ricomprò rendendolo di nuovo area aperta al pubblico.
Ed è ancora li, il vecchio Cathkin Park.
La tribuna principale fu demolita, ma le vestigia delle gradinate sugli altri tre lati ancora esistono, nascoste da alberi e vegetazione spontanea con ampi settori liberi, le transenne antischiacciamento ancora presenti, qualcuno le mantiene dipinte di rosso.
E’ ancora utilizzabile, il terreno di gioco è al suo posto, parte di uno spazio verde aperto al pubblico, le porte anche.
Alcune squadrette di amatori ci giocano più o meno regolarmente, inclusa una che porta il nome della squadra che non esiste più.
Il record di pubblico allo stadio fu di 45.544 spettatori per una partita di Coppa di Scozia contro i Rangers del 1954, sembra di vederli e soprattutto sentirli guardando le gradinate vuote e abbandonate.
Ombre, ombre di gesta epiche, di grandi incontri, di grandi folle stipate in piedi, echi di canti ed esultanze di folle sembrano arrivare all’orecchio.
Suggestioni.
L’impianto è vuoto.
Duecento metri più in la, di tanto in tanto, immensi boati, cori liturgici, veri questa volta, si levano al cielo ogni volta che il rinnovatissimo Hampden Park ospita un tutto esaurito.
Hampden Park, o meglio il terzo Hampden Park dove il Queen’s Park si accasò in quel lontano 1903, lasciando vacante il secondo Hampden Park al subentrante Third Lanark che lo ribattezzò Cathkin Park, come il primo campo sul quale avevano cominciato. Duecento metri, una salitella, quattro file di case e il rettifilo di Somerville Drive, la distanza calcistica tra la vita e la morte, tra uno stadio vivo e un cimitero di glorie passate.
Che fascino però!
Playlist
Re-offender - Travis
All those years ago – George Harrison
Are you ready to be heartbroken – Lloyd Cole & The Commotion
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Storie di calcio
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Gallo is back!
RispondiEliminaC
Chapeau, Albe...come al solito
RispondiEliminaChe miserabile infame HIddlestone
Hasta
Clodoaldo