sabato, novembre 22, 2025

Not Moving live a Savona "Raindogs" sabato 22 novembre 2025

Not Moving live a Savona
"Raindogs"
Sabato 22 novembre 2025


https://www.facebook.com/events/1529014274948784

www.raindogshouse.com

Quale il migliore concerto dei Not Moving?
Rita: " L'ultimo al Raindogs di Savona l' anno scorso.
Eravamo già stati lì due volte ed era andata molto bene ma pensavamo di aver 'saturato' quella piazza. Invece c'era pienissimo... Noi eravamo carichi come molle... Una bella situazione".
Dall'intervista di Luca Frazzi ai Not Moving sul numero di Rumore - ottobre 2025

Not Moving profilo FB
https://www.facebook.com/profile.php?id=100051397366697

Not Moving - But It's Not (video)
https://www.youtube.com/watch?v=Foxxqa8ouR0

venerdì, novembre 21, 2025

The Beatles - Anthology 4

Ennesima raschiatura del fondo del barile BEATLES con il quarto volume della serie "Anthology".
Trentasei brani di cui tredici INEDITI e il resto già ascoltato su altre edizioni ristampate e rimasterizzate.
Niente di particolare da sottolineare nelle versioni del primo "lotto", alcune strumentali, altre abbozzate che confermano solo come la band suonasse precisa e perfetta in studio di registrazione.
Più interessante una scarna "Baby You're a Rich Man", le prove di "All You Need Is Love" per la trasmissione alla BBC (senza il cenno finale a "She Loves You" di Paul), inutili "Fool On The Hill" e "Hey Bulldog" strumentali. Le parti orchestrali (archi, fiati e varie sovraincisioni) di "I'm the walrus" sono invece molto suggestive per capire quanta strumentazione (e capacità di arrangiarla in modo così affascinante) ci fosse in quel folle brano.

Inediti sostanzialmente superflui e irrilevanti.

Manca all'appello una serie di VERI INEDITI come “Carnival of light”, “Watching rainbows”, “The palace of the king of the birds” e "All for Love", nuova canzone firmata dai soli McCartney, Harrison e Starr nel marzo 1995 ma di cui si è persa traccia (nonostante, pare, fosse stata parzialmente registrata).
Infine i remix 2025 di "Free As A Bird" e "Real Love" esaltano alla perfezione la voce di John ed evidenziano parti di chitarra e dei cori poco presenti nella versione originale. Anche su "Real Love" ci sono piccoli ritocchi.
Niente di sostanziale.

La tracklist con in neretto le canzoni mai ascoltate.

CD Disc One:

1: I Saw Her Standing There (Take 2)
2: Money (That’s What I Want) (RM7 undubbed)
3: This Boy (Takes 12 and 13)
4: Tell Me Why (Takes 4 and 5)
5: If I Fell (Take 11)
6: Matchbox (Take 1)
7: Every Little Thing (Takes 6 and 7)
8: I Need You (Take 1)
9: I’ve Just Seen A Face (Take 3)
10: In My Life (Take 1)
11: Nowhere Man (First version – Take 2)

12: Got To Get You Into My Life (Second version – unnumbered mix)
13: Love You To (Take 7)
14: Strawberry Fields Forever (Take 26)
15: She’s Leaving Home (Take 1 – instrumental)
16: Baby, You’re A Rich Man (Takes 11 and 12)
17: All You Need Is Love (Rehearsal for BBC broadcast)
18: The Fool On The Hill (Take 5 – Instrumental)
19: I Am The Walrus (Take 19 – strings, brass, clarinet overdub
)

CD Disc Two:

1: Hey Bulldog (Take 4 – instrumental)
2: Good Night (Take 10 with a guitar part from Take 5)
3: While My Guitar Gently Weeps (Third Version – Take 27)
4: (You're So Square) Baby I Don't Care (Studio jam)
5: Helter Skelter (Second version – Take 17)
6: I Will (Take 29)
7: Can You Take Me Back? (Take 1)
8: Julia (Two rehearsals)
9: Get Back (Take 8)
10: Octopus's Garden (Rehearsal)
11: Don't Let Me Down (First rooftop performance)
12: You Never Give Me Your Money (Take 36)
13: Here Comes The Sun (Take 9)
14: Something (Take 39 – instrumental – strings only)
15: Free As A Bird (2025 mix)
16: Real Love (2025 mix)
17: Now And Then

giovedì, novembre 20, 2025

Gimme Danger #7 - Autunno 2025

È uscito il nuovo numero di GIMME DANGER, la rivista ideata e diretta da Claudio Sorge e Luca Frazzi.

Io mi occupo di recensire il "Live at Oval" degli Who, l'antologia degli Outer Limits, i box di Discharge e Blitz, la compilation mod "Countdown 1985-88", i Proper, il nuovo Paul Weller, Bonnie Dobson & The Hanging Stars oltre a qualche pagina dedicata alla storia (vista nella mia ottica personale) dei Not Moving.

Allegato un EP/7 pollici con Neoprimitivi (in un brano live ipnotico tra kraut e psichedelia), Seekers 70 (potente cover di "Flashback" dei Moving Sidewalks), Jukebox 74 (grandissima ripresa di "Father's Name is Dad" degli inglesi Fire).

Per averlo:
gimmedanger2022@gmail.com
hellnation64@gmail.com

Si trova anche a:
HELLNATION (BO)
PSYCHO (MI)
BACKDOOR (TO)
BLACK WIDOW (GE)
HATE (ROMA)

mercoledì, novembre 19, 2025

Mutti Enrico - Porretto Rita, Mericone Silvia - Casalanguida Luca - Liberatore Tanino - Nightmare in Rome

Nightmare in Rome è un progetto audiovisivo (e visionario ma non troppo considerate le numerose attinenze con l'attualità) nato da un'idea di Enrico Mutti, Lorenzo Senni e dalla matita di Tanino Liberatore, dove musica e fumetto si incontrano per dare forma a qualcosa di radicalmente nuovo.

Si parla di un collettivo musicale segreto di musicisti che usano la musica per resistere in un mondo post-apocalittico, in una Roma del 2045 tra macerie e una dimensione di museo, utilizzando campioni delle colonne sonore della CAM Sugar, il più vasto catalogo di musica per il cinema italiano, che attraverso l'incontro con l'elettronica, il rap ed il pop si trasformano in qualcosa di radicalmente attuale.
Proprio perché il fumetto va di pari passo con una colonna sonora che prende spunto da brani originali di Ennio Morricone, Riz Ortolani, Stelvio Cipriani, Franco Godi e Daniele Patucchi.

Un lavoro originale, intrigante e pressoché unico.

Mutti Enrico - Porretto Rita, Mericone Silvia - Casalanguida Luca - Liberatore Tanino
Nightmare in Rome
Sergio Bonelli Editore
80 pagine
22 euro

martedì, novembre 18, 2025

Intervista a Scanna (Bebaloncar)

Scanna è un artista che ha attraversato epoche personali, musicali, sociali e culturali diversissime tra di loro, lontane, vicine, gioiose, tragiche, turbolente, sempre vitali.
Si è recentemente rimesso in gioco con il progetto BEBALONCAR, di cui è da poco uscito il terzo album "Love To Death".
Di seguito la recensione:

Il trio bolognese ha già marchiato a fuoco la scena underground italiana con due album di grande valore che hanno coraggiosamente mischiato elementi poco utilizzati ai nostri giorni.
In particolare i Velvet Underground più oscuri e malati, richiami shoegaze, Jesus and Mary Chain ma anche la psichedelia meno scontata e “floreale” degli anni Sessanta.
Il nuovo lavoro, che chiude una trilogia incentrata sulla profondità e il tormento dell’animo umano, allarga gli orizzonti verso folk e dream pop, palesando un maggiore ottimismo sonoro, guardando più spesso agli amati anni Sessanta (vedi l’unica cover, Pretty Colors dei Just Us, del 1966).
Di nuovo un disco di grande spessore, originalità, personalità. Imperdibile.


Scanna ci parla in una breve intervista di una serie di aspetti interessanti della sua attuale dimensione artistica.

Da batterista, paradossalmente, apprezzo che in molti brani, dove la batteria ci starebbe più che bene, invece non c'è (a parte percussioni o drum machine, mai invadenti) o comunque l'elemento percussivo è usato con molta parsimonia. Una scelta che toglie prevedibilità. E' qualcosa di ponderato?
La scelta di non avere la batteria è stata dettata dal fatto che quando abbiamo registrato il primo album non era prevista...la cosa ha funzionato e ci siamo trovato bene in questo modo.
Si è creata un'alchimia perfetta che non vogliamo cambiare. Questo ci permette di essere liberi in studio, ognuno fa la sua parte senza intromissioni esterne.

Quanto c'è del tuo precedente percorso artistico nei Bebaloncar?
Nei Bebaloncar c'è tutto e di più.
Dagli ascolti teenager della wave o del punk, dal moody garage alla psichedelia fino ad arrivare allo shoegaze e al pop inglese/americano.
Uno specchio di tutto che riflette altro ed esce il sound della band. Inoltre sia Iris che Fab hanno incluso tutto il loro mondo fondendosi in una cosa unica.

Cosa ritieni di avere ancora da dire al pubblico?
In realtà non ho niente da dire al pubblico, io e gli altri componenti del gruppo suoniamo per noi stessi.
È un'esigenza personale senza minimamente preoccuparci del giudizio esterno.

Considerazione personale: ritengo che con la nostra/e generazione/i finisca un'epoca, irripetibile, nel bene o nel male, di cui rappresentiamo l'epitaffio. Non so se sei d'accordo.
Sono purtroppo totalmente d'accordo. No future.

Il nuovo album, rispetto ai due precedenti, l'ho trovato più solare, più “ottimista”,, una sorta di apertura dopo l'oscurità di “Suicide Lovers” e “Diary of a lost girl”.
Il nuovo album ha un sapore malinconico, veniamo da tre anni pieni di concerti e uscite discografiche che ci hanno unito tantissimo.
Il risultato è Love to Death, intriso di momenti agrodolci...uno piccolo spiraglio di sole in mezzo alle nubi nere.

Il tema dell'amore è ricorrente in tutta la trilogia, in parallelo a quello della morte. Per il futuro pensi di andare in direzioni diverse relativamente alle tematiche fin qui espresse?
Non ho direzione, a luglio andremo in studio per registrare il quarto album dopo avere fatto un nuovo tour da Febbraio a Maggio.
Abbiamo una dozzina di pezzi che amiamo molto e lavoreremo su quelli. Non ho idea di quello che uscirà ma questo è quello che siamo.
Love it or Hate it.

lunedì, novembre 17, 2025

Kevin Rowland

Riprendo l'articolo che ho scritto sabato per "Alias" de "Il Manifesto", dedicato a KEVIN ROWLAND dei Dexy's Midnight Runners.

Personaggio molto particolare, indecifrabile, autodistruttivo, in costante bilico tra genialità e occasioni gettate al vento, indescrivibile superficialità, mancanza di concretezza, incapacità congenita di gestire realtà e logistica, che con un minimo di lucidità avrebbe impedito disastri spesso indecorosi.
E’ il ritratto, impietoso, che lo stesso Kevin Rowland ci regala nella sua recente autobiografia “Bless Me Father” da poco pubblicata in Inghilterra.
Il cantante dei mitici Dexy’s Midnight Runners, tra le band più rappresentative della scena inglese degli anni Ottanta, si mette a nudo, anche troppo, dedicando buona parte del libro al difficile rapporto con il padre, la sua sessualità, l’adolescenza trascorsa divertendosi a rubare ovunque potesse, la conflittualità con le sue radici irlandesi e relative tradizioni, le disastrose esperienze economiche che lo portarono in bancarotta, nonostante il successo dei suoi dischi, un lungo periodo di tossicodipendenza, con annessi e connessi.
Il testo è talvolta eccessivamente concentrato su aspetti personali, trascurando quello che il lettore avrebbe maggiormente gradito ovvero un approfondimento delle tematiche artistiche, molto più stimolanti e interessanti delle vicende famigliari.

Come detto, il giovane Rowland, oppresso da un padre autoritario, pervasivo, ingombrante, trova il modo per placare la sua frustrazione con una forma di ribellione che sfoga nel furto, non per necessità ma per semplice “passione”. Finisce spesso nei guai, alimentando l’anaffettività e il distacco dall’esigente padre, fardello che si porterà appresso per tutta la vita, fino a una tardiva riconciliazione alla morte del genitore.
La vita a Birmingham sarà costantemente segnata da una lunga serie di problemi, tra appartenenza a varie gang giovanili, con risse e vandalismi di prammatica, il suo aspetto fisico (pelle olivastra e capelli ricci) che non sempre aiutavano l’integrazione in una società, anni Settanta, in cui spostarsi da un quartiere all’altro poteva causare problemi.
Ero stato programmato a credere che la gente di colore e gli irlandesi avessero un valore inferiore a quello degli inglesi. Era impossibile crescere a quei tempi senza essere razzista.

Come spesso accade la musica diventa l’appoggio salvifico, anche se nel frattempo non disdegna alcol, droghe e una figlia indesiderata che ritroverà solo decine di anni dopo.

Con i Lucy and the Lovers cerca di creare un sound e un’estetica originali e unici e in qualche modo ci riesce, precorrendo quello che diventerà di lì a poco il giro New Romantic. Ma è troppo presto, esplode il punk e diventa indispensabile tuffarvisi. La band cambia nome nel più aggressivo e consono The Killjoys, trovando una nuova estetica e circuito concertistico.
Lasciano un 45 giri di scarso spessore e successo e poche tracce. Kevin, trovati nuovi compagni d’avventura, decisi e motivati, dedica anima e corpo a un nuovo progetto dal suggestivo e originale nome di Dexy’s Midnight Runners (riferimento esplicito alle pillole stimolanti care ai Mod, la Dexedrina).

I riferimenti principali guardano al soul ma non in modo accademico.
La band cerca l’originalità, un suono personale, ben preciso, in cui può confluire di tutto.
Esteticamente son uno strambo mix di stili, in ottemperanza alla visione di Rowland, da sempre amante di moda ed abbigliamento. Ma ancora una volta saranno necessari dolorosi compromessi.
A livello sonoro la EMI, che li mette sotto contratto, li indirizza verso il soul più classico, soprattutto dopo il successo del singolo Geno (del marzo 1980).
L’invito, irrinunciabile, nonostante molte perplessità, a partecipare a un tour con gli Specials (Rowland non vuole essere incasellato in nessun ambito, soprattutto in quello così identificabile come quello ska), li induce a trovare un look meno sgargiante ed estroso.
Non mi sono mai perdonato il cambiamento di look, mi sono torturato per anni per quella decisione. Abbiamo perso l’opportunità di diventare il gruppo più culturalmente significativo e cool degli anni Ottanta.

Optano per un’immagine rude, da portuali americani, cuffie di lana, giacconi di pelle, scarponi. Abbinato al brillante album d’esordio Searching For The Young Soul Rebels a base di un soul beat dall’attitudine punk, con la voce singhiozzante di Rowland che si ispira esplicitamente al soul man Jackie Wilson, proietta la band in classifica e riempie i club del loro tour.
Non basta a placare l’inquietudine del leader che in breve tempo litiga con la band, licenzia questo e quello (alla fine nella carriera nel gruppo si contano più di cinquanta musicisti che si sono alternati) e, invece di approfittare del felice momento artistico, decide di cambiare completamente rotta.

Si ricorda delle canzoni celtiche che si cantavano in casa, scopre l’opera di Van Morrison, inserisce un violino, cambia completamente look alla band, optando per un’estetica “gipsy”.
Nel 1982 Too-Rye-Ay, spinto dall’immortale singolo Come On Eileen, conquista le classifiche di mezzo mondo e porta la band alla massima notorietà.
Rowland di nuovo si perde nell’innata autodistruzione, la band va a pezzi, accumula debiti, firma contratti capestro, incomincia a flirtare con cocaina e affini, disperde un invidiabile patrimonio artistico e di notorietà.
Soprattutto nel volere cambiare ancora drasticamente direzione musicale.
Per il successivo Don’t Stand Me Down ci vorranno tre anni di duro e contrastato lavoro.
Il risultato è un buon album ma che si distanzia ancora una volta dal precedente in modo netto, con lunghi brani, caratterizzati dall’introduzione di dialoghi, riferimenti soul pop ma dal profilo indefinito.
Sarà un clamoroso flop.

La band si scioglie, Rowland entra in un lungo tunnel di abusi, crolli finanziari, tentativi di resurrezione con alcuni scarsi album solisti, malamente promossi e scomparsi in breve dalla circolazione.
Solo dopo un infinito calvario Rowland ritrova equilibrio e rimette in piedi l’ennesima incarnazione dei Dexy’s (ora con il nome abbreviato) che riprendono vita con il buon One Day I’m Goin’ To Soar del 2012, l’affascinante Let the Record Show: Dexys Do Irish and Country Soul, omaggio alla tradizione irlandese, che li riporta nelle classifiche e il più che ottimo Feminine Divine del 2023.
Le esibizioni dal vivo sono sempre più convincenti, il repertorio è vasto e ricco di brani entrati ormai nella storia del pop inglese.

Rowland è sfuggito ai suoi demoni, è riuscito a ristabilirsi economicamente, recuperando i diritti delle sue canzoni, a lungo pignorate per pagare montagne di debiti (come candidamente confessa: la cocaina costa) e nonostante una salute non più perfetta è riuscito a ritrovare lo status che gli spetta nel panorama musicale.

Quello di un visionario, dotato di un’immensa creatività, al limite della genialità, che ha intuito e aperto numerose strade, senza mai riuscire a trarne, per ingenuità, incapacità imprenditoriale, eccessiva arroganza caratteriale, propensione all’autodistruzione, il giusto guadagno.

Le note finali del suo libro sono esaustive in tal senso:
In precedenza non ho mai saputo cosa fosse la pace, non l’avevo mai sperimentata, forse solo brevemente con le droghe.
Ora l’ho trovata e non sono mai stato così felice.
La mia vita è stata un viaggio nell’inferno e non vorrei mai poterla ripetere.
Ma credo di aver fatto ciò che Elvis Presley suggerì: “Ho seguito quel sogno ovunque ci possa portare”
(da Follow That Dream del 1962). E sono felice di averlo fatto.

sabato, novembre 15, 2025

Not Moving live a Savona "Raindogs" sabato 22 novembre 2025

Not Moving live a Savona
"Raindogs"
Sabato 22 novembre 2025


https://www.facebook.com/events/1529014274948784

www.raindogshouse.com

Quale il migliore concerto dei Not Moving?
Rita: " L'ultimo al Raindogs di Savona l' anno scorso.
Eravamo già stati lì due volte ed era andata molto bene ma pensavamo di aver 'saturato' quella piazza. Invece c'era pienissimo... Noi eravamo carichi come molle... Una bella situazione".
Dall'intervista di Luca Frazzi ai Not Moving sul numero di Rumore - ottobre 2025

Not Moving profilo FB
https://www.facebook.com/profile.php?id=100051397366697

Not Moving - But It's Not (video)
https://www.youtube.com/watch?v=Foxxqa8ouR0

venerdì, novembre 14, 2025

Rolling Stones - Black and Blue 50th Anniversary

Può sembrare strano ma "Black and Blue" è il mio album preferito degli STONES, probabilmente sempre per quella sindrome del "primo disco che ho acquistato di loro all'uscita" (aprile 1976). E' sempre stato considerato un lavoro minore e spesso bistrattato dalla critica.
Eppure contiene una serie di perle di inestimabile valore (da "Hot Stuff" a "Hey Negrita", passando per "Cherry Oh Baby" e "Melody", la "Billy Preston song").

La ristampa presenta i soliti remix 2025 (a cura di Steven Wilson), due ottimi brani scartati, "I Love Ladies" di Jagger/Richards e la cover "Shame Shame Shame" di Shirley & Company. Ci sono tre jam session, preziose a livello documentale, con Jeff Beck e Harvey Mandel, candidati (con Steve marriott e Ron Wood, a sostituire Mick Taylor). Purtroppo decisamente anonime e trascurabili.

Nella confezione deluxe anche sei live del 1976 all'Earls Court Exhibition Centre di Londra.
Il disco Blu-ray contiene una trasmissione televisiva inedita dello spettacolo degli Stones del 1976 a Les Abattoirs di Parigi

mercoledì, novembre 12, 2025

Valerio Bruner - Spiriti nella notte

«Le canzoni di Bruce Springsteen sono la mia colonna sonora da quando avevo quindici anni. C’era qualcosa nella sua poetica in cui vedevo finalmente espresso quello che mi portavo dentro e che ancora non riuscivo a dire con parole mie. Da lì è stato l’inizio di un viaggio insieme che dura tuttora».

Non sono un grande estimatore e conoscitore di Springsteen, per cui trovare riferimenti diretti alle canzoni che hanno ispirato all'autore questi venticinque racconti, non mi è facile.
Il libro riesce però a vivere un'esistenza a sé stante, indipendentemente dai collegamenti, perchè sono pagine scritte molto bene, coinvolgenti, dirette, crude, in cui si colgono, invece, le radici artistiche e socio/culturali del Boss e delle sue canzoni.

I fan di Springsteen troveranno pane per i loro denti, gli "altri" avranno comunque buona soddisfazione.

Valerio Bruner
Spiriti nella notte. 25 racconti ispirati alle canzoni di Bruce Springsteen
Homo Scrivens
174 pagine
15 euro

martedì, novembre 11, 2025

Francesco Donadio - Rinnegato. Vita e canzonette di Edoardo Bennato

Una biografia dettagliatissima e approfondita, quanto ragionata, della carriera di Edoardo Bennato, uno dei cantautori più originali e creativi della canzone d’autore italiana, spesso trascurato e dimenticato.
Il testo ci lascia capire che le sue posizioni mai allineate e spesso scomode gli hanno inimicato parecchie “fazioni” politiche e non.

In effetti passare dal circuito del PCI e Lotta Continua negli anni Settanta all’appoggio convinto a Beppe Grillo e al suo nascente Movimento, per poi sbeffeggiarlo in “Al diavolo il Grillo Parlante” e alla partecipazione alle feste per Alleanza Nazionale, non aiuta.
Ma è sempre stato lo stile di Bennato, seguire una sua strada, incurante del resto. La carriera è ricchissima di successi e capolavori ma anche di rovinose cadute in album poco significativi, di un San Siro con 80.000 persone a esibizioni in feste di paese.

Il libro manca (anche volutamente) delle parole del protagonista ma si avvale delle testimonianze dei suoi più stretti collaboratori (a partire dai fratelli Eugenio e il compianto Giorgio).
Un lavoro certosino e completo.
Edoardo Bennato fu tra i primissimi a portare in Italia il linguaggio blues e rock ‘n’roll.

Francesco Donadio
Rinnegato. Vita e canzonette di Edoardo Bennato
Il Castello
376 pagine
22 euro

lunedì, novembre 10, 2025

Diane Kowa & Piaggio Soul Combination - Allnighter Material (recensione e intervista)

Torna ad incidere la miglior soul band italiana ma che può vantare di avere pochi rivali al mondo, soprattutto dopo l’aggiunta vocale della stupenda Diane Kowa.
Il nuovo album rispetta tutte le aspettative, dopo una serie di lavori sempre a livelli di eccellenza, snocciolando brani autografi di gran classe, fedeli al soul sound più classico, con incursioni nel Northern Soul, rhythm and blues, funk, gospel e blues.
Il tutto suonato e interpretato nel migliore dei modi e con classe cristallina.
Consigliatissimo e ai vertici tra i migliori dischi italiani dell’anno.

Lo trovate qui:
https://www.areapirata.com/prodotto/diane-kowa-the-piaggio-soul-combination-allnighter-material

Intervista a Marco Piaggesi (voce e tastiere)

1) Domanda da un milione di dollari.
Cosa significa suonare soul music in Italia?
Un genere paradossalmente sempre ascoltato e suonato spesso dagli anni Sessanta in poi (da Rocky Roberts e Lucio battisti fino a Zucchero), raggiungendo la testa delle classifiche ma rimasto bene o male nella nicchia degli appassionati.

Il soul in Italia è tuttora identificato da un pubblico dai millennials in su, come musica da ballo, divertente.
Quindi questa musica trova posto nella programmazione di locali, festival e iniziartive varie. Come downside c'è il fatto che il soul prevede band numerose e quindi trovare degli spazi non è semplice.

2) E’ difficile riprodurre il glorioso soul sound in studio e dal vivo?
Riprodurre il suono di tipo Stax/Atlantic non è difficile, perchè è un suono piuttosto semplice e asciutto.
E' un vero problema, invece, cercare di repllicare il suono della Motown.
Ma più che il suono, il vero problema è replicare il groove, il potere da ballo che quei pezzi hanno. Ci si prova!

3) Come avete trovato la splendida voce di Diane Kowa?
Diane ci è stata presentata da Max, il padrone del Nidaba di Milano, che l'aveva sentita cantare insieme ad un gruppo locale. Gli dobbiamo molto, perchè lei è fantastica.

4) Parlaci un di “Allnighter material”, come sempre un disco potente, intenso, genuino. L'idea era quella di riuscire a fare dei pezzi che potessero essere messi in un soul allnighter mantenendo la pista piena. Infatti, i primi tre pezzi di ogni lato (che sono quelli che suonano meglio), sono quelli con potenziale da ballo. Il pezzo secondo noi, più efficente a questo scopo, lo abbiamo messo nel 45!

5) Siete in giro da un po’, avete avuto buoni riscontri all’estero, con un sound universale come il vostro?
Sì, molte persone all'estero ci apprezzano. Tra i riscontri ricevuti, ci sono filmati del nostro ultimo singolo messo in locali che per chi si intende di Northern Soul, ripagano veramente di ogni sforzo. Noi però non abbiamo ancora fatto tournee fuori dai confoiini nazionali e spero che questo sia il disco buono.

6) Cosa avete in programma per la promozione del nuovo disco?
Date, date, date, date. Suoneremo il più possibile, oltre alle presentazioni del disco. Il singolo sta andando molto bene e questo è incoraggiante.

venerdì, novembre 07, 2025

Wings - Boxset

Contestualmente alla pubblicazione del libro di Paul McCartney, "Wings. Una band in fuga" (per La nave di Teseo), Sir Paul sovraintende l'uscita di una compilation "definitiva" dei WINGS, con 32 brani tratti dai sette album della band e da sei singoli.

Un progetto interessante, durato dal 1971 al 1979, inteso come un gruppo "democratico" ma sostanzialmente (ovviamente) dominato dalla figura di Paul (con l'appogio della moglie Linda).
Non a caso la line up ha avuto varie turbolenze e defezioni (la più clamorosa alla viglia della partenza per la Nigeria per incidere il capolavoro "Band On The Run", quando batterista e chitarrista decisero di restare in Inghilterra, mollando il gruppo all'ultimo momento).

Abitualmente, con poche concessioni, la critica è stata molto severa (spesso ingenerosa) nei confronti di questa esperienza che ha fluttuato tra alti e bassi qualitativi, tra la voglia di sperimentare e l'attaccamento alle classifiche che ha prodotto dischi ibridi, canzoncine mielose e inconsistenti e veri e propri gioielli.

Dopo la mediocre partenza con "Wild Life", nel 1971, il livello è salito con il successivo "Red Rose Speedway" (maggio 1973) e la vetta inarrivabile di "Band On The Run" (dicembre 1973), per chi scrive il miglior album del post Beatles in assoluto.
Riuscito anche "Venus And Mars" (1975) per poi scendere di qualità "con "Wings At The Speed Of Sound" (1976) e "London Town" (1978), piuttosto deboli e chiudere con il confuso "Back To The Egg" (1979) che sancisce la fine della band.
Non dimenticando il triplo live del 1976 "Wings Over America" con 28 brani eseguiti al massimo dell'espressività con cinque concessioni Beatlesiane, ancora rare ai tempi.

L'album più considerato nel box è ovviamente "Band On The Run" con sei brani sui dieci inclusi nella versione originale mentre il resto è trattato con ponderate e centellinate scelte oltre ad alcuni singoli spettacolari e di gran successo.

Evitando le edizioni super costose, un buon modo per portarsi a casa un pezzo di storia del rock, comunque importante.

giovedì, novembre 06, 2025

Not Moving al Capannori Underground Festival 2025

Domenica 9 novembre al Capannori Underground Festival 2025 la prima presentazione assoluta di “That’s All Folks!” dei Not Moving.

Durante la serata il direttore artistico del Festival Gianmarco Caselli insieme ai Not Moving ripercorrerà le tappe più significative di quella che è una band storica nella cultura alternativa e la quale, per questo motivo, riceverà il Premio Capannori Underground Festival per la diffusione della cultura underground.
Suoneremo poi un live set con un po' di brani dall'album e non solo.

Alle ore 17.15 al polo culturale Artemisia di Tassignano (Lucca) L'ingresso è gratuito su prenotazione fino ad esaurimento posti scrivendo una mail a
associazionevaga@gmail.com

https://www.facebook.com/events/686385320820087

mercoledì, novembre 05, 2025

Gabriel Seroussi - La periferia vi guarda con odio. Come nasce la fobia dei maranza

"Le istituzioni e la politica hanno cominciato a demonizzare la figura del maranza con tutti i mezzi a disposizione, trasformandola in un capro espiatorio utile a confortare una società vecchia e impoverita".

Si riassume in queste righe la tesi dell'autore, che analizza, attraverso una serie di incontri e interviste, non tanto la figura spettacolarizzata e demonizzata del "maranza" ma il contesto sociale e culturale in cui emergono criticità che portano alle situazioni più estreme (sparate puntualmente in prima pagina.
Inserendo uno degli aspetti conseguenti, la modalità comunicativa più immediata ovvero l'ascolto e la proposta di certe tematiche attraverso rap e trap.

"Nello stereotipo del maranza c'è la sintesi di tutto ciò che è destabilizzante per una società depressa a livello economico e demograficamente anziana, sobillata da decenni di retorica razzista e xenofoba.
La fobia del maranza è una reazione di rigetto di fronte a cambiamenti demografici e culturali che sono già pienamente in atto in Italia."

Il libro riesce a dare voce, in modo chiaro e diretto, a una realtà già da tempo stabile, attiva e partecipe alla quotidianità italiana, per quanto sia ancora vista come un corpo estraneo, una nicchia, un ghetto a parte.

"Un altro tratto culturale del nostro paese è il diffuso sentimento d'odio verso i giovani. Considerati da molti pigri e ignoranti, sbeffeggiati perché non hanno fatto il Sessantotto o usato un telefono a gettoni, i giovani in Italia sono una categoria su cui si riversa facilmente la frustrazione di giornalisti anziani e incapaci di leggere la contemporaneità."

In questo contesto si inserisce l'importanza della musica (t)rap, veicolo comunicativo, spesso inintelleggibile dai meno giovani e al di fuori dal contesto di riferimento, anche se "il valore culturale e politico dei rapper si misura dunque in ciò che questi rappresentano, prima ancora che in quello che comunicano.
Il rap, soprattutto negli ultimi anni, è stato additato come piaga sociale, proprio perché in grado di raccontare condizioni di estrema marginalizzazione sociale, in particolare quelle persone con un background migratorio".


Un testo importante, approfondito e profondo, da leggere per chi è interessato a ciò che cambia o è già cambiato.

"Questi ragazzi, spesso, non parlano con gli adulti. Non si fidano. L'unico modo per costruire un dialogo è imparare ad ascoltarli davvero, con rispetto."

Gabriel Seroussi
La periferia vi guarda con odio. Come nasce la fobia dei maranza
Agenzia X
216 pagine
17 euro

martedì, novembre 04, 2025

The Who - Who Are You

Uno degli album che amo di più degli WHO, probabilmente perché il primo acquistato alla sua uscita.

Disco spesso aspramente criticato perché ritenuto scarsamente ispirato e troppo vicino ai suoni più "commerciali" dell'epoca.
In realtà rivelatosi, alla prova del tempo, un lavoro più che ottimo, nonostante non possa reggere il confronto con una lunga serie di capolavori con cui Townshend e compagni avevano lastricato la storia del rock in una dozzina di anni.
E' anche il, tristemente, ultimo disco in cui compare Keith Moon, morto pochi giorni dopo la pubblicazione.
La title track è diventata un classico, canzoni come "Sister Disco", "New Song", la potentissima "Trick of the Light" di John Entwistle, la complessità compositiva del rock barocco "Guitar and Pen", il jazz blues di "Music Must Change" conservano la freschezza e la giusta carica dopo quasi 50 anni dall'uscita.

La ristampa è molto interessante con il mixaggio inedito di Glyn Johns che fu scartato e che restituisce particolari rimasti nascosti e che conferisce alle canzoni maggior brillantezza e carica.
Ci sono anche parecchi demo (di John in particolare) non sempre interessanti o di particolare valore ma comunque degni di un ascolto.
In aggiunta le prove per le riprese del live al Shepperton Studios (che finirà nel film "Kids Are Alright") e la registrazioine dell'intero concerto.
La band è ancora in splendida forma, Keith Moon incluso, smentendo la storia che lo voleva ormai in estrema difficoltà a suonare.

Due live (e alcune prove) della band, successivi alla scomparsa di Moon, evidenziano quanto il drumming del neo entrato Kenney Jones fosse pulito, efficace e preciso.
Riascoltando le registrazioni è stupefacente il lavoro al basso di John, incredibilmente vario, creativo, tecnicamente spaventoso, uno strumento a parte che svolge un ruolo quasi orchestrale.
E anche la precisione con cui Keith Moon segue l'originalissima ritmica di "Sister Disco" (in cui John è stratosferico).
Roger Daltrey è ancora al massimo della potenza vocale, Pete Townshend svolge un lavoro certosino nelle orchestrazioni, con le parti elettroniche, di synth e si segnala eccellente chitarrista, mai così jazzy.
Curatissime le parti vocali, tra cori, seconde voci e particolari che è splendido riscoprire.

Un'occasione imperdibile per rivalutare un album il più delle volte poco considerato.

lunedì, novembre 03, 2025

La storia dell'Acid Jazz

In un periodo piuttosto complesso, l'aggiornamento quotidiano ( e compulsivo) del blog, ha subito qualche battuta d'arresto.
Ne approfitto pe riproprre vecchi articoli che reputo comunque interessanti.
Questo fu pubblicato due anni fa nelle pagine de "Il Manifesto"


Il musicologo e giornalista Charlie Gillett scrive, nel 1970, un'interessante considerazione sul legame tra la black music e la Gran Bretagna:
“C'é sempre stata una sorta di tradizione in Inghilterra fino dagli anni Venti, costantemente mantenuta da una minoranza di appassionati, nell'interesse per le forme meno conosciute della Black Music (“Negro Popular Music”). Con il succedersi delle varie mode musicali in Usa che rendevano gli stili progressivamente obsoleti, un gruppo di entusiasti in Europa si dedicarono a perpetuare quella musica collezionando dischi, importandoli e se possibile facendo suonare i protagonisti o riproponendo la loro musica con i loro gruppi”.

E’ un filo conduttore costantemente teso che ha portato l’Inghilterra a essere un costante laboratorio espressivo ed evolutivo per la “musica nera”.
Ballata nelle serate mod nei primi anni Sessanta e poi in quelle Northern Soul un decennio dopo, diventata colonna portante di buona parte della scena post wave dei primi anni Ottanta (da Jam e Style Council a Dexy’s Midnight Runners, Redskins ma anche in nomi ben più commerciali e abituali frequentatori delle parti alte delle classifiche, dai Simply Red ai Wham!, Spandau Ballett, ai synth pop-pers dei Soft Cell - vedi la celebre cover di “Tainted love” di Gloria Jones, agli Eurythmics che duettarono nientemeno che con la Regina del soul Aretha Franklin in “Sisters are doing for themselves” nel 1985).

Un sound diventato progressivamente “classico” e costantemente rielaborato dalle nuove generazioni.

Con il suggestivo nome di Acid Jazz (spesso l’importanza di un marchio - e in questo caso anche di un logo - è una chiave essenziale) alla fine degli anni Ottanta si creò una scena interessantissima che diede un enorme impulso al rinnovamento del contesto “black”.

Nel 1987 il DJ Gilles Peterson, già attivo con innovative trasmissioni radiofoniche e Eddie Piller, uno degli artefici della nuova ondata mod alla fine degli anni Settanta, mettono insieme competenze, esperienza e passione per dare voce a quei nuovi suoni che stavano spontaneamente emergendo dai club londinesi e che tornavano a mettere il jazz al centro dell’attenzione, dopo anni di punk, new wave e synth pop.
Ma non si trattava di sterili riproposizioni ma di un nuovo calderone di contaminazioni che attingeva anche dal soul, dall’elettronica, funk, musica latina, psichedelia, dance, guardava alle esperienze spoken word di Gil Scott Heron e Last Poets, non disdegnava elementi fusion, rap e hip hop.

I preveggenti Style Council di Paul Weller avevano, un po’ confusamente, indicato, poco prima, la strada, la neo nata Acid Jazz Records prendeva il timone e lo indirizzava verso nuovi lidi.
Gli inizi sono incerti e colgono di sorpresa il pubblico e gli stessi fondatori, tra i quali il sodalizio dura poco.
Qualche tempo dopo Gilles Peterson se ne va per formare l’altrettanto valida, sempre indirizzata sugli stessi binari, Talkin Loud Records.

Intanto la scena incomincia a esplodere, soprattutto grazie alle serate nel mitico Dingwall’s di Londra, un tempo patria del pub rock e che aveva dato ospitalità anche a molte punk band del primo periodo, tra infiammati dj set e concerti live.
Eddie Piller porta con sé in dote un nome di prestigio della sua precedente esperienza discografica con la Re-Elect The President, il James Taylor Quartet (filiazione dei fantastici mod heroes The Prisoners, da poco sciolti) tra i primi a riprendere quel cool jazz strumentale da colonna sonora anni Sessanta, tra Jimmy Smith e Booker T and the Mg’s.
Dagli inizi rudi e spontanei passeranno a sonorità e arrangiamenti sempre più raffinati, cogliendo il grande successo nel 1988,con la ripresa del tema della serie televisiva “Starsky and Hutch” con Fred Wesley e Pee Wee Ellis, sezione fiati di James Brown.
La band diventerà sempre più assidua frequentatrice dei dancefloor più sofisticati, si sposterà tra dance e ritorni a suoni più classici (anche nelle vesti semi occulte di New Jersey Kings), il leader James Taylor collaborerà con una lunga serie di grandi nomi, da Tom Jones agli U2, diventando una sorta di marchio di fabbrica, ricercato e stimato.

Piller porta con sé anche i Jazz Renegades dell’ex batterista degli Style Council, Steve White, più tradizionali e scontati.
A testimonianza del suo buon fiuto mette sotto contratto un promettente e sconosciuto gruppo, i Jamiroquai.
Che dopo un singolo per l’etichetta si accaseranno con un contratto multi milionario con una major e troveranno il successo mondiale.

“La Acid Jazz Records nacque dall’esplosione acid dei tardi anni ’80. Adoravamo il sound e l’atmosfera ma presto ci annoiammo della musica acid house.
Per scherzo, abbiamo dato vita alla nostra etichetta con pubblicazioni jazz, funk e soul ma con la trovata di aggiungere la parola “estranea” acid. L’etichetta fu subito un successo e sembrò catturare perfettamente l’essenza dei tempi.
La musica che pubblicavamo sembrava perfettamente adatta per il dancefloor e in seguito all’enorme successo dei Jamiroquai aprimmo il nostro club, il Blue Note, che ebbe grande successo e fu il primo di una nuova generazione di locali della zona di Hoxton a Londra”.
(Eddie Piller, intervista a Billboard).

Non lontani dal sound del James Taylor Quartet, anche se più frenetici, pulsanti, veloci e con il frequente uso della voce si mossero, dai primi anni 90, i Corduroy.
Tre album per la Acid Jazz, strumentalmente eccellenti, immagine smaccatamente Sixties, belle canzoni, retaggio Swinging London e un discreto successo commerciale.
Scioltisi alla fine degli anni Novanta sono tornati sulla scena recentemente con un nuovo, discreto, album pur se ornai fuori tempo massimo.

I Galliano furono tra le prime scelte della Acid Jazz Records, per la quale incisero, nel 1987, il singolo “Frederic Life Still”, stampato originariamente in cinquecento copie, andate esaurite in una settimana e arrivate velocemente alle diecimila, essenziale benzina per fare partire il motore dell’etichetta.
Vennero però subito portati dal dimissionario Gilles Peterson alla sua nuova creatura discografica Talkin Loud con la quale realizzarono i quattro album della breve carriera, finita allo scadere degli anni Novanta, tutti di discreto successo e che mischiavano funk, jazz e rap (erano definiti “la risposta di Finchley – quartiere di Londra - ai Last Poets”) in modo disinvolto e molto personale.

I Brand New Heavies vengono scoperti da Eddie Piller e lanciati con due eccellenti album tra il 1990 e 1992.
Il sound pesca nella tradizione soul funk ma con un approccio modernissimo, fresco, ritmato, a cui si aggiungono sonorità jazz e un groove di rara efficacia. Particolarità che li contraddistinguerà nel corso della carriera (tuttora la band è in attività) è la frequenza di collaborazioni esterne e cambi di cantanti e formazione, mantenendo però sempre il medesimo a
pproccio sonoro.
La band ha all’attivo una dozzina di album, alcuni dei quali arrivati a lusinghieri risultati di vendite nelle classifiche inglesi, nonostante, in questo senso, gli ultimi anni abbiano riservato loro scarse soddisfazioni.

Ebbero vita breve gli Young Disciples, guidati dalla splendida voce della cantante americana Carleen Anderson. Sfortunatamente, perché l’unico album realizzato, “Road to freedom” nel 1991 per la Talkin Loud, si configura come un perfetto manifesto di quella scena britannica che stava crescendo mischiando suoni, generi, ritmi diversi, collaborando e interagendo.
Soul, funk, hip hop, blues, gospel, rivisitati in chiave moderna con l’apporto di eccellenze del giro neo soul inglese.
Registrato negli studi di Paul Weller, i Solid Bond, tra i musicisti troviamo, oltre allo stesso Modfather in incognito, anche gli altri ex Style Council Mick Talbot e Steve White, Pee Wee Ellis, ex saxofonista di James Brown e i colleghi Fred Wesley e Maceo Perker, anche loro alla corte del Re del Funk e dei Parliament.
Un gioiello che influenzerà generazioni di nuovi artisti.
La Anderson (figlia di Vicky Anderson, corista di James Brown, che sposerà successivamente Bobby Bird, membro dei Blue Flames) se ne andrà dal gruppo sancendone la fine ma iniziando una proficua carriera solista più vicina a sonorità soul tradizionali, riprendendo in maniera magistrale brani come “Don’t look back in anger” degli Oasis o “Maybe I’m amazed” di Paul McCartney, collaborando con Paul Weller e, a lungo, con gli Incognito.

A proposito: gli Incognito sono da sempre uno dei gruppi di punta ascrivibili al concetto acid jazz.
Guidati da Jean Paul “Bluey” Maunick, unico componente rimasto fisso nella formazione dagli esordi ad oggi, hanno rappresentato al meglio il concetto di collettivo artistico che si arricchisce, aggiunge, cambia, progressivamente nel tempo, intorno a un’idea sonora
. Nel corso della lunga carriera si contano centinaia di membri della band (una sessantina solo i cantanti!).
Il loro esordio è addirittura nel 1981 con l’album dal programmatico titolo di “Jazz Funk” a cui seguono dieci anni di silenzio fino a quando non vengo o reclutati dalla Talkin Loud e incominciano il lungo percorso con il loro funk jazz tinto da groove anche disco e soul, una tecnica strumentale mostruosa, libere incursioni in altri generi e influenze. Più di una ventina di album, numerosi remix, collaborazioni a iosa, tour incessanti e qualche corroborante e occasionale apparizione nelle charts inglesi (nel 1991 “Always there” si arrampicò fino al sesto posto). Una corrente interna all’Acid Jazz si sviluppò parallelamente, mantenendo forti legami con il funk più ruspante mischiato a un sound che abbracciava Hammond grooves, beat, soul, Traffic, Small Faces, Booker T and the Mg’s e nuove influenze.

Ne furono tra principali rappresentanti i Mother Earth di Matt Deighton (che finì poi nella band di Paul Weller e sostituì Noel Gallagher negli Oasis in un tour del 2000, dopo uno dei tanti litigi con Liam).
Incisero tre ottimi album per la Acid Jazz Records a metà degli anni novanta, con l’aiuto di James Taylor, Paul Weller, Simon Bartholomew dei Brand New Heavies.
Deighton ha proseguito con una discreta carriera solista improntata a sonorità più folk rock.

Sulle stesse coordinate dei Morther Earth si mossero, nello stesso periodo, i Freak Power, guidati da Norman Cook (da poco uscito dagli Housemartins e in procinto di diventare una star con lo pseudonimo di Fat Boy Slim).
Due album e un singolo “Tune in, tune out, cope in” che, dopo un discreto successo, nel 1993, viene utilizzato in una pubblicità della Levi’s due anni dopo e sbanca le classifiche inglesi e non solo, vendendo 200.000 copie.

Anche una vecchia conoscenza come Graham Day dei Prisoners intraprende un cammino simile, con i Planet. “Splitting the humidity” è del 1995 ed è un bellissimo lavoro, come gran parte della produzione del chitarrista ma, come sua consuetudine, è un flop commerciale.
Dice Day:
“Mi è piaciuto fare qualcosa di totalmente diverso e trovavo esilarante guardare i volti dei fans mod dei Prisoners che semplicemente non sapeva no cosa pensare. Ho deliberatamente cercato di non scrivere canzoni con melodie come avevo sempre fatto prima e mi sono attenuto a riff di chitarra e ritmi funky. Stavo scrivendo un secondo album, ero tornato a uno stile più tradizionale e stavo parlando con due dei Mother Earth (che avevano appena perso il loro cantante Matt) riguardo alla possibilità di fare qualcosa insieme. avevo suonato un paio di canzoni in studio con loro quindi aveva senso. Sfortunatamente Eddie Piller ha detto che non voleva un secondo album (e non posso biasimarlo, non credo che il primo album abbia venduto molte copie) quindi non è successo niente e per i Planet è arrivata la fine”.

Tra le modalità espressive e compositive del giro acid jazz c’è il campionamento di grooves e ritmiche jazz e funk da sviluppare in nuove modalità.

E’ quello che diede il successo agli US3.
“Cantaloupe (flip fantasia)” campionava il classico “Cantaloupe Island” di Herbie Hancock, trasformandolo in un brano hip hop jazz. Il risultato fu un milione di copie vendute in Usa dell’album d’esordio del 1993 “Hand on the torch”.
Tutto il disco gioca su campionamenti di classici o brani minori di soul jazz, da Grant Green a Theolonious Monk, Art Blakey, Horace Silver. Il tutto con un gusto modernissimo e freschissimo.
La band prosegue con alterne vicende per una decina d’anni per poi tornare nell’oblìo. Rimane l’efficace slogan che li caratterizzava: “If jazz is the first way, and hip hop is the second way, then Us3 is the third way!”.

Non dissimile la strada intrapresa dagli UFO (United Future Organization), con un orientamento più lounge che facevano il paio (anche per le stesse origini di nascita) con i Pizzicato Five che, pur lontani dal concetto originale dell’ambito, sono tangenti a quelle atmosfere, più che altro per i riferimenti smaccatamente Sixties.

Anche l’Italia ha avuto una forte fascinazione per il genere (anche in virtù dei frequenti riferimenti alla tradizione lounge cinematografica di mostri sacri del genere come Ennio Morricone e Piero Piccioni, su tutti).
Da Nicola Conte a Francesco Gazzara, Link Quartet ai Jestofunk, furono numerose le band che calcarono quei ritmi e quei riferimenti grazie anche a etichette italiane come Irma e Schema che ne furono sapiente tramite per il pubblico nostrano e internazionale.
Un cenno anche alle numerose compilation che sono uscite nel corso del tempo ma in particolare a quelle che prepararono il terreno fertile all’esplosione della scena, riprendendo quanto veniva ballato e apprezzato nei dancefloor londinesi del tempo.

In particolare i DJ’s Baz Fe Jazz e Gilles Peterson nella serie “Acid Jazz”, raccolgono brani più o meno rari di Eddie Jefferson, Funk Inc, Jack McDuff, Charles Earland, Idris Muhammd o nella serie “Jazz Juice” per la sotto label della Ace Records , la Street Sounds, dove si passa (in otto volumi) da Miles Davis a Sergio Mendes dai Mar Keys a John Coltrane.
C’è anche la serie “Jazz Dance” (dal titolo esplicativo) con Lee Morgan, Roland Kirk, Art Blakey, Mel Tormè, Herbie Mann , Illinois Jacquet o il Ramsey Lewis Trio e quella intitolata “Soul Jazz” , sempre per la Ace, con Jimmy Smith, Hugh Masekela, Dizzie Gillespie. Parallelamente fioriscono anche quelle riservate alla miscela di jazz e sound latini, o più semplicemente “latin jazz” , con nomi come Mongo Santamaria, Ray Barretto, Tito Puente, Joe Bataan.

La Acid Jazz pubblicherà una lunga serie di significative compilation dal titolo “Totally Wired” colme di piccole gemme che documentavano le nuove uscite degli anni Novanta nell’ambito, tutt’ora preziose fotografie di un’epoca pulsante e innovativa, che guardava all’attualità e al futuro con le radici saldamente ancorate a un glorioso passato.

Che ci ha consegnato un sound e dischi che ancora oggi suonano attuali e stimolanti, senza avere perso quell’urgenza innovativa che trasmettevano e che sono il seme che ha fatto crescere così bene il giro inglese del New British Jazz, da Shabaka Hutchings agli Ezra Collective che ne sono una chiara prosecuzione artistica e di intenti.
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