mercoledì, agosto 04, 2021

Raffaella Carrà



Un ricordo di RAFFAELLA CARRA', scritto per "Libertà" all'indomani della sua scomparsa.

Difficile accostare il nome di Raffaella Carrà a una rubrica che si chiama “Musica Ribelle”.
Eppure la ribellione non è esclusiva pertinenza di chi agita bastoni e forconi, urla slogan o presume di percorrere strade alternative quando invece sono state ben tracciate e previste, proprio ad appannaggio di chi crede di essere controcorrente.
Le rivoluzioni sono spesso silenti, discrete, cambiano le cose, partendo dal basso o dall'interno.

La Raffa nazionale è stata l'epitome del cosiddetto “nazionalpopolare”, con trasmissioni dedicate a un pubblico il più possibile generalista ma durante la lunghissima carriera ha introdotto i germi del cambiamento, a volte precedendolo, altre affiancandolo e sapendolo portare alla massa in modo poco eclatante ma ancora più efficace. Impensabile, ad esempio, ai nostri giorni considerare un ombelico (femminile, ovviamente) un elemento di audacia, quando ogni forma di pornografia è accessibile da chiunque e in qualunque età (alla faccia di un'educazione sessuale consapevole e armonica) da un qualsiasi computer.
Ma nel 1971 il sensuale ballo, unito all'ammiccante brano “Tuca Tuca”, messo in scena a “Canzonissima” che la showgirl conduceva, fu fonte di scandalo e grida all'osceno nella retriva mentalità italiana dell'epoca.
Come sempre di pura facciata, per meri motivi politici e “religiosi”, Democrazia Cristiana e Vaticano insorsero contro l'esibizione.
Che venne accettata solo quando intervenne il “monumento nazionale” Alberto Sordi ad affiancarla in un'esibizione divertentissima e storica.
Il brano era stato scritto da Gianni Boncompagni e il ballo ideato da Don Lurio.
Raffaella però si presentò con un vestito attilatissimo e con l'ombelico in bella vista. E lo scandalo esplose.

La Carrà ricordò così l'episodio: “Il Tuca tuca' ha una storia incredibile. Lo ballai con Enzo Paolo Turci e fu considerato troppo trasgressivo, così lo cancellarono dalla televisione. Ci fu anche un articolo dell'Osservatore Romano e così tolsero il brano anche dalla classifica. Dopo un po' di tempo, una sera invitai a cena Alberto Sordi e gli feci riascoltare il 'Tuca tuca': fu lui a volerlo riportare in tv. E a lui non potevano dire di no".

Un piccolo passo pubblico che faceva da megafono a quello che accadeva già nelle strade, tra le ragazze e le donne, che si liberavano faticosamente da anni di mentalità opprimente e retrograda, dando il viatico alle imminenti conquiste, divorzio e aborto, in particolare. Senza mai schierarsi con slogan o dichiarazioni sopra le righe ha veicolato messaggi femministi chiari e precisi.
Ad esempio in relazione alla tanto desiderata maternità a cui non ha potuto sopperire con l'adozione (pur facendone numerose a distanza):
“Non essendo sposata, come donna single in Italia, adottare un bambino è impresa impossibile. Io sono figlia di genitori separati e mia mamma ha ricoperto nei miei confronti anxche il ruolo di padre. Se c'é l'amore non dovrebbero esserci ostacoli nel crearsi una famiglia”.

Le sue non erano mai provocazioni volgari, esagerate, plateali ma un semplice e naturale modo di porsi, mostrando che una modalità nuova era possibile, che non c'era nulla di male a osare, a essere sé stesse.
I vestiti sempre più attillati o corti erano finalizzati a una migliore mobilità per i balli, spesso complessi e tecnicamente difficili.
Il caschetto biondo, suo inconfondibile marchio di fabbrica, era un'ulteriore aggiunta a un'estetica sensuale, accattivante ma mai aggressiva. I testi, proposti su musiche facili, coinvolgenti, artisticamente trascurabili, hanno spesso aggiunto un ulteriore elemento distintivo.

Con ritornelli contagiosi invitava le donne a prendere l'inziativa e a lasciare perdere troppi romanticismi: “Se lui ti porta su un letto vuoto / Il vuoto daglielo indietro a lui / Fagli vedere che non è un gioco /Fagli capire quello che vuoi / A far l'amore comincia tu”.
In “Tanti auguri”, uscita nel 1978, é adamantina nel suo concetto di amore e di autoconsapevolezza sessuale: “Com'è bello far l'amore da Trieste in giù / L'importante è farlo sempre con chi hai voglia tu / E se ti lascia lo sai che si fa? / Trovi un altro più bello /Che problemi non ha”. Raffaella Carrà è una che rifiutò cortesemente le avance di un signore di nome Frank Sinatra, durante le riprese del film “Il colonnello Von Ryan”, che interpretò nel 1965. Non dimentichiamo il rispetto incondizionato che le ha sempre riservato la comunità LGBT, di cui era, da tempo, diventata un'icona di riferimento.

Con la sua innata allegria aveva commentato: “Sulla tomba lascerò scritto: perché sono piaciuta tanto ai gay? La verità è che morirò senza saperlo.” Forse perché già nel 1978 aveva affrontato la questione, in modo molto scanzonato e ironico, nel brano “Luca”: “Eri un ragazzo dai capelli d'oro / E ti volevo un bene da morire / Io ti pensavo tutto il giorno intero / Senza tradirti neppure col pensiero / Ma un pomeriggio dalla mia finestra / Ti vidi insieme ad un ragazzo biondo / Chissà chi era, forse un vagabondo / E da quel giorno non ti ho visto proprio più.” Più probabilmente è stato il suo aspetto decisamente “camp”, spesso imitato dalle drag queen e nei Gay Pride. Già nel 1979 Raffaella si espose senza problemi in merito: “Vorrei che la gente smettesse di guardare male i gay. Hanno diritto al rispetto e anche a un po’ di compassione, visti i problemi umani e sociali che devono affrontare.”

Più recentemente ha approfondito di nuovo il tema, circostanziando meglio: “Ho iniziato a informarmi, anche perché molte persone dei cast dove ho lavorato erano gay. Mi sono sempre chiesta com’è possibile che esista questo gap tra genitori, figli, amici e società di fronte a delle creature? Sono diventata icona gay mio malgrado, non ho fatto nulla: mi chiedono di essere presente a diverse sfilate e così qualche anno fa sono andata al Gay Pride di Madrid (dove ha anche ricevuto un premio) e li ho beccati tutti. Il miglior premio per me è che la gente mi voglia bene.”

E proprio in quell'occasione ha lasciato un messaggio inequivocabile: “Vivete questa settimana in allegria, ma le lotte non sono finite. C’è ancora ‘mucho camino’ da compiere per abbattere i pregiudizi… Ci riusciremo. La mia frase preferita recita: ‘Puoi togliere tutti i fiori, ma non puoi togliere la primavera’“.

A livello discografico ha pubblicato l'enorme numero di 198 album e 272 singoli, sparsi in tutto il mondo, conquistando le classifiche ovunque, in particolare nei paesi latini. Ma anche nell'impossibile Inghilterra dove nel 1975 piazza “Do it do it again” (traduzione in inglese di “A far l'amore comincia tu”) al nono posto e ci resta per dodici settimane consecutive, impresa rarissima per un artista italiano.
In questa incredibile discografia anche gli amanti del rock (inteso nel suo senso più ampio) possono trovare cose gradevoli.

Il brano più interessante è senz'altro “Rumore”, uscito nel 1974, un potentissimo brano disco/rock, arrangiato da Shel Shapiro, ex membro dei Rokes e pubblicato, in lingua locale, anche in Francia, Spagna e Inghilterra.
Tra i suoi primi 45 giri, nel 1970, c'é il curioso “Reggae rrrr” che in realtà non ha nulla a che fare con la musica giamaicana ma che è invece un notevole brano funk.
Sempre lo stesso anno pubblica il 45 giri “Chissà chi sei”, rifacimento in italiano di un classico minore di rhythm and blues di Don Convay, “Sookie Soookie”, ripreso poco tempo prima dagli hard rocker Steppenwolf , famosi per la celebre “Born to be wild”.
Sempre nel suo primo periodo troviamo anche una “I say a little prayer”, già di Aretha Franklin ma il confronto è ovviamente impari e una versione carina di “Where did your love go” delle Supremes di Diana Ross.
Più riuscita la sua “She's looking good” di Wilson Pickett mentre dall'album “Scatola a sorpresa”. a fianco di “Romagna mia”, spuntano una versione semi jazz funk di “Satisfaction” degli Stones e un medley di classici rock 'n' roll facilmente dimenticabile.

Raffaella se ne è andata.
E' sempre stata un idolo personale e per anni ho coltivato il progetto e la speranza di potere scrivere un libro su di lei attraverso una lunga intervista.
Ma la cosa, ovviamente velleitaria ma sperare non costa nulla, non è mai andata in porto e mai più sarà possibile.

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