giovedì, luglio 22, 2021

Carla Cerati



Carla Cerati incomincia a fotografare professionalmente in età non più giovanissima, agli inizi degli anni Sessanta.

La sua fotografia racconta con immediatezza, spontaneità, occhio lucido, il cambiamento italiano nel Dopoguerra, riprendendo artisti, intellettuali, la Milano che si trasforma, le proteste degli anni Settanta, gli anni di piombo, i manicomi (testimoniato dal libro/documento "Morire di classe" che avrà un ruolo importante per l'approvazione della Legge Basaglia a favore della chiusura dei manicomi e con cui vincerà il Premio Palazzi per il reportage).

Negli anni Settanta c’era grande fibrillazione.
Ci si trovava a vedere certi film d’avanguardia che ora mi appaiono allucinanti.
C’era una sorta di militanza nella cultura.
Poi gli anni Ottanta e il craxismo hanno posto fine a questa militanza.
All’epoca feci un libro fotografico intitolato Mondo cocktail nel quale volevo cogliere proprio il cambiamento del costume, una cosa interessantissima, per me.
La gente si travestiva, si camuffava, era un bello studio sociologico.
Ma non è questo periodo di passaggio che ha rovinato MILANO.
Sono stati certi sindaci che invece di fare cultura hanno guardato ad altro.
L’hanno ridotta a una città bottegaia.


‘Fotografare ha significato la conquista della libertà e anche la possibilità di trovare risposte a domande semplici e fondamentali: chi sono e come vivono gli altri?’.

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