martedì, settembre 01, 2020

Crass



Riprendo una parte dell'articolo scritto e pubblicato domenica su "Libertà", quotidiano di Piacenza.

Come in ogni movimento di carattere ideologico esiste sempre chi alza l'asticella o cerca di estremizzare posizioni già di per sé ritenute invalicabili.
Gli inglesi Crass divennero, a cavallo tra anni 70 e 80, l'elemento portante di un'ondata molto influente di gruppi musicali che rifiutavano la (presunta) commercializzazione del punk, considerato asservito all'industria discografica e alla ricerca del successo, ritenendo i gruppi simbolo e più significativi del genere come un prodotto da vendere, al pari delle idee pur antagoniste espresse dai testi o dimostrate negli atti (vedi i Clash che imposero il prezzo del doppio “London calling” e del triplo “Sandinista!” uguale a quello di un singolo album, rimettendoci di tasca propria).

Proprio i Clash furono il bersaglio preferito dei Crass, soprattutto nel brano manifesto della band, uscito nel 1979, “White punks on hope” in cui spietatamente e senza troppi giri di parole declamavano la loro posizione:
“Dicono che eravamo spazzatura, bene, il nostro nome è Crass non Clash.
Possono esibire tutte le loro credenziali punk perché per loro è il modo per fare soldi.
Ma non cambieranno niente con i loro discorsi alla moda, con le loro spillette del Rock Contro il Razzismo e le loro marce di protesta.
Migliaia di persone in un parco che si oppongono al razzismo sono come una candela nell'oscurità.
Libertà e anarchia è ciò che voglio”.


Posizione che fece breccia in molti giovani oltranzisti che incominciarono a seguire la band, figlia di una comune anarchica dove si dividevano tra musica e arte.
Scegliendo nomi molto suggestivi come Penny Rimbaud, Steve Ignorant, Eve Libertine, Phil Free, Joy De Vivre.
E facendosi notare anche con un logo, diventato storico e iconico, in cui univano vari simbolismi, spesso autoritari, come la svastica, la croce cristiana, la bandiera inglese.
”C'erano influenze sia di destra che di sinistra che usavamo per quello che cercavamo di dire. Questa è la principale ragione per cui adottammo il simbolo anarchico”.

La musica era punk grezzo, aspro, crudo, minimale, senza mai concedere nulla alla melodia o alla produzione artistica, base per veicolare messaggi anarchici, di protesta, pacifisti, antagonisti, contro la proliferazione nucleare, animalisti, pro vegetarianesimo, femministi, contro tutte le guerre.
Anche se, molto pragmaticamente, uno dei loro rappresentanti più di rilievo (pur avendo sempre sostenuto che non ci fossero leader nel gruppo e che tutti avessero uguale spazio), Penny Rimbaud, specifica meglio:
"In tutta onestà non sapevo cosa fosse l'anarchismo fino al primo anno dei Crass.
Avevamo uno striscione con il simbolo della pace per dire alla gente che non eravamo interessati a fare a botte e abbiamo disegnato la A cerchiata come un qualcosa da mettere alle nostre spalle, sia a destra che a sinistra.
Fu allora che incominciarono a chiederci cosa significasse. Realizzai allora che al di fuori della mia personale impostazione libertaria non avevo idea di cosa significasse. Cominciai così a informarmi su quale fosse la vera storia. Non mi interessava molto allora e non mi interessa molto adesso.”


La band, in ottemperanza alla necessità di gestire tutto da sé, creò una propria etichetta, la Crass Records, che diede di fatto il via a una scena alternativa al punk “ufficiale” e che diventerà molto influente, in particolare anche in Italia.
Interessante anche il loro progetto concertistico, ricco di trovate artistiche extra musicali, con televisori accesi che proiettavano immagini di guerra o ingiustizia, aspetti grafici innovativi e di ispirazione dadaista e situazionista, distribuzione di materiale informativo ad ogni concerto.
Inoltre i membri della band furono spesso partecipi a iniziative di protesta e antagoniste, tra cui la famosa “Stop the city” del 29 settembre 1983, in cui migliaia di punk anarchici e simpatizzanti invasero, senza preavviso, la City degli affari londinese, di fatto bloccandola e facendo precipitare lo scambio azionario in quella giornata.
L'iniziativa andò a buon fine grazie anche allo scambio capillare e sotterraneo avvenuto all'interno dell'anarco punk inglese, per lo più impermeabile a infiltrazioni.
Ci furono arresti e denunce ma il tutto si svolse in un clima gioioso e senza violenza. Un successo. Che si ripetè altre volte ma che trovò, in questi casi, le forze dell'ordine preparate a disinnescare la protesta in tempo.

I Crass si sciolsero nel 1984 (data simbolica e Orwelliana), un po' perché la loro “missione” stava perdendo energia, soprattutto perché si aprirono parecchie crepe all'interno della band, tra chi voleva mantenere una direzione totalmente pacifista e chi invece propendeva per azioni dirette e più energiche.
E anche perché i loro concerti erano spesso anche teatro di violenti scontri con le frange di estrema destra del giro skinhead ed erano frequenti risse e scontri.
Erano inoltre perseguiti per un clamoroso atto che mise in scacco i servizi segreti delle più grandi potenze.
Montarono in una telefonata che fecero passare per “rubata” le voci di una finta conversazione tra la Tatcher e Reagan in cui dichiaravano che l'Europa sarebbe stato il campo di battaglia in una guerra nucleare tra Usa e Unione Sovietica. Gli americani attribuirono al KGB la montatura, il governo inglese ne discusse privatamente, prima di scoprire la burla.

La Crass Records produsse, oltre ai dischi della band madre, una lunga serie di lavori di gruppi in linea con le idee della band, in particolare quelle di Flux of Pink Indians, Conflict, Zounds, degli islandesi Kukl (in cui cantava una giovanissima Bjork), soprattutto i Poison Girls, probabilmente il gruppo più interessante del lotto. Guidati da Vi Subversa, agguerrita quarantaquattrenne (età assolutamente anomala per i canoni del punk, prevalentemente costituito da giovani), sfornarono una serie di album in cui alla carica punk aggiungevano suoni decadenti ma anche melodici.

I figli di Vi fondarono una band, i Rubella Ballet, che ha ottenuto parecchio riscontro, sempre nel giro anarco punk.
Molto interessanti le raccolte “Bullshit detector” (titolo mutuato da una canzone degli “odiati” Clash, “Garageland”) in cui confluivano brani delle più oscure punk band inglesi, senza alcuna cura per la qualità di registrazione. Uno spaccato interessante e unico su realtà altrimenti totalmente dimenticate.

Una scena che influenzò direttamente gruppi come Discharge, Disorder, Chumbawamba e che arrivò in Italia dove nomi come Wretched e Raf Punk furono molto vicini a queste istanze. Questi ultimi si resero protagonisti di una contestazione ai Clash, prima del concerto bolognese del 1° giugno del 1980, rimasta storica, soprattutto in un contesto come quello del punk italiano, praticamente neonato, in cui l'opposizione a un riferimento così intoccabile come la band di Joe Strummer era inconcepibile.


3 commenti:

  1. Fondamentali!

    Big A, little A, bouncing B
    The system might have got you but it won't get me

    1 - 2 - 3 - 4 !

    C

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  2. https://www.youtube.com/watch?v=qvnLDuakY00

    all together!

    C

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  3. Quando Penny Rimbaud (mod) incontrò John Lennon: https://www.youtube.com/watch?v=HS-mzQl2Ra0&fbclid=IwAR0R_ktgOjmVGdLG6Whet2yRdG3p4wE-Yl-F6vUzG8NFjtL90FPRyaDCBLk

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