giovedì, maggio 03, 2018

Lazio - Ipswich Town 4-2



ALBERTO GALLETTI ci porta di nuovo nel magico mondo delle PARTITACCE.

Continua la ‘storia d’amore’ tra la Lazio e le squadre inglesi agli inizi degli anni 70.
A distanza di sei mesi dalla gazzarra nell’ Anglo-Italiano contro il Manchester United,lo Stadio Olimpico, versione biancazzurra, si conferma ancora una volta teatro di una battaglia tra laziali e inglesi.
Forse sarà stato il sentimento di rivalsa generato da quella partita,forse le note antipatie di Chinaglia verso gli inglesi, forse la tensione dovuta all’andamento di questo turno di Coppa UEFA, con la Lazio alla ricerca di una rimonta quasi impossibile al calcio d’inizio, ma fortemente voluta e, ad un certo punto, a portata di mano e vanificata dall’incredibile direzione di gara dell’olandese Van derKroft.
Più probabilmente la somma di tutto.
Fatto sta che quando il direttore di gara accorda un rigore agli inglesi, al 67’, la partita, che fino a li era stata un’appassionante contesa, è degenerata in una battaglia con colpi proibiti perpetrati dagli italiani che non hanno risparmiato né avversari né arbitro ed è poi proseguita in un clima insostenibile e ha visto la Lazio superare l’Ipswich per 4-2.

Ma andiamo con ordine.
Già al primo turno c’erano state avvisaglie dell’ambiente tempestoso all’interno dello spogliatoio biancoceleste.
La sconfitta (1-3) nel ritorno di Sion aveva scatenato il malcontento di Giorgione che, al rientro negli spogliatoi, aveva apostrofato duramente Martini, capo di uno dei due clan in cui lo spogliatoio era diviso (l’altro era quello di Chinaglia appunto).
Martini non era uno che le mandasse a dire e rispose per le rime.
A quel punto Chinaglia ruppe una bottiglia e cercò di intimorire il compagno, il tutto degenerò in rissa, sedata a stento dall’intervento di alcuni compagni.
Uno sconsolato Maestrelli ricucì l’ennesimo strappo.
A questo punto il sorteggio mise sulla strada dei biancocelesti gli inglesi dell’Ipswich, una novità nel panorama inglese, che però al primo turno aveva messo fuori il Real Madrid.
Nell’incontro d’andata, una Lazio svogliata e pasticciona viene travolta nella placida campagna del Suffolk per 4-0, risultato che non lascia molte speranze in vista dell’incontro di ritorno.
Pessima prestazione di Felice Pulici tra i pali che regala due gol agli inglesi e poi, dopo il quarto, scatena una protesta verso l’arbitro per un presunto fuorigioco, che coinvolge parecchi altri; alcuni spingono e strattonano il direttore di gara:rigurgiti e avvisaglie.

C’era però una componente di follia in quella squadra un lato, potremmo dire, oscuro del quale ogni tanto emergevano qua e segnali, più o meno evidenti, avvolti magari da un’alone di mistero o leggenda: pistole, scommesse, notti brave, bevute, e un’indubbio orgoglio, pilotato a volte su situazioni incomprensibili o non necessarie, che spesso lasciarono perplesso più di un osservatore.

Personalmente credo che lo smisurato ego di Chinaglia, unito alla sua smania di protagonismo e al suo noto risentimento verso gli inglesi (insieme e quello di Oddi), giocò una parte importante nei fatti di quella sera, a partire dalla chiamata a raccolta dei tifosi da parte della squadra, che dichiarò di voler provare una rimonta ‘impossibile’ e che l’apporto del pubblico sarebbe stato determinante.
I tifosi risposero in massa e accorsero all’Olimpico in oltre cinquantamila, trasformandolo in un’autentica bolgia nella quale gli inglesi si smarrirono quasi subito finendo sotto 2-0 grazie ai gol di Garlaschelli in apertura e di Chinaglia a metà primo tempo.
Verso la fine del primo tempo il patatrac: Chinaglia rovescia in porta una ribattuta da distanza ravvicinata, un difensore inglese, sulla linea di porta, si tuffa con la mano nascosta dietro la testa e para il tiro di Long John: rigore plateale.
Non per l’imbarazzante Sig. Van derKroft che lascia proseguire.
E’ l’inizio del finimondo: i giocatori rincorrono l’arbitro che viene circondato e spintonato.
Ad ogni modo il rigore non viene concesso.
Ululati e fischi si levano dalle tribune, dai distinti comincia un fitto lancio di bottiglie e altri oggetti all’indirizzo del guardalinee che non avrebbe segnalato il rigore. In campo la tensione sale, gli inglesi provocano, insultando probabilmente, ma Chinaglia e Wilson, che capiscono l’inglese, reagiscono: caccia all’uomo a palla lontana con proditori calcioni, ceffoni e gomitate.
Una polveriera.

Che definitivamente salta per aria al 20’ del secondo tempo quando un giocatore dell’Ipswich , controllato a distanza da Oddi, inciampa e cade in area.
L’arbitro tra lo stupore generale accorda il rigore.
Pulici si avventa contro l’arbitro e quando gli arriva ad un passo viene spinto da Re Cecconi e gli frana addosso.
Sopraggiunge Oddi come una furia e tenta di colpire il direttore di gara, cosa che riesce a Frustalupi che gli rifila un gran calcio nel didietro.
E’ un finimondo.

Appena ristabilita una parvenza di calma Vilyoen realizza il rigore del 2-1 ma a quel punto ci sono vari tentativi di invasione di campo da parte di parecchi tifosi che cercano di regolare personalmente la questione con l’arbitro, carabinieri e polizia trattengono a stento la folla.
Le interruzioni si succedono, dagli spalti piove di tutto, D’Amico raccoglie un’arancia e la scaglia verso il guardalinee, girato, colpendolo in testa, quest’ultimo si gira un po intontito ma non si accorge di l’ha colpito.

Si scatena pure Chinaglia, stranamente non per menare ma col pallone.
Infuriato, Giorgione, riesce a piazzare di prepotenza (è proprio il caso di dirlo), due palloni nella porta inglese fissando il punteggio sul 4-1.
I rimpianti verso il rigore concesso all’Ipswich aumentano e con essi la rabbia.
La partita è comunque finita, ma c’è ancora tempo per la beffa finale con Jonson che infila il 4-2, ma ormai tutto è saltato e l’Olimpico è impazzito.
Al fischio finale un gruppo di tifosi, armati di panche in legno divelte dalle gradinate, assalta l’ingresso agli spogliatoi, alcuni riescono a colpire qualche giocatore inglese, l’altro bersaglio è l’arbitro.
Un casino madornale.

Gli inglesi si rifugiano nel corridoio degli spogliatoi, smadonnano: ‘Italianbastards’ tra le più gettonate.
I laziali sono li e sentono: parte un’altra rissa, pugni, schiaffi, calci.
Il portiere inglese, colpito da Wilson e Petrelli finisce in ospedale con tumefazioni varie e una tibia fratturata.

All’interno e fuori dallo stadio intanto la furia dei tifosi prende il sopravvento.
Continua il lancio di oggetti, bandiere inglesi date alle fiamme, centinaia di tifosi in campo, cariche della polizia per disperderli. Fuori un’altra massa di tifosi ha preso d’assalto gli spogliatoi di arbitro e squadra ospite da dietro, le vetrate vengono frantumate da un violento lancio di sassi, bottiglie e altri oggetti contundenti, la polizia cerca di disperdere gli assalitori con un fitto lancio di lacrimogeni.
Scene apocalittiche.

Un minimo d’ordine viene ricomposto dopo la mezzanotte quando la squadra inglese riesce ad uscire dallo spogliatoio.
Nel corso di una concitata conferenza stampa, l’allenatore inglese, quel Bobby Robson che ben conosciamo, gran signore e maestro di calcio allora agli esordi in panchina, ci va giù pesante.
Ne nasce un nuovo accenno di gazzarra subito ricomposto.
Per quel che riguarda l’arbitro poi, il Sig. Van derKroft, dato per ubriaco da quasi tutti i giocatori della Lazio, si dimostrerà assai più abile con la penna che non con il fischietto e, in lungo rapporto, steso negli spogliatoi sotto assedio, descriverà in dettaglio tutte le follie e le violenze di una serata da dimenticare , ma anche da ricordare.

E così fu: la Lazio si vedrà comminare una pesantissima squalifica di tre anni da tutte le competizioni europee, ridotte poi ad una dopo aver presentato appello.

La stagione biancoceleste continuò, tra allenamenti che spesso terminavano a botte, altre serate pericolose ma soprattutto partite della domenica, un mucchio di partite, giocate col cuore e con rabbia.
E vinte .
Fino a quella del 12 maggio (1-0 al Foggia, Chinaglia su rigore) che valse il primo storico scudetto della Lazio in un’Olimpico stracolmo di incontenibile attesa ed entusiasmo.
Lazio che così dovette così rinunciare a giocare in Coppa dei Campioni nella stagione 1974/75.
Un degno finale per una notte di ordinaria follia, protagonista una squadra folle che si fece beffe di tutto e di tutti: brutti, cattivi, maleducati, divisa all’interno ma unita e compatta all’esterno, spesso violenta ma che riuscì comunque a cogliere l’alloro più importante del calcio italiano alimentata dal sacro fuoco dell’istinto e del soli contro tutti.
Beffardamente, in conseguenza di tutto questo, dovettero rinunciare al palcoscenico più prestigioso. Grandi, inconsapevoli romantici.

PS: altrettanto beffardamente, il mercoledì successivo era in programma l’amichevole Inghilterra – Italia a Wembley, nell’ambito dei festeggiamenti per i 75 anni della FIGC.
Durante quella settimana si discusse a lungo sull’opportunità o meno, vista la violenza di questa partita e il temperamento di Giorgione Chinaglia, di inserire quest’ultimo nella lista dei convocati.
Alla fine Valcareggi optò per il si e fu proprio Chinaglia, con azione sull’out destro, a servire a Capello l’assist del gol che diede all’Italia la prima, agognata vittoria della storia sugli ormai ex-maestri.

Coppa Uefa 1973/74
Roma, Stadio Olimpico
7 novembre 1973 - Sedicesimi di finale – Ritorno

Lazio 4-2 Ipswich Town
SS LAZIO: Pulici F., Facco, Martini L., Wilson, Oddi, Nanni (61' D'Amico), Garlaschelli (61' Manservisi), Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, Petrelli.
All. T. Maestrelli.

IPSWICH TOWN FC: Best, Mills, Harper (42' Hammond), Morris, Hunter, Beattle, Hamilton, Vilyoen, Woods (83' Johnson), Whymark, Miller.
All. B. Robson
Arbitro: sig. Van der Kroft (Olanda).

Marcatori: 1' Garlaschelli, 26' Chinaglia, 70' Vilyoen (rig), 83' Chinaglia (rig), 86' Chinaglia, 90' Johnson.
Note: serata fresca, terreno in perfette condizioni.
Spettatori: 50.000 circa.

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