mercoledì, giugno 25, 2025

Crash Box - Storie e ricordi sul muro

Marco Maniglia è stato tra le principali anime (e cuore) della scena punk hardcore italiana degli anni Ottanta.
Sia a livello personale/partecipativo/organizzativo (che era la caratteristica di quasi ognuno del giro: esserci, sentire l'attitudine, organizzare (il più delle volte con modalità avventurose/disastrose).
E' stato anche il motore propulsivo dei CRASH BOX, tra i principali esponenti dell'epoca.

Ora raccoglie una serie di volantini di concerti dell'epoca con commenti e ricordi di quegli eventi.
Un libro/rivista (con bella intervista finale) che ci restituisce alla perfezione il "sentire" di quei momenti tanto caotici, quanto rivoltosi e gioiosi.

Tutto questo per del rock 'n' roll del cazzo che non fa forse crescere ma mi/ci ha fatto sopravvivere. (Marco Maniglia)

Per contatti e riceverlo: emmemarco63@gmail.com (niente social, raga...)

martedì, giugno 24, 2025

Monochrome Set - The Jet Set Junta

Uno dei brani più iconici (per quanto rimasto nella semi oscurità) degli anni 80 uscito su singolo nel 1983), per una brillante band che non ha purtroppo mai usufruito del giusto riconoscimento che le sarebbe spettato.

The Jet Set Junta è un brano unico che unisce impeto post punk a sonorità spaghetti western, un tocco di jazz e un cantato unico su un testo drammatico/ironico che stigmatizza l'iconografia e la triste realtà delle dittature sudamericane.
Un brano geniale.

Il video ufficiale:
https://www.youtube.com/watch?v=kIKle6gNjWE

Live nel 1990
https://www.youtube.com/watch?v=Oz4tpJL44Og

Tick, tock, go the death watch beetles in él presidente's swill
Pop, pop, goes the Cliquot magnum at the reading of the will
Hiss, hiss, goes the snakeskin wallet stuffed with Cruziero bills
Here we come, the jet set junta
Here we come, the jet set junta
Broom, broom, goes the armoured Cadillac through Montevideo
Rat-a-tat goes the sub-machine gun to restore the status quo
Snip, snip, go the tailor's scissors on the suit in Saville Row
Thud, thud, goes the rubber truncheon on the Indian peon's heel
Buzz, buzz, go the brass electrodes as the flesh begins to peel
Rattle, rattle, goes the bullet round and round the roulette wheel

lunedì, giugno 23, 2025

Vincenzo Greco - Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche nella musica Ferretti, De André, Battiato, Waters

Un lavoro molto affine a un saggio, in cui l'autore ci conduce, attraverso una serie di profonde riflessioni personalei, condotte come un dialogo immaginario con quattro artisti, tanto diversi, quanto legati da un filo conduttore comune le cui canzoni aprono a uno sguardo alle storture del tempo moderno.
Ne risulta un libro ai limiti del "filosofico", ricco di spunti molto interessanti e stimolanti.

Non occorre essere fan o seguaci di Ferretti, De André, Battiato, Waters.
Il testo, interessante e scritto molto bene, offre tanto altro, partendo dalle loro liriche, per spaziare in una visione universale dello stato attuale delle cose.

Gli strumenti informatici si sono fatti carico del compito di ricordare per noi e con capacità infinitamente superiori a quelle umane.
Il fatto di avere affidato la memoria a uno strumento e agli algoritmi che lo gestiscono, ci ha privati del governo della memoria stessa, e soprattutto della selezione gerarchica delle cose da ricordare.
Lo fa l'algoritmo per noi.
Ma con il rischio che vengano eliminati, per mano di chi gestisce tali programmi di selezione, eventi e moniti importanti per l'uomo. Abbiamo in definitiva rinunciato al dovere della memoria.


Vincenzo Greco
Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche nella musica Ferretti, De André, Battiato, Waters
Arcana Editrice
164 pagine
15.50

domenica, giugno 22, 2025

Classic Rock

Nel nuovo numero di CLASSIC ROCK intervisto Robertò Gagliardi (Robertò Hellnation) a proposito del suo negozio di Bologna, Hellnation.

Interviste anche a Dubinski e Inspector Cluzo ( di cui recensisco anche l'ottimo nuovo album).
Poi parlo dei nuovi album di Casino Royale, Cesare Basile, Les Votives, M Ross Perkins, la ristampa di "Middle Class Revolt" dei Fall e di quella di "Il nostro è solo un mondo beat" de Gli Avvoltoi , oltre al box dei Vapors.

Non contento mi confronto con Federico Guglielmi nella rubrica "Opinioni" sull'opportunità di pubblicare ancora libri musicali.

sabato, giugno 21, 2025

Passaggi Festival 2025

PASSAGGI FESTIVAL 2025

https://www.passaggifestival.it/

Venerdì 27 giugno
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
Fano

ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)

venerdì, giugno 20, 2025

The Poets – Alone Am I / Locked in A Room (Target) 1968

L'amico MICHELE SAVINI prosegue la ricerca di elementi interessanti e particolari dell'Irlanda meno conosciuta.
Torniamo questa volta al 1968 e una band oscura che ha lasciato un solo 45 giri: The Poets.

Gli altri racconti sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/The%20Auld%20Triangle%3A%20narrazioni%20dalla%20Repubblica%20d%27Irlanda

C’era una volta uno scantinato buio e umido, con dentro quattro ragazzi armati di strumenti e un’urgenza sonora che anticipava i tempi.
Non è un caso isolato: è la traiettoria condivisa da centinaia di band garage e beat, nate nell’esigenza creativa di un’epoca in fermento, mai esplose e rimaste ai margini della scena ma non della passione.
I loro nomi si persero nel rumore, ma dietro lasciarono dischi rari, registrazioni sbiadite, racconti tramandati solo da chi c’era. Sono storie minori, ma non per questo meno significative: frammenti dimenticati di un mosaico musicale che merita di essere ricomposto.
Tra queste storie sotterranee, ce n’è una che vale la pena riportare in superficie: quella dei The Poets, band di Irlandese attiva a metà degli anni ’60.

Il loro unico singolo pubblicato nel 1968 dall’etichetta Irlandese Target Records e la seguente pubblicazione nel Regno Unito per la più nota Pye Record, fu per anni erroneamente attribuito al celebre gruppo freakbeat scozzese con lo stesso nome, autore di "That's the Way It's Got to Be", uno dei classici del genere.
Il fatto che le due band condividessero lo stesso nome e fossero attive nello stesso periodo aveva alimentato l’equivoco: dopotutto, la band scozzese aveva pubblicato dischi con etichette come Decca e Immediate tra il 1964 e il 1971.
Non sembrava quindi assurdo pensare che avessero inciso anche per la Pye.
Tuttavia, la verità è un’altra: questi Poets erano una formazione completamente diversa, originaria di Dublino, e di loro si sa ancora oggi molto poco.

La storia dei Poets irlandesi inizia nel 1965, quando Pat Devine (chitarra), Gerry Martin (chitarra), Steve Gilchrist (basso) e Bob Murphy (sax) fondano un gruppo chiamato The Heartbeats. Nel 1967, il gruppo evolve in una showband semi-professionale con l’ingresso di Paul Conroy (organo), Charlie Herbert (chitarra solista, con Devine che passa al sax) e Gary Power (voce solista).

Le showband erano gruppi musicali molto popolari in Irlanda negli anni ’60, solitamente numerosissimi sul palco e delle vere e proprie macchine da intrattenimento. Attiravano grandi folle ogni sera, offrendo un repertorio eclettico fatto di pop, hit internazionali e a volte anche un po’ di cabaret, ma raramente proponevano materiale originale o alcun tipo di sperimentazione.

Power e Herbert iniziano a scrivere diversi brani originali, prevalentemente ballate lente, nella speranza di attirare l’attenzione del pubblico locale. Tuttavia, alla fine del 1967, Power lascia il gruppo per tentare la carriera solista, e probabilmente a seguito di questa uscita nasce ufficialmente la band The Poets.
Nonostante non sia chiara la formazione esatta che ha inciso il celebre singolo, entrambi i lati del disco sono accreditati al chitarrista Charles Herbert, il che suggerisce un suo ruolo chiave nella composizione e realizzazione dei due brani.

Il singolo in questione comprende due tracce.
E se sul lato A appare ‘Alone Am I’, una ballata malinconica, dominata da armonica e organo, con quel tipico tono natalizio che si addice a una showband irlandese, sul lato B, invece, come spesso accade, troviamo il vero gioiello: ‘Locked In A Room’.
Si tratta di un pezzo freakbeat di altissimo livello, energico e coinvolgente, caratterizzato da una chitarra solista marcata, un sax vibrante, armonie vocali raffinate e una batteria incalzante che spinge il brano con grande intensità.
v Il tema natalizio sul lato A fa pensare a un’uscita verso la fine del 1968, in linea con l’usanza, particolarmente diffusa negli anni ’60 e ’70, di pubblicare un singolo a tema festivo in prossimità del Natale, spesso con l’intento di ottenere maggiore visibilità o passaggi radiofonici durante quel periodo dell’anno.
Negli anni successivi, il 45 giri è diventato un piccolo oggetto di culto, sempre più ricercato dai collezionisti di rarità garage e beat, anche grazie alla qualità del suo lato B, spesso incluso in compilazioni di freakbeat e rock psichedelico, che lo rende un vero e proprio “Nuggets” irlandese.

Nel 1969, alcuni ex membri dei Poets e degli Heartbeats diedero vita alla soul-showband The Arrows, il cui secondo singolo, “One Step, Two Step”, fu ancora una volta firmato da Charlie Herbert, a dimostrazione di una vena compositiva che non si era ancora esaurita.
I The Arrows finiranno per diventare la nuova band di supporto di Dickie Rock, il famoso crooner irlandese che aveva abbandonato la sua storica formazione, la Miami Showband, per intraprendere la carriera solista.

Ma la vera eredità dei Poets rimane racchiusa in quei due brani dimenticati.
Due canzoni, un singolo, un nome condiviso con un’altra band.
E una storia che, come tante negli anni Sessanta, riaffiora oggi solo nei racconti degli appassionati e nei solchi consumati di un 45 giri introvabile.

Alone Am I:
https://www.youtube.com/watch?v=SXv5PgOkUS4&list=RDSXv5PgOkUS4&start_radio=1

Locked in A Room:
https://www.youtube.com/watch?v=dGTlkHoefaA&feature=youtu.be

giovedì, giugno 19, 2025

Rock 'n' Goal


Avevo conosciuto l'editore di VoloLibero, Claudio Fucci, grazie al giornalista Massimo Pirotta che me lo aveva presentato all'anniversario del Festival Pop di Zerbo.
Rimasi stupito ed entusiasta dalla sua immediata adesione alla mia proposta di pubblicare un (primo) libro su Gil Scott Heron, che uscì, con il titolo di "The bluesologist", nel 2012 (poi ampliato nel 2018, sempre per VoloLibero, con il titolo di "Gil Scott Heron. Il Bob Dylan nero").

Nel valutare un prosieguo della nostra collaborazione, fu Claudio a suggerirmi di approfondire un post che pubblicai il 16 marzo 2012, dedicato al rapporto tra musica e calcio:
https://tonyface.blogspot.com/2012/03/calcio-e-musica-i-dischi-dei-calciatori.html.

Ero molto scettico perché pensavo si potesse farne al massimo un ampio articolo.
Invece si aprì un mondo vastissimo di musicisti tifosi sfegatati, talvolta con un passato calcistico, canzoni dedicate a partite, squadre, calciatori e mille altre curiosità.
Chiamai a darmi una mano Alberto Galletti, super esperto di calcio (britannico in particolare) e il 27 marzo 2013 uscì Rock 'n Goal" firmato a quattro mani.
Sinceramente lo consideravo un libro di "transizione", destinato a un'onesta e breve vita.

Invece successe l'inimmaginabile.

Nello stesso giorno dell'uscita Vincenzo Mollica lo presentò al TG UNO delle 20 (https://www.youtube.com/watch?v=BldCITAyJ2E), il Corriere della Sera online lo mise in prima pagina, telefonarono per un'intervista RTL, Virgin Radio, Radio Montecarlo e tanti altri.

Uscirono decine di recensioni, la prima tiratura andò esaurita in un paio di giorni, la seconda uguale, mille copie in un paio di settimane.

Nei giorni successivi con Alberto ce ne andammo a Roma per essere ospiti di RaiSport2 a Saxa Rubra (che raggiungemmo prelevati da auto con autista) con Enrico Varriale e Max Gazzè, poi a RadioRai2 in Corso Sempione a Milano con Massimo De Luca per "Tutto il calcio minuto per minuto", al Salone del Libro di Torino, a Sky Sport.

Il tutto corredato da decine di presentazioni in mezza Italia (tra cui una rocambolesca dagli Ultrà del Livorno nella loro sede, nella libreria interna Kalashnikov, con enorme ritratto di Stalin).

"Rock 'n' Goal" ha venduto discretamente ma ci colse impreparati il successo immediato, che forse avrebbe potuto essere maggiormente sfruttato a livello commerciale.
Ma fu veramente una sorpresa per tutti.
Rimane il mio (nostro in questo caso) best seller insieme a "Northern Soul" con cui si batte sul filo delle copie vendute (altro evento inaspettato).

Il libro ebbe un seguito, dedicato allo sport, "Rock 'n' sport", molto meno fortunato e considerato.

martedì, giugno 17, 2025

Frank Sinatra - Waterfront

La fine degli anni Sessanta aveva cancellato FRANK SINATRA dal podio della popolarità.
Vendite in calo, attenzioni riservate a ben altro piuttosto che ad un ultra cinquantenne melodico.

Nel 1969 entra in studio per il suo lavoro più atipico (pubblicato nel 1970) che, forse per cercare di invertire l'infausta tendenza, cerca di guardare con più attenzione alle nuove sonorità.

Nulla di rock o psichedelico, per carità, ma affida a Bob Gaudio dei Four Seasons la scrittura, l'arrangiamento e la produzione del nuovo album e a Jake Holmes (autore di "Dazed and confused", portata alla notorietà dai Led Zeppelin, dopo essere stata ripresa dagli Yardbirds e co-accreditata dopo una causa legale con la band di Jimmy Page). Il concept verte su un uomo abbandonato dalla moglie (interpretato da Frank in veste di narratore) e costretto a crescere da solo i due figli piccoli. Un disco malinconico, struggente a tratti ma particolare, dove l'inarrivabile voce di Frankie viaggia, come sempre, cristallina su basi orchestrali non così zuccherose o allegramente swinganti come d'abitudine ma molto più complesse e particolari.
Il sound è orchestrale ma con una base più pop rock, la voce e l'interpretazione intensissime con Sinatra a perfetto agio con la "nuova" materia (nonostante sia l'unico album in cui cantò su basi orchestrali pre registrate).

Vendette pochissimo (non più di 30.000 copie, una nullità per lui e per i tempi) ma rimane un episodio interessante e unico con le potenzialità di diventare un classico senza tempo.

"For A While" fu ripresa in una bellissima versione da Nina Simone: https://www.youtube.com/watch?v=Qq12jRWlitQ

Francesca Buscaglia - Etnografie Trap

Un illuminante saggio sul "fenomeno" TRAP, la marginalità dei suoi protagonisti, il costantemente voluto e cercato "folk devil" da demonizzare per la sua alterità rispetto alla normalità.
L'analisi prescinde dai contenuti musicali/artistici ma si concentra sulle "periferie urbane, spazi pieni di sconosciuti, spazi multiculturali dove l'appartenenza rappresenta una risorsa fondamentale."

"La musica trap oltre a prodotto musicale è la voce di una comunità immaginata, che offre alle comunità diasporiche dei giovani subalterni la possibilità di rispecchiarsi in un "noi" più moderno".

Interessante e perfettamente azzeccata la visione di come prima rap e poi trap siano diventati fenomeni globali e opportunità espressiva soprattutto di gruppi socialmente marginalizzati (per i quali il benessere esiste solo nelle pubblicità) che cercano (e talvolta trovano) nella musica un modo per uscire dall'anonimato e trovare fama, soldi e una modalità di scalata sociale. O imitandone movenze ed estetiche per sentirsi in qualche modo parte di "qualcosa".

In un mondo in cui "la geniale idea della governance neoliberale è stata riuscire a trasformare i diritti in qualcosa che si deve meritare" i giovani immigrati o di origine straniera si dibattono alla ricerca di un ruolo e di un'identità, sempre più pervicacemente negata e respinta.

La conclusione è propositiva, per quanto appaia utopica, alla luce del reale: "In questo momento è più che mai necessario...smettere i panni di meri osservatori e narratori di processi che riguardano "altri". Riprendere la voce: parlando, cantando, urlando se necessario. Proprio come stanno facendo, in modi e forme differenti, i giovani cosiddetti di prima e seconda generazione".

Il libro ha il profilo autorevole dell'autrice, educatrice di professione e antropologa, che lavora da anni nel sistema di accoglienza.
Ha intervistato i ragazzi, approfondendone con loro le problematiche quotidiane.
Ne esce una fotografia molto fedele, quanto drammatica dell'epoca attuale, convulsa, talvolta "illeggibile" e incomprensibile.
Un lavoro più che pregevole.

Francesca Buscaglia
Etnografie Trap
Agenzia X
204 pagine
euro 16

sabato, giugno 14, 2025

Wp Store Pitti Uomo
Ringo a Passaggi Festival

Martedì 17-06-2025
@ WpStore Firenze -dalle 18.30
Via della Vigna Nuova, 75/R, 50123 Firenze
In consolle Fulci Dj
Guest at the party Antonio Bacciocchi
Pitti Uomo Firenze

PASSAGGI FESTIVAL 2025

https://www.passaggifestival.it/

Venerdì 27 giugno
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
Fano
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)

venerdì, giugno 13, 2025

La Banda Bassotti e Fermin Muguruza a Roma. Un altro giorno d’amore.

A cura dell'amico Antonio Romano, già presente con una rubrica nel blog qui: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Antonio%20Romano

Torno a scrivere sulle colonne virtuali di questo blog dopo qualche anno.
Lo faccio perché certe serate ed emozioni vanno fermate, raccontate e condivise.
Sabato 7 giugno, a Roma, ho visto qualcosa che andava oltre il concerto: una festa vera, di amore e di lotta, fatta da gente vera.
Il ritrovo di una grande famiglia resistente.
Banda Bassotti e Fermin Muguruza sullo stesso palco.

Appartengo alla seconda generazione dei “figli” della Banda, quella nata a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, mentre uscivano “Figli della stessa rabbia” e “Balla e difendi”.
Personalmente li ho conosciuti col live “Un altro giorno d’amore” del 2001.
Avevo 13 anni.
Quel disco è stato un’esplosione, che non solo mi ha fatto scoprire anche Fermin Muguruza e i Negu Gorriak, ma che è stato l’accesso a una visione del mondo e della vita che non si studiava a scuola.
Una visione ed una strada che da solo, nella provincia di Lecce in cui sono cresciuto, difficilmente avrei maturato.

Il live inizia puntualissimo, alle 20, mentre il sole cala tra i palazzi popolari e le bandiere sventolano fiere attorno al palco.
La Banda Bassotti entra sulle note della “Marcia dei Soviet” suonata insieme ad una giovanissima sezione fiati ospite.
Mi sono commosso.
Non per nostalgia, ma per l’orgoglio che si respirava, per tutto ciò che quel momento rappresentava.
Avevo mio figlio di 4 anni sulle spalle e la mia compagna, incinta alla 39ª settimana, accanto a me.
E ho pensato al me stesso di 19 anni, quando prendevo il treno da Lecce di nascosto dai miei, per una birra al Sally Brown o per un festival oi! in qualche CSOA.
Dove, tra il pubblico o tra gli organizzatori, c’era sempre qualcuno della Banda e della loro crew ed io li guardavo con un quasi timore reverenziale, come si guardano gli eroi.
Angels with dirty faces, citando gli Sham 69.

E quella famiglia che vedevo allora, oggi è ancora lì.
Attorno a noi c’erano ragazzini e sessantenni, skin coi capelli bianchi, vecchi punk, coppie coi figli ormai cresciuti, e figli piccolissimi tenuti stretti al collo. Gente da tutta Italia, anche dall’estero.
La festa di una tribù.

Il set della Banda è stato tirato, diretto, potente.
Tutti i loro inni, uno dietro l’altro.
Qualche battuta di Picchio, con la sua ironia rude di borgata, l’energia di Sandokan, l’autorevolezza silenziosa di Scopa e poi tutti gli altri componenti, compresi gli ospiti, tra cui Kino degli Arpioni.
E c’era Sigaro.
Sempre lì, a ogni pezzo ti sembra che da un momento all’altro possa attaccare le sue parti e tornare a cantare le sue poesie.
Non c’è, ma c’è. Lo sappiamo tutti. Avanti uniti.

Dopo “L’Internazionale”, chiusura solenne del set e altra lacrima col pugno alzato, breve pausa e cambio palco.

Tocca all’ospite d’onore: Fermin Muguruza.
Con una nuova band, potentissima.
Fermin festeggia 40 anni di carriera, e ha scelto di celebrarli anche qui, nella sua seconda casa.
Due ore in cui ha portato tutto il suo mondo: Kortatu, Negu Gorriak, Clash, Specials, punk, reggae, dub, folk.
Una band rocciosa, calda, piena di groove. Davvero alto livello. Ritmo, lotta, sudore, orgoglio. Cuore working class che batte forte e che, ancora oggi, sa far innamorare.

Se questa musica, queste band, queste persone e le loro storie ci hanno insegnato qualcosa, è che non si deve smettere mai: di amare, di soffrire, di lottare, di cantare.

L’ho vissuto come un giorno importante, vero.
Senza nostalgia, senza passerelle, senza star. Un’occasione per ribadire il rispetto che dobbiamo alla Banda Bassotti, alla Gridalo Forte, a tutta la loro “vecchia crew”.
Perché hanno saputo unire rabbia e poesia, coscienza di classe e allegria, costruendo, e –senza esagerare- anche educando, una comunità che, nonostante tutto, resiste.
Con le Doc Martens rotte quando fischia il vento, ma sempre con la stessa fierezza.
Kids like me and you!

giovedì, giugno 12, 2025

Addio a Brian Wilson

Da sei mesi ho una rubrica fissa, ogni lunedì, nelle pagine di www.piacenzasera.it, intitolata "La musica che gira intorno".

Oggi ho scritto due righe di doveroso omaggio per la scomparsa di BRIAN WILSON.

https://www.piacenzasera.it/2025/06/addio-a-brian-wilson-i-suoi-facili-e-innocui-beach-boys-hanno-fatto-la-storia-del-rock/597831/

Giangiacomo Schiavi - Il Piccolo Maracanà

Dal 1962 ai primi anni 70 a Gragnano Trebbiense, provincia di Piacenza, si svolse un appassionante, mitico, pionieristico (peraltro uno dei primi in assoluto) torneo notturno di calcio.

Nell'afoso luglio padano si giocavano due partite a sera (che spesso finivano con risultati "rotondi"), sei contro sei, senza il fuorigioco, 16 squadre divise in quattro gironi, quarti, semifinali e finale.

Il tutto davanti a 2/3.000 persone a sera, fino a 5.000 (calcolate 200.000 in sei anni), assiepate in un campo dietro al Comune del paese, ribattezzato “Il Piccolo Maracanà” .

Si affrontavano abitualmente squadre di Gragnano, i “Ramarri” (il simbolo era una versione gragnanese del coccodrillo della Lacoste...), squadra per cui tenevo e che non vinse mai (come al solito!), il “Bar Veneroni”, il “Gatto Nero”, il “Baby Brazil” di Gragnanino, l’”Olubra” di Castelsangiovanni”, i “Papaveri” di Piacenza (con i giocatori del Piacenza allora in serie C) e varie altre dalla provincia e dintorni.
In particolare è da ricordare la "Rassa Grama" (La cattiva razza), nucleo anarchico che si affiliava di volta in volta a un nuovo sponsor, ricco di talento, genio e sregolatezza. Non vinsero mai m entrarono nel mito e nella leggenda.

Abitavo a 2 km di distanza a Casaliggio (dove sono tornato a vivere 20 anni dopo) e ne vidi a decine.

Ancora senza troppi vincoli contrattuali, giocarono Pierino Prati, Pietro Anastasi, Osvaldo Bagnoli, Marchioro, Magistrelli, Ferrario, Poletti (nazionale nel 1970 nella semifinale con la Germania 4 a 3) e nomi ormai dimenticati come Bicicli dell’Inter, Ambrogio Pelagalli (campione d’Italia con il Milan), Da Pozzo (portiere di Inter e Genoa), Magistrelli.

Dopo qualche anno le società proibirono ai giocatori di fare partite al di fuori dai doveri contrattuali e allora, in cambio di soldi sottobanco sempre più consistenti (e in nero), giocavano in molti sotto falso nome.

Il calcio divenne sempre più affare professionale, i vincoli della federazione sempre più stretti e il torneo finì.

"Il piccolo Maracanà. Un campo, un paese, una leggenda", di Giangiacomo Schiavi, documenta al meglio il tutto ed è la ristampa di una precedente edizione introvabile, ora edita da La Valle Dei Libri (https://www.facebook.com/profile.php?id=61572005579050).

Leggere la sua stupenda prosa mi ha riportato incredibilmente a quei tempi, quei colori, quegli odori, quella "magia irripetibile", in un tuffo nostalgico, immensamente nostalgico, per tempi che, alla fine, rimpiango tanto, soprattutto leggendo una serie di nomi che facevano parte della mia quotidianità.

Le foto, stupende (e numerose), sono di Prospero Cravedi, l'introduzione di Simone Inzaghi (che con Pippo viveva e giocava a una manciata di kilomentri di distanza a San Nicolò).

Il Piccolo Maracanà oggi.
Giangiacomo Schiavi
Il Piccolo Maracanà
La Valle dei Libri
150 pagine
20 euro

martedì, giugno 10, 2025

Cock Sparrer live a O2 Academy Islington, - 31 maggio 2025

L'amico Ramblin Erikk ci regala questa avvincnente recensione del concerto dei COCKSPARRER (e una serie di altre band, Ruts DC in primis) tenutosi da poco a Londra (sue anche le foto.)

La cupa linea di basso Dub di Segs continua a iniettare vibrazioni attraverso la nostra psiche collettiva, ancora diversi secondi dopo che, al termine di una tesa e nervosa versione dell' epocale "Babylon's Burning", lui, Dave Ruffy e Neil Heggarty, i Ruts DC, salutano il pubblico ansimante della 02 di Islington.
Ci troviamo nel cuore di Londra per festeggiare i 15 anni di "Vive Le Rock", il mensile piú autorevole in campo RnR e Punk in Inghilterra che, a occhio e croce, parecchi degli astanti seguono da quel primo, sperimentale numero con la buon'anima di Johnny Ramone in copertina.
Per tre lustri (e pur tra gli alti e bassi di una scrittura non sempre all' altezza della bontá ideale del progetto) la pubblicazione guidata da Eugene Butcher ha documentato le vicende del Rock piú sotterraneo e indipendente, con particolare attenzione al passato (specialmente 1977 e dintorni) pur mantenendosi sempre attentissima alle piú interessanti realtá contemporanee, locali e non, influenzando e fagocitando i gusti di un' intera generazione di lettori e ascoltatori, come ogni buona rivista musicale dovrebbe fare.

La nutrita line-up assemblata per l' occasione riflette da vicino questo spettro generazionale, a partire dagli emergenti Split Dogs e Knock-Off per proseguire con Desperate Measures, la band che vede alla voce lo stesso Butcher, Maid Of Ace e quegli enigmatici "Human Punks" annunciati sul cartellone e, infine, rivelatisi gli stessi Ruts che proprio con quello sferragliante classico chiudevano il loro seminale debutto "The Crack" nel 1979.
Indizio fin troppo palese e molti di noi avevano sgamato al volo, per quanto fosse lecito anche ipotizzare un' estemporanea formazione di "Vive Le Rockers" storici assemblati per l' occasione.

L' onore di chiudere e fare da testimoni alla serata spetta agli inossidabili padrini dello Street-Punk/Oi Cock Sparrer.

Beniamini locali, Londinesi dell' East End e attivi giá dal 1972, gli Sparrer godono di un' accoglienza calorosa da eroi, un ruolo che si sono guadagnati portando alta la bandiera di un Punk Rock grezzo, abrasivo ma sempre melodico e orecchiabile, figlio in egual misura del Glam dei primi '70, dei cori da stadio da cantare all' unisono e, soprattutto, di un' attitudine orgogliosamente Working-Class ritratta in maniera fedele dai loro pezzi, che raccontano storie di vita Inglese di tutti i giorni, tra lavoro, scazzi, pinte al pub nel weekend, tafferugli in curva e tutto il corollario di gioie e dolori che un andirivieni del genere comporta.

Amici dai tempi della scuola e arrivati alla grande esplosione Punk Britannica del '77 con giá cinque anni di solida carriera alle spalle, hanno, per modo di dire, approfittato di un' energia a loro vicina e a cui sentivano avrebbero potuto contribuire, in maniera non dissimile da quanto accadde a Stranglers, Ruts e gli stessi Clash.

Salgono sul palco sulle note di "Cum On Feel The Noize" degli Slade: Colin McFaull, Micky Beaufoy, Steve Burgess e Steve Bruce membri fondatori, lí dall' "Ora Zero", assieme al "Newboy" Daryl Smith, che si é unito al gruppo nell' ormai giá lontano 1992 rivelandosi da subito un innesto importantissimo.
A vederli, non fanno certo pensare allo stereotipo di Rockstar "elegantly wasted" e eternamente giovane e glamourous : i cinque mostrano tutti i loro anni, non fanno nulla per nascondere rughe o segni del dell' usura e assomigliano in tutto e per tutto al pubblico che si raduna ai loro concerti.

Attaccano, come consuetidine, con le sirene di "Riot Squad" seguita, in rapida successione, da "Watch Your Back" e "Workin" (tutte da "Shock Troops") un rituale che si ripete da quasi 40 anni, splendidamente immutabile come in uno show dei Ramones.

Arriva poi un trittico killer a rappresentare l' eccellente "Hand On Heart" dell' anno scorso : "With My Hand On My Heart", "Mind On Your Business" e "Here We Stand". Anthemiche, accorate e, a loro modo giá classiche, canzoni la cui apparente semplicitá tradisce in realtá una sottigliezza e un gusto compositivo non comuni, soprattutto in una band di area Street-Punk.

Il lavoro alla chitarra dell' asse Beaufoy/Smith é serrato ma ricco di ganci melodici, la sessione ritmica solida e metronomica mentre la voce tenorile del maestro di cerimonie Colin McFaull non perde un colpo, interpretando ogni strofa e storia con la consapevolezza di chi ha vissuto in prima persona e la maestria di un performer consumato, in grado di tenere platee di migliaia di persone nel palmo di una mano.
É un' esperienza, verrebbe da dire, religiosa nella sua carnale e, a tratti, brutale concretezza terrena : un rito colettivo che unisce etá, razze e denominazioni diverse, unite dal medesimo set di valori, stile di vita e amore per la musica.
Siamo galvanizzati dall' arrembante "One By One" e ritroviano noi stessi e molte delle persone che conosciamo nelle disavventure della protagonista di "Suicide Girls".

Questa é musica per la gente, fatta dalla gente: inni proletari che fotografano una realtá fatta di sbattimenti, piccole gioie, qualche colpo di culo ma sempre tanto orgoglio.

Per fortuna, in un' atmosfera non piú funestata dalle violenze gratuite ad opera di facinorosi destrorsi che spesso, tra i tardi anni '70 e primi '80, inquinavano concerti di questo tipo.
In pieno Thatcherismo, quando la destra in Inghilterra tentava una facile opera di proselitismo, facendo leva su malcontento e disoccupazione generali per tenere la classe operaia in silenzio e dalla parte loro. Quando gli skins del National Front si presentavano in prima fila ai concerti degli Sham 69, in cerca di grane : tempi cupi.
In barba agli anni che, visibilmente, avanzano, gli Sparrer suonano ancora perfettamente credibili quando intonano "What It's Like To Be Old" e "Because You're Young", sempre vibranti inni alla sfrontatezza giovanile e resta intatta anche la dolceamara disillusione nei confronti dello show-biz espressa in maniera così efficace in quadretti "kitchen-sink" come "Take 'Em All" e "Where Are They Now".

Hey, questi sono Cockneys dell' East End : sapevano dal principio che sarebbe stata tutta una grossa fregatura.
Leggenda vuole (e io ci voglio credere) che, quando nel 1977 Malcolm McLaren avvicinó la band con l' idea di metterla sotto la propria ala, i nostri gli diedero in breve il ben servito perché "non pagava mai il suo giro al Pub".
Pura "Stiff Upper Lip" Britannica.
"England Belongs To Me" risuona del coro unanime di 800 Punk, Skin, Mod e quant' altro presenti in sala: non un inno "Nazionalista" come gli osservatori piú miopi e faziosi l'hanno spesso erroneamente bollata, quanto piuttosto una sincera celebrazione di patriottismo proletario dedicato a chiunque, nativo o meno, faccia parte del paese che ha inventato la "Magna Carta", ben prima della Brexit e altre brutture per cui chissá per quanti anni ancora dovremo pagare il conto.

É chiaro, ad un ascoltatore attento, che l' Inghilterra di Colin McFaull e soci NON é certo quella della Brexit.
Con la promessa di "We're Coming Back" ("E non camminerete mai piú da soli") gli Sparrer si congedano, salutano e io mi rituffo nel network sterminato della Tube nella notte Londinese.
"A quanti concerti dei Cock Sparrer hai bisogno ancora di assistere?" mi hanno chiesto alcuni.

Semplice : il piú possibile!
Sensazioni di aggregazione e appartenenza come questa sono francamente impagabili.
E, come loro saranno sempre lí per noi ("Here We Stand") cosí noi accorreremo puntualmente ad ascoltarli ancora. Forever.

lunedì, giugno 09, 2025

Quadrophenia Mod Ballett

E' iniziato il tour inglese dell'adattamento di "Quadrophenia" a uno spettacolo di BALLETTO: Quadrophenia Mod Ballett.
Alcune delle prime recensioni sono lusinghiere e pare che quello che potremmo definire un azzardo, stia superando le aspettative, nonostante le opinioni siano talvolta antitetiche.

I fan presenti a Plymouth non hanno potuto fare a meno di cantare i testi di alcuni dei loro brani preferiti sopra queste nuovissime versioni.
Gli amanti del rock che desiderano un po' della crudezza dei classici degli Who non rimarranno delusi, dato che le versioni originali e strumentali di "My Generation" e "Can't Explain" animano un paio di scene.
Tanto di cappello al coreografo Paul Roberts e al regista Rob Ashford per questa fenomenale interpretazione di cosa può significare uno spettacolo di balletto nel XXI secolo. Quadrophenia: A Mod Ballet è un evento imperdibile.

(Cornwalllive.com)

Negativo il commento di Peter Lathan (https://www.britishtheatreguide.info/reviews/quadrophenia-rev ) su British Theatre Guide.

La mia prima reazione è stata che se uno spettacolo musicale dà grande importanza alle parole – e questo certamente lo fa – allora la dizione deve essere impeccabile e i cantanti devono essere ascoltati, non sovrastati dalla band.
Purtroppo, troppo spesso non è successo: dubito di aver colto più del 20% di ciò che veniva cantato. Ed è un pezzo cantato ininterrottamente: non ci sono dialoghi.
Se entraste senza sapere di cosa tratta Quadrophenia, ne uscireste ben poco più consapevoli.
Musicalmente, a parte il pessimo bilanciamento del suono, non c'è nulla di cui lamentarsi: la band è eccellente e gli artisti sanno certamente cantare.
I costumi sono buoni e la scenografia interessante, sebbene per lo più non rappresentativa, sembra essere lì per dare l'opportunità al cast di salire in alto e, sulla rotazione centrale, camminare rimanendo fermi.
La coreografia è eclettica, spaziando dagli stili di danza dell'epoca ad alcuni movimenti ispirati alla danza e al teatro fisico.
Gli Who hanno fatto parte della mia giovinezza e della mia prima maturità.
Ero un fan, ma temo che Quadrophenia, lo spettacolo teatrale, non sia Tommy.
Devo mettermi tra coloro che - come era chiaro uscendo dal teatro - sono rimasti delusi.


Pete Townshend ha dichiarato alla BBC South East di ritenere che la storia di ribellione e cultura giovanile avrebbe dato vita a un "balletto potentemente ritmico ed emotivamente coinvolgente.
I temi dei giovani che crescono in tempi difficili sono ancora così attuali.
Sarà tenero, toccante, poetico ed epico.
Quando ho scritto opere rock, ho sempre pensato che fossero lì per essere sfruttate e trasformate.
Questo balletto è stato sottoposto a un workshop con Sadler's Wells e ha avuto un ottimo successo.
Ne sono rimasto profondamente toccato.
Stiamo portando l'etica della musica rock nel mondo del balletto"
.

Paul Weller espresse un'opinione assai dura sul rock e il balletto (a proposito di Freddie Mercury)...chissà cosa ne pensa di questo evento.
"Diceva di voler portare il balletto alle classi operaie, che stronzo”.

Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=So17h9Q633o

Breve estratto
https://www.youtube.com/shorts/-uueodmaaiQ

Tre minuti con intervista a Pete Townshend su Sky News
https://news.sky.com/video/iconic-mod-story-quadrophenia-reimagined-as-ballet-in-stunning-new-production-13342179

venerdì, giugno 06, 2025

Secret Affair + The Mads + Statuto live a Torino 1 giugno 2025

Oscar Giammarinaro ci regala un resoconto del concerto di Secret Affair + The Mads + Statuto che si è tenuto il 1° giugno a Torino in occasione del 45° anniversario di Piazza Statuto.

Avevamo festeggiato i 30 anni di Piazza Statuto Mod nel 2010, con i Secret Affair.
La pandemia ci impedì di festeggiare i 40, ma noi abbiamo spostato ai 45 e sempre con loro: i più grandi, l'anima musicale di chi ha conosciuto la vita mod dal 1979 a oggi.

E raccontiamo subito del concerto della strepitosa band di Ian Page e Dave Cairns.
Un locale perfetto per i concerti e per ballare, un pubblico arrivato da varie parti d'Italia, un'atmosfera frizzante e un'attesa spasmodica per i nostri beniamini.
Premetto che i Secret Affair hanno voluto fortemente tornare suonare a Torino e hanno dato una disponibilità eccezionale abbinata alla loro risaputa professionalità.
Li avevo appena visti al Mayday di Londra e mi sarebbe "bastato" rivivere un concerto simile.
Ma al Q77 abbiamo vissuto più del solito rito mod che è il concerto dei S.A., abbiamo vissuto un'esperienza catartica in cui, da pubblico, abbiamo realmente suonato e cantato tutti insieme i loro brani da inizio a fine con un pathos che influiva addirittura sulla tecnica sublime dei musicisti e sulla voce di Ian che sul finale "rimbombava" brillante ancor più dell'inizio.
Sono sicuro che non ci sono parole adatte a descrivere questo concerto, sono sicuro che chi legge ricondurrà la mia euforia al mio solito fanatismo mod, ma sono altresì sicuro che chi c'era, invece, capirà benissimo ciò che intendo e non potrà far altro che darmi ragione, ringraziando il destino per averci dato modo di vivere un'esperienza simile.

I musicisti della band sono sopraffini, precisi e coinvolti.
Ian e Dave vanno oltre alla prestazione tecnica e artistica, Ian e Dave celebrano il concerto e ci ravvicinano e coinvolgono in ogni brano e in ogni nota.
Un'ora e venti minuti di musica, ritmo, cori e passione.
19 brani scelti sapientemente, dando maggior spazio all'album celebrato per i suoi 45 anni, praticamente quasi tutte le canzoni di "Glory Boys", ma anche la meravigliosa "One day in your life", "Lost in The Night","Do you know", "Walk away", "Sound of Confusion", l'inno "My World" e le cover "No Doctor" e "Do I love you".

Il pubblico canta, batte le mani, salta e balla, un'energia travolgente unica e inarrivabile, d'altronde se sono 45 anni che suonano i Glori Boys e sono 45 anni che ci troviamo in piazza, ci sarà per entrambi una forza divina che ci rende invincibili ed eterni.
Dave dialoga con la folla attraverso la sua chitarra e Ian canta e incanta.
I bis ci sono, senza stare a uscire e rientrare, e sono "Dancemaster" e "I'm not free", un finale che non dovrebbe finire mai.
Siamo stati fortunati a vivere un concerto così e proprio per i nostri 45 anni di vita di piazza.

Grande plauso ai milanesi The Mads, ai quali abbiamo chiesto di suonare per noi e hanno confermato la loro attitudine mod genetica, brani molto power e molto pop nello stesso tempo, qualità che si riscontra ai loro inizi come nel loro disco appena uscito, disco ovviamente più maturo, meglio arrangiato e ben curato, ma il talento in queste sonorità o c'è o non c'è e i "ragazzi" milanesi ci hanno davvero dato un saggio di conoscenza beat/soul '79 di livello europeo.

Di livello meno europeo le canzoni che abbiamo eseguito come Statuto, in quanto cover in italiano di brani storici del mod'79, ma è stato bellissimo avere sul palco ex componenti della band come Skeggia, Ometto, Naska e Alex Bumba che hanno suonato e cantato bene e con lo spirito della fierezza e dell'appartenenza alla storia della nostra band e quindi alla nostra piazza e quindi al Modernismo.

I djs ospiti sono dei fuoriclasse: Daniel, Henry e Renato ci hanno fatto ballare la sera del sabato era domenica dopo i concerti con le solite perle che illuminano i dancefloor di tutta Europa.
Fantastici ovviamente i djs torinesi cioè Cumiana e poi Ciro, Gallins, Davide,Naska e Bosco, ma non mi dilungo nell'elogio artistico perché voglio ringraziare di cuore tutti i Mods della piazza che hanno reso possibile questa due giorni con un impegno, una dedizione e una disponibilità straordinari , mettendo sempre prima il "noi" davanti all'"io", la piazza davanti a tutto.

E voglio essere preciso e chiaro partendo dai ringraziamenti a Carlo Bosco che ha reso la mostra un capolavoro! L'ha progettata, realizzata e costruita (con la preziosa collaborazione fisica di tutti noi, ovviamente).
Presto troveremo alla mostra un' esposizione stabile.
E poi grazie ad Andrea Napoli, mod di piazza Statuto esule a Londra da anni ma che è venuto apposta per l'evento e per seguire passo-passo i Secret Affair, provvedendo a ogni loro necessità ed esigenza, per due giorni, dall'atterraggio fino al decollo.

Grazie a Cumiana che ha curato la parte dei djs ,smontato e rimontato impianti, giradischi e la mostra; Ciro Silver Red che montato e smontato la mostra, trasportato la band all'aeroporto e molto altro; Zorro che è andato fino a Volvera a prendere e portare la tastiera per la band, Gallins che ha montato e smontato la mostra, trasportato la band, così come Ottavio.
Poi il giovane Giancry che ha montato e smontato la mostra; poi Lele e Panzarino che hanno organizzato lo Scooter Run delle Frecce Cromate (grazie personale a Panzarino che mi ha salvato la vita cambiandomi il filo della frizione) e grazie a Jacopo che ci ha prestato il basso per i S.A..
Solo mettendo tutti un po' del nostro, si possono ottenere risultati simili, un evento clamorosamente ben riuscito e di totale identità MOD al 100% (partecipato anche da pubblico d'ogni tipo).
Grazie allo staff del Q77 per la disponibilità e la professionalità.
Grazie ai tante/i intervenuti da Torino e da fuori Torino.

Ci vediamo al Raduno Mod Italiano del 26 e 27 settembre a CATTOLICA, passando da Milano il 7 giugno, da Viareggio il 14 giugno e da Genova il 5 settembre.

Il Modernismo è davvero possibile.

oSKAr Mods Piazza Statuto
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