martedì, ottobre 22, 2024

I “numeri uno” dello Yacht Rock #1

L'amico LEANDRO GIOVANNINI prosegue la rubrica dedicata allo YACHT ROCK, ambito musicale spesso vituperato ma che nasconde piccole gemme degne di essere scoperte.
Le puntate precedenti qua: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Yacht%20Rock

I “numeri uno” dello Yacht Rock. Parte 1.

La data di nascita dello Yacht Rock è indefinibile, sfuggente proprio come il genere stesso.
Possiamo però indicare la metà degli anni 70 come periodo di origine, quando il classico sound della West Coast del decennio precedente inizia a svanire e a fondersi con sonorità black da un lato e con il rock suonato dalle stazioni FM americane dall’altro.
Tuttavia, è tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli ‘80 che lo YR raggiunge il suo apice, lasciando un’impronta indelibile nella storia della musica con album che, in alcuni casi, scalarono le classifiche fino al vertice.
Anche dove il successo commerciale non arrivò, vennero pubblicati dischi che definirono l’ossatura del genere e che restano ancora oggi imprescindibili.
In questo post parlerò dei “numeri uno” dello YR, per ciascun artista fornirò una breve scheda descrittiva e consiglierò tre dischi tra quelli che mi sono piaciuti, facilmente reperibili sia sulle piattaforme streaming che in formato fisico.

Ned Doheny
Non un numero uno in fatto di vendite, ma un numero uno in termini di qualità.
Ned Doheny è l'artista che consiglio a chi non ha familiarità con il genere, soprattutto a coloro che già frequentavano i territori della West Coast tradizionale. Figlio di un petroliere americano e californiano doc, Doheny, interprete e autore, (ha scritto per la Average White Band e George Benson) è stato un pioniere dello Yacht Rock con il suo primo album, pubblicato nel 1973.
In quell'opera, accanto al suono tipico della West Coast, si avvertivano già i primi accenni di quella fusione tra sonorità soul e pop che avrebbe caratterizzato il genere.
Nel suo secondo album, prodotto da Steve Cropper e con la partecipazione ai fiati dei Tower of Power, si definisce il sound su cui in futuro si baseranno molti altri artisti, contribuendo a stabilire lo stile inconfondibile dello Yacht Rock.

Dischi consigliati:
“Ned Doheny” - (1973, Asylum)
“Hard Candy” - (1976, Columbia)
“Prone” - (1978, Columbia)

Michael Franks
Se vuoi musica che scivoli dentro le tue orecchie come seta, si inizia da qui.
Franks ha incarnato al meglio la fusione tra YR e jazz, le sue canzoni fluttuano tra morbidezze musicali ed atmosfere da lounge esotico, evocando evasioni oniriche.
I suoi album sono il simbolo di quel raffinato cosmopolitismo che attraversa tutto lo YR, creato per offrire un rifugio sonoro al caos sociale degli anni 70.

Dischi consigliati:
“The Art of Tea” - (Reprise, 1976)
“Sleeping Gipsy” - (Warner Bros, 1977)
“Passionfruit” - (Warner Bros, 1983)

Bobby Caldwell
Bobby Caldwell rappresenta il punto di intersezione tra lo YR e il soul bianco.
Il suo brano più celebre, “What You Won’t Do For Love” è l’apoteosi di un pop sofisticato che ha saputo imporsi nelle charts R’n’B americane, ed ha ispirato molte cover e campionamenti.
Caldwell con la sua voce suadente ed espressiva, ha saputo attingere all’eleganza del soul e combinarla con i tratti distintivi del pop e in alcuni pezzi si avverte l’influenza della disco music meno cialtrona del filone “Miami Soul”.

Dischi consigliati:
“Bobby Caldwell” (TK/Clouds, 1978)
“Cat in The Hat” (TK/Clouds), 1980)
“Carry On” (Polydor, 1982)

Boz Scaggs
Boz Scaggs ha giocato un ruolo chiave nel definire il sound di fine anni 70. Il suo album “Silk Degrees” è uno dei manifesti e uno dei punti più alti dello YR, dove soft rock, R’n’B e blues si incontrano in un insieme di sofisticazione che solo pochi riescono a raggiungere senza cadere nel kitsch.
“Lowdown” fu il pezzo che scardinò le classifiche, dal giro di basso e dall’intro inconfondibile, combinando una ritmica raffinata con linee melodiche eleganti dimostrando come fosse possibile creare una canzone stilisticamente perfetta e accessibile a tutti.

Dischi Consigliati:
“Silk Degrees” - (1976, Columbia)
“Down Two Then Left” - (1977, Columbia)
“Middle Man” - (1980, Columbia)

Gino Vannelli
Gino Vannelli, di origini italo-canadesi, ha saputo portare lo Yacht Rock in un viaggio musicale fatto di "discese ardite e risalite" di note, un vero e proprio ottovolante sonoro. La sua vocalità, a tratti drammatica, riesce a trasformare l'atmosfera dei suoi brani mantenendo sempre un controllo sorprendente.
I suoi album, fino al 1981, sono ancora oggi oggetti di culto da chi apprezza la fusione tra generi.
Con l'aiuto dei fratelli Joe e Ross, Vannelli ha saputo combinare con maestria jazz, funk e pop, creando un mix che trascina l'ascoltatore in un vortice di emozioni curate in ogni dettaglio.

Dischi consigliati:
“Storm At Sunup” - (1975, A&M)
“Brother to Brother” - (1978, A&M)
“Nightwalker” - (1981, Arista)

Doobie Brothers & Michael McDonald
Con l'arrivo di Michael McDonald, i Doobie Brothers accentuarono il lato soul e pop della loro musica, riuscendo a integrare il groove nel soft rock. In pratica, McDonald trasformò radicalmente la band, non solo grazie alla sua straordinaria voce dalle inflessioni soul, ma anche attraverso composizioni come "What a Fool Believes" e "Livin' On The Fault Line".
Si può affermare senza esitazioni che la collaborazione di McDonald con gli Steely Dan fu un catalizzatore per scuotere una scena pop/rock stagnante, e grazie al suo ingresso nei Doobies contribuì alla nascita e allo sviluppo dello stile Yacht Rock.

Dischi consigliati:
“Takin it To The Street” - (1976, Warner Bros)
“Livin’ On The Fault Line” - (1977, Warner Bros)
“Minute By Minute” - (1978, Warner Bros)

Bill LaBounty
Meno conosciuto rispetto agli altri protagonisti, LaBounty incarna una visione più intimista dello YR, ed è il tipo di artista che non cercherete mai volontariamente su Spotify, ma basta una canzone come “Livin’ It Up” per farvi cambiare idea e capire di trovarsi di fronte ad un genio del sottobosco del pop.
Nulla di rivoluzionario, intendiamoci, solo melodie impeccabili che si imprimono nella mente. LaBounty si muove su quel confine sottile tra il sound più radiofonico dello YR e un songwriting sofisticato, pensato per un pubblico adulto.

Dischi consigliati:
“This Night Won’t Last Forever” - (1978, Curb)
“Rain in My Life” - (1979, Curb)
“Bill LaBounty” - (1982, Curb)

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