lunedì, gennaio 22, 2024

I dischi più venduti in Italia nel 2023

Sono state pubblicate le classifiche relative agli album, singoli e vinili più venduti in Italia nel 2023.

Il criterio con cui vengono compilate somma il formato fisico al download e allo streaming premium (ovvero l’ascolto dalle piattaforme digitali per il quale è stato sottoscritto un abbonamento a pagamento).
I risultati seguono le tendenze degli anni recenti ovvero un dominio pressoché totale da parte degli artisti nostrani a scapito di nomi stranieri (l’ottanta per cento delle classifiche), l’assenza ormai congenita del rock (pur nell’accezione più ampia), il prevalere massiccio di nomi legati all’ambito rap/trap.

Se scorriamo la lista degli album, i più venduti sono stati nell’ordine Geolier, Lazza, Tedua, Pinguini Tattici Nucleari, Marco Mengoni, Sfera Ebbasta, Shiva, Tananai, Guè e Ultimo. Tra i singoli poco cambia: Lazza, Mengoni, Mr.Rain, Finesse, Tananai, Ava Anna CapoPlaza, Annalisa, The Kolors, Bizzarap e Quaevedo, Geolier.

Ci sono artisti che appaiono più volte in varie posizioni come Marracash, Pinguini Tattici Nucleari, Taylor Swift, Sferaebbasta. L'album più venduto di un'artista femminile è "Ok. Respira" di Elodie (ventesima nella classifica generale).
Ci sono poi Madame, Rose Villain, Annalisa, Taylor Swift, Angelina Mango, Laura Pausini, Miley Cyrus, Emma, Rosalia. Si diceva del rock, ormai assente se non in posizioni di retrovie (se si esclude il fenomeno pop dei Maneskin che con “Rush” sono all’undicesimo posto tra gli album). Troviamo al ventitreesimo posto l’immarcescibile “Dark side of the moon” dei Pink Floyd (di cui è stata stampata una nuova versione nel cinquantesimo anniversario dalla pubblicazione), ormai oggetto di decorazione casalingo più che materiale da ascolto.
Al cinquantesimo posto un’altra edizione di un disco datato, “AM” degli Arctic Monkeys del 2013, probabilmente spinto dall’edizione per il decennale e dalle date italiane dello scorso anno.
Ci sarebbero anche i Depeche Mode al cinquantanovesimo e Ligabue al sessantacinquesimo, se proprio li vogliamo inserire.
Per il resto, nebbia.
Perfino la compilation dello Zecchino d’Oro è davanti al nuovo dei Rolling Stones (che di per sé sarebbe un evento mediatico non da poco, pur se soffre la data d’uscita, a fine ottobre, ma che in relazione al nome storico non avrebbe dovuto mancare l’accesso nei primi cento).

Va meglio nei vinili, evidentemente ad appannaggio di un pubblico più maturo, ancora affezionato al formato della propria gioventù (anche se pure qui non mancano Lazza, Salmo & Noiz Narcos, Sferaebbasta, Calcutta, Guè tra i primi posti).
“Dark side of the moon” dei Pink Floyd è al primo posto, Arctic Monkeys ottavi, Stones al nono posto, ancora i Pink Floyd con “Wish you were here” al ventesimo. Nomi classici, legati a un passato remoto.

Probabilmente, almeno in Italia, è la cartina al tornasole di una disaffezione totale nei confronti di un contesto artistico che non attira più particolare interesse.
Aspetto che confligge con i sold-out che regolarmente vediamo nei concerti (anche a prezzi esorbitanti e talvolta difficili da affrontare. Bruce Springsteen, Who, Blur, tra i tanti, hanno riempito stadi e ampi spazi).
La possibilità di fruire gratuitamente della musica ovunque sul web ha allontanato le persone dall’acquisto del supporto fisico o digitale che sia, spostando l’attenzione sull’evento affollato, a cui partecipi in prima persona e che condividi con tante altre. Gli stessi musicisti hanno, talvolta per necessità, dovuto rivedere le modalità lavorative, in considerazione della diminuzione drastica delle vendite dei dischi e delle scarse retribuzioni che arrivano dalle piattaforme digitali, riprendendo a suonare dal vivo più frequentemente.

Valga ad esempio proprio la classifica italiana. Emanuele Palumbo, in arte Geolier con “Il coraggio dei bambini” ha avuto l’album più venduto dell’anno con 250 mila copie.
Non troppi anni fa si arrivava intorno al milione di copie.

D’altronde, per citare di nuovo i dati, nel 2023 lo streaming domina incontrastato i consumi italiani, con oltre 71 miliardi di stream, comprensivi di premium e free (ovvero non a pagamento), e una crescita del 15.9% rispetto all'anno precedente.
Inoltre, a superare la soglia dei 10 milioni di streaming (premium + free) sono stati 793 album: ovvero + 235 titoli rispetto al 2022. Dunque quali conclusioni si possono trarre da questa fotografia del gusto degli italiani?

Innanzitutto spesso si ricordano i “bei tempi” con nostalgia, reputandoli migliori ma se andiamo ad analizzare meglio quelle classifiche, certo, troviamo molti più nomi “dignitosi” piazzati in alto.
Almeno fino agli anni Ottanta, in cui trovavamo Dire Straits, Police, U2, cantautori di grande valore, da Dalla a De Andrè. Successivamente, saltando di anno in anno, in vetta ci sono Pausini, Celentano, Julio Iglesias, Shakira che, con tutto il rispetto, non hanno mai regalato capolavori indimenticabili.
Le cose cambiano nei primi anni Duemila, quando i vecchi del rock e della canzone d’autore declinano, anche artisticamente, non trovano validi sostituti, lasciando campo libero al pop più disimpegnato e da sei/sette anni all’arrivo del rap italiano e della trap.

Che cosa è successo? Forse la domanda, apparentemente provocatoria, è: e se fosse questa la nuova canzone d’autore italiana?

A fianco degli eccessi verbali di alcuni esponenti della trap (a cui si fa costante riferimento quando si parla del genere, dimenticando decine o centinaia di testi di grandi artisti rock, nostri beniamini, che lasciavano poco all’immaginazione sia in ambito sessuale – sessista molto spesso – che sull’uso di sostanza di ogni tipo, dall’alcol all’eroina), ci sono anche prodotti liricamente più elaborati, che trattano tematiche vicine al sentire dei più giovani.

Testi che parlano della difficoltà dell’integrazione dei nuovi italiani, delle problematiche delle periferie, della mancanza di prospettive in una società turbo capitalista in cui il binomio denaro/successo (anche se effimero) è l’unico faro acceso. Temi di cui la politica non parla più, di cui nessuno si fa carico e che, anzi, scarica sulle persone che dovrebbero essere invece aiutate e tutelate.

Tedua con l’ambizioso “La Divina Commedia”, tra i più venduti, ha fatto un passo avanti poeticamente:
“Per me si deve tentare di inserire del contenuto anche nelle hit mainstream. Sennò la musica si riduce a una corsa alla superficialità e al consumismo. Sono un ragazzo che ha fatto l’alberghiero, non un professore. Non voglio fare il finto intellettuale con citazioni che non mi appartengono.”

O come sostiene Ghali: “Siamo divisi tra popolo e potere, tra persone e potere, c’è un distaccamento che non c’è mai stato. C’entra anche il mio nuovo approccio con il rap: io sto rappando perché mi sento parte di qualcosa, tornare a rappare è tornare in mezzo alle persone. Tra potenti (economici, di informazione) e persone non c’è una via di mezzo, si sta o da una parte o dall’altra, in mezzo è solo un campo di battaglia. Come era successo alla mia generazione, a questi ragazzi più giovani non frega nulla di quello che c’era prima, sono solo sicuri che il pubblico fuori sta aspettando loro e nient’altro.

Geolier racconta la sua Napoli:
“Voglio raccontare il mio quartiere per com'è, non voglio essere semplicemente un megafono che racconta una situazione, io sono quella situazione. Voglio far parlare la mia gente, la mia terra, rappresentarla, e lo faccio in napoletano perché la mia gente si lamenta in napoletano, ama in napoletano, si incazza in napoletano. Devo raccontare la mia vita come la raccontano loro”.

Lazza, anni di Conservatorio alle spalle, cultura classica: “Ancora oggi arriva lo scemo di turno e mi dice: “Tu non sei di strada perché hai fatto il Conservatorio”. Ma cosa c’entra? Io sono stato solo più furbo. La strada l’ho vissuta da piccolo e continuo a vederla anche oggi.”

Personalmente coltivo altre direzioni artistiche, altri gusti, altre modalità di fruizione e proposizione della musica.
Ma se questo ambito è cresciuto, sta cambiando e maturando, togliendosi, in buona parte, le scorie di un inizio scomposto, provocatorio, talvolta sterile e poco significativo, forse è perché ci sono fondamenta valide e che possono essere sviluppate.
Dagli artisti per il loro pubblico.
Perché in fondo chi sceglie è sempre il pubblico.
E noi vecchi tromboni con il dito alzato a giudicare le scelte dei giovani, spazzati via dai nuovi venti freschi.
Ci piaccia o meno.

6 commenti:

  1. Sono il nulla, che vendano o meno. I gggiovani vanno sopressi da piccoli. Fortunatamente stiamo estinguendoci. W i The Ruts con "the Crack"

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  2. Buonasera Antonio, mi permetto di darti del tu, leggo sempre con grande interesse il blog. So che sei sincero nel commentare con mitezza d’animo e gentilezza certe atrocità del presente. Ormai stiamo facendo il callo a tutto e si cerca del buono anche laddove impera cattivo gusto, incultura e terribili mode passeggere. In questi giorni ci stanno convincendo, anche per bocca di stimati intellettuali, che i cinepanettoni non erano così male! Parlar male di qualcosa sembra non essere più possibile senza dover indossare gli abiti del passatista o peggio, dello snob, l’epiteto definitivo. Restando in ambito musicale, la disanima che hai fatto sulle classifiche di vendita, a mio parere, certificano solo un’evidenza, ogni tanto una generazione toppa. Detto questo sono certo che anche a questo giro le minoranze faranno progredire il mondo. Chissà, magari tra qualche anno i ragazzi torneranno ad infastidire gli adulti con utopistiche trasgressioni e a vergognarsi di partecipare o solo assistere a cose come Sanremo (che incombe) e a tutti gli altri scemenzai musicali e non.
    P.S. Saperti tifoso del Cagliari è stata una bella sorpresa. Per noi sardi Gigi Riva va ben oltre le prodezze calcistiche, è stato, e sempre sarà, un esempio di integrità morale e indomita appartenenza.
    Saluti,
    Giorgio

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  3. Ciao Giorgio. Capisco il tuo ragionamento. In realtà la mia affermazione è dubitativa. Mi chiedo, sinceramente: ma non è che la nuova canzone d'autore sia poi questa ai nostri giorni? Ovvero: non è che siamo noi (parlo per me) più attempati a non capire fino in fondo i contenuti di queste proposte (intendo quelle più interessanti). Ho notato che alcuni artisti del giro rap/trap si stanno evolvendo verso altre forme artistiche. E' il loro linguaggio comunicativo che a noi non arriva, forse. Sicuramente, per quanto mi riguarda, il confronto con quello che apprezziamo è impietoso ma sto cercando di capire se in fondo non ci sia del buono. Ci ho provato anche con i cinepanettoni e affini è ho capito che erano film inguardabili. Probabilmente, passata 'a nuttata, ci renderemo conto della pochezza della musica di cui sopra. Ultima cosa: in realtà queste sono classifiche in buona parte basate sullo streaming e non di rado molto "drogate" da ascolti comprati etc. Intorno ci sono migliaia di persone che acquistano e ascoltano ben altra musica, creativa, interessante, nuova. Attenzione: NON PIU' ROCK. Quello è stato musealizzato, è mainstream, si ascolta ovunque come sottofondo. PS: forza Cagliari sempre, Gigi Riva un padre.

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  4. Grazie Antonio per la tua risposta, mi trovo però ancora in disaccordo quando sostieni che migliaia di persone (le mie agognate minoranze) ascoltino musiche nuove e interessanti, ma non più Rock. Stando solo al 2023 ho ascoltato e acquistato decine di fantastici dischi Rock (Post Punk, Garage, Soul, Psych..etc) che testimoniano scene musicali in giro per il mondo vitalissime. Alcuni miei preferiti stanno anche nella tua lista di fine anno. Mi va di fare alcuni esempi, il recente, ricchissimo, Rock australiano (Melbourne e Perth sugli scudi, con il genietto Mikey Young spesso in fase produttiva), la Psichedelia americana con artisti che nulla invidiano agli eroi del passato (dai Black Angels a Ty Segall), il nuovo corso del Post Punk inglese e irlandese (grandi riscontri anche al botteghino), l’Europa tutta, dalla Sicilia ai paesi scandinavi. Senza voler passare per cieco resistente, in tutta onestà mi sembra che questa presunta morte del Rock e di tutte le sue innumerevoli derive stia più sulle pagine delle riviste e nei siti che vanno per la maggiore che non nella realtà. Tra l’altro i protagonisti sono spesso giovani o giovanissimi, giusto per contraddire la trita falsissima tiritera che il Rock sarebbe solo roba per ultra sessantenni. Certo è tutto molto sotterraneo, poco commerciale e inviso alle logiche del mainstream, ma ti chiedo, non è sempre stato così?
    Saluti,
    Giorgio

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    1. Non è sempre stato così. Negli 70 e anche 80 le classifiche italiane - qui si parla di Italia - avevano Led Zep, Dee Purple, prog etc ai primi posti degli album più venduti da noi. Poi ci furono Police, Dire Straits, U2 etc. Perfino i CSI arrivarono in vetta (almeno per una settimana). Non accade più, nemmeno in Usa (tutta roba pop o rap). Solo in UK resiste. Il rock ha ancora tantissimi gruppi interessanti e giovani che propongono ottime cose ma il pubblico generalista ascolta altro. Almeno a quanto ci dicono i dati riportati.

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  5. Ok, ho allargato troppo i confini delle mie considerazioni, volevo solo dire che c’è ancora del buon rock’n’roll da ascoltare. Grazie del tempo e dello spazio.
    A quando il nuovo Not Moving LTD?
    Saluti,
    Giorgio

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