mercoledì, aprile 15, 2020

Everton 1984/85



ALBERTO GALLETTI ci porta con EVERTON 1984/85 all'interno della nuova rubrica dedicata alle GRANDI STAGIONI calcistiche.

Nessun decennio ha mai visto una città dettare legge sul calcio inglese come Liverpool con le sue due squadre negli anni ’80.

In totale ci furono otto i campionati vinti, sette dei quali consecutivi; ma anche 3 FA Cup, due delle quali arrivate in finali derby, mai successe prima; più due altre finali perse; 4 Coppe di Lega con un’altra finale derby e altre due finali perse. Poi l’Europa: 2 Coppe dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe; quindi l’Heysel e la seconda metà del decennio passato, squalificati, a guardare gli altri.
Sicuramente sarebbe arrivato ancora qualcosa.

Nel 1983/84 il Liverpool aveva completato un treble di tutto rispetto: vittoria in campionato, la terza consecutiva, quindicesima in totale; vittoria in Coppa dei Campioni, la quarta; e vittoria in Coppa di Lega, quarta consecutiva.
Proprio in quest’ultima competizione, i finalisti sconfitti furono i concittadini dell’Everton che si riaffacciavano al vertice dopo un quindicennio di alti, pochi, e soprattutto bassi.
Guidati da Howard Kendall, una leggenda del club che da giocatore aveva vinto l’ultimo campionato fino a quel momento (1970), come parte di quella che i tifosi definirono la ‘Holy Trinity’ del centrocampo, gli altri due erano Colin Harvey e Alan Ball, era tornato a Goodison Park a fine carriera, trentaseienne, come giocatore/allenatore e con il chiaro intento, avendo vissuto gli ultimi anni trionfali del club, di riportarceli.
La sua prima mossa fu di ingaggiare il portiere Neville Southall dal Bury che si rivelerà anche uno dei suoi migliori acquisti.
Sicuro e affidabile, ebbe grande parte con le sue parate decisive in tutte le vittorie che seguiranno e metterà insieme oltre 600 presenze per il club oltre a 92 caps per il Galles.

Nell’ 82 arrivò Peter Reid dal Bolton per sole 60.000 sterline, un’affare per un mediano solido, e decisivo nella stagione della prima vittoria in campionato; seguito nell’83 da Trevor Steven, un’ala diciannovenne dal Burnley, con grande propensione al tiro (e al gol),entro due anni sarà in nazionale e giocherà due mondiali.

L’Everton chiuse quel campionato al settimo posto dopo essere stato al lungo a ridosso della zona retrocessione.
Andy Gray, arrivato a metà stagione dai Wolves aveva dato più soluzioni all’attacco, ma soprattutto la necessaria scossa.
La squadra andò anche in finale di FA Cup e vinse, 2-0 al Watford di Gaham Taylor e Elton John.

Pochi, a inizio stagione 1984/85 pronosticavano quello che poi sarebbe accaduto.
L’Everton rimaneva nelle ottime mani di Kendall e poteva contare, oltre ai tre descritti sopra, su una coppia di difensori centrali formata da Mountfield, compassato stopper col vizio del gol e dal capitano Kevin Ratcliffe proveniente dal settore giovanile, un duo affidabile, veloce e potente dotato della giusta esperienza, in campo si facevano rispettare.
Quindi Gary Stevens, terzino fluidificante, si diceva al tempo, prodotto del vivaio, aveva esordito in prima squadra nell’82. Le sue scorribande offensive risultavano spesso incontenibili, inesorabile in difesa e dotato di una rimessa laterale lunghissima e micidiale che si rivelerà un’arma vincente in più di un occasione.
Anche lui sarà presto un nazionale.
A centrocampo Trevor Steven, Peter Reid e Kevin Sheedy formavano un reparto con pochi uguali in Inghilterra, dinamico, intelligente ed equilibrato. Davanti la coppia formata da Adrian Heath, 19 centri la stagione precedente e Graeme Sharpe, uno scozzese alto magro e fortissimo. Per la stagione che andava ad iniziare due acquisti: Pat van den Hauwe dal Birmingham City che andava a terzino sinistro, ruvidissimo; e Paul Bracewell dal Sunderland a fare l’interno di centrocampo. Entrambi pagati poco, entrambi si integreranno ottimamente nella squadra, entrambi daranno un’apporto essenziale alla stagione; entrambi dimostrazione, infine, della grande capacità di Howard Kendall di pescare giocatori di talento e affidamento da serie inferiori, pagarli poco e renderli giocatori di primaria grandezza. Un allenatore come se ne sono visti pochi.

La stagione si aprì nel migliore dei modi con una vittoria a Wembley sui cugini nel tradizionale Charity Shield.

Nonostante l’autorete di Grobbelaar, la sensazione che i blues potessero competere seriamente con i più titolati avversari fu palpabile.
Ma il campionato cominciò male: in vantaggio dopo un quarto d’ora nell’incontro d’esordio, vennero poi travolti, 1-4, dal Tottenham. Seguì una nuova sconfitta, 2-1, al the Hawthorns il sabato successivo. La vittoria per 1-0 in casa del Chelsea alla terza giornata riportò un po di sereno sulla testa di Howard Kendall che già era stato a rischio esonero per almeno metà della stagione precedente e sulla cui sorte, ancora, il board non aveva le idee propriamente chiare.
Fu questa anche l’unica partita dell’Everton ad essere trasmessa in diretta tv quell’anno, un anticipo al venerdì sera sulla BBC.

La forma sembrava ormai trovata e l’ entusiasmante vittoria per 5-4 in casa del Watford all’8° giornata fu la prima di una serie di otto vittorie consecutive, comprensiva di vittoria nel derby, 1-0 ad Anfield Road con gol capolavoro di Sharp e demolizione del Manchester United per 5-0, bissata tre giorni ad Old Trafford in Coppa di Lega. Settembre e ottobre passarono senza sconfitte, e il 3-0 al Leicester del 3 novembre valse anche il primo posto in classifica.
La serie positiva fu chiusa da una sconfitta per 4-2 a Carrow Road il 24 novembre. Quattro giorni prima era svanito il primo traguardo stagionale: il modesto Grimsby Town, allora in seconda divisione vinse a Goodison Park la partita del quarto turno di Coppa di Lega. A niente valgono diciotto corner a uno, undici tiri nello specchio della porta contro uno, due salvataggi sulla linea di cui uno con la mano e rigore non dato. L’Everton è eliminato.

Il primo dicembre lo Sheffield Wednesday impone un pari a Goodison Park, ma l’Everton mantiene la testa della classifica; perde però Heath ch si infortuna al ginocchio a causa di un duro tackle Marwood, per lui stagione finita.
E’ un duro colpo per la squadra, il centravanti fin lì era andato a segno in campionato ben 11 volte in 13 incontri, ma il vecchio leone Andy Gray non lo farà rimpiangere.

Quindi seguono un altro pari e una vittoria prima di una nuova sconfitta, questa volta in casa,il 22 dicembre ad opera del Chelsea che restituisce la scortesia di agosto e si impone per 4-3; il Tottenham nel frattempo si fa sotto.
Il periodo natalizio, iniziato male, prosegue con tre vittorie consecutive.
Il primo gennaio ’85 dopo il successo casalingo sul Luton (2-1) l’Everton è secondo appaiato al Tottenham con 46 punti ma con una differenza reti di +20 contro il +24 dei londinesi; segue il Manchester United a 41, quindi l’Arsenal a 39; il Liverpool è a -11.

Nel frattempo, grazie alla vittoria in FA Cup del maggio precedente, l’Everton era tornato a giocare in Europa dopo quattro stagioni.
Un sorteggio facile al primo turno aveva dato luogo ad un doppio confronto con gli irlandesi dell’ University College Dublin risoltosi con una qualificazione davvero stentata (0-0 e 0-1), ma si era ancora ad inizio stagione, forse la forma non era ancora delle migliori.
Già al secondo turno, ottobre/novembre, le cose erano un po migliorate e i cecoslovacchi dell’ Inter Bratislava erano stati regolati abbastanza agevolmente grazie ad una doppia vittoria: 1-0 in trasferta all’andata e 3-0 al ritorno a Goodison Park.
Poi pausa fino a marzo, alla ripresa dell’attività l’avversario sorteggiato furono gli olandesi del Fortuna Sittard.
Lo scatenato Andy Gray realizza una tripletta nell’incontro, a senso unico, di andata in casa che chiude d fatto il discorso qualificazione
. Al ritorno in Olanda una nuova vittoria, questa volta per 2-0 con reti di Sharp e Reid con prima qualificazione ad una semifinale europea.

La squadra è ormai in stato di grazia e va a mille.
Dalla 21° giornata alla 38ma infilerà una serie di 16 vittorie e due pareggi.

Quando, il 20 aprile, il Tottenham unico distanziato inseguitore, perde clamorosamente in casa (2-3) contro l’Ipswich terzultimo, l’impresa è quasi compiuta.
L’impresa serve mercoledì 24 aprile quando il Bayern Monaco, guidato dal poderoso capitano Augenthaler, rende visita a Goodison Park per la semifinale di ritorno di Coppa delle Coppe
. Son qui per vincere e andare in finale. A Monaco Southall tenne ha galla i suoi, e preservato un prezioso 0-0.
L’atmosfera è quella delle grandi occasioni, 49.476 tifosi stiparono quelle vecchie e gloriose gradinate per spingere l’Everton in finale; l’accoglienza alle squadre al loro ingresso in campo è entusiasmante.
Si presero però una doccia fredda quando Hoeness portò in vantaggio i tedeschi verso la fine del primo tempo.
Nella ripresa, due rimesse laterali di Stevens seminarono il panico nella difesa tedesca permettendo prima a Sharp e poi a Gray di ribaltare il risultato.
Trevor Steven chiuderà i conti a cinque minuti dal termine superando Pfaff in uscita con un bel pallonetto; e prima pagina di storia scritta.

Per la seconda appuntamento al 6 maggio, ancora a Goodison Park, ospite stavolta il QPR non ancora salvo.
Difficile da credere oggi, ma la partita non era in diretta tv, e non era prevista prevendita. L’inimitabile John Motson annunciò in diretta, erano le 13,00, dai microfoni di Football Focus, al tempo l’unico strumento di conoscenza calcistica televisiva in fase di presentazione della giornata di campionato, che gli ingressi dello stadio erano già chiusi e che 50.000 spettatori si trovavano già all’interno (50.514 per l’esattezza): mancavano due ore all’inizio della partita.

Un gol per tempo di Mountfield e Sharpe diedero la vittoria all’Everton e il primo trionfo in campionato in 15 anni, l’ottavo della serie per il club. All’interno del venerando impianto scene di tradizionale invasione di campo e grandi festeggiamenti per una vittoria che solo dieci mesi prima, per una tifoseria sottomessa da anni allo strapotere dell’altra metà calcistica della città, sembrava impossibile.
E con ancora cinque partite tra recuperi e calendario da giocare.

In FA Cup, dopo il trionfo dell’anno prima, l’Everton si ripropose con intenti di vittoria.
Furono eliminati nell’ordine Leeds United (2-0), Doncaster Rovers (2-0), Telford United (3-0) e Ipswich Town che costrinse i blues al replay (2-2 e 1-0), prima della semifinale contro il Luton, che andò ai supplementari e fu vinta, 2-1, dopo essere stati a lungo in svantaggio.
L’appuntamento per la finale era fissato per il 18 maggio a Wembley, ad attenderli il sempre temibile Manchester United e la possibilità di un’inedita quanto prestigiosa tripletta.

Con la finale di Coppa delle Coppe fissata il mercoledì precedente, 15 maggio, non sorprende che la visita resa al City Ground sabato 11 maggio si risolse in una sconfitta, 1-0 per il Forest, che interruppe la serie di 18 risultati utili consecutivi.
Ma la testa era altrove.
A Rotterdam, dove ad attenderli c’era il secondo trofeo stagionale in palio, con la possibilità di cogliere la prima prestigiosa affermazione europea e oltre 25.000 tifosi che avevano fatto in qualche modo il viaggio dall’ Inghilterra.
Oltre al Rapid Vienna, guidato dal veterano Hans Krankl, anch’esso alla prima finale europea.
L’Everton vinse abbastanza agevolmente, gli austriaci furono avversario tutt’altro che temibile.
Dopo un primo tempo incolore, Andy Gray e Steven portarono avanti i nostri nel giro di un quarto d’ora; e anche quando Krankl ridusse le distanze a 2-1, mancavano cinque minuti, Sheedy impiegò meno di un minuto a ripristinarle.

Fu un trionfo, in una serata distesa.
Non ci furono incidenti, i tifosi si comportarono bene; ci furono partite di calcio con la polizia olandese nel pomeriggio, scambi di sciarpe, berretti e birre con tifosi austriaci, forze dell’ordine e appassionati locali.
Per l’Everton, che non aveva mai centrato un ‘double’ domestico si trattò senz’altro, già a questo punto della miglior stagione di sempre. Altri tre giorni ed ecco la possibilità concreta di centrare un tripletta da favola e rendere la stagione veramente ineguagliabile, vincendo la finale di FA Cup.

Ovviamente i favori del pronostico erano tutti per i neo-campioni, in virtù dei freschi trionfi stagionali e dei precedenti in campionato, in special modo il 5-0 di ottobre.
Ma come spesso accade, i pronostici vengono poi rovesciati dai fatti.
Il Manchester United era comunque una squadra di tutto rispetto.
La partita fu comunque tesa e abbastanza equilibrata, ma quando Moran fu espulso al un quarto d’ora dalla fine per un’entrataccia su Reid, le sorti dell’incontro parvero segnate.
Errore perché lo United trovò orgoglio e compattezza per resistere fino al 90’; e poi anche il gol vittoria a 5’ dalla fine dei supplementari con Whiteside che con un tiro a giro dal limite trafisse Southall sul palo più lontano.

Finirono qui i sogni di gloria da tripletta, non la stagione, con ancora tre recuperi da disputare il primo dei quali, derby in casa contro il Liverpool, offre la possibilità all’Everton di un pronto riscatto.
E riscatto sarà, vittoria 1-0 grazie a una prodezza di Wilkinson davanti al più alto pubblico casalingo della stagione: 51.045 spettatori.
Nelle ultime due partite in programma l’Everton schiererà principalmente riserve e perderà entrambi gli incontri.

Sconfitte che non intaccarono niente.
Fu una stagione trionfale, nonostante la delusione di Wembley. 90 punti totalizzati in campionato, 13 in più del Tottenham e Liverpool appaiati al secondo posto; 88 reti realizzate, miglior attacco, e una differenza reti di +45.
Vittoria in Coppa delle Coppe ottenuta senza aver perso un’incontro e con due soli gol al passivo subiti, di cui il primo già nella semifinale di ritorno e il secondo in finale a cinque minuti dalla fine, a fronte di 16 realizzati.
Fu questa la prima di tre grandi stagioni al vertice giocate dall’Everton sotto la guida di Howard Kendall, profeta in patria. La stagione successiva si chiuse con un doppio secondo posto sempre alle spalle dei cugini.
Kendall ingaggiò il capocannoniere Lineker dal Leicester che confermò le proprie qualità laureandosi ancora capocannoniere con 30 reti, che non bastarono.

Il Liverpool fece 2 punti in più in campionato e vinse la finale di FA Cup per 3-1.
Nuovo trionfo in campionato nel 1986/87 sempre davanti al Liverpool distanziato stavolta di nove punti.
Il 1984/85 fu anche una stagione in cui la squadra non fu seguita come avrebbe meritato. Delle manchevolezze di BBC e ITV relativamente alla programmazione televisiva ho già accennato; ma la media spettatori per gli incontri casalinghi fu solamente di 32.131, a fronte di una capienza dello stadio di 53.419.
Le 50.000 presenze furono superate solamente due volte, per l’incontro decisivo contro il QPR del 6 maggio e per il derby della settimana dopo.
I tempi errano del resto assai duri a Liverpool nella prima metà degli anni ’80 e la cura da cavallo imposta dal governo Thatcher all’economia britannica aveva causato una forte recessione economica e disoccupazione in massa in posti come Liverpool ancora legati alla vecchia economia industriale e campi correlati.

Soldi in giro ce n’erano pochi, per il calcio anche meno.

L’Everton avrebbe sicuramente potuto scrivere altre pagine gloriose in Europa, ma le nefandezze perpetrate dai loro dirimpettai a Bruxelles due settimane dopo la vittoria di Rotterdam portarono all’estromissione dei club inglesi dalle competizioni europee per i successivi cinque anni e le speranze, tutt’altro che peregrine, di dominare l’Europa morirono sul nascere.

I protagonisti:
Formazione tipo (presenze/ gol):
1 Neville Southall (63/0)
2 Gary Stevens (58/4)
3 Pat van den Hauwe (46/0)
4 Kevin Ratcliffe (61/0)
5 Derek Mountfield (58/14)
6 Peter Reid (57/4)
7 Trevor Steven (61/16)
8 Adrian Heath (26/13) poi Andy Gray (31/14)
9 Graeme Sharp (55/30)
10 Paul Bracewell (57/4)
11 Kevin Sheedy (42/17)
Allenatore: Howard Kendall
Quindi:
Kevin Richardson (18/4); John Bailey (21/0); Alan Harper (15/0); Terry Curran (8/0); Ian Atkins (6/1); Paul Wilkinson (4/2); Darren Hughes (2/0).

E’ stata una delle ultime squadre inglesi a schierare il centravanti col n.8, secondo una vecchia tradizione inglese. Lo aveva Heath, lo avrà Lineker l’anno dopo. Lo ebbe Rush fino a qualche anno prima.

12 commenti:

  1. Bellissimo pezzo Albert. tra l'altro nell'ultima riga mi riporti alle varie attribuzioni del numero del centravanti secondo le tradizioni.
    Ricordo che ai tempi dei miei campionati giovanili, la marcatura era strettamente a uomo e,non conoscendo gli avversari, ci si rifaceva ai numeri di maglia..il 2 marca l'11,il 3 il 7, il 5 il 9 ecc per cui ogni tanto per confondere gli avversari qualcuno invertiva appunto l'8 col 9 o col 10.
    Gallo in che tradizione il centravanti portava il 10?
    Grazie per il tuo bel pezzo
    KTF
    C

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  2. Per noi era così. Infatti bastava dare il 9 a un centrocampista per mandare in crisi una squadra intera. Centravanti col 10 non ricordo, a parte Lineker in nazionale e quando tornò dalla Spagna

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  3. mmh..qualcosa di sudamerica forse..

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  4. bellissimo articolo, ricordo bene quella stagione, southall era fortissimo, l'everton aveva una divisa le coq sportif stupenda, con una triangolo bianco sotto il girocollo, avevo poi una passione per sharp, amavo il calcio inglese e i suoi attaccanti forti di testa. attaccanti a cui mi ispiravo nelle mie tragiche partite con gli amici nei parchi di milano.
    alberto

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    1. Magliette fichissime, quelle della foto, hanno i pantaloncini blu è quella di Rotterdam. Stesso anno l'avevamo anche noi: granata con triangolino azzurro.
      Ai tempi Sharp é stato anche un mio idolo. https://youtu.be/jsBCEmKle_c

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    2. gran gol, ancora più bello quello fatto al tottenham (mi pare) forse il primo anno che era all'everton. su youtube c'è il video anche della successiva intervista, con ciuffo di capelli da popstar
      alberto

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    3. Grandissimo gol pure quello. Migliore di questo non so, le maglie senz'altro si

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  5. Gallo, hai visto che notizia di merda? Sto virus si è portato via anche il Negro.....grande portiere.

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  6. Nooo, non ho visto nessuna notizia
    Il nostro Negro?

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  7. Southall il portiere pingue mi piaceva un sacco. Mountfield, il centrale, passò pure dalle nostre parti se non erro. Goodison Park è un posto dive ancora si respirano sensazioni old style. Bel pezzo davvero.

    Charlie

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