lunedì, settembre 23, 2019

Lelio Luttazzi



Articolo che ho scritto per "Libertà", quotidiano di Piacenza, di ieri

“Lelio Luttazzi presenta Hit Parade”.

Un urlo che introduceva dal gennaio del 1967 al 1976 una trasmissione che, personalmente, seguivo con religiosa puntualità, visto che per chi era, nella prima metà degli anni 70, completamente a digiuno di musica, rappresentava una delle rarissime fonti di informazione.

Le proposte, erano, allora come oggi, molto spesso di scarso spessore artistico ma in mezzo a canzonette di vario tipo, ogni tanto arrivava qualche nome, titolo, musica mai sentita prima.

Lelio Luttazzi fu così per lungo tempo un riferimento essenziale (stiamo parlando di un'epoca, non è mai superfluo ripeterlo, in cui non solo non c'era internet ma nemmeno le radio private.
Al massimo captavi la radio Svizzera, rare volte la BBC, più spesso Radio Tirana).
Quando poco tempo dopo arrivarono anche trasmissioni come “Pop Off” e “Supersonic”, in cui era il rock a farla da padrone, la “Hit Parade” diventò molto meno seguita dal sottoscritto.

Ma il nome di Lelio Luttazzi mi rimase sempre bene in testa.

In quegli anni aveva già maturato un curriculum fenomenale.
Musicista (come ha sempre voluto definirsi), autore, showman, grande pianista, Direttore dell'orchestra Rai di Torino, compositore di canzoni destinate a diventare classici della musica italiana, come “Una zebra a pois”, portata al successo da Mina o “Vecchia America” per il Quartetto Cetra, “You'll say tomorrow” che venne poi registrata da Sophia Loren e tantissime altre.
I suoi brani hanno sempre un gusto jazzato, swing, leggero ma dai contenuti e riferimenti colti.

“Della musica “nera”mi piaceva tutto: ritmo, armonia, ma soprattutto, e parlo di ciò che precedette il be-bop di Charlie Parker, che era un genio di cui io non seppi mai ricalcare le orme, mi piaceva lo swing, a cui mi rifacevo e mi rifaccio ancora adesso, se devo fare qualcosa”.

Negli anni Sessanta lavora tanto in televisione, come conduttore (con Mina e Sylvie Vartan) e autore, compone colonne sonore, recita come attore con Michelangelo Antonioni e Dino Risi.
A proposito di Mina, con lei instaura un profondo rapporto di amicizia e di affetto, tanto da fargli dire in un'intervista come sempre caratterizzata da una grande dose di ironia: “Se mai avessi dovuto scrivere una autobiografia, sai di quelle del genere "Un uomo che ha avuto tutto", avrei assolutamente preteso di mettere in copertina come sottotitolo "e l'avrebbe ceduto per Mina".

L'inizio del lavoro in radio con “Hit parade” è il suggello di una carriera lanciata verso un irrefrenabile successo, bruscamente fermato nel 1970 dall'arresto, con l'accusa di spaccio di stupefacenti.

Con lui in prigione (dove trascorre, per poi essere completamente prosciolto, ventisette giorni), Valter chiari (ai tempi dipendente dalla cocaina) e Franco Califano (le cui abitudini in tal senso gli crearono, in seguito, non pochi problemi).
Si tratterà di un clamoroso errore giudiziario, verrà reintegrato in Rai e nel circuito artistico ma ne uscirà parecchio provato.
Il suo libro autobiografico, “Operazione Montecristo”, relativo alla triste vicenda, sarà di ispirazione al film di Alberto Sordi “Detenuto in attesa di giudizio”, uscito nel 1971.

Luttazzi scrisse, dirisse e interpretò un film, “L'illazione”, che, in modo allegorico, faceva diretto riferimento alla sua vicenda ma che rimase inedito fino al 2011.

Dagli anni 80 si allontana progressivamente dalla televisione e dal successo mediatico, dedicandosi soprattutto alla musica, suonando in concerto la passione di sempre, il jazz.
Verrà “riscoperto” qualche anno fa da Fabio Fazio che lo inviterà più volte al suo programma, “Che tempo che fa” mentre Paolo Bonolis lo vuole come ospite Festival di Sanremo del 2009, dove accompagna al pianoforte Arisa.

Saranno purtroppo le ultime apparizioni pubbliche. Luttazzi se ne va nel 2010 a 87 anni per una brutta malattia. Poco tempo prima il regista Pupi Avati gli aveva dedicato un documentario dal titolo esplicativo “Il giovanotto matto”.

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