Il mio meglio del 2025.
album che mi sono piaciuti e che ho ripetutamente ascoltato.
In passato i migliori album furono:
nel 2005 White Stripes, Oasis e Supergrass nel 2006 Bellrays, Capossela, Who e Beatles
nel 2007 Graham Day, Pj Harvey, Amy Winehose
nel 2008 Last Shadow Puppets, Oasis, Racounters
nel 2009 Madness, Dylan, Rancid
nel 2010 Gil Scott Heron, Paul Weller, Lanegan/Campbell
nel 2011 Beady Eye, PJ Harvey, Meat Puppets
nel 2012 Secret Affair, Neneh Cherry and the Thing, Macy Gray, Martha High, Patti Smith
nel 2013 Strypes, Miles Kane, Franz Ferdinand, Excitements, Julie's Haircut
nel 2014 Sleaford Mods, Damon Albarn, Temples, The Ghost of a Saber Tooth Tiger e Benjamin Booker
nel 2015: Paul Weller (fuori concorso), Kamasi Washington, Gaz Coombes, Ryley Walker
nel 2016: Iggy Pop, Fantastic Negrito, Motorpsycho, Myles Sanko, Last Shadow Puppets con Rolling Stones e David Bowie fuori concorso
nel 2017: Gospelbeach, Kamasi Washington, Paul Weller, Dream Syndicate, Liam Gallagher
nel 2018: Fantastic Negrito, Kamasi Washington, Gaz Coombes, The Good The Bad and the Queen, Spiritualized
nel 2019: Specials, Nick Cave and Bad Seeds, Dream Syndicate, Juliana Hatfiled, Chris Robinson Brotherhood
nel 2020: Bob Dylan, Bob Mould, Fantastic Negrito, Suzanne Vega, Gil Scott Heron/Makaya McCraven
nel 2021: Jon Batiste, Sleaford Mods, De Wolff, Coral, Sons of Kemet, Specials, Mdou Moctar
nel 2022: Fantastic Negrito, Viagra boys, Lazy Eyes, Suede razors, Black Midi
nel 2023: Jamie Branch, Teenage Fanclub, Noel Gallagher High Flying Birds, Tex Perkins and the Fat Rubber Band, Madness
nel 2024: The Prisoners, Judith Hill, X, Black Crowes, The Libertines
TOP 10
LITTLE SIMZ - Lotus
Il valore della rapper inglese è fin dagli esordi indiscutibile.
"Lotus" è il sesto album e ne conferma la costante evoluzione/contaminazione, tra funk, elettronica, hip hop, la stupenda, epica, drum and bass funk orchestrale della title track , jazz, spoken word.
Ogni brano è una scoperta, pieno di sorprese, suggestioni, riferimenti ma soprattutto denota una personalità unica e difficilmente eguagliabile.
Grande album.
IGGY POP - Live at Montreux Jazz Festival 2023
Un live stupendo, impressionante sia per l'energia profusa che per il numero di brani che, magari ce ne siamo dimenticati, sono assurti a "classici": da "Tv Eye" a "Search and destroy", "Raw power", "I wanna be your dog" fino "Lust for life" e "The passenger".
In mezzo ai 17 brani anche altre gemme come "Gimme danger", "Loose", "Sick of you", "Nightclubbing" o "Five foot one".
La sezione fiati colora a dovere molte canzoni (pur se talvolta è un po' fuori luogo).
Grande concerto e grande live.
PS: voce ancora perfetta.
NEW STREET ADVENTURE - What Kind Of World?
Torna la band di Nick Corbin dopo un lungo silenzio con un album di rara bellezza. Tanto soul, da quello più introspettivo alla Curtis Mayfield/Marvin Gaye, a impennate Northern ("Let Me Loose" farebbe saltare per aria ogni dancefloor), fino al torrido funk di "Everyone's A Music Maker" (roba tra Sly and the Family Stone e i Temptations di "Cloud Nine"). L'album che da anni vorremmo da Paul Weller (a cui l'estetica sonora e l'impronta vocale si avvicina parecchio). Stupendi arrangiamenti di fiati e archi, musicisti di pura eccellenza, canzoni semplicemente perfette. Non per niente il tutto è targato Acid Jazz Records.
BLACK EYES - Hostile Design
Torna a vent'anni dallo scioglimento e dal secondo album, la band di Washington, sempre per la Dischord Records e con la produzione di Ian McKaye (ex Fugazi e Minor Threat). Due batterie, basso, chitarra, sax voce stridente, sei brani per mezzora di musica, in cui si mischiano tribalismi, free jazz, post hardcore, dub. Una bomba di energia e creatività, un disco che sorprende e spiazza e di raro impatto. Spettacolari.
MAVIS STAPLES - Sad And Beautiful World
A 86 anni la Signora del Gospel/Soul riesce a regalarci ancora emozioni e brividi, con un album di estrema intensità e profondità. Dodici brani ripresi con una grazia e un cuore immensi, come da sempre ci ha abituati. L'introduttiva "Chicago" di Tom Waits lascia senza fiato, "We Got Have Piece" di Curtis Mayfield e "Anthemn di Leonard Cohen commuovono alle lacrime. Al suo fianco ospiti perfettamente adeguati comne Buddy Guy, Bonnie Raitt, Jeff Tweedy, Derek Trucks. Spettacolare.
LEN PRICE 3 - Misty Medway Magick
Venti anni di attività, una discografia corposa e un nuovo album travolgente per la band di Chatham. Il sound guarda esplicitamente al garage beat di matrice Prisoners ma anche direttamente ai Sixties di Who, Kinks e affini. Una ventata di freschezza, irruenza, riff crudi e immediati, grandi canzoni.
BOB MOULD - Here we go crazy
Capita sempre più di rado emozionarsi o commuoversi ascoltando nuova musica. Bob Mould è uno dei rari esempi che distrugge ogni barriera emozionale. Quella voce, quella chitarra, quella personalità unica che nel quindicesimo album solista riesce ancora una volta a lacerare cuore e anima, facendoci capire quanto siano stati "importanti quegli anni" e quanto gli Husker Du siano stati uno dei gruppi (punk) rock più straordinari mai avuti.
LITTLE BARRIE - & MALCOLM CATTO - Electric war
I silenti e dimenticati Little Barrie tornano dopo cinque anni ad affiancare il produttore e batterista Malcolm Catto degli Heliocentrics, per ripetere l'esperienza vincente di "Quatermass Seven". Gli otto brani del nuovo album sono un avvolgente mantello tessuto a rock, funk, jazz e psichedelia, suonato con un approccio "jam live in studio", diretto e spontaneo. Disco molto bello, Hendrixiano, bluesy,e groovy.
PAUL WELLER - Find El Dorado
"Sono canzoni che porto con me da anni. Hanno assunto nuove forme nel tempo. E ora mi è sembrato il momento di condividerle."
(Paul Weller)
Paul Weller ha sempre avuto una particolare predilezione per le cover di cui ha infarcito il suo repertorio, molto spesso nelle B sides dei 45 giri o nelle bonus tracks dei dischi.
Abitualmente le sue reinterpretazioni (tra Jam, Style Council, carriera solista, collaborazioni esterne) sono sempre state piuttosto fedeli agli originali.
Aveva già dedicato l'album "Studio 150" a una serie di brani preferiti, nel 20024, ma con risultati non esaltanti.
Ci riprova ora con 15 canzoni particolarmente oscure, spesso sorprendenti, fin da far sembrare l'album come un lavoro di inediti.
Il mood generale è acustico, con predilezione per folk inglese e irlandese con qualche digressione blues e soul.
Anche in questo caso le reinterpretazioni sono abbastanza fedeli, eseguite sempre con estrema passione e intensità.
Si parte con la ballata blues Handsout In The Rain di Richie Havens, tratta dal suo album del 2002 "Wishing Well", in una versione piuttosto simile.
Più veloce e ritmata dell'originale, con una sezione fiati finale che rende questa altra ballata semiacustica più funk è "Small Talk Town" del cantautore americano Bobby Charles, composta con Rick Danko della band e uscito nel 1972. Molto gradevole.
Ancora una ballata acustica con una leggera orchestrazione e piccoli tocchi in fase di arrangiamento.
Alla chitarra c'è Noel Gallagher per rifare "El Dorado" di Eamon Friel scritta originariamente per il film del 1986 ‘The Best Man’ di Joe Mahon con Seamus Ball.
La rielaborazione è più complessa della ballata scarna e minimale dell'autore Nord Irlandese.
Si torna al 1971 con un country rock dal ritmo sostenuto, dal terzo album dei Flying Burrito Brothers dell'ex Byrds Chris Hillman.
"White Line Fever" è un brano composto e inciso nel 1969 dal re del country Merle Haggard. Il brano suona molto bene, pure inusuale nel repertorio di Weller, molto ispirato nel riproporlo.
'One Last Cold Kiss' scritto da Gail Collins e l'ex Mountain Felix Pappalardi era nell'album "Traveller" del 1999 di Christy Moore in chiave folk con insert elettronici e un'atmosfera molto cupa. Qui prende le sembianze di un traditional folk irlandese, affiancato dalla voce della cantautrice Amelia Coburn.
Molto bello.
Poco significativa "When You are a King" del 1971, dei White Plains, piuttosto melliflua e superflua, con archi e chitarra acustica.
Perfettamente nelle corde Welleriane la successiva "Pinball" del musicista e attore Brian Protheroe, singolo del 1974 che potrebbe tranquillamente trovarsi su un qualsiasi album di Paul del primo periodo solista.
Willie Griffin, soul man Texano ha lasciato, nel 1984, il singolo "Where There’s Smoke, There’s Fire" , brano piuttosto debole nella versione origianale, a cui Weller restituisce verve, ritmo, energia, un pulsante groove quasi Northern Soul. Operazione riuscita.
La ballata mielosa "I Started a Joke" dei Bee Gees, tratta dal loro album "Idea" del 1968, viene inondata ancora di più da una cascata di melassa con archi, piano e chitarra acustica. Evitabile. Tanto quanto la successiva "Never The Same" di Lal and Mike Waterson. Debole nell'originale, poco significativa in questo nuovo arrangiamento.
Arriva per fortuna il top dell'album, una favolosa e spettacolare versione di "Lawdy Rolla" pubblicata dai francesi Guerrillas (che si avvalsero della collaborazione del sax di Manu Dibango).
"Nobody's Fool" è firmata da Ray Davies ma non fu mai incisa dai Kinks. una serie della ITV. Sigla della seconda stagione di una serie televisiva venne accreditato ai Cold Turkey. Si sente la mano di Ray e quanto Weller sia in grado di prenderne l'eredità. Uno dei vertici dell'album.
"Journey" è un buon brano di folk rock di Duncan Browne del 1970, reso in chiave più sostenuta e souleggiante. Non male.
Il brano più recente è di cinque anni fa, inciso da P.P.Arnold, "Daltry Street", scritto da Jake Flecther che fu anche chitarrista con gli Specials. Carina l'interpretazione Welleriana ma nulla di indimenticabile.
Scritta dal membro dell'Incredible String Band, Clive Palmer per il folk singer scozzese Hamish Imlach "Clive's Song" chiude al meglio l'album, in duetto con Robert Plant. Folk blues della migliore qualità.
Come ci ha abituati da molto tempo, gli ultimi suoi album non lasciano tracce indelebili (soprattutto in questo contesto di sole cover) ma sono sempre di ottima qualità. Non resterà nei vertici della sua produzione.
CARDIACS - LSD
Ho avuto poche opportunità di seguire la band di Tim Smith, prematuramente scomparso nel 2020. L'ultimo album, completato postumo, è una valanga di idee, psichedelia, somma di influenze (a caso possiamo identificare XTC, Gong, King Gizzard and the Lizard Wizard, Devo, prog, attitudine punk e mille altre cose) che stordiscono per la loro sorprendente varietà, capacità di annullare ogni riferimento prevedibile. Difficile trovare un altro disco vagamente simile. Lascia senza fiato.
GLI ALTRI
THE NEW EVES - The New Eve is Rising
Le recensioni di questo esordio del quartetto tutto femminile inglese si sbizzarriscono in definizioni e paragoni. Hanno tutti ragione: Patti Smith (del primo periodo, soprattutto), Raincoats, Fall, Pixies. Io aggiungerei Slits, Velvet Underground, lo sciamanesimo dei Goat, Poison Girls, folk psichedelico inglese dei 60/70. Ma sono sicuro che ogni ascoltatore potrà trovare altre cose. Sorprendente, sanguigno, travolgente.
BIG SPECIAL - National Average
Il duo inglese fa di nuovo centro con un secondo album muscolare in cui il post punk si mischia a hip hop alla Sleaford Mods e Beastie Boys, blues, un gospel bastardizzato, funk, assalti punk, drammatiche ballate dai toni apocalittici. Notevole, grande band.
KAE TEMPEST - Self Titled
KAE TEMPEST ha concluso la sua transizione ed è diventatO ciò che ha sempre desiderato.
Si racconta e ne parla nel nuovo "Self Titled", che vaga tra elettronica, hip hop, rap ma con anche una buona e fresca dose di pop "contaminato".
A dare una mano, di spessore, Neil Tennant, Young Fathers, Connie Constance, Tawiah.
"Statue in the square" rimane il punto più alto, "Hyperdistillation" si ammanta di funk, "Sunshine on catford" di volute nu soul.
Una presenza indispensabile nella musica odierna.
BONNIE DOBSON & the HANGING STARS - Dreams
Gli Hanging Stars sono una band inglese innamorata di certa psichedelia di gusto Byrdsiano e dintorni (molto genericamente), Bonnie Dobson è l'autrice di "Morning Dew", classico folk-rock dei Sixties.
La cosa stupefacente è che lei ha 85 anni, una voce ancora pulitissima, suadente, lirica, che ricorda Grace Slick).
Un disco che riconcilia con la bellezza della vita, under difficult circumstances...
Bello ma tanto.
RINGO STARR - Look up
Torna Ringo con un album, contravvenendo alla decisione di non farne più, dopo l'ennesimo sciapo lavoro, "What's my name" del 2019, dedicandosi invece a 5 ep di quattro brani ognuno, molto più efficaci, gustosi e immediati.
T-Bone Burnette lo ha convinto a ritornare sui suoi passi componendo 11 canzoni (che ha anche brillantemente prodotto) in chiave country, ambito sonoro che il batterista ha sempre adorato.
La mano di Burnette si sente, eccome, con suoni puliti ma grintosi, moderni e mai adagiati sul passatismo. Registrato tra Nashville (ovviamente) e Los Angeles, troviamo Ringo che suona come sempre sempre preciso e canta con convinzione e partecipazione, gli arrangiamenti sono perfetti, le canzoni di alta qualità tra classicismo e sferzate più rockeggianti (vedi l'iniziale "Breathless", "Never let me go" più di sapore blues o "Rosetta" in chiave funk rock blues).
A dare una mano nuove leve del country e affini come le Larkin Poe e le Lucius, Alison Krauss (già a fianco di Robert Plant), Molly Tuttle e Billy String.
A 84 anni realizza uno dei suoi migliori album (con "Ringo", "Time takes time" e "Vertical man") con una freschezza encomiabile.
THE WHO - Live at Oval 1971
Poderoso live degli WHO, registrato il Il 18 settembre 1971 davanti a 35.000 spettatori al "Goodbye Summer: A Rock Concert in aid of Famine Relief for the People of Bangladesh" nello stadio di cricket The Oval di Kennington, South London.
In "Live a the Oval 1971" ci sono quindici brani di cui cinque dall'appena uscito "Who's Next", due da "Tommy" e materiale sparso.
La band è all'apice della forma, Keith Moon funambolico e precisissimo, Roger Daltrey con una voce potentissima, John Entwistle che suona come un'orchestra e Pete Townshend che dimostra la sua versatilità tanto ritmica quanto solista.
Freschezza, hard, blues, soul, un treno in corsa, con usuale distruzione degli strumenti finale.
Registrazione più che buona (rispetto ai bootleg in circolazione), materiale remixato da nastri analogici multitraccia originali a otto piste.
ROBERT PLANT - Starving Grace
Il cammino solista di Plant è sempre stato all'insegna della raffinatezza, ricerca, omaggio alle sue radici blues, folk, country, gospel, in varie declinazioni e sempre arricchito da preziose collaborazioni. Non fa eccezione questo nuovo, pregevole, lavoro, in cui omaggia vecchie canzoni blues e folk ma si apprpria anche di uno stupendo brano dei Low. Grande.
WATERBOYS - Life, Death and Dennis Hopper
Sempre avuto scarsa considerazione e attenzione per i Waterboys, soprattutto dopo averli visti aprire ai Pretenders il 1° giugno 1984 a Milano al Festival dell'Amicizia (la festa dei democristiani...andai, in incognito, per amore di "Learning to crawl" di Chrissie Hynde & co., uno dei miei album da isola deserta).
Il nuovo disco mi ha incuriosito per il concept dedicato a uno dei miei attori preferiti, DENNIS HOPPER.
Un disco sorprendente, un'ora di musica, 25 brani (di cui una decina brevi intermezzi di un minuto/due, spesso un po' inutili), in cui spaziano da rock classico a Bob Dylan, da momenti alla Who, pause in stile Burt Bacharach, country rock, ospiti come Bruce Springsteen, Fiona Apple, Steve Earle, episodi esagerati ("frank, let's f**k", insopportabile). Tanta roba, troppa, ma mi affascinano questi tour de force artistici, questo rischio (in)consapevole di fare il passo troppo lungo, questi "London calling/Sandinista/White Album".
Un album intrigante nella sua ridondanza.
Complimenti al coraggio.
TY SEGALL - Possession
Non mi aveva mai appassionato più di tanto. Il nuovo album è invece sorprendente con tutte quelle volute psichedeliche, proto prog, garage, Beatles, freakbeat, Marc Bolan, blues, senza mai risultare accademicamente revivalista. Una sorta di Beck più immerso in quelle radici, meno propenso (solo apparentemente) all'innovazione. Il risultato è eccellente, il disco passa tranquillamente in decine di riascolto senza mai stancare, anzi, dando ogni volta il senso di scoperta di cose nuove.
SUZANNE VEGA - Flying With Angels
Assente da lungo tempo dalla discografia Suzanne Vega torna con un album davvero bello, vario, pieno di suggestioni sonore e testi combattivi che guardano con lucidità alla triste e complicata attualità (la struggente "Last Train to Mariupol").
Al classico folk rock affianca elementi soul (stupenda "Love Thief"), un inaspettato (quasi) garage punk rock in "Rats", un esplicito omaggio a Dylan ("Chambermaid" rilegge "I Want You").
Consueta classe, innata eleganza, voce inconfondibile, espressività al top.
M ROSS PERKINS - What's the Matter, M Ross?
Al quarto album il cantautore dell'Ohio ci porta in un mondo profondamente Beatlesiano, a tratti in modalità calligrafica, ma che si concede anche a power pop, beat, boogaloo, tocchi di pop psichedelico. L'approccio è però molto personale, costantemente "folle" e alla fine originale. Una piacevolissima sorpresa.
mercoledì, dicembre 24, 2025
I migliori album del 2025
Etichette:
Il meglio dell'anno
martedì, dicembre 23, 2025
Album Italiani 2025
Ho scelto ventisette album italiani che ho apprezzato e ascoltato nel 2025 (in ordine più o meno sparso).
Di base c'è il criterio del gradimento (esclusivamente) personale ma anche il desiderio di coprire la più ampia gamma di generi e sonorità.
Negli scorsi anni era andata così.
nel 2007 Statuto e Temponauts
nel 2008 Assalti Frontali
nel 2009 Julie's Haircut, Edda e Teatro degli Orrori
nel 2010 June e Statuto
nel 2011 Verdena, Peawees, Enrico Brizzi, Dellera, Paolo Apollo Negri, Statuto
nel 2012 An Apple Day, Barbacans, Julie’s Haircut
nel 2013 Julie's Haircut, Statuto, Raphael Gualazzi, Cesare Basile, Giuda
nel 2014 Edda, Finardi, Bologna Violenta, Bastard Sons of Dioniso, Steeplejack
nel 2015 Cesare Basile, Iacampo, Mimosa
nel 2016 Winstons, Afterhurs, Michele Gazich, Statuto, Radio Days
nel 2017 Edda, Bastard Sons of Dioniso, Cesare Basile, Era Serenase, Mauro Ermanno Giovanardi, Alex Loggia
nel 2018 Nicola Conte, Roberto Vecchioni, Calibro 35, Iacampo, Evil Knievel
nel 2019 Piaggio Soul Combination, Winstons, Massimo Volume, Giuda, Julie's Haircut, Cesare Basile
nel 2020 Ritmo Tribale, Calibro 35, Dining Rooms, Era Serenase, Mother Island
nel 2021 Gli Ultimi, The Breakbeast, Andrea Chimenti, Piaggio Soul Combination, Radio Days
nel 2022 Sacromud, Diplomatics, Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, Vera Di Lecce, Three Blind Mice
Nel 2023 Giorgio Canali, Sick Tamburo, Alex Fernet, Lucio Corsi, Funkool Orchestra
Nel 2024 Ossa di Cane, Tre Allegri Ragazzi Morti, Winstons, Klasse Kriminale, Peawees.
TOP 10
CASINO ROYALE - Fumo
Senza dubbio una delle band più rappresentative e innovative che hanno attraversato lo scibile musicale italiano dal punk in poi. In grado di evolversi in continuazione, dallo ska iniziale a forme sonore sempre più contaminate, tra rock, funk, hip hop, soul, elettronica, dub, drum and bass e tanto altro, fedeli allo spirito della prima pietra miliare della fusione di stili, "Sandinista" dei Clash, a cui hanno fatto spesso esplicito riferimento. Il nuovo album è impostato come una suite unica che lega i vari brani, colonna sonora in cui convergono tutte le varie variabili dell'amata black music, declinata in chiave moderna ma con agganci voluti ed evidenti alle radici. A fianco degli storici membri Alioscia e Patrick Benifei, le voci della giovane rapper Alda e di Marta Del Grandi. Album stupendo e di altissimo livello.
NEOPRIMITIVI - Orgia mistero
La visionaria band romana mette a frutto ore di concerti, prove, improvvisazioni, sperimentazioni, in un album d'esordio abbacinante nella sua esplosione di colori e sapori psichedelici, a cui si aggiungono riferimenti alle esperienze nostrane tardo anni Sessanta di band come Chetro & Co e Le Stelle di Mario Schifano, al kraut rock, a tutto quell'immaginario a cavallo tra anni Sessanta e Settanta. Non c'è solo quello perché non è difficile scovare appigli diretti a ritmi e groove afro funk, fiati soul o a sguardi a quel capolavoro dimenticato che fu "666" degli Aphrodites Child. In poche parole: tutto stupendo.
LA NINA - Furèsta
Un album potente e viscerale, che scava nella tradizione napoletana e campana, senza tradizionalismi calligrafici ma con un respiro attuale, pur conservando il battito cardiaco ancestrale. Una produzione eccellente inietta ai brani i colori primordiali delle radici ma rende tutto moderno e nuovo. Le melodie mediterranee si fanno di volta in volta malinconiche e struggenti ("Ahi!"), ipnotiche, minacciose (la stupenda "Figlia d''a tempesta"), travolgenti. Tutto splendido.
BEBALONCAR - Love To Death
Il trio bolognese ha già marchiato a fuoco la scena underground italiana con due album di grande valore che hanno coraggiosamente mischiato elementi poco utilizzati ai nostri giorni. In particolare i Velvet Underground più oscuri e malati, richiami shoegaze, Jesus and Mary Chain ma anche la psichedelia meno scontata e "floreale" degli anni Sessanta. Il nuovo lavoro, che chiude una trilogia incentrata sulla profondità e il tormento dell'animo umano, allarga gli orizzonti verso folk e dream pop, palesando un maggiore ottimismo sonoro, guardando più spesso agli amati anni Sessanta (vedi l'unica cover, Pretty Colors dei Just Us, del 1966). Di nuovo un disco di grande spessore, originalità, personalità. Imperdibile.
I SORDI - Shockini
I fratelli Matteo e Riccardo Nicolin all'esordio con un sorprendente album di indefinibile contenuto sonoro. O meglio: le radici sono bene affondate in un funk visionario che guarda ai maestri Funkadelic ma si sviluppa in certe follie care a Frank Zappa, a Thundercat, Primus, con quella folle ironia che rese Elio e le Storie Tese del primo periodo una grande band. Al tutto si unisce una carica ritmica arrembante, chitarre e riff distorti che nono sono alieni alla lezione del Tom Morello dei Rage Against the Machine o i Red Hot Chili Peppers degli esordi. Ma il riferimento più immediato è quello che riporta al funambolico Igorrr. Un po' di condimento di elettronica, testi surreali (ma non troppo) ed ecco uno degli album più interessanti usciti quest'anno in Italia.
JULIE'S HAIRCUT - Radiance Opposition
I trent'anni di attività dei Julie's Haircut hanno portato dieci album e una serie di incredibili esperienze artistiche, tali da renderla uno dei dei nomi più interessanti di sempre nella scena italiana, oltre all'acquisizione di un profilo internazionale. Un progetto in continua evoluzione e cambiamento, fedele alle matrici neopsichedeliche, post wave, kraut rock e al gusto per la sperimentazione che ritroviamo anche nel nuovo, eccellente lavoro. Arricchito dalla voce della cantante italo-nigeriana Anna Bassy che aggiunge un'anima soul a un sound sempre all'avanguardia e innovativo. Top!
THE LANCASTERS - The Word of the Mistral
Nuovo eccellente lavoro per la band bresciana che non esita ad attingere dalla migliore tradizione rock blues targata anni Settanta (Stones, Led Zep, Trapeze, Grand Funk Railroad). Suonano benissimo, con una perfetta padronanza della materia e la capacità di comporre canzoni a livelli altissimi e di grande pregio. Non c'è alcun afflato nostalgico o revivalista ma solo un grande album di rock sanguigno, blues, ricco di freschezza, attualissimo.
SIMONA NORATO - Enigmistica
Personalmente apprezzo molto quando (evento sempre più raro) l'ascolto di un nuovo disco mi spiazza, non mi lascia trovare riferimenti solidi, perché si sposta velocemente, ti abbaglia, per poi scomparire nel buio. Simona Norato ci ha abituati a questo modus operandi ma in Enigmistica giunge al suo apice creativo. Ora ci senti stralci di Billie Eilish, subito dopo di Little Simz, prima che appaia un voluto e chiaro debito con Bertold Brecht e Kurz Weill, per poi abbracciare la solennità di una Diamanda Galas. Il tutto giocato su severe note di pianoforte, un uso stridente dell'elettronica, per arrivare al capolavoro di From The air (nessun pilota), con un feroce, inquietante, ipnotico, teatrale, ironico e drammatico recitato mentre in sottofondo sembra ci siano i Morphine a suonare. Album eccellente, innovativo, avanguardistico nel suo provocatorio classicismo, tutto da scoprire e con cui costantemente stupirsi.
ROBERTA GULISANO – A ccu apparteni
Roberta Gulisano lotta da tempo con le radici della sua terra, la Sicilia, nell’eterno rapporto di amore per le origini e odio combattivo per come sono e sono state maltrattate. Il nuovo album, prodotto da Cesare Basile, affonda il coltello nelle piaghe ancestrali del luogo di nascita, attraverso "canzoni originali e riarrangiamenti di brani tradizionali che parlano la lingua dei senza terra, sentimenti che hanno a che fare con l’identità lacerata di coloro che lasciano la propria casa per crearsi una vita nuova in altri posti." E’ un omaggio esplicito e dichiarato: "questo lavoro rappresenta il mio personale percorso di ri-conoscenza a ciò a cui appartengo, rappresenta me e tutti coloro che non vivono più nella terra in cui sono nati, con la loro solitudine e il loro orgoglio, gli “sradicati” di ogni tempo e latitudine.” Musicalmente c’è la tradizione, con strumenti antichi e l’anima di Rosa Balistreri che spunta spesso e volentieri, ma anche tanta sperimentazione, a testimoniare che stiamo parlando di una materia viva, che si rinnova con freschezza e forza, dimostrando che le vecchie storie sono ancora attuali e quanto sia ancora importante raccontarle, nella lingua del posto, esaltando il ruolo del vissuto quotidiano. Un disco intenso, crudo ma allo stesso tempo elegante e raffinato.
CESARE BASILE - Nivura Spoken
Una delle particolarità più apprezzabili in un artista è la capacità di reinventarsi, rimettersi costantemente in discussione, aprirsi a nuovi orizzonti, senza cullarsi nell’auto omologazione. Cesare Basile non ha mai mai avuto di questi problemi, in una (lunga) carriera, costellata da continui e progressivi cambiamenti artistici, talvolta sorprendenti ma, con il senno di poi, appartenenti a un unicum creativo, saldamente legato da un robusto filo conduttore. Da tempo sperimenta con elettronica e una strumentazione spesso inventata e autocostruita. In questo progetto, rimasto per anni nel cassetto e finalmente pubblicato (in CD e cassetta), entra in un abrasivo e ostile ambito sonoro quasi industrial, talvolta dissonante, affiancandosi alle voci (dialettali e in lingua) di Nada, Rita Lilith Oberti, Sara Ardizzoni, Vera Di Lecce, Valentina Lupica e Sarah Elkahlout. Riservato e destinato a chi sa guardare avanti (e dentro).
E POI
ROSALBA GUASTELLA - Dharma
Prosegue il magico e lisergico cammino artistico della cantautrice torinese che, al terzo album, ci regala un nuovo esempio di maestria compositiva ed espressiva. Le atmosfere acustiche e psichedeliche di questo nuovo lavoro ci portano sui sentieri di Grace Slick, Sandy Denny, del folk ammantato di colori e umori cerebrali a cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Ancora una volta un disco di pregio, personalità, a livelli di assoluta eccellenza.
‘O ROM – Radio Rom
Il terzo album del trio partenopeo prosegue il cammino nella sapiente fusione di ritmi e sapori balcanici, tzigani, mediterranei, napoletani, tempi in levare. Un’ alchimia più volte sperimentata (dai Negresses Vertes a Goran Bregovic o Gogol Bordello, tra i tanti) ma che in questa veste ha una marcia in più e non c’è nulla di scontato o prevedibile. Le canzoni viaggiano spedite (inclusa la riuscita versione in 9/8 di “Azzurro”), splendidamente arrangiate e prodotte, ricche di spunti, energia , soprattutto anima (una componente che se manca non si acquista da nessuna parte) e sincerità. L’irresistibile “Rumelaj” e “Zingari” (con l’elenco di personalità “zingare”), con la partecipazione di Daniele Sepe, sono la vetta di un album di altissimo livello.
LAURA AGNUSDEI – Flowers Are Blooming In Antarctica
La compositrice e saxofonista torna con un album importante, profondo, intenso, che va oltre ogni limite stilistico preconcetto, esplorando spiritual jazz, guardando tanto a Kamasi Washington quanto al funk elettronico di Herbie Hancock, perfino al Miles Davis di On the corner. Il tutto in un contesto sonoro dal gusto ambient, spesso molto “liquido”, di altissima qualità compositiva e massima espressività.
KOLOSSO - Over
Un progetto stimolante, di ampio respiro, modernissimo, nato nel 2023 sotto la guida del polistrumentista e produttore Davide “Kidd” Angelica (già al fianco di Inoki, Deda, Voodoo Sound Club e altri), riunendo alcuni dei musicisti più visionari della scena underground bolognese. Un sound che abbraccia una gamma di stili particolarmente ampia, che passa dal jazz al funk, dall’hip hop al nu-soul al grime. Il tutto si miscela a un uso perfetto dell’elettronica e a una serie di ospiti che valorizzano composizioni curatissime e di grande impatto espressivo (vedi Awon in “Never Too Much”, vetta dell’album). Più che ottimo.
PUTAN CLUB - Filles d'octobre
Il duo franco/italiano aggiunge un altro devastante tassello alla sua demolizione progressiva delle convenzioni sonore. Il nuovo è dal vivo, registrato in Portogallo all'Amplifest. Drum machine, chitarra, basso, distorsione, tutto è estremo, riduttivo definirlo noise, siamo oltre. Ci sono echi post punk che arrivano da chi a suo tempo aveva incominciato a prendere a mazzate il suono più ovvio: Killing Joke, Public Image LTD, Theatre Of Hate. Ma anche riferimenti al tribalismo sperimentato nelle varie esperienze africane della band, industrial, pura e semplice attitudine punk. Il famoso o li si ama o li si odia bene si addice ai Putan Club. Noi li si ama incondizionatamente.
THE CANDYDATES - Vol.1
Il secondo ep della band livornese è un eccellente, purtroppo breve, viaggio in atmosfere di sapore psichedelico Byrdsiano ("Favourite Day" in particolare) che non disdegna sguardi al rock blues acido tardi anni Sessanta e al folk rock inglese. Tre brani che ricordano i loro quasi conterranei Steeplejack di Maurizio Curadi e che ci riempiono di aspettative per un album che si prevede di superba qualità.
NERO KANE – For the Love, the Death and the Poetry
Quanto è difficile distinguersi nel marasma di pubblicazioni che ormai travolgono l’ascoltatore. Uscire dal seminato e dalla prevedibilità è impresa ardua. Personaggi come Nero Kane, da sempre, sanno come fare. Attingendo da un background ricchissimo di influenze, radici, riferimenti, da dove acquisire elementi da mischiare a piacimento con la propria personalità, per creare un unicum originale, immediatamente identificabile, mantenendo il legame con le proprie fondamenta ma, ogni volta, riuscendo a proporre qualcosa di inedito e sorprendente. Nel nuovo album c’è di tutto: dalla solennità classicheggiante al blues, dal folk di gusto gotico a Nick Cave, dalle suggestioni care alle opere soliste di Nico al desert country “noir” di Johnny Cash. Ma c’è soprattutto l’anima (oscura) dell’autore, affiancato dalla visione artistica a 360 gradi di Samantha Stella, che ammanta molte parti dell’opera. Un lavoro che si impreziosisce per la sua unicità, introvabile altrove. Un ascolto è d’obbligo.
DELTA V - Fatti ostili
Il settimo album dei Delta V fa immediatamente centro, restando ancorato alle proprie radici, come sempre perfettamente in equilibrio tra pop ed elettronica ma con un’anima post wave e tematiche conturbanti, fino a diventare quasi disturbanti (vedi il passaggio in Nazisti dell’Illinois “Leggi le classifiche, brucia le classifiche, non accontentarti mai, al limite spara al dj”). Album raffinato e curato, ricchissimo di spunti, avvolgente e ammaliante. L’augurio è di avere il giusto risalto, in un’epoca artistica in cui la mediocrità la fa da padrona.
CAPPUCCIO COLLECTIVE SMOOTH – Breathe
Un album di immensa classe in cui il jazz incrocia atmosfere blues, pop, lunghe, soul, fusion, funk. Il mondo è quello di George Benson, Al Jarreau ma anche degli anni Ottanta di Sade. La qualità esecutiva è stupefacente, avvalendosi dell’apporto di strumentisti eccelsi che ben si affiancano alla chitarra di Mimmo Cappuccio e alla meravigliosa voce di Annina Galiano e le armonie di Cristina Massaro. Eleganza e raffinatezza, basti l’ascolto delle cover di “Summertime” e di “September” degli Earth, Wind and Fire. Super!
CALIBRO 35 - Discomania
Undici brani con tre originali e una serie di cover che spaziano da Lucio Dalla agli Azymuth a Herbie Hancock, registrati in presa diretta in studio con rare sovraincisioni. Raffinatezza jazz affiancata a un groove funk rock sempre potente e spontaneo. Il talento del quartetto milanese è da tempo noto e ammirato, il nuovo album ne è un'ennesima conferma.
MAD DOGS - The Future Is Now
Si fa presto a dire rock ‘n’ roll, punk, garage. Tecnicamente può non essere una faccenda complicata ma bisogna saperlo fare, se non si vuole cadere nel ridicolo e scontato. I Mad Dogs sono maestri in questo, da sempre attaccati alle radici classiche (Mc5, Stooges, New York Dolls, punk rock, Hellacopters etc) ma sempre in grado di aggiungere quel tocco di personalità che li rendono immediatamente distinguibili dal resto. Grande album!
BEE BEE SEA - Stanzini Can Be Allright
I Bee Bee Sea macinano da anni un poderoso mix di garage, psych rock, punk, power pop, a cui nel nuovo album aggiungono anche una manciata di glam (vedi l'iniziale "Holy Money"). Il sound è grezzo, diretto, urgente, ruvido, minimale, le canzoni hanno sempre la giusta carica e attitudine. I dodici brani scorrono veloci ma non per questo sono di semplice costruzione. Anzi, la composizione è spesso elaborata, con melodie e approcci ritmici variegati e mai scontati. Ancora una volta, più che ottimi!
CHOW - Eternal Lopez
Il trio bolognese sa bene come mischiare le carte sonore. Da una parte non è difficile ravvisare richiami al Detroit sound più classico, da Mc5 a Stooges ma c’è anche una buona dose di punk rock di gusto 77, qualche rimando (involontario?) a “Group Sex” dei Circle Jerks. Il tutto ammantato da un taglio che attinge dal garage punk anni Sessanta e da pennellate quasi psych. Tanto massicci quanto versatili, un album più che riuscito.
STERBUS - Black and Gold
Un lavoro molto interessante, dalla genesi particolare, in piena pandemia, sviluppatasi progressivamente intorno all'iconica figura di Virginia Wolf, in una sorta di concept. I brani, scritti e arrangiati da Emanuele Sterbini e Dominique D'Avanzo, suonati insieme a musicisti ospiti della scena romana ed inglese, viaggiano in sentieri sonori difficilmente collocabili, tra folk inglese, psichedelia, blues, in una miscela visionaria, tra atmosfere sospese, semi acustiche che amano guardare spesso agli anni a cavallo tra Sessanta e Settanta. Un lavoro anomalo e originale, pressoché unico nel panorama italiano ma non solo.
ELLI DEMON – Raise
La blues woman vicentina ha alle spalle una lunga attività discografica, in cui il blues è sempre andato a braccetto con varie contaminazioni e una forte personalità. Il nuovo album è un progetto particolare, che fa riferimento alla tradizione dei luoghi natali dell’autrice. E’ sempre blues ma ancora più anomalo del consueto, con sferzate punk e abbracci a varie forme di psichedelia, con un substrato oscuro e dark che accompagnano il tema lirico dell’opera, incentrata su leggende pagane e oscure. Suggestivo e ammaliante, ancora una volta Elli Demon ha fatto centro.
ELISA ZOOT - Clever Crow
Elisa Zoot è una cantante, produttrice e compositrice per TV e film, nonché co-fondatrice della band alt-rock londinese Black Casino And The Ghost. La sua musica e la sua voce sono state utilizzate in molti programmi TV di successo negli Stati Uniti e in varie serie di Netflix e in molti spot pubblicitari, serie, trailer e film in Usa e Europa. Il suo esordio solista, coadiuvata da collaboratori come Alex Reeves (Elbow) alla batteria, Ariel Lerner (Black Casino and The Ghost), Steve Ouimette (T-Ride) e Massimo Martellotta (Calibro 35) alle chitarre, la vede alle prese con dieci brani avvolgenti, misteriosi, in cui elettronica e gusto vintage si abbracciano alla perfezione. Tra dream pop, post wave alla Cocetau Twins, Portishead, un marcato gusto per le atmosfere cinematografiche e rimandi ai Sixties. Album di rara intensità e tensione emotiva.
MEGAN IS MISSING - Depression Is a Fashion
Torna il trio napoletano con un travolgente ep, abrasivo, potentissimo, devstatante. Approccio garage punk che vira verso la rabbia più estrema dell'hardcore, sorta di esasperazione del sound di Amyl and the Sniffers, sporcato da distorsioni alla Sonic Youth e dal groove dei primi Black Flag di "Nervous Breakdown". La cover di "Bit It You Scum" di GG Allin chiude alla perfezione la sequenza dei cinque brani. A real kick in the ass!
Di base c'è il criterio del gradimento (esclusivamente) personale ma anche il desiderio di coprire la più ampia gamma di generi e sonorità.
Negli scorsi anni era andata così.
nel 2007 Statuto e Temponauts
nel 2008 Assalti Frontali
nel 2009 Julie's Haircut, Edda e Teatro degli Orrori
nel 2010 June e Statuto
nel 2011 Verdena, Peawees, Enrico Brizzi, Dellera, Paolo Apollo Negri, Statuto
nel 2012 An Apple Day, Barbacans, Julie’s Haircut
nel 2013 Julie's Haircut, Statuto, Raphael Gualazzi, Cesare Basile, Giuda
nel 2014 Edda, Finardi, Bologna Violenta, Bastard Sons of Dioniso, Steeplejack
nel 2015 Cesare Basile, Iacampo, Mimosa
nel 2016 Winstons, Afterhurs, Michele Gazich, Statuto, Radio Days
nel 2017 Edda, Bastard Sons of Dioniso, Cesare Basile, Era Serenase, Mauro Ermanno Giovanardi, Alex Loggia
nel 2018 Nicola Conte, Roberto Vecchioni, Calibro 35, Iacampo, Evil Knievel
nel 2019 Piaggio Soul Combination, Winstons, Massimo Volume, Giuda, Julie's Haircut, Cesare Basile
nel 2020 Ritmo Tribale, Calibro 35, Dining Rooms, Era Serenase, Mother Island
nel 2021 Gli Ultimi, The Breakbeast, Andrea Chimenti, Piaggio Soul Combination, Radio Days
nel 2022 Sacromud, Diplomatics, Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, Vera Di Lecce, Three Blind Mice
Nel 2023 Giorgio Canali, Sick Tamburo, Alex Fernet, Lucio Corsi, Funkool Orchestra
Nel 2024 Ossa di Cane, Tre Allegri Ragazzi Morti, Winstons, Klasse Kriminale, Peawees.
TOP 10
CASINO ROYALE - Fumo
Senza dubbio una delle band più rappresentative e innovative che hanno attraversato lo scibile musicale italiano dal punk in poi. In grado di evolversi in continuazione, dallo ska iniziale a forme sonore sempre più contaminate, tra rock, funk, hip hop, soul, elettronica, dub, drum and bass e tanto altro, fedeli allo spirito della prima pietra miliare della fusione di stili, "Sandinista" dei Clash, a cui hanno fatto spesso esplicito riferimento. Il nuovo album è impostato come una suite unica che lega i vari brani, colonna sonora in cui convergono tutte le varie variabili dell'amata black music, declinata in chiave moderna ma con agganci voluti ed evidenti alle radici. A fianco degli storici membri Alioscia e Patrick Benifei, le voci della giovane rapper Alda e di Marta Del Grandi. Album stupendo e di altissimo livello.
NEOPRIMITIVI - Orgia mistero
La visionaria band romana mette a frutto ore di concerti, prove, improvvisazioni, sperimentazioni, in un album d'esordio abbacinante nella sua esplosione di colori e sapori psichedelici, a cui si aggiungono riferimenti alle esperienze nostrane tardo anni Sessanta di band come Chetro & Co e Le Stelle di Mario Schifano, al kraut rock, a tutto quell'immaginario a cavallo tra anni Sessanta e Settanta. Non c'è solo quello perché non è difficile scovare appigli diretti a ritmi e groove afro funk, fiati soul o a sguardi a quel capolavoro dimenticato che fu "666" degli Aphrodites Child. In poche parole: tutto stupendo.
LA NINA - Furèsta
Un album potente e viscerale, che scava nella tradizione napoletana e campana, senza tradizionalismi calligrafici ma con un respiro attuale, pur conservando il battito cardiaco ancestrale. Una produzione eccellente inietta ai brani i colori primordiali delle radici ma rende tutto moderno e nuovo. Le melodie mediterranee si fanno di volta in volta malinconiche e struggenti ("Ahi!"), ipnotiche, minacciose (la stupenda "Figlia d''a tempesta"), travolgenti. Tutto splendido.
BEBALONCAR - Love To Death
Il trio bolognese ha già marchiato a fuoco la scena underground italiana con due album di grande valore che hanno coraggiosamente mischiato elementi poco utilizzati ai nostri giorni. In particolare i Velvet Underground più oscuri e malati, richiami shoegaze, Jesus and Mary Chain ma anche la psichedelia meno scontata e "floreale" degli anni Sessanta. Il nuovo lavoro, che chiude una trilogia incentrata sulla profondità e il tormento dell'animo umano, allarga gli orizzonti verso folk e dream pop, palesando un maggiore ottimismo sonoro, guardando più spesso agli amati anni Sessanta (vedi l'unica cover, Pretty Colors dei Just Us, del 1966). Di nuovo un disco di grande spessore, originalità, personalità. Imperdibile.
I SORDI - Shockini
I fratelli Matteo e Riccardo Nicolin all'esordio con un sorprendente album di indefinibile contenuto sonoro. O meglio: le radici sono bene affondate in un funk visionario che guarda ai maestri Funkadelic ma si sviluppa in certe follie care a Frank Zappa, a Thundercat, Primus, con quella folle ironia che rese Elio e le Storie Tese del primo periodo una grande band. Al tutto si unisce una carica ritmica arrembante, chitarre e riff distorti che nono sono alieni alla lezione del Tom Morello dei Rage Against the Machine o i Red Hot Chili Peppers degli esordi. Ma il riferimento più immediato è quello che riporta al funambolico Igorrr. Un po' di condimento di elettronica, testi surreali (ma non troppo) ed ecco uno degli album più interessanti usciti quest'anno in Italia.
JULIE'S HAIRCUT - Radiance Opposition
I trent'anni di attività dei Julie's Haircut hanno portato dieci album e una serie di incredibili esperienze artistiche, tali da renderla uno dei dei nomi più interessanti di sempre nella scena italiana, oltre all'acquisizione di un profilo internazionale. Un progetto in continua evoluzione e cambiamento, fedele alle matrici neopsichedeliche, post wave, kraut rock e al gusto per la sperimentazione che ritroviamo anche nel nuovo, eccellente lavoro. Arricchito dalla voce della cantante italo-nigeriana Anna Bassy che aggiunge un'anima soul a un sound sempre all'avanguardia e innovativo. Top!
THE LANCASTERS - The Word of the Mistral
Nuovo eccellente lavoro per la band bresciana che non esita ad attingere dalla migliore tradizione rock blues targata anni Settanta (Stones, Led Zep, Trapeze, Grand Funk Railroad). Suonano benissimo, con una perfetta padronanza della materia e la capacità di comporre canzoni a livelli altissimi e di grande pregio. Non c'è alcun afflato nostalgico o revivalista ma solo un grande album di rock sanguigno, blues, ricco di freschezza, attualissimo.
SIMONA NORATO - Enigmistica
Personalmente apprezzo molto quando (evento sempre più raro) l'ascolto di un nuovo disco mi spiazza, non mi lascia trovare riferimenti solidi, perché si sposta velocemente, ti abbaglia, per poi scomparire nel buio. Simona Norato ci ha abituati a questo modus operandi ma in Enigmistica giunge al suo apice creativo. Ora ci senti stralci di Billie Eilish, subito dopo di Little Simz, prima che appaia un voluto e chiaro debito con Bertold Brecht e Kurz Weill, per poi abbracciare la solennità di una Diamanda Galas. Il tutto giocato su severe note di pianoforte, un uso stridente dell'elettronica, per arrivare al capolavoro di From The air (nessun pilota), con un feroce, inquietante, ipnotico, teatrale, ironico e drammatico recitato mentre in sottofondo sembra ci siano i Morphine a suonare. Album eccellente, innovativo, avanguardistico nel suo provocatorio classicismo, tutto da scoprire e con cui costantemente stupirsi.
ROBERTA GULISANO – A ccu apparteni
Roberta Gulisano lotta da tempo con le radici della sua terra, la Sicilia, nell’eterno rapporto di amore per le origini e odio combattivo per come sono e sono state maltrattate. Il nuovo album, prodotto da Cesare Basile, affonda il coltello nelle piaghe ancestrali del luogo di nascita, attraverso "canzoni originali e riarrangiamenti di brani tradizionali che parlano la lingua dei senza terra, sentimenti che hanno a che fare con l’identità lacerata di coloro che lasciano la propria casa per crearsi una vita nuova in altri posti." E’ un omaggio esplicito e dichiarato: "questo lavoro rappresenta il mio personale percorso di ri-conoscenza a ciò a cui appartengo, rappresenta me e tutti coloro che non vivono più nella terra in cui sono nati, con la loro solitudine e il loro orgoglio, gli “sradicati” di ogni tempo e latitudine.” Musicalmente c’è la tradizione, con strumenti antichi e l’anima di Rosa Balistreri che spunta spesso e volentieri, ma anche tanta sperimentazione, a testimoniare che stiamo parlando di una materia viva, che si rinnova con freschezza e forza, dimostrando che le vecchie storie sono ancora attuali e quanto sia ancora importante raccontarle, nella lingua del posto, esaltando il ruolo del vissuto quotidiano. Un disco intenso, crudo ma allo stesso tempo elegante e raffinato.
CESARE BASILE - Nivura Spoken
Una delle particolarità più apprezzabili in un artista è la capacità di reinventarsi, rimettersi costantemente in discussione, aprirsi a nuovi orizzonti, senza cullarsi nell’auto omologazione. Cesare Basile non ha mai mai avuto di questi problemi, in una (lunga) carriera, costellata da continui e progressivi cambiamenti artistici, talvolta sorprendenti ma, con il senno di poi, appartenenti a un unicum creativo, saldamente legato da un robusto filo conduttore. Da tempo sperimenta con elettronica e una strumentazione spesso inventata e autocostruita. In questo progetto, rimasto per anni nel cassetto e finalmente pubblicato (in CD e cassetta), entra in un abrasivo e ostile ambito sonoro quasi industrial, talvolta dissonante, affiancandosi alle voci (dialettali e in lingua) di Nada, Rita Lilith Oberti, Sara Ardizzoni, Vera Di Lecce, Valentina Lupica e Sarah Elkahlout. Riservato e destinato a chi sa guardare avanti (e dentro).
E POI
ROSALBA GUASTELLA - Dharma
Prosegue il magico e lisergico cammino artistico della cantautrice torinese che, al terzo album, ci regala un nuovo esempio di maestria compositiva ed espressiva. Le atmosfere acustiche e psichedeliche di questo nuovo lavoro ci portano sui sentieri di Grace Slick, Sandy Denny, del folk ammantato di colori e umori cerebrali a cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Ancora una volta un disco di pregio, personalità, a livelli di assoluta eccellenza.
‘O ROM – Radio Rom
Il terzo album del trio partenopeo prosegue il cammino nella sapiente fusione di ritmi e sapori balcanici, tzigani, mediterranei, napoletani, tempi in levare. Un’ alchimia più volte sperimentata (dai Negresses Vertes a Goran Bregovic o Gogol Bordello, tra i tanti) ma che in questa veste ha una marcia in più e non c’è nulla di scontato o prevedibile. Le canzoni viaggiano spedite (inclusa la riuscita versione in 9/8 di “Azzurro”), splendidamente arrangiate e prodotte, ricche di spunti, energia , soprattutto anima (una componente che se manca non si acquista da nessuna parte) e sincerità. L’irresistibile “Rumelaj” e “Zingari” (con l’elenco di personalità “zingare”), con la partecipazione di Daniele Sepe, sono la vetta di un album di altissimo livello.
LAURA AGNUSDEI – Flowers Are Blooming In Antarctica
La compositrice e saxofonista torna con un album importante, profondo, intenso, che va oltre ogni limite stilistico preconcetto, esplorando spiritual jazz, guardando tanto a Kamasi Washington quanto al funk elettronico di Herbie Hancock, perfino al Miles Davis di On the corner. Il tutto in un contesto sonoro dal gusto ambient, spesso molto “liquido”, di altissima qualità compositiva e massima espressività.
KOLOSSO - Over
Un progetto stimolante, di ampio respiro, modernissimo, nato nel 2023 sotto la guida del polistrumentista e produttore Davide “Kidd” Angelica (già al fianco di Inoki, Deda, Voodoo Sound Club e altri), riunendo alcuni dei musicisti più visionari della scena underground bolognese. Un sound che abbraccia una gamma di stili particolarmente ampia, che passa dal jazz al funk, dall’hip hop al nu-soul al grime. Il tutto si miscela a un uso perfetto dell’elettronica e a una serie di ospiti che valorizzano composizioni curatissime e di grande impatto espressivo (vedi Awon in “Never Too Much”, vetta dell’album). Più che ottimo.
PUTAN CLUB - Filles d'octobre
Il duo franco/italiano aggiunge un altro devastante tassello alla sua demolizione progressiva delle convenzioni sonore. Il nuovo è dal vivo, registrato in Portogallo all'Amplifest. Drum machine, chitarra, basso, distorsione, tutto è estremo, riduttivo definirlo noise, siamo oltre. Ci sono echi post punk che arrivano da chi a suo tempo aveva incominciato a prendere a mazzate il suono più ovvio: Killing Joke, Public Image LTD, Theatre Of Hate. Ma anche riferimenti al tribalismo sperimentato nelle varie esperienze africane della band, industrial, pura e semplice attitudine punk. Il famoso o li si ama o li si odia bene si addice ai Putan Club. Noi li si ama incondizionatamente.
THE CANDYDATES - Vol.1
Il secondo ep della band livornese è un eccellente, purtroppo breve, viaggio in atmosfere di sapore psichedelico Byrdsiano ("Favourite Day" in particolare) che non disdegna sguardi al rock blues acido tardi anni Sessanta e al folk rock inglese. Tre brani che ricordano i loro quasi conterranei Steeplejack di Maurizio Curadi e che ci riempiono di aspettative per un album che si prevede di superba qualità.
NERO KANE – For the Love, the Death and the Poetry
Quanto è difficile distinguersi nel marasma di pubblicazioni che ormai travolgono l’ascoltatore. Uscire dal seminato e dalla prevedibilità è impresa ardua. Personaggi come Nero Kane, da sempre, sanno come fare. Attingendo da un background ricchissimo di influenze, radici, riferimenti, da dove acquisire elementi da mischiare a piacimento con la propria personalità, per creare un unicum originale, immediatamente identificabile, mantenendo il legame con le proprie fondamenta ma, ogni volta, riuscendo a proporre qualcosa di inedito e sorprendente. Nel nuovo album c’è di tutto: dalla solennità classicheggiante al blues, dal folk di gusto gotico a Nick Cave, dalle suggestioni care alle opere soliste di Nico al desert country “noir” di Johnny Cash. Ma c’è soprattutto l’anima (oscura) dell’autore, affiancato dalla visione artistica a 360 gradi di Samantha Stella, che ammanta molte parti dell’opera. Un lavoro che si impreziosisce per la sua unicità, introvabile altrove. Un ascolto è d’obbligo.
DELTA V - Fatti ostili
Il settimo album dei Delta V fa immediatamente centro, restando ancorato alle proprie radici, come sempre perfettamente in equilibrio tra pop ed elettronica ma con un’anima post wave e tematiche conturbanti, fino a diventare quasi disturbanti (vedi il passaggio in Nazisti dell’Illinois “Leggi le classifiche, brucia le classifiche, non accontentarti mai, al limite spara al dj”). Album raffinato e curato, ricchissimo di spunti, avvolgente e ammaliante. L’augurio è di avere il giusto risalto, in un’epoca artistica in cui la mediocrità la fa da padrona.
CAPPUCCIO COLLECTIVE SMOOTH – Breathe
Un album di immensa classe in cui il jazz incrocia atmosfere blues, pop, lunghe, soul, fusion, funk. Il mondo è quello di George Benson, Al Jarreau ma anche degli anni Ottanta di Sade. La qualità esecutiva è stupefacente, avvalendosi dell’apporto di strumentisti eccelsi che ben si affiancano alla chitarra di Mimmo Cappuccio e alla meravigliosa voce di Annina Galiano e le armonie di Cristina Massaro. Eleganza e raffinatezza, basti l’ascolto delle cover di “Summertime” e di “September” degli Earth, Wind and Fire. Super!
CALIBRO 35 - Discomania
Undici brani con tre originali e una serie di cover che spaziano da Lucio Dalla agli Azymuth a Herbie Hancock, registrati in presa diretta in studio con rare sovraincisioni. Raffinatezza jazz affiancata a un groove funk rock sempre potente e spontaneo. Il talento del quartetto milanese è da tempo noto e ammirato, il nuovo album ne è un'ennesima conferma.
MAD DOGS - The Future Is Now
Si fa presto a dire rock ‘n’ roll, punk, garage. Tecnicamente può non essere una faccenda complicata ma bisogna saperlo fare, se non si vuole cadere nel ridicolo e scontato. I Mad Dogs sono maestri in questo, da sempre attaccati alle radici classiche (Mc5, Stooges, New York Dolls, punk rock, Hellacopters etc) ma sempre in grado di aggiungere quel tocco di personalità che li rendono immediatamente distinguibili dal resto. Grande album!
BEE BEE SEA - Stanzini Can Be Allright
I Bee Bee Sea macinano da anni un poderoso mix di garage, psych rock, punk, power pop, a cui nel nuovo album aggiungono anche una manciata di glam (vedi l'iniziale "Holy Money"). Il sound è grezzo, diretto, urgente, ruvido, minimale, le canzoni hanno sempre la giusta carica e attitudine. I dodici brani scorrono veloci ma non per questo sono di semplice costruzione. Anzi, la composizione è spesso elaborata, con melodie e approcci ritmici variegati e mai scontati. Ancora una volta, più che ottimi!
CHOW - Eternal Lopez
Il trio bolognese sa bene come mischiare le carte sonore. Da una parte non è difficile ravvisare richiami al Detroit sound più classico, da Mc5 a Stooges ma c’è anche una buona dose di punk rock di gusto 77, qualche rimando (involontario?) a “Group Sex” dei Circle Jerks. Il tutto ammantato da un taglio che attinge dal garage punk anni Sessanta e da pennellate quasi psych. Tanto massicci quanto versatili, un album più che riuscito.
STERBUS - Black and Gold
Un lavoro molto interessante, dalla genesi particolare, in piena pandemia, sviluppatasi progressivamente intorno all'iconica figura di Virginia Wolf, in una sorta di concept. I brani, scritti e arrangiati da Emanuele Sterbini e Dominique D'Avanzo, suonati insieme a musicisti ospiti della scena romana ed inglese, viaggiano in sentieri sonori difficilmente collocabili, tra folk inglese, psichedelia, blues, in una miscela visionaria, tra atmosfere sospese, semi acustiche che amano guardare spesso agli anni a cavallo tra Sessanta e Settanta. Un lavoro anomalo e originale, pressoché unico nel panorama italiano ma non solo.
ELLI DEMON – Raise
La blues woman vicentina ha alle spalle una lunga attività discografica, in cui il blues è sempre andato a braccetto con varie contaminazioni e una forte personalità. Il nuovo album è un progetto particolare, che fa riferimento alla tradizione dei luoghi natali dell’autrice. E’ sempre blues ma ancora più anomalo del consueto, con sferzate punk e abbracci a varie forme di psichedelia, con un substrato oscuro e dark che accompagnano il tema lirico dell’opera, incentrata su leggende pagane e oscure. Suggestivo e ammaliante, ancora una volta Elli Demon ha fatto centro.
ELISA ZOOT - Clever Crow
Elisa Zoot è una cantante, produttrice e compositrice per TV e film, nonché co-fondatrice della band alt-rock londinese Black Casino And The Ghost. La sua musica e la sua voce sono state utilizzate in molti programmi TV di successo negli Stati Uniti e in varie serie di Netflix e in molti spot pubblicitari, serie, trailer e film in Usa e Europa. Il suo esordio solista, coadiuvata da collaboratori come Alex Reeves (Elbow) alla batteria, Ariel Lerner (Black Casino and The Ghost), Steve Ouimette (T-Ride) e Massimo Martellotta (Calibro 35) alle chitarre, la vede alle prese con dieci brani avvolgenti, misteriosi, in cui elettronica e gusto vintage si abbracciano alla perfezione. Tra dream pop, post wave alla Cocetau Twins, Portishead, un marcato gusto per le atmosfere cinematografiche e rimandi ai Sixties. Album di rara intensità e tensione emotiva.
MEGAN IS MISSING - Depression Is a Fashion
Torna il trio napoletano con un travolgente ep, abrasivo, potentissimo, devstatante. Approccio garage punk che vira verso la rabbia più estrema dell'hardcore, sorta di esasperazione del sound di Amyl and the Sniffers, sporcato da distorsioni alla Sonic Youth e dal groove dei primi Black Flag di "Nervous Breakdown". La cover di "Bit It You Scum" di GG Allin chiude alla perfezione la sequenza dei cinque brani. A real kick in the ass!
lunedì, dicembre 22, 2025
Libri musicali 2025
Una selezione di un trentina di libri a sfondo musicale letti nel 2025.
Daniele Miglietti, Francesca Alfano Miglietti "FAM" - Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto
Raramente un personaggio è stato così detestato, addirittura odiato, incolpato della più grande delle nefandezze nella storia del pop/rock, lo scioglimento dei Beatles.
Retrospettivamente è però invece lecito chiedersi chi dei due ci ha rimesso di più nel legame indissolubile tra Yoko Ono e John Lennon.
Contro ogni vulgata è stata probabilmente la grande artista giapponese che, da pionieristica icona della sperimentazione e dell'avanguardia, è stata derubricata per sempre a stramba (l'epiteto più gentile nei suoi confronti) compagna di una delle più grandi rockstar di tutti i tempi.
Il libro “Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto” di Francesca Alfano Miglietti (FAM) e Daniele Miglietti per Shake Edizioni, confuta con facilità questa tesi, facendo luce, puntigliosa e competente, sull'operato artistico di Yoko Ono, smontando, contestualizzando e analizzando la sua opera, tutte le sciocche dicerie che hanno avvelenato la relazione con John e la sua vita.
Sottolineando ad esempio che “mentre Ono era a fianco di John Cage e Marcel Duchamp, i Beatles sudavano e prendevano anfetamine vestiti di pelle nera in oscuri club di Amburgo” e quando i Fab Four abbozzavano i primi timidi tentativi di uscire dalla bolla di gruppo adolescenziale in “Help”, nel 1965, lei “era intenta a disorientare il pubblico della Carnegie Hall di New York con composizioni spiazzanti”.
Il libro si addentra minuziosamente nell'intera opera di Yoko Ono, partendo dalle prime sperimentazioni con il gruppo Fluxus, facendo agli albori degli anni Sessanta “del femminismo, dell'uguaglianza tra le razze e della compassione tra tutte le creature, la propria personale ragion di essere”.
John Lennon ammise sempre quanto fosse cristallina la loro relazione: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”.
I Beatles finirono (già qualche tempo prima dell'annuncio ufficiale) semplicemente perché si era concluso il loro incredibile ciclo artistico, Yoko non ne ebbe alcuna responsabilità.
Era John che la voleva sempre accanto, non lei a volersi intrufolare negli affari della band.
Un testo esaustivo, ricchissimo di informazioni, quanto è stata l'attività artistica (e, anche, molto influente, quella musicale, vedi B52's, Sonic Youth, Flaming Lips, il giro Riot Grrrl) di Ono, della quale si comprende la grandezza intellettuale e la statura culturale di un personaggio che “non è mai assurto al prestigio di icona pop...la prova incontrovertibile e tangibile del radicalismo della sua poetica”.
"Icona anticipatrice dell'arte concettuale e partecipativa, Yoko Ono lascia un gesto indelebile nella cultura contemporanea, tracciata dal suo forte attivismo per la pace quanto dalla sua operosità per l'ambiente, il femminismo, la musica, il cinema e le rappresentazioni.
"Molte delle idee di Yoko Ono non sono pensate per essere esposte.Sono più come esperimenti mentali. Molti hanno dei preconcetti su Yoko Ono, ma una volta che li superano e guardano davvero ciò che ha effettivamente prodotto, iniziano a capire che grande artista sia in realtà.".
"Già negli anni Cinquanta Yoko Ono aveva sperimentato tra i confini di musica, performance, poesia e arte visiva".
Moon Unit Zappa - Terra chiama Luna. Un viaggio folle e sincero con un padre di nome Frank Zappa
La questione è stata ampiamente dibattuta e risulta ormai quasi banale, tante sono le volte che è stata approfondita. Ovvero quanto la figura dell'artista sia compatibile o accostabile a quella dell'essere umano che la rappresenta.
Di fronte al genio del nostro musicista preferito o comunque unanimemente osannato, può tranquillamente passare in secondo piano un eventuale profilo umano discutibile o perfino deprecabile?
Influisce il suo comportamento privato con l'arte espressa nella sua musica? O sono due elementi completamente separati?
Moon Unit Zappa è la primogenita di Frank Zappa, monumento della musica del Novecento, sperimentatore, provocatore, innovatore e tantissimo altro. Cresciuta all'ombra dell'ingombrante, egocentrica, anaffettiva, fino alla crudeltà, figura paterna, ne rende una devastante testimonianza nella sua recente autobiografia “Terra chiama Luna”, edita da Mondadori, tradotta da Gianni Pannofino.
Non meglio era la madre, Gail Sloatman che sposò Zappa nel 1967, poco prima di mettere al mondo Moon Unit. Le vicende narrate nel libro ci portano in territori di abusi psicologici (talvolta anche fisici) di estrema ferocia, peraltro assolutamente ingiustificata nei confronti della figlia e dei suoi successivi due fratelli (Dweezil e Ahmet) e la sorella (Diva).
A tratti le situazioni sono insopportabili, per quanto l'autrice riesca sempre ad alleggerire, spesso con buone dosi di (auto)ironia, lo sdegno a fronte di certi episodi. Frank Zappa ne esce come un personaggio esclusivamente concentrato sul suo lavoro, quasi mai incline a un gesto d'affetto o alla benché minima considerazione per i figli e la moglie, succube e rassegnata al suo strapotere, disposta a perdonare i suoi palesi e ripetuti tradimenti.v O è confinato nel suo studio, dal tardo pomeriggio alle prime ore della mattina o impegnato in lunghi tour intorno al mondo, che lo rendono pressoché sempre assente dalla vita affettiva e famigliare.
Gail (Moon sottolinea di averli sempre chiamati per nome, praticamente mai “mamma” o “papà”) sfoga la sua frustrazione sui figli, la primogenita in particolare.
L'aspetto più destabilizzante è che può essere protagonista anche di atti di grande amore e magnanimità, improvvisi, decontestualizzati, poi annientati da momenti di pura e semplice cattiveria gratuita.
La bambina Moon cresce in un ambiente anarchico e caotico, in cui genitori (ma non solo) girano nudi, le GTOs' (il gruppo di groupie care a Zappa) saltellano in casa in abiti comunque sempre succinti (pur se molto amorevoli con lei), l'amante neozelandese di Frank soggiorna a lungo tra le mura domestiche, facendo ovviamente impazzire la moglie (che si “divide” anche con un'altra amante europea di Zappa che minaccia spesso di raggiungere e abbandonare la famiglia).
“Una variegata coorte di sognatori libidinosi, tizi strampalati, sbandati e ruffiani viene da noi per scroccare a ciclo continuo. Io porto ancora il ciuccio appeso al collo, che mi dà un senso di sicurezza e non so mai chi è affidabile e chi no, chi si scopa mio padre e chi no.
Le stanze sono pervase dell'afrore di uomini e donne che ballano sui ripiani della cucina.
Il nostro giardino sul retro è pieno di oleandri, edere, sanguinella, merda di cane, vecchi cartoni del latte e cera che profuma di garofano. Non mi piace vedere sconosciuti nel nostro giardino che fanno acrobazie o si mettono a produrre candele, nudi, vicini ai miei giocattoli.
I miei piedi cominciano a guarire dopo che due signore che dovevano prendersi cura di me hanno lasciato che me li ustionassi su un termosifone”. Nel 1982, a 14 anni, viene proiettata nello show business da un brano del padre, “Valley Girl”, con il quale vuole ridicolizzare il mondo della San Fernando Valley, dove la famiglia viveva.
Moon imita il tipico accento, lessico e argomentazioni delle sue coetanee del luogo.
La canzone arriverà nella top 40 americana, il risultato più alto ottenuto nella carriera di Zappa, che ne resterà particolarmente contrariato, trattato come “artista emergente” e autore di canzoncine divertenti. Peraltro ci vorrà tempo e l'ausilio della madre per attribuire parte dei diritti anche a Moon, contro il parere di Frank.
La ragazza diventa famosa, appare spesso in televisione, tra interviste e ospitate. Troppo e troppo presto, ne rimarrà quasi schiacciata. Alla ricerca di un equilibrio e di una vita che non fosse legata alla figura paterna, Moon trova lavoro come conduttrice televisiva e come comparsa e piccoli ruoli in film e serie televisive.
La morte di Frank Zappa, nel 1993, per cancro, sarà un lungo e lento calvario, anche in questo caso ricco di sgarbi e bassezze tra i membri della famiglia.
Ma il peggio arrivò successivamente.
Gail tenne nascosto ai figli le disposizioni di Frank che avrebbe voluto un'equa divisione del suo patrimonio tra i cinque eredi, si intestò tutto, finendo anche in abissi debitori, problemi con le case discografiche, cause legali, spesso finite male, una gestione del materiale rimasto inedito spesso schizofrenica e inadeguata.
I figli ne furono travolti ed entrarono in conflitto tra loro, anche a causa di assegnazioni arbitrarie dei beni fisici di Zappa, dai dischi alle chitarre.
Ancora di più quando nel 2015, alla morte della madre (“non ha mai abbandonato il suo posto di comando in battaglia, anche se ha contribuito a perpetrare la guerra”), furono disposte quote differenti, attribuendo il 30% agli ultimi arrivati Ahmet e Diva e il 20% a Dweezil e Moon ma con la clausola che fosse Ahmet il gestore e che una divisione dei compensi sarebbe stata possibile solo quando la società che gestiva i diritti sarebbe tornata in attivo (gli errati investimenti di Gail avevano portato a un buco di parecchi milioni di dollari). Anche in questo caso piovono cause e querele, le loro vite si allontanano sempre di più.
“Sto imparando che che nulla può spingere certe persone ad amare. Io sono una cifra, una spesa, un guadagno, una perdita, una controparte con cui negoziare. Non siamo una famiglia: siamo un'azienda camuffata da famiglia...dopo una vita passata a firmare documenti in cui si proclamava la nostra uguaglianza – una vita che credevo ispirata a un'idea di famiglia che ci impegnava tutti, una vita passata ad affermare principi che all'improvviso, con uno slittamento tettonico, si trasformano nel loro opposto – mi sento così tradita da non riuscire a pensare e parlare.”
La vita di Moon prosegue tra un matrimonio fallito e una figlia, ricerca spirituale attraverso filosofie orientali (anche in questo caso macchiate da vicende non sempre chiare e limpide con il guru di riferimento), varie altre attività sempre all'interno dello spettacolo, fino a una disperata e spiazzante ricerca di “conoscere come siamo fatti dentro” iscrivendosi a una scuola di anatomia, attraverso la quale dissezionare i cadaveri.
Un libro profondamente malinconico, acre e angosciante, una costante ricerca, a volte al limite dell'elemosina, di un atto d'amore da parte dei famigliari, evento raro, prontamente ripagato da profonde delusioni o pugnalate dolorose e inaspettate alle spalle.
Stupisce la capacità di “sopravvivenza” di Moon a tutto ciò, aggrappata a una visione positiva della vita, mai rassegnata alla totale disillusione e pur sempre devota alla figura paterna.
All'età di 58 anni ha deciso di scriverne, cercando proprio nelle ultime pagine un'ennesima riconciliazione con i fratelli che non vede e sente da anni. Le ultime parole del libro sono proprio per loro “E' tutto perdonato. Tornate a casa”.
Francesca Buscaglia - Etnografie Trap
Un illuminante saggio sul "fenomeno" TRAP, la marginalità dei suoi protagonisti, il costantemente voluto e cercato "folk devil" da demonizzare per la sua alterità rispetto alla normalità.
L'analisi prescinde dai contenuti musicali/artistici ma si concentra sulle "periferie urbane, spazi pieni di sconosciuti, spazi multiculturali dove l'appartenenza rappresenta una risorsa fondamentale."
"La musica trap oltre a prodotto musicale è la voce di una comunità immaginata, che offre alle comunità diasporiche dei giovani subalterni la possibilità di rispecchiarsi in un "noi" più moderno".
Interessante e perfettamente azzeccata la visione di come prima rap e poi trap siano diventati fenomeni globali e opportunità espressiva soprattutto di gruppi socialmente marginalizzati (per i quali il benessere esiste solo nelle pubblicità) che cercano (e talvolta trovano) nella musica un modo per uscire dall'anonimato e trovare fama, soldi e una modalità di scalata sociale. O imitandone movenze ed estetiche per sentirsi in qualche modo parte di "qualcosa".
In un mondo in cui "la geniale idea della governance neoliberale è stata riuscire a trasformare i diritti in qualcosa che si deve meritare" i giovani immigrati o di origine straniera si dibattono alla ricerca di un ruolo e di un'identità, sempre più pervicacemente negata e respinta.
La conclusione è propositiva, per quanto appaia utopica, alla luce del reale: "In questo momento è più che mai necessario...smettere i panni di meri osservatori e narratori di processi che riguardano "altri". Riprendere la voce: parlando, cantando, urlando se necessario. Proprio come stanno facendo, in modi e forme differenti, i giovani cosiddetti di prima e seconda generazione".
Il libro ha il profilo autorevole dell'autrice, educatrice di professione e antropologa, che lavora da anni nel sistema di accoglienza. Ha intervistato i ragazzi, approfondendone con loro le problematiche quotidiane.
Ne esce una fotografia molto fedele, quanto drammatica dell'epoca attuale, convulsa, talvolta "illeggibile" e incomprensibile.
Un lavoro più che pregevole.
Steve Wynn - Non lo direi se non fosse vero. Memorie di musica, vita e Dream Syndicate
Steve Wynn racconta una storia banale. Quella di un giovane ragazzo ossessionato dalla musica tanto da diventare un musicista.
Ovvero una storia straordinaria. Fatta di tutte quelle straordinarie banalità che caratterizzano la vita che molti artisti, pur non essendo mai diventati i Rolling Stones, ben conoscono.
Sacrifici di ogni tipo, rinunce, notti insonni, delusioni, sconforto, fatiche inenarrabili ma alla fine quella gratitudine infinita per avere avuto quell'opportunità incredibile di vivere con e nella musica.
Steve Wynn ha lavorato in un negozio di dischi, fatto il DJ, fondato i Dream Syndicate e dato vita, negli anni Ottanta, al cosiddetto Paisley Underground, a fianco di Rain Parade, Bangles, Green On Red, Long Ryders, mischiando psichedelia, rock e punk.
Con la sua band ha sfiorato il grande successo, tra tour con REM e U2, album in classifica ma alla fine è sempre mancato il guizzo finale. Nella sua autobiografia, pubblicata recentemente da Jimenez Edizioni, “Non lo direi se non fosse vero” (tradotta da Gianluca Testani), traspare qualche velato rammarico, soprattutto all'indomani dello scioglimento della band (poi riformatasi nel 2012 e ancora in splendida attività con album freschi e mai nostalgici), quando esplodono il grunge e l'indie rock di cui i Dream Syndicate erano stati in qualche modo precursori e padrini e altre band a loro contemporanee (Meat Puppets, Flaming Lips, Sonic Youth) trovavano finalmente successo e riconoscimenti:
“Sarebbe potuto accadere a noi? Non ha senso chiederselo. Non è successo.”
Il racconto è avvincente, molto (auto) ironico, ricchissimo di aneddoti gustosi e talvolta imprevedibili, tra eccessi alcolici e non solo, concerti sold out e serate semi deserte in luoghi sperduti dell'America davanti a un pubblico indifferente. Fotografa al meglio la vicenda di una band che alla fine è riuscita comunque a ritagliarsi un posto nella storia del rock e diventare riferimento per tantissimi altri artisti in mezzo mondo.
Steve Wynn ha proseguito con una carriera solista ricca di soddisfazioni e ottimi dischi oltre a una lunga serie di collaborazioni e progetti sempre più che dignitosi.
Sarà il tema del secondo capitolo della sua nuova carriera letteraria che in questo caso si ferma allo scioglimento della band, nel 1988, relegando a poche pagine la prosecuzione successiva.
La riga finale è un capolavoro di colto citazionismo musicale:
“Ci vediamo in giro per locali”.
La frase che disse George Harrison agli altri Beatles il 10 gennaio 1969, quando lasciò (momentaneamente) la band.
Robyn Hitchcock - 1967. Come ci sono arrivato e perché non me ne sono più andato
L’artista inglese è sempre stato un discepolo fedele della breve epica e attitudine sonora di Syd Barrett che ha permeato la sua prima avventura con i Soft Boys e la successiva incarnazione solista.
Non stupisce quindi che questa sua autobiografia “1967” (edita da Hellnation Libri, tradotta da Carlo Bordone) ruoti pressoché esclusivamente intorno al fatidico 1967 e ai suoi quattordici anni, quando scoprì e si innamorò di Bob Dylan, la Incredible String Band e, inevitabilmente dei Beatles, in una sorta di sgangherato quanto fascimoso romanzo di formazione psichedelico.
I flash pre adolescenziali sono abbaglianti fotografie che abbiamo un po’ tutti vissuto:
“Non vedo l’ora che la mia voce si abbassi, che mi cresca una peluria rispettabile e di abbandonare finalmente lo scricchiolante reame della fanciullezza.”
Arrivano anche david Bowie e Jimi Hendrix:
“Sono un adolescente in fiamme, Cristo santo questa è musica che ti fa levitare”. I vestiti diventano più audaci, i capelli si allungano. “Sto imparando che il barbiere è il nemico naturale della libertà”.
Anche se il periodo di transizione è ancora lungo e complesso “Una cultura in cui sono tutti maschi e le donne sono un’altra specie, esistono solo dietro a un vetro, come una Monna Lisa. Ci sono le persone e poi ci sono le femmine”.
Improvvisamente arrivano un giradischi e una chitarra e nulla sarà mai più come prima “Ho la mia chitarra e mio cugino, sia benedetto, mi presta uno di quegli oggetti che ti cambiano la vita: un giradischi a pile.”
Cambia anche il tanto agognato aspetto fisico “Sono alto un metro e ottanta e con un caschetto alla Beatles” ma anche una constatazione postuma illuminante, che in molti possono condividere: “Sono un adolescente e lo rimarrò per il resto della vita”.
Incomincia a suonare sopra ai tanto amati dischi dei nuovi idoli:
“Il mio istinto è suonare la chitarra molto prima di avere imparato a suonarla”.
Alla fine Robyn vivrà con la sua musica, girerà il mondo, inciderà eccellenti dischi, riladcerà interviste a quelle riviste che spulciava freneticamente da adolescente, seguendo quello “spirito del 1967” da cui è partito.
“A parte tutto sono grato che l’orologio fermo del 1967 rintocchi ancora dentro di me. Mi ha dato un mestiere per la vita”.
Lou Reed - Il mio Tai Chi
LOU REED è stato uno dei più grandi artisti del Novecento in ambito "pop/rock".
Ha sperimentato, osato, esplorato.
Dai Velvet Underground alla carriera solista ha lasciato un'ingente serie di capolavori e opere comunque abbondantemente al di sopra della media qualitativa.
Approfondire la sua figura è sempre interessante, anche quando si affronta un contesto poco noto della sua vita, come l'adesione alla pratica del TAI CHI, che lo ha aiutato fisicamente e spiritualmente, per molto tempo, fino agli ultimi istanti della sua vita.
Questo libro è curioso e particolare, entra nell'intimo del grande artista, sempre molto riservato e scontroso.
Che parte dall'idea di Lou di scrivere un libro sull'arte marziale, interrotta dalla malattia e dalla sua umiltà:
"Chi sono io per scrivere un libro sul Tai Chi"?
Ci sono decine di testimonianze.
Oltre alla moglie Laurie Anderson, intervengono amici, collaboratori, Iggy Pop, Bob Ezrin, Anohni, i suoi maestri della disciplina, Mick Rock, la seconda moglie Sylvia Reed e tanti altri.
L'intervento più emozionante e inaspettato è di Jonathan Richman:
"Avrò visto i Velvet Underground tra le sessanta e le cento volte.
Avevo sedici anni e per me era una questione di vita o di morte.
Erano tutti gentili con me.
Dopo un po' Lou mi permise perfino di suonare le sue chitarre elettriche durante le prove e ascoltare i suoni.
Guardavo le loro mani. Li guardavo suonare la chitarra durante le prove. Li guardavo sul palco.
Ho imparato a improvvisare da loro.
Li guardavo comporre canzoni.
Li guardavo nei soundcheck. Nel 1968 fare un soundcheck significava che la band si assicurava che tutto funzionasse, più o meno." Un testo che i fan di Lou Reed apprezzeranno per aggiungere un ulteriore tassello all'approfondimento dell'uomo, al di là dell'artista ma molt ogradevole anche per i lettori "occasionali".
E particolarmente propedeutico per indirizzare alla pratica del Tai Chi.
Roman Kozak - Questa non è una discoteca. La storia del CBGB
Forse il locale più mitizzato di sempre.
In effetti le caratteristiche per entrare nella leggenda le ha sempre avute: New York di metà/fine anni Settanta, quando era una città pericolosa e invivibile, un quartiere ancora più spaventoso.
Partito con la volontà di dare spazio a country, jazz, folk e un po' di rock per i gruppi di Hell's Angels che lo frequentavano, il CBGB'S è diventato invece la culla del punk rock locale e poi mondiale.
Lì nacquero letteralmente miti come Ramones, Patti Smith, Talking Heads, Blondie, Television, Willy DeVille, tra i tanti.
E fu da lì che il punk arrivò dapprima sulla costa ovest americana e più o meno in contemporanea nelle strade di Londra. Troviamo numerose testimonianze dei protagonisti dell'epoca (dai Ramones a David Byrne, Debbie Harry, Lenny Kaye etc) e materiale grafico inedito, nello storico libro “Questa non è una discoteca. La storia del CBGB'S” scritto da Roman Kozak nel 1988 e solo ora, dopo anni fuori catalogo, tradotto in italiano (a cura di Luca Frazzi) per Interno 4.
Tra le più importanti quelle del proprietario Hilly Kristal che sintetizza in modo molto naturale e sincero come nacque il tutto:
Tutto quello che sentivo era che questi ragazzi e ragazze avevano bisogno di un posto per fare la loro musica.
Pensavo che fosse musica molto rozza e molto rumorosa. Non era quello che mi piaceva. Quello che apprezzavo era che queste persone ci mettevano davvero l’anima. Erano molto sincere e credevano davvero in se stesse. Erano ragazzi che usavano la musica – anche se non sapevano suonare i loro strumenti – per esprimersi.
Ben presto il minuscolo spazio, unanimemente descritto come terribilmente sporco (soprattutto i bagni), al limite della decenza (“Ho preso i pidocchi lì quattro fottute volte, giuro su Dio. Era davvero troppo” dice Willy Deville), tra topi, insetti e una fauna umana tutto fuorché raccomandabile, divenne il centro del mondo musicale, tra mille difficoltà, aprendosi successivamente all'hardcore punk fino alla chiusura nel 2006.
Fu rilevato dallo stilista John Varvatos che lo ha trasformato in un negozio di vestiti, conservando le pareti originali con i poster e i graffiti, come un grande affresco. Libro dettagliatissimo e molto divertente, con l'aggiunta di un capitolo di interviste ai gruppi italiani che vi hanno suonato (CCM, Negazione, Raw Power, Cripple Bastards, perfino Elio e le Storie Tese).
Una vicenda basilare nella storia del rock.
Val Wilmer - La musica, importante quanto la tua stessa vita. La rivoluzione del Free Jazz e della Black Music
Finalmente trova un'edizione italiana un libro fondamentale per la comprensione del contesto Free Jazz/New Thing, scritto quasi 50 anni fa dalla fotografa, scrittrice e appassionata Val Wilmer.
Un testo che approfondisce non solo l'aspetto meramente musicale (già di per sé interessantissimo) ma esplora anche quello sociologico e antropologico di quegli anni, unito all'anima artistica che andava a braccetto con quanto accadeva nella cultura afro americana.
La musica nera è, con il cinema, la più importante forma d'arte di questo secolo (lo scorso NdR).
E' difficile trovare qualcuno che non ne abbia subito l'influenza.
Importante anche l'approccio alla materia da parte della critica ufficiale ben stigmatizzato dall'autrice:
Nelle avanguardie di ogni arte gli innovatori sono spesso liquidati come "anarchici" o "ciarlatani".
Altrettanto cruciale un aspetto sempre poco considerato, come sottolineano i membri dell'Art Ensemble of Chicago a proposito delle definizioni di "free jazz" o "black music": Sono i bianchi che hanno messo queste etichette.
I musicisti stessi la chiamano semplicemente "LA MUSICA".
Risaltano le biografie appassionate di John Coltrane, Sun Ra, Albert Ayler, Cecil Taylor e altri.
In particolare è interessante il capitolo "Suoni bene, per essere una donna!" in cui si sottolinea il ruolo subalterno della figura femminile nell'ambito jazz (ai tempi ma non solo...), con la figura rivoluzionaria di Alice Coltrane o la precisa volontà di Sly Stone di proporre la sua Family Stone con uomini, donne, bianchi e neri. D'altronde il poeta Ted Joans vedeva il musicista con questa considewrazione:
"Soffiare in un tubo mascolino, evitando i vezzi da finocchio".
Non è una lettura semplice ma essenziale per comprendere in tempo reale il cuore della "black music" a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.
Angela Valcavi - Via Rismondo 117
Delle vicende legate alle sottoculture italiane (e non solo) sviluppatesi negli anni Ottanta, sia da un punto di vista di “colore” ed estetica, sia nelle loro implicazioni politico/sociali, si è parlato e si continua a farlo a profusione.
Difficilmente chi non le ha vissute in prima persona riuscirà a coglierne tutte le sfumature e quanto fossero sinonimo di identità, appartenenza, antagonismo (talvolta ingenuo e superficiale ma sempre sincero e genuino).
E’ però importante che si aggiungano progressivamente ulteriori racconti e approfondimenti, nuovi tasselli di un mondo irripetibile e che non c’è più.
“Via Rismondo 117” di Angela Valcavi (pubblicato da Interno 4 Edizioni) è una storia, esplicitamente “romanzata” ma che è invece molto aderente alla realtà.
Si parla della vicenda della fanzine “Amen” attorno alla quale si sviluppano mille altre iniziative e racconti della Milano “punk e dintorni” degli anni Ottanta, dai centri sociali occupati come il “Virus”, all’arrivo dei punx nel “Leoncavallo”, con l’apertura dello spazio parallelo dell’”Helter Skelter” (dove suonarono eccellenze come Henry Rollins e Sonic Youth), attraverso tutte le contraddizioni e scontri ideologici all’interno dello stesso giro antagonista, gli sforzi per costruire nuovi spazi antitetici all’inizio del “sacco di Milano” (edilizio, politico, sociale e non solo).
“Noi eravamo e volevamo essere un mondo a parte...appartenevamo a un mondo con sue specificità e caratteristiche culturali ben definite, con presupposti e percorsi differenti da qualunque altro precedente per genesi e sviluppo. La definizione di sottocultura avrebbe solo insterilito il nostro ambito di elaborazione di pensiero e azione”.
Nel libro, scritto molto bene e con puntiglio, le vicende scorrono tra “gioia e rivoluzione” ma anche lutti, macerie e amarezza. Il tutto corredato da tantissimo materiale grafico.
L’importanza di quelle gesta è rimasta nella società odierna, ha formato persone e le ha rese migliori o comunque differenti dall’omologazione imperante.
“Gli anni Ottanta furono una vera fucina sotterranea di libertà creativa che investì ogni aspetto della realtà giovanile...una cultura diversa si era sparsa, diffusa e affermata, correndo impazzita, imprendibile, sviluppandosi dove aveva trovato il terreno adatto, opponendosi al livello avvilente di bisogni indotti dall’effimero del mercato. Guardando un’ultima volta le macerie, resta il grande sogno.”
Kevin Rowland - Bless Me Father: A life story
Dopo un lavoro durato vent'anni KEVIN ROWLAND porta a termine una faticosa, introspettiva, personalissima e drammatica autobiografia.
Ci sono ovviamente abbondanti spazi all'attività musicale con i Dexy's Midnight Rummers e progetti collaterali (a cui il lettore avrebbe voluto maggiore spazio e attenzione ma che, non di rado, vengono trattati come un aspetto quasi secondario di una vita convulsa e incerta) con i successi e i fallimenti ma buona parte del racconto è riservato all'adolescenza, all'infanzia, al difficilissimo rapporto con padre (vedi titolo) e stretti consanguinei, fino all'oscuro e lungo periodo di dipendenza dalla cocaina, la bancarotta, i conti con la sua sessualità e altri aspetti molto personali e intimi, spiattellati senza troppi filtri.
Una lettura talvolta ridondante e con cadute di tono ma per i fan, non solo dei Dexy's ma della scena inglese dagli Ottanta in poi, è un compendio interessante per aggiungere nuovi particolari, spesso inediti e sorprendenti, al periodo.
Cesare Ferioli - Come schegge furiose. Storie di strade e mutazioni
"QUEL" periodo a cavallo tra anni Settanta e primi Ottanta è stato ormai abbondantemente analizzato, approfondito e raccontato.
Ma continua a conservare un fascino incredibile (soprattutto per chi lo ha vissuto - e che spesso si ritrova ad avere percorso gli stessi sentieri o i luoghi ed eventi descritti - ma anche per chi ancora non c'era).
Cesare Ferioli è un veterano della scena sottoculturale bolognese e nazionale, passato dal punk allo skinhead fino ad approdare al rockabilly e dintorni.
Batterista con Uxidi, Tribal Noise, Jack Daniel's Lovers, Dirty Hands, Wu Ming Contingent, Nabat, protagonista dell'interessante progetto solista elettronico Big Mojo, rivive quegli anni, fatti di musica, risse, fughe, scontri, droghe, ricerca identitaria, rabbia e naiveté adolescenziale che spesso sconfinano nella "stupidità" dell'età, all'insegna di atti tanto sciocchi quanto divertentissimi, tra Bologna, Milano e Londra.
C'è tanta ironia e un taglio romanzato, su fatti veramente accaduti e in cui in tanti non avranno difficoltà a riconoscersi.
Il tutto corroborato da una scrittura validissima ed efficace.
(Il capitolo dedicato al viaggio a Londra è una perfetta fotografia di come si vivevano quei momenti in quegli anni).
Corrado Rizza - Il Piper Club
Il 17 febbraio 1965 apriva a Roma il Piper Club.
Fu l'epicentro della "dolce vita" beat degli anni Sessanta italiani.
A prevalente appannaggio di una alta società abbiente che amava assistere al nuovo fenomeno dei giovani con i capelli lunghi e le giovani con le gonne molto corte. Ma che fu il catalizzatore di una nuova cultura che attingeva a piene mani dalla Swinging London e dall'America "colorata" e psichedelica. Passarono sul suo palco Who, i giovanissimi Pink Floyd con Syd Barrett, Family, Procol Harum, Duke Ellington, Joe Tex, Sly and the Family Stone, Genesis e il meglio del giro italiano: Rokes, Equipe 84, Corvi, la "ragazza del Piper, Patty Pravo, Renegades, Rita Pavone, tra i tanti.
Mario Schifano suona lì con la sua creatura "warholiana" Le Stelle di Mario Schifano e Tito Schipa Junior mette in scena la "prima opera rock di sempre" Then An Alley".
Il pregio del libro, oltre a interviste e testimonianze di protagonisti/e (da Mita Medici a Marina Marfoglia), sta nelle oltre 200 fotografie quasi tutte inedite, testimonianza spettacolare di un'epoca incredibile.
Gli amanti dei Sixties impazziranno per queste pagine.
Pietruccio Montalbetti - Storia di due amici e dei Dik Dik
Pietruccio Montalbetti è da sempre l'anima dei DIK DIK ma anche un coinvolgente scrittore e un indomito esploratore (consiglio uno dei suoi libri sull'argomento, dedicato a un viaggio avventurosissimo in solitaria in Amazzonia: https://tonyface.blogspot.com/2018/12/pietruccio-montalbetti-io-mi-fermo-qui.html).
In questo nuovo testo racconta della sua intima amicizia con LUCIO BATTISTI, con particolari inediti e spesso molto gustosi, parallelamente alla vicenda artistica dei Dik Dik, dagli esordi nella prima metà degli anni Sessanta ad oggi (a 84 anni continua a portare in giro la band).
Una valanga di aneddoti e una "fotografia" di epoche lontane e inimmaginabili per quanto fossero pionieristiche.
Gli appassionati di epoca beat e musica italiana apprezzeranno questo ulteriore tassello.
Crash Box - Storie e ricordi sul muro
Marco Maniglia è stato tra le principali anime (e cuore) della scena punk hardcore italiana degli anni Ottanta.
Sia a livello personale/partecipativo/organizzativo (che era la caratteristica di quasi ognuno del giro: esserci, sentire l'attitudine, organizzare (il più delle volte con modalità avventurose/disastrose).
E' stato anche il motore propulsivo dei CRASH BOX, tra i principali esponenti dell'epoca.
Ora raccoglie una serie di volantini di concerti dell'epoca con commenti e ricordi di quegli eventi.
Un libro/rivista (con bella intervista finale) che ci restituisce alla perfezione il "sentire" di quei momenti tanto caotici, quanto rivoltosi e gioiosi.
Tutto questo per del rock 'n' roll del cazzo che non fa forse crescere ma mi/ci ha fatto sopravvivere. (Marco Maniglia)
Per contatti e riceverlo: emmemarco63@gmail.com (niente social, raga...)
Giuseppe Velasco - Nemici. Scontri memorabili nella musica pop
Un libro veloce e agile che analizza alcune delle rivalità più note nella musica pop/rock (i Gallaghers, Paul e John, Blur e Oasis, Waters e Gilmour) ma anche quelle più occulte (Prince/Michael Jackson, Simon e Garfunkel, l'incredibile intreccio di antipatie e odio all'interno dei Beach Boys).
Non è, appunto, del tutto noto il ruolo del padre padrone e manager dei fratelli Wilson dei Beach Boys, Murry, esautorato alla fine da Brian, a sua volta privato dello scettro di leader da Mike Love né l'acrimonia che ha accompagnato tutta l'avventura di Paul Simon e Art Garfunkel.
Quella tra Tupac Shakur e Notorius B.I.G finì molto male, non si è ancora del tutto placato lo scontro tra Madonna e Lady Gaga e tra Taylor Swift e Kanye West.
Gustoso e divertente, ricco di aneddoti e curiosità.
I 500 grandi dischi del rock
Anche CLASSIC ROCK ha pensato bene di fare la classifica dei 500 MIGLIORI ALBUM ROCK di sempre.
Attraverso una scelta preventiva dei redattori si è arrivati alla lista finale.
Da parte mia ho scritto una cinquantina di schede (da Paul Weller ai Beatles, dai Bad Brains ai Black Flag, dai Sonic Youth a Patti Smith, da "Quadrophenia" a "Sandinista").
Il GIOCO è già stato fatto decine di volte e ovviamente tale rimane, altrettanto ovviamente è tutto opinabile, discutibile e grande sarà lo scandalo perché c'è questo e non quello e che, per me, vedere "Stanley Road" di Paul Weller al 452° posto dietro a "Hair of the dog" dei Nazareth fa friggere il sangue. Ma è appunto un gioco.
Un modo per fare conoscere ai più giovani quello che è (stato) il rock e per i più attempati ricordarsi di tanti titoli dimenticati.
L'aspetto più scontato ed evidente è la presenza in stragrande maggioranza di album dagli anni Sessanta alla fine degli Ottanta.
Roberto Calabrò - Eighties Colours. Garage beat e psichedelia nell’Italia degli anni Ottanta
Originariamente pubblicate nel 2010 in confezione lussuosa e curatissima per Coniglio Editore, le 1.200 copie di "Eighties Colours" andarono velocemente esaurite, anche grazie a una serie di presentazioni ed eventi affollatissimi e di prestigio.
Un libro che parla(va) con dovizia di particolari e stupende foto, dell'esplosione di colori garage/beat/psichedelici nell'Italia di metà anni Ottanta. Da allora è praticamente irreperibile se non a prezzi sostenuti.
Ben venga dunque la ristampa, seppure in formato più "povero" ed essenziale, con l'aggiunta di un prezioso capitolo che rendiconta ciò che è successo a molti dei gruppi protagonisti nel nuovo secolo, molti dei quali hanno ripreso vita con lo stesso marchio di fabbrica o con nuove iniziative. E infine la discografia aggiornata.
Per chi ha amato Not Moving, Sick Rose, Party Kidz, Out Of Time, Effervescent Elephants, Avvoltoi, Sciacalli, Ugly Things ma anche Statuto, Four By Art, Peter Sellers & the Hollywood Party, Allison Run, Technicolour Dream etc e non ha in libreria la prima edizione, un acquisto fondamentale e necessario.
Andrea Valentini - 100 dischi essenziali dell’hardcore italiano del periodo 1983-1989
Andrea Valentini è un appassionato cultore di dischi "rumorosi" (vedi i suoi impegni letterari per Venom e Johnny Thunders, ad esempio).
La sua competenza è inattaccabile e indiscutibile quando affronta il periglioso impegno di elencare i 100 dischi essenziali dell’hardcore italiano del periodo 1983-1989 e altre 100 schede brevi, allegato al mensile "Rumore".
L'hardcore italiano è stato uno dei fenomeni più incredibili e interessanti della musica italiana recente ma che, proprio per la sua particolarità, non ha bisogno di tante spiegazioni e approfondimenti.
E' invece più che importante conservare memoria artistica e "politica" di quel periodo e guide come questa sono essenziali.
Saltiamo subito la prevedibile e noiosissima sequela di diatribe "non c'è questo/non c'è quello" e andiamo a rilevare quanto il lavoro sia completo, certosino, con numerose testimonianze dirette dei protagonisti e un'ironia essenziale che accompagna gli scritti.
Interessante la prefazione che sottolinea quanto in alcuni casi ci sia stata un'espilicita mancanza di collaborazione e come qualcuno abbia rivelato che alla fine a certi slogan non è che ci credessero poi tanto.
Anche questo fa parte della storia.
Francesco Donadio - Rinnegato. Vita e canzonette di Edoardo Bennato
Una biografia dettagliatissima e approfondita, quanto ragionata, della carriera di Edoardo Bennato, uno dei cantautori più originali e creativi della canzone d’autore italiana, spesso trascurato e dimenticato.
Il testo ci lascia capire che le sue posizioni mai allineate e spesso scomode gli hanno inimicato parecchie “fazioni” politiche e non.
In effetti passare dal circuito del PCI e Lotta Continua negli anni Settanta all’appoggio convinto a Beppe Grillo e al suo nascente Movimento, per poi sbeffeggiarlo in “Al diavolo il Grillo Parlante” e alla partecipazione alle feste per Alleanza Nazionale, non aiuta.
Ma è sempre stato lo stile di Bennato, seguire una sua strada, incurante del resto.
La carriera è ricchissima di successi e capolavori ma anche di rovinose cadute in album poco significativi, di un San Siro con 80.000 persone a esibizioni in feste di paese.
Il libro manca (anche volutamente) delle parole del protagonista ma si avvale delle testimonianze dei suoi più stretti collaboratori (a partire dai fratelli Eugenio e il compianto Giorgio).
Un lavoro certosino e completo. Edoardo Bennato fu tra i primissimi a portare in Italia il linguaggio blues e rock ‘n’roll.
Aldo Pedron / Angelo De Negri - LIVE AID. Il juke-box globale compie 40 anni
A quarant'anni dal mitico evento, questo libro ne traccia con maniacale precisione tutti gli aspetti.
Molto interessante la contestualizzazione del periodo storico, sociale, artistico e il riassunto a tutti i precedenti grandi festival.
Poi è un profluvio di dettagli, aspetti poco conosciuti, l'azzardo di Bob Gedolf quando annuncia una serie di nomi partecipanti senza nemmeno averli contattati, paul Mccartney che da tempo non suona, dopo la morte di John, accetta solo per la pressione dei figli, il lancio che aveva dato il singolo collettivo "Do They Know It's Christmas Time", seguito da "Usa for Africa" e da una lunga serie di altri brani, al fine di raccogliere fondi per la carestia nel Corno d'Africa.
L'evento si svolse in alternanza tra Londra a Wembley e lo stadio JFK a Philadelphia, in mondovisione.
Infine il dettaglio di tutte le esibizioni, con scaletta, commenti, dichiarazioni dei protagonisti.
Nomi, tra i tanti, come David Bowie, U2, Style Council, Queen, Dire Straits, Who (riuniti per l'occasione), Elton John, Paul McCartney (con solo "Let it be") accompagnato alla voce da Pete Townshend, David Bowie, Bob Gedolf, Alison Moyet.
Dagli States rispondono con Run DMC, Black Sabbath, Joan Baez, Crosby, Stills and Nash, Beach Boys, Pretenders, Simple Minds, Santana, Madonna, Neil Young, Eric Clapton, Phil Collins (Dieci ore dopo essersi esibito al Wembley Stadium di Londra, arriva negli Stati Uniti con l’aereo supersonico Concorde si esibisce al JFK Stadium di Filadelfia, lo stesso giorno), Plant, Page, Jones con Phil Collins (in un'esibizione imbarazzante), Crosby, Stills, Nash & Young (dopo essersi già esibiti separatamente), Mick Jagger solo e con Tina Turner, Bob Dylan con Keith Richards e Ron Wood. Il libro si completa con una lunga serie di ulteriori approfondimenti, aneddoti, dati e date.
Difficile trovare qualcosa di più esaustivo.
Roger Marriott - East of Acton
Tradotto in italiano dalla Associazione Culturale Tumulto, stampato in 100 copie, arriva il romanzo di Roger Marriott, ambientato nella scena mod londinese dei primni anni 80, a fianco della quale si svolge una vicenda in cui il protagonista si muove tra storie estreme di violenza, droga e alcolismo, mantenendo però un look impeccabile e l'amore sconfinato per la musica preferita (dai Jam ai Purple Hearts).
Libro divertente e frizzante, si legge tutto in un fiato, ricco di riferimenti colti e azzeccati all'ambiente dei tempi.
Lettura estiva ideale.
Aldo Pedron - Il tuo plagio e’ come un rock
Aldo Pedron, storico giornalista e scrittore, ci porta alla scoperta di una serie di similitudini (più o meno marcate, inconsapevoli o volutamente plagiariste) tra canzoni di artisti italiani, circoscrivendo prevalentemente il contesto agli anni Sessanta/Settanta quando molti autori italiani si attribuivano composizioni altrui, contando su una scarsa attenzione delle case discografiche.
Una appropriazione indebita, sfruttando la scarsa attenzione della SIAE e la difficoltà degli autori stranieri nel monitorare i propri diritti in Italia.
Certi autori si attribuivano brani interi senza alcuna autorizzazione, registrando a proprio nome composizioni originali straniere, intascandone i diritti d’autore senza alcuna conseguenza legale. L’ente preposto, per ignoranza, disinteresse o semplice lassismo, raramente verificava l’autenticità delle opere registrate.
Questo sistema ha permesso a molti autori (e ai loro eredi) di guadagnare royalties su brani che non avevano mai scritto, a discapito dei veri compositori, spesso ignari di tutto.
Un altro aspetto interessante è come giovani autori si appoggiassero a musicisti già abilitati per registrare ufficialmente le loro composizioni (per diventare autore alla SIAE era necessario un esame, non facilissimo).
Questo sistema, pensato per garantire una certa professionalità nella scrittura musicale, si rivelava spesso un’arma a doppio taglio, portando a situazioni di disaccordo e contenziosi.
I casi presi in considerazione nel libro sono spesso clamorosi, altre volte più defilati e più opinabili.
Diciamo che, in particolare, Adriano Celentano prima e Zucchero dopo, hanno fatto man bassa di "ispirazioni" più o meno palesi.
Ma non mancano Equipe 84, Nomadi, Edoardo Bennato, tra i tanti, e quando si ascolta il ritornello di "Acqua azzurra, acqua chiara" di Lucio Battisti confrontato a quello di "Bring a little lovin" dei Los Bravos, inciso l'anno prima, le similitudini sono evidenti.
Un libro divertente e ben documentato con relativo interessante contributo fotografico.
Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful. Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.
Andrea Pomini - Africa ieri, oggi e domani. 50+50 Dischi Per Amare Il Continente
Allegato al nuovo numero di "Rumore" una importante ed essenziale guida per addentrarsi nel magmatico mondo sonoro africano.
Partendo al pressupposto che "Africa is not a country" (Dipo Faloyin), tanto meno un "genere musicale".
Basti pensare al miliardo e 200 milioni di abitanti, i 56 stati, le 1.500/2000 lingue parlate per capire la complessità culturale del Continente. Pomini ci introduce a un primissimo, quanto preciso, sguardo ad alcuni dei dischi più importanti usciti negli ultimi 50/60 anni.
Ogni paese è rappresentato e, puntualmente e ovviamente, manca questo o quello, ma non è il punto.
Partire da queste (complessissime) basi ci può aiutare a scoprire un mondo sonoro, artistico e culturale tanto incredibile quanto trascurato dal nostro interesse euro/anglo centrico.
Complimenti e un caloroso invito a leggere questa settantina di pagine e a dare un ascolto ai 100 dischi proposti.
Cristiano Colaizzi / Corrado Rizza - Disco Playlist Italia 1975-1995
Esce a, distanza di due anni, il seguito di "Roma Disco Playlist -1965-1995" (sempre per VoloLibero).
"Disco Playlist Italia 1975-2025" è un maniacale elenco di 246 playlist (con relativo QR Code per ascoltarle), con 4.500 brani che documentano il lavoro di 196 DJ in 180 discoteche di tutte le regioni italiane, dal 1977 al 1995.
Scorrendole troviamo grandi sorprese, brani oscuri, hit dimenticate e una cultura della discoteca che esula dal consunto concetto di "musica commerciale da ballo", tra soul, Philly Sound, elettronica, new wave e altro.
La lista dei protagonisti è spesso nota e prestigiosa (da Cecchetto a Fiorello, Jovanotti, Roberto D'Agostino, Mozart, Ringo etc).
Il tutto contestualizzato all'epoca, gli anni di riferimento, con tanto di interviste, foto, note.
Tanto specifico quanto interessante.
Vincenzo Greco - Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche nella musica Ferretti, De André, Battiato, Waters
Un lavoro molto affine a un saggio, in cui l'autore ci conduce, attraverso una serie di profonde riflessioni personalei, condotte come un dialogo immaginario con quattro artisti, tanto diversi, quanto legati da un filo conduttore comune le cui canzoni aprono a uno sguardo alle storture del tempo moderno.
Ne risulta un libro ai limiti del "filosofico", ricco di spunti molto interessanti e stimolanti.
Non occorre essere fan o seguaci di Ferretti, De André, Battiato, Waters.
Il testo, interessante e scritto molto bene, offre tanto altro, partendo dalle loro liriche, per spaziare in una visione universale dello stato attuale delle cose.
Gli strumenti informatici si sono fatti carico del compito di ricordare per noi e con capacità infinitamente superiori a quelle umane.
Il fatto di avere affidato la memoria a uno strumento e agli algoritmi che lo gestiscono, ci ha privati del governo della memoria stessa, e soprattutto della selezione gerarchica delle cose da ricordare.
Lo fa l'algoritmo per noi.
Ma con il rischio che vengano eliminati, per mano di chi gestisce tali programmi di selezione, eventi e moniti importanti per l'uomo. Abbiamo in definitiva rinunciato al dovere della memoria.
Valerio Bruner - Spiriti nella notte
«Le canzoni di Bruce Springsteen sono la mia colonna sonora da quando avevo quindici anni. C’era qualcosa nella sua poetica in cui vedevo finalmente espresso quello che mi portavo dentro e che ancora non riuscivo a dire con parole mie. Da lì è stato l’inizio di un viaggio insieme che dura tuttora».
Non sono un grande estimatore e conoscitore di Springsteen, per cui trovare riferimenti diretti alle canzoni che hanno ispirato all'autore questi venticinque racconti, non mi è facile.
Il libro riesce però a vivere un'esistenza a sé stante, indipendentemente dai collegamenti, perchè sono pagine scritte molto bene, coinvolgenti, dirette, crude, in cui si colgono, invece, le radici artistiche e socio/culturali del Boss e delle sue canzoni.
I fan di Springsteen troveranno pane per i loro denti, gli "altri" avranno comunque buona soddisfazione.
Sergio Taraddei - Sergio Caputo. La storia dietro le canzoni
Sergio Caputo è un autore che ha sempre vissuto una vita artistica complessa, tra grandi successi (da "Un sabato italiano" a "Il Garibaldi innamorato", tra i tanti), lunghi silenzi, l'ostracismo di parte della scena musica italiana per la sua vicinanza (presunta e comunque, pare, solo giovanile) alla destra e per un approccio lirico dispimpegnato e abbastanza surreale.
Al contrario il suo sound, seppure in chiave pop e leggera, ha sempre accarezzato sonorità swing e jazzy, inusuali, soprattutto ai suoi esordi, nei primi anni 80.
Il libro analizza ogni canzone del suo repertorio, con l'aggiunta di dichiarazioni dell'autore, aneddoti, approfondimenti vari, sicuramente apprezzabili dai fan.
Un libro che permette di entrare nel mondo personalissimo di Sergio Caputo e spinge al riascolto di un repertorio spesso interessante e ricco di ottimi momenti.
Alberto Gedda - Musica da fotocamera. Storie e immagini della Musica Live
Giornalista, fotografo, scrittore, direttore del settimanale “Corriere di Saluzzo”, Alberto Gedda ci porta in un interessante e intrigante viaggio nella canzone d'autore italiana (ma non solo) attraverso sue foto di concerti o in posa, con la preziosa aggiunta di aneddoti relativi ai concerti, interviste, momenti in cui le ha realizzate, dagli anni Settanta ad oggi.
Ci sono Fabrizio De André, Francesco Guccini, Vasco Rossi, Zucchero, Ivano Fossati, Augusto Daolio, Luciano Ligabue, i capricci di Patty Pravo, Gianna Nannini, la gentilezza e disponibilità di Joan Baez e Joni Mitchell, la forza di Chuck Berry, l'arroganza e alterigia dei "simpaticissimi" Elio e le Storie Tese, la spontaneità di Massimo Ranieri.
Un vero piacere leggere questo libro e osservare la spontaneità dei 71 artisti ritratti.
Daniele Miglietti, Francesca Alfano Miglietti "FAM" - Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto
Raramente un personaggio è stato così detestato, addirittura odiato, incolpato della più grande delle nefandezze nella storia del pop/rock, lo scioglimento dei Beatles.
Retrospettivamente è però invece lecito chiedersi chi dei due ci ha rimesso di più nel legame indissolubile tra Yoko Ono e John Lennon.
Contro ogni vulgata è stata probabilmente la grande artista giapponese che, da pionieristica icona della sperimentazione e dell'avanguardia, è stata derubricata per sempre a stramba (l'epiteto più gentile nei suoi confronti) compagna di una delle più grandi rockstar di tutti i tempi.
Il libro “Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto” di Francesca Alfano Miglietti (FAM) e Daniele Miglietti per Shake Edizioni, confuta con facilità questa tesi, facendo luce, puntigliosa e competente, sull'operato artistico di Yoko Ono, smontando, contestualizzando e analizzando la sua opera, tutte le sciocche dicerie che hanno avvelenato la relazione con John e la sua vita.
Sottolineando ad esempio che “mentre Ono era a fianco di John Cage e Marcel Duchamp, i Beatles sudavano e prendevano anfetamine vestiti di pelle nera in oscuri club di Amburgo” e quando i Fab Four abbozzavano i primi timidi tentativi di uscire dalla bolla di gruppo adolescenziale in “Help”, nel 1965, lei “era intenta a disorientare il pubblico della Carnegie Hall di New York con composizioni spiazzanti”.
Il libro si addentra minuziosamente nell'intera opera di Yoko Ono, partendo dalle prime sperimentazioni con il gruppo Fluxus, facendo agli albori degli anni Sessanta “del femminismo, dell'uguaglianza tra le razze e della compassione tra tutte le creature, la propria personale ragion di essere”.
John Lennon ammise sempre quanto fosse cristallina la loro relazione: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”.
I Beatles finirono (già qualche tempo prima dell'annuncio ufficiale) semplicemente perché si era concluso il loro incredibile ciclo artistico, Yoko non ne ebbe alcuna responsabilità.
Era John che la voleva sempre accanto, non lei a volersi intrufolare negli affari della band.
Un testo esaustivo, ricchissimo di informazioni, quanto è stata l'attività artistica (e, anche, molto influente, quella musicale, vedi B52's, Sonic Youth, Flaming Lips, il giro Riot Grrrl) di Ono, della quale si comprende la grandezza intellettuale e la statura culturale di un personaggio che “non è mai assurto al prestigio di icona pop...la prova incontrovertibile e tangibile del radicalismo della sua poetica”.
"Icona anticipatrice dell'arte concettuale e partecipativa, Yoko Ono lascia un gesto indelebile nella cultura contemporanea, tracciata dal suo forte attivismo per la pace quanto dalla sua operosità per l'ambiente, il femminismo, la musica, il cinema e le rappresentazioni.
"Molte delle idee di Yoko Ono non sono pensate per essere esposte.Sono più come esperimenti mentali. Molti hanno dei preconcetti su Yoko Ono, ma una volta che li superano e guardano davvero ciò che ha effettivamente prodotto, iniziano a capire che grande artista sia in realtà.".
"Già negli anni Cinquanta Yoko Ono aveva sperimentato tra i confini di musica, performance, poesia e arte visiva".
Moon Unit Zappa - Terra chiama Luna. Un viaggio folle e sincero con un padre di nome Frank Zappa
La questione è stata ampiamente dibattuta e risulta ormai quasi banale, tante sono le volte che è stata approfondita. Ovvero quanto la figura dell'artista sia compatibile o accostabile a quella dell'essere umano che la rappresenta.
Di fronte al genio del nostro musicista preferito o comunque unanimemente osannato, può tranquillamente passare in secondo piano un eventuale profilo umano discutibile o perfino deprecabile?
Influisce il suo comportamento privato con l'arte espressa nella sua musica? O sono due elementi completamente separati?
Moon Unit Zappa è la primogenita di Frank Zappa, monumento della musica del Novecento, sperimentatore, provocatore, innovatore e tantissimo altro. Cresciuta all'ombra dell'ingombrante, egocentrica, anaffettiva, fino alla crudeltà, figura paterna, ne rende una devastante testimonianza nella sua recente autobiografia “Terra chiama Luna”, edita da Mondadori, tradotta da Gianni Pannofino.
Non meglio era la madre, Gail Sloatman che sposò Zappa nel 1967, poco prima di mettere al mondo Moon Unit. Le vicende narrate nel libro ci portano in territori di abusi psicologici (talvolta anche fisici) di estrema ferocia, peraltro assolutamente ingiustificata nei confronti della figlia e dei suoi successivi due fratelli (Dweezil e Ahmet) e la sorella (Diva).
A tratti le situazioni sono insopportabili, per quanto l'autrice riesca sempre ad alleggerire, spesso con buone dosi di (auto)ironia, lo sdegno a fronte di certi episodi. Frank Zappa ne esce come un personaggio esclusivamente concentrato sul suo lavoro, quasi mai incline a un gesto d'affetto o alla benché minima considerazione per i figli e la moglie, succube e rassegnata al suo strapotere, disposta a perdonare i suoi palesi e ripetuti tradimenti.v O è confinato nel suo studio, dal tardo pomeriggio alle prime ore della mattina o impegnato in lunghi tour intorno al mondo, che lo rendono pressoché sempre assente dalla vita affettiva e famigliare.
Gail (Moon sottolinea di averli sempre chiamati per nome, praticamente mai “mamma” o “papà”) sfoga la sua frustrazione sui figli, la primogenita in particolare.
L'aspetto più destabilizzante è che può essere protagonista anche di atti di grande amore e magnanimità, improvvisi, decontestualizzati, poi annientati da momenti di pura e semplice cattiveria gratuita.
La bambina Moon cresce in un ambiente anarchico e caotico, in cui genitori (ma non solo) girano nudi, le GTOs' (il gruppo di groupie care a Zappa) saltellano in casa in abiti comunque sempre succinti (pur se molto amorevoli con lei), l'amante neozelandese di Frank soggiorna a lungo tra le mura domestiche, facendo ovviamente impazzire la moglie (che si “divide” anche con un'altra amante europea di Zappa che minaccia spesso di raggiungere e abbandonare la famiglia).
“Una variegata coorte di sognatori libidinosi, tizi strampalati, sbandati e ruffiani viene da noi per scroccare a ciclo continuo. Io porto ancora il ciuccio appeso al collo, che mi dà un senso di sicurezza e non so mai chi è affidabile e chi no, chi si scopa mio padre e chi no.
Le stanze sono pervase dell'afrore di uomini e donne che ballano sui ripiani della cucina.
Il nostro giardino sul retro è pieno di oleandri, edere, sanguinella, merda di cane, vecchi cartoni del latte e cera che profuma di garofano. Non mi piace vedere sconosciuti nel nostro giardino che fanno acrobazie o si mettono a produrre candele, nudi, vicini ai miei giocattoli.
I miei piedi cominciano a guarire dopo che due signore che dovevano prendersi cura di me hanno lasciato che me li ustionassi su un termosifone”. Nel 1982, a 14 anni, viene proiettata nello show business da un brano del padre, “Valley Girl”, con il quale vuole ridicolizzare il mondo della San Fernando Valley, dove la famiglia viveva.
Moon imita il tipico accento, lessico e argomentazioni delle sue coetanee del luogo.
La canzone arriverà nella top 40 americana, il risultato più alto ottenuto nella carriera di Zappa, che ne resterà particolarmente contrariato, trattato come “artista emergente” e autore di canzoncine divertenti. Peraltro ci vorrà tempo e l'ausilio della madre per attribuire parte dei diritti anche a Moon, contro il parere di Frank.
La ragazza diventa famosa, appare spesso in televisione, tra interviste e ospitate. Troppo e troppo presto, ne rimarrà quasi schiacciata. Alla ricerca di un equilibrio e di una vita che non fosse legata alla figura paterna, Moon trova lavoro come conduttrice televisiva e come comparsa e piccoli ruoli in film e serie televisive.
La morte di Frank Zappa, nel 1993, per cancro, sarà un lungo e lento calvario, anche in questo caso ricco di sgarbi e bassezze tra i membri della famiglia.
Ma il peggio arrivò successivamente.
Gail tenne nascosto ai figli le disposizioni di Frank che avrebbe voluto un'equa divisione del suo patrimonio tra i cinque eredi, si intestò tutto, finendo anche in abissi debitori, problemi con le case discografiche, cause legali, spesso finite male, una gestione del materiale rimasto inedito spesso schizofrenica e inadeguata.
I figli ne furono travolti ed entrarono in conflitto tra loro, anche a causa di assegnazioni arbitrarie dei beni fisici di Zappa, dai dischi alle chitarre.
Ancora di più quando nel 2015, alla morte della madre (“non ha mai abbandonato il suo posto di comando in battaglia, anche se ha contribuito a perpetrare la guerra”), furono disposte quote differenti, attribuendo il 30% agli ultimi arrivati Ahmet e Diva e il 20% a Dweezil e Moon ma con la clausola che fosse Ahmet il gestore e che una divisione dei compensi sarebbe stata possibile solo quando la società che gestiva i diritti sarebbe tornata in attivo (gli errati investimenti di Gail avevano portato a un buco di parecchi milioni di dollari). Anche in questo caso piovono cause e querele, le loro vite si allontanano sempre di più.
“Sto imparando che che nulla può spingere certe persone ad amare. Io sono una cifra, una spesa, un guadagno, una perdita, una controparte con cui negoziare. Non siamo una famiglia: siamo un'azienda camuffata da famiglia...dopo una vita passata a firmare documenti in cui si proclamava la nostra uguaglianza – una vita che credevo ispirata a un'idea di famiglia che ci impegnava tutti, una vita passata ad affermare principi che all'improvviso, con uno slittamento tettonico, si trasformano nel loro opposto – mi sento così tradita da non riuscire a pensare e parlare.”
La vita di Moon prosegue tra un matrimonio fallito e una figlia, ricerca spirituale attraverso filosofie orientali (anche in questo caso macchiate da vicende non sempre chiare e limpide con il guru di riferimento), varie altre attività sempre all'interno dello spettacolo, fino a una disperata e spiazzante ricerca di “conoscere come siamo fatti dentro” iscrivendosi a una scuola di anatomia, attraverso la quale dissezionare i cadaveri.
Un libro profondamente malinconico, acre e angosciante, una costante ricerca, a volte al limite dell'elemosina, di un atto d'amore da parte dei famigliari, evento raro, prontamente ripagato da profonde delusioni o pugnalate dolorose e inaspettate alle spalle.
Stupisce la capacità di “sopravvivenza” di Moon a tutto ciò, aggrappata a una visione positiva della vita, mai rassegnata alla totale disillusione e pur sempre devota alla figura paterna.
All'età di 58 anni ha deciso di scriverne, cercando proprio nelle ultime pagine un'ennesima riconciliazione con i fratelli che non vede e sente da anni. Le ultime parole del libro sono proprio per loro “E' tutto perdonato. Tornate a casa”.
Francesca Buscaglia - Etnografie Trap
Un illuminante saggio sul "fenomeno" TRAP, la marginalità dei suoi protagonisti, il costantemente voluto e cercato "folk devil" da demonizzare per la sua alterità rispetto alla normalità.
L'analisi prescinde dai contenuti musicali/artistici ma si concentra sulle "periferie urbane, spazi pieni di sconosciuti, spazi multiculturali dove l'appartenenza rappresenta una risorsa fondamentale."
"La musica trap oltre a prodotto musicale è la voce di una comunità immaginata, che offre alle comunità diasporiche dei giovani subalterni la possibilità di rispecchiarsi in un "noi" più moderno".
Interessante e perfettamente azzeccata la visione di come prima rap e poi trap siano diventati fenomeni globali e opportunità espressiva soprattutto di gruppi socialmente marginalizzati (per i quali il benessere esiste solo nelle pubblicità) che cercano (e talvolta trovano) nella musica un modo per uscire dall'anonimato e trovare fama, soldi e una modalità di scalata sociale. O imitandone movenze ed estetiche per sentirsi in qualche modo parte di "qualcosa".
In un mondo in cui "la geniale idea della governance neoliberale è stata riuscire a trasformare i diritti in qualcosa che si deve meritare" i giovani immigrati o di origine straniera si dibattono alla ricerca di un ruolo e di un'identità, sempre più pervicacemente negata e respinta.
La conclusione è propositiva, per quanto appaia utopica, alla luce del reale: "In questo momento è più che mai necessario...smettere i panni di meri osservatori e narratori di processi che riguardano "altri". Riprendere la voce: parlando, cantando, urlando se necessario. Proprio come stanno facendo, in modi e forme differenti, i giovani cosiddetti di prima e seconda generazione".
Il libro ha il profilo autorevole dell'autrice, educatrice di professione e antropologa, che lavora da anni nel sistema di accoglienza. Ha intervistato i ragazzi, approfondendone con loro le problematiche quotidiane.
Ne esce una fotografia molto fedele, quanto drammatica dell'epoca attuale, convulsa, talvolta "illeggibile" e incomprensibile.
Un lavoro più che pregevole.
Steve Wynn - Non lo direi se non fosse vero. Memorie di musica, vita e Dream Syndicate
Steve Wynn racconta una storia banale. Quella di un giovane ragazzo ossessionato dalla musica tanto da diventare un musicista.
Ovvero una storia straordinaria. Fatta di tutte quelle straordinarie banalità che caratterizzano la vita che molti artisti, pur non essendo mai diventati i Rolling Stones, ben conoscono.
Sacrifici di ogni tipo, rinunce, notti insonni, delusioni, sconforto, fatiche inenarrabili ma alla fine quella gratitudine infinita per avere avuto quell'opportunità incredibile di vivere con e nella musica.
Steve Wynn ha lavorato in un negozio di dischi, fatto il DJ, fondato i Dream Syndicate e dato vita, negli anni Ottanta, al cosiddetto Paisley Underground, a fianco di Rain Parade, Bangles, Green On Red, Long Ryders, mischiando psichedelia, rock e punk.
Con la sua band ha sfiorato il grande successo, tra tour con REM e U2, album in classifica ma alla fine è sempre mancato il guizzo finale. Nella sua autobiografia, pubblicata recentemente da Jimenez Edizioni, “Non lo direi se non fosse vero” (tradotta da Gianluca Testani), traspare qualche velato rammarico, soprattutto all'indomani dello scioglimento della band (poi riformatasi nel 2012 e ancora in splendida attività con album freschi e mai nostalgici), quando esplodono il grunge e l'indie rock di cui i Dream Syndicate erano stati in qualche modo precursori e padrini e altre band a loro contemporanee (Meat Puppets, Flaming Lips, Sonic Youth) trovavano finalmente successo e riconoscimenti:
“Sarebbe potuto accadere a noi? Non ha senso chiederselo. Non è successo.”
Il racconto è avvincente, molto (auto) ironico, ricchissimo di aneddoti gustosi e talvolta imprevedibili, tra eccessi alcolici e non solo, concerti sold out e serate semi deserte in luoghi sperduti dell'America davanti a un pubblico indifferente. Fotografa al meglio la vicenda di una band che alla fine è riuscita comunque a ritagliarsi un posto nella storia del rock e diventare riferimento per tantissimi altri artisti in mezzo mondo.
Steve Wynn ha proseguito con una carriera solista ricca di soddisfazioni e ottimi dischi oltre a una lunga serie di collaborazioni e progetti sempre più che dignitosi.
Sarà il tema del secondo capitolo della sua nuova carriera letteraria che in questo caso si ferma allo scioglimento della band, nel 1988, relegando a poche pagine la prosecuzione successiva.
La riga finale è un capolavoro di colto citazionismo musicale:
“Ci vediamo in giro per locali”.
La frase che disse George Harrison agli altri Beatles il 10 gennaio 1969, quando lasciò (momentaneamente) la band.
Robyn Hitchcock - 1967. Come ci sono arrivato e perché non me ne sono più andato
L’artista inglese è sempre stato un discepolo fedele della breve epica e attitudine sonora di Syd Barrett che ha permeato la sua prima avventura con i Soft Boys e la successiva incarnazione solista.
Non stupisce quindi che questa sua autobiografia “1967” (edita da Hellnation Libri, tradotta da Carlo Bordone) ruoti pressoché esclusivamente intorno al fatidico 1967 e ai suoi quattordici anni, quando scoprì e si innamorò di Bob Dylan, la Incredible String Band e, inevitabilmente dei Beatles, in una sorta di sgangherato quanto fascimoso romanzo di formazione psichedelico.
I flash pre adolescenziali sono abbaglianti fotografie che abbiamo un po’ tutti vissuto:
“Non vedo l’ora che la mia voce si abbassi, che mi cresca una peluria rispettabile e di abbandonare finalmente lo scricchiolante reame della fanciullezza.”
Arrivano anche david Bowie e Jimi Hendrix:
“Sono un adolescente in fiamme, Cristo santo questa è musica che ti fa levitare”. I vestiti diventano più audaci, i capelli si allungano. “Sto imparando che il barbiere è il nemico naturale della libertà”.
Anche se il periodo di transizione è ancora lungo e complesso “Una cultura in cui sono tutti maschi e le donne sono un’altra specie, esistono solo dietro a un vetro, come una Monna Lisa. Ci sono le persone e poi ci sono le femmine”.
Improvvisamente arrivano un giradischi e una chitarra e nulla sarà mai più come prima “Ho la mia chitarra e mio cugino, sia benedetto, mi presta uno di quegli oggetti che ti cambiano la vita: un giradischi a pile.”
Cambia anche il tanto agognato aspetto fisico “Sono alto un metro e ottanta e con un caschetto alla Beatles” ma anche una constatazione postuma illuminante, che in molti possono condividere: “Sono un adolescente e lo rimarrò per il resto della vita”.
Incomincia a suonare sopra ai tanto amati dischi dei nuovi idoli:
“Il mio istinto è suonare la chitarra molto prima di avere imparato a suonarla”.
Alla fine Robyn vivrà con la sua musica, girerà il mondo, inciderà eccellenti dischi, riladcerà interviste a quelle riviste che spulciava freneticamente da adolescente, seguendo quello “spirito del 1967” da cui è partito.
“A parte tutto sono grato che l’orologio fermo del 1967 rintocchi ancora dentro di me. Mi ha dato un mestiere per la vita”.
Lou Reed - Il mio Tai Chi
LOU REED è stato uno dei più grandi artisti del Novecento in ambito "pop/rock".
Ha sperimentato, osato, esplorato.
Dai Velvet Underground alla carriera solista ha lasciato un'ingente serie di capolavori e opere comunque abbondantemente al di sopra della media qualitativa.
Approfondire la sua figura è sempre interessante, anche quando si affronta un contesto poco noto della sua vita, come l'adesione alla pratica del TAI CHI, che lo ha aiutato fisicamente e spiritualmente, per molto tempo, fino agli ultimi istanti della sua vita.
Questo libro è curioso e particolare, entra nell'intimo del grande artista, sempre molto riservato e scontroso.
Che parte dall'idea di Lou di scrivere un libro sull'arte marziale, interrotta dalla malattia e dalla sua umiltà:
"Chi sono io per scrivere un libro sul Tai Chi"?
Ci sono decine di testimonianze.
Oltre alla moglie Laurie Anderson, intervengono amici, collaboratori, Iggy Pop, Bob Ezrin, Anohni, i suoi maestri della disciplina, Mick Rock, la seconda moglie Sylvia Reed e tanti altri.
L'intervento più emozionante e inaspettato è di Jonathan Richman:
"Avrò visto i Velvet Underground tra le sessanta e le cento volte.
Avevo sedici anni e per me era una questione di vita o di morte.
Erano tutti gentili con me.
Dopo un po' Lou mi permise perfino di suonare le sue chitarre elettriche durante le prove e ascoltare i suoni.
Guardavo le loro mani. Li guardavo suonare la chitarra durante le prove. Li guardavo sul palco.
Ho imparato a improvvisare da loro.
Li guardavo comporre canzoni.
Li guardavo nei soundcheck. Nel 1968 fare un soundcheck significava che la band si assicurava che tutto funzionasse, più o meno." Un testo che i fan di Lou Reed apprezzeranno per aggiungere un ulteriore tassello all'approfondimento dell'uomo, al di là dell'artista ma molt ogradevole anche per i lettori "occasionali".
E particolarmente propedeutico per indirizzare alla pratica del Tai Chi.
Roman Kozak - Questa non è una discoteca. La storia del CBGB
Forse il locale più mitizzato di sempre.
In effetti le caratteristiche per entrare nella leggenda le ha sempre avute: New York di metà/fine anni Settanta, quando era una città pericolosa e invivibile, un quartiere ancora più spaventoso.
Partito con la volontà di dare spazio a country, jazz, folk e un po' di rock per i gruppi di Hell's Angels che lo frequentavano, il CBGB'S è diventato invece la culla del punk rock locale e poi mondiale.
Lì nacquero letteralmente miti come Ramones, Patti Smith, Talking Heads, Blondie, Television, Willy DeVille, tra i tanti.
E fu da lì che il punk arrivò dapprima sulla costa ovest americana e più o meno in contemporanea nelle strade di Londra. Troviamo numerose testimonianze dei protagonisti dell'epoca (dai Ramones a David Byrne, Debbie Harry, Lenny Kaye etc) e materiale grafico inedito, nello storico libro “Questa non è una discoteca. La storia del CBGB'S” scritto da Roman Kozak nel 1988 e solo ora, dopo anni fuori catalogo, tradotto in italiano (a cura di Luca Frazzi) per Interno 4.
Tra le più importanti quelle del proprietario Hilly Kristal che sintetizza in modo molto naturale e sincero come nacque il tutto:
Tutto quello che sentivo era che questi ragazzi e ragazze avevano bisogno di un posto per fare la loro musica.
Pensavo che fosse musica molto rozza e molto rumorosa. Non era quello che mi piaceva. Quello che apprezzavo era che queste persone ci mettevano davvero l’anima. Erano molto sincere e credevano davvero in se stesse. Erano ragazzi che usavano la musica – anche se non sapevano suonare i loro strumenti – per esprimersi.
Ben presto il minuscolo spazio, unanimemente descritto come terribilmente sporco (soprattutto i bagni), al limite della decenza (“Ho preso i pidocchi lì quattro fottute volte, giuro su Dio. Era davvero troppo” dice Willy Deville), tra topi, insetti e una fauna umana tutto fuorché raccomandabile, divenne il centro del mondo musicale, tra mille difficoltà, aprendosi successivamente all'hardcore punk fino alla chiusura nel 2006.
Fu rilevato dallo stilista John Varvatos che lo ha trasformato in un negozio di vestiti, conservando le pareti originali con i poster e i graffiti, come un grande affresco. Libro dettagliatissimo e molto divertente, con l'aggiunta di un capitolo di interviste ai gruppi italiani che vi hanno suonato (CCM, Negazione, Raw Power, Cripple Bastards, perfino Elio e le Storie Tese).
Una vicenda basilare nella storia del rock.
Val Wilmer - La musica, importante quanto la tua stessa vita. La rivoluzione del Free Jazz e della Black Music
Finalmente trova un'edizione italiana un libro fondamentale per la comprensione del contesto Free Jazz/New Thing, scritto quasi 50 anni fa dalla fotografa, scrittrice e appassionata Val Wilmer.
Un testo che approfondisce non solo l'aspetto meramente musicale (già di per sé interessantissimo) ma esplora anche quello sociologico e antropologico di quegli anni, unito all'anima artistica che andava a braccetto con quanto accadeva nella cultura afro americana.
La musica nera è, con il cinema, la più importante forma d'arte di questo secolo (lo scorso NdR).
E' difficile trovare qualcuno che non ne abbia subito l'influenza.
Importante anche l'approccio alla materia da parte della critica ufficiale ben stigmatizzato dall'autrice:
Nelle avanguardie di ogni arte gli innovatori sono spesso liquidati come "anarchici" o "ciarlatani".
Altrettanto cruciale un aspetto sempre poco considerato, come sottolineano i membri dell'Art Ensemble of Chicago a proposito delle definizioni di "free jazz" o "black music": Sono i bianchi che hanno messo queste etichette.
I musicisti stessi la chiamano semplicemente "LA MUSICA".
Risaltano le biografie appassionate di John Coltrane, Sun Ra, Albert Ayler, Cecil Taylor e altri.
In particolare è interessante il capitolo "Suoni bene, per essere una donna!" in cui si sottolinea il ruolo subalterno della figura femminile nell'ambito jazz (ai tempi ma non solo...), con la figura rivoluzionaria di Alice Coltrane o la precisa volontà di Sly Stone di proporre la sua Family Stone con uomini, donne, bianchi e neri. D'altronde il poeta Ted Joans vedeva il musicista con questa considewrazione:
"Soffiare in un tubo mascolino, evitando i vezzi da finocchio".
Non è una lettura semplice ma essenziale per comprendere in tempo reale il cuore della "black music" a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.
Angela Valcavi - Via Rismondo 117
Delle vicende legate alle sottoculture italiane (e non solo) sviluppatesi negli anni Ottanta, sia da un punto di vista di “colore” ed estetica, sia nelle loro implicazioni politico/sociali, si è parlato e si continua a farlo a profusione.
Difficilmente chi non le ha vissute in prima persona riuscirà a coglierne tutte le sfumature e quanto fossero sinonimo di identità, appartenenza, antagonismo (talvolta ingenuo e superficiale ma sempre sincero e genuino).
E’ però importante che si aggiungano progressivamente ulteriori racconti e approfondimenti, nuovi tasselli di un mondo irripetibile e che non c’è più.
“Via Rismondo 117” di Angela Valcavi (pubblicato da Interno 4 Edizioni) è una storia, esplicitamente “romanzata” ma che è invece molto aderente alla realtà.
Si parla della vicenda della fanzine “Amen” attorno alla quale si sviluppano mille altre iniziative e racconti della Milano “punk e dintorni” degli anni Ottanta, dai centri sociali occupati come il “Virus”, all’arrivo dei punx nel “Leoncavallo”, con l’apertura dello spazio parallelo dell’”Helter Skelter” (dove suonarono eccellenze come Henry Rollins e Sonic Youth), attraverso tutte le contraddizioni e scontri ideologici all’interno dello stesso giro antagonista, gli sforzi per costruire nuovi spazi antitetici all’inizio del “sacco di Milano” (edilizio, politico, sociale e non solo).
“Noi eravamo e volevamo essere un mondo a parte...appartenevamo a un mondo con sue specificità e caratteristiche culturali ben definite, con presupposti e percorsi differenti da qualunque altro precedente per genesi e sviluppo. La definizione di sottocultura avrebbe solo insterilito il nostro ambito di elaborazione di pensiero e azione”.
Nel libro, scritto molto bene e con puntiglio, le vicende scorrono tra “gioia e rivoluzione” ma anche lutti, macerie e amarezza. Il tutto corredato da tantissimo materiale grafico.
L’importanza di quelle gesta è rimasta nella società odierna, ha formato persone e le ha rese migliori o comunque differenti dall’omologazione imperante.
“Gli anni Ottanta furono una vera fucina sotterranea di libertà creativa che investì ogni aspetto della realtà giovanile...una cultura diversa si era sparsa, diffusa e affermata, correndo impazzita, imprendibile, sviluppandosi dove aveva trovato il terreno adatto, opponendosi al livello avvilente di bisogni indotti dall’effimero del mercato. Guardando un’ultima volta le macerie, resta il grande sogno.”
Kevin Rowland - Bless Me Father: A life story
Dopo un lavoro durato vent'anni KEVIN ROWLAND porta a termine una faticosa, introspettiva, personalissima e drammatica autobiografia.
Ci sono ovviamente abbondanti spazi all'attività musicale con i Dexy's Midnight Rummers e progetti collaterali (a cui il lettore avrebbe voluto maggiore spazio e attenzione ma che, non di rado, vengono trattati come un aspetto quasi secondario di una vita convulsa e incerta) con i successi e i fallimenti ma buona parte del racconto è riservato all'adolescenza, all'infanzia, al difficilissimo rapporto con padre (vedi titolo) e stretti consanguinei, fino all'oscuro e lungo periodo di dipendenza dalla cocaina, la bancarotta, i conti con la sua sessualità e altri aspetti molto personali e intimi, spiattellati senza troppi filtri.
Una lettura talvolta ridondante e con cadute di tono ma per i fan, non solo dei Dexy's ma della scena inglese dagli Ottanta in poi, è un compendio interessante per aggiungere nuovi particolari, spesso inediti e sorprendenti, al periodo.
Cesare Ferioli - Come schegge furiose. Storie di strade e mutazioni
"QUEL" periodo a cavallo tra anni Settanta e primi Ottanta è stato ormai abbondantemente analizzato, approfondito e raccontato.
Ma continua a conservare un fascino incredibile (soprattutto per chi lo ha vissuto - e che spesso si ritrova ad avere percorso gli stessi sentieri o i luoghi ed eventi descritti - ma anche per chi ancora non c'era).
Cesare Ferioli è un veterano della scena sottoculturale bolognese e nazionale, passato dal punk allo skinhead fino ad approdare al rockabilly e dintorni.
Batterista con Uxidi, Tribal Noise, Jack Daniel's Lovers, Dirty Hands, Wu Ming Contingent, Nabat, protagonista dell'interessante progetto solista elettronico Big Mojo, rivive quegli anni, fatti di musica, risse, fughe, scontri, droghe, ricerca identitaria, rabbia e naiveté adolescenziale che spesso sconfinano nella "stupidità" dell'età, all'insegna di atti tanto sciocchi quanto divertentissimi, tra Bologna, Milano e Londra.
C'è tanta ironia e un taglio romanzato, su fatti veramente accaduti e in cui in tanti non avranno difficoltà a riconoscersi.
Il tutto corroborato da una scrittura validissima ed efficace.
(Il capitolo dedicato al viaggio a Londra è una perfetta fotografia di come si vivevano quei momenti in quegli anni).
Corrado Rizza - Il Piper Club
Il 17 febbraio 1965 apriva a Roma il Piper Club.
Fu l'epicentro della "dolce vita" beat degli anni Sessanta italiani.
A prevalente appannaggio di una alta società abbiente che amava assistere al nuovo fenomeno dei giovani con i capelli lunghi e le giovani con le gonne molto corte. Ma che fu il catalizzatore di una nuova cultura che attingeva a piene mani dalla Swinging London e dall'America "colorata" e psichedelica. Passarono sul suo palco Who, i giovanissimi Pink Floyd con Syd Barrett, Family, Procol Harum, Duke Ellington, Joe Tex, Sly and the Family Stone, Genesis e il meglio del giro italiano: Rokes, Equipe 84, Corvi, la "ragazza del Piper, Patty Pravo, Renegades, Rita Pavone, tra i tanti.
Mario Schifano suona lì con la sua creatura "warholiana" Le Stelle di Mario Schifano e Tito Schipa Junior mette in scena la "prima opera rock di sempre" Then An Alley".
Il pregio del libro, oltre a interviste e testimonianze di protagonisti/e (da Mita Medici a Marina Marfoglia), sta nelle oltre 200 fotografie quasi tutte inedite, testimonianza spettacolare di un'epoca incredibile.
Gli amanti dei Sixties impazziranno per queste pagine.
Pietruccio Montalbetti - Storia di due amici e dei Dik Dik
Pietruccio Montalbetti è da sempre l'anima dei DIK DIK ma anche un coinvolgente scrittore e un indomito esploratore (consiglio uno dei suoi libri sull'argomento, dedicato a un viaggio avventurosissimo in solitaria in Amazzonia: https://tonyface.blogspot.com/2018/12/pietruccio-montalbetti-io-mi-fermo-qui.html).
In questo nuovo testo racconta della sua intima amicizia con LUCIO BATTISTI, con particolari inediti e spesso molto gustosi, parallelamente alla vicenda artistica dei Dik Dik, dagli esordi nella prima metà degli anni Sessanta ad oggi (a 84 anni continua a portare in giro la band).
Una valanga di aneddoti e una "fotografia" di epoche lontane e inimmaginabili per quanto fossero pionieristiche.
Gli appassionati di epoca beat e musica italiana apprezzeranno questo ulteriore tassello.
Crash Box - Storie e ricordi sul muro
Marco Maniglia è stato tra le principali anime (e cuore) della scena punk hardcore italiana degli anni Ottanta.
Sia a livello personale/partecipativo/organizzativo (che era la caratteristica di quasi ognuno del giro: esserci, sentire l'attitudine, organizzare (il più delle volte con modalità avventurose/disastrose).
E' stato anche il motore propulsivo dei CRASH BOX, tra i principali esponenti dell'epoca.
Ora raccoglie una serie di volantini di concerti dell'epoca con commenti e ricordi di quegli eventi.
Un libro/rivista (con bella intervista finale) che ci restituisce alla perfezione il "sentire" di quei momenti tanto caotici, quanto rivoltosi e gioiosi.
Tutto questo per del rock 'n' roll del cazzo che non fa forse crescere ma mi/ci ha fatto sopravvivere. (Marco Maniglia)
Per contatti e riceverlo: emmemarco63@gmail.com (niente social, raga...)
Giuseppe Velasco - Nemici. Scontri memorabili nella musica pop
Un libro veloce e agile che analizza alcune delle rivalità più note nella musica pop/rock (i Gallaghers, Paul e John, Blur e Oasis, Waters e Gilmour) ma anche quelle più occulte (Prince/Michael Jackson, Simon e Garfunkel, l'incredibile intreccio di antipatie e odio all'interno dei Beach Boys).
Non è, appunto, del tutto noto il ruolo del padre padrone e manager dei fratelli Wilson dei Beach Boys, Murry, esautorato alla fine da Brian, a sua volta privato dello scettro di leader da Mike Love né l'acrimonia che ha accompagnato tutta l'avventura di Paul Simon e Art Garfunkel.
Quella tra Tupac Shakur e Notorius B.I.G finì molto male, non si è ancora del tutto placato lo scontro tra Madonna e Lady Gaga e tra Taylor Swift e Kanye West.
Gustoso e divertente, ricco di aneddoti e curiosità.
I 500 grandi dischi del rock
Anche CLASSIC ROCK ha pensato bene di fare la classifica dei 500 MIGLIORI ALBUM ROCK di sempre.
Attraverso una scelta preventiva dei redattori si è arrivati alla lista finale.
Da parte mia ho scritto una cinquantina di schede (da Paul Weller ai Beatles, dai Bad Brains ai Black Flag, dai Sonic Youth a Patti Smith, da "Quadrophenia" a "Sandinista").
Il GIOCO è già stato fatto decine di volte e ovviamente tale rimane, altrettanto ovviamente è tutto opinabile, discutibile e grande sarà lo scandalo perché c'è questo e non quello e che, per me, vedere "Stanley Road" di Paul Weller al 452° posto dietro a "Hair of the dog" dei Nazareth fa friggere il sangue. Ma è appunto un gioco.
Un modo per fare conoscere ai più giovani quello che è (stato) il rock e per i più attempati ricordarsi di tanti titoli dimenticati.
L'aspetto più scontato ed evidente è la presenza in stragrande maggioranza di album dagli anni Sessanta alla fine degli Ottanta.
Roberto Calabrò - Eighties Colours. Garage beat e psichedelia nell’Italia degli anni Ottanta
Originariamente pubblicate nel 2010 in confezione lussuosa e curatissima per Coniglio Editore, le 1.200 copie di "Eighties Colours" andarono velocemente esaurite, anche grazie a una serie di presentazioni ed eventi affollatissimi e di prestigio.
Un libro che parla(va) con dovizia di particolari e stupende foto, dell'esplosione di colori garage/beat/psichedelici nell'Italia di metà anni Ottanta. Da allora è praticamente irreperibile se non a prezzi sostenuti.
Ben venga dunque la ristampa, seppure in formato più "povero" ed essenziale, con l'aggiunta di un prezioso capitolo che rendiconta ciò che è successo a molti dei gruppi protagonisti nel nuovo secolo, molti dei quali hanno ripreso vita con lo stesso marchio di fabbrica o con nuove iniziative. E infine la discografia aggiornata.
Per chi ha amato Not Moving, Sick Rose, Party Kidz, Out Of Time, Effervescent Elephants, Avvoltoi, Sciacalli, Ugly Things ma anche Statuto, Four By Art, Peter Sellers & the Hollywood Party, Allison Run, Technicolour Dream etc e non ha in libreria la prima edizione, un acquisto fondamentale e necessario.
Andrea Valentini - 100 dischi essenziali dell’hardcore italiano del periodo 1983-1989
Andrea Valentini è un appassionato cultore di dischi "rumorosi" (vedi i suoi impegni letterari per Venom e Johnny Thunders, ad esempio).
La sua competenza è inattaccabile e indiscutibile quando affronta il periglioso impegno di elencare i 100 dischi essenziali dell’hardcore italiano del periodo 1983-1989 e altre 100 schede brevi, allegato al mensile "Rumore".
L'hardcore italiano è stato uno dei fenomeni più incredibili e interessanti della musica italiana recente ma che, proprio per la sua particolarità, non ha bisogno di tante spiegazioni e approfondimenti.
E' invece più che importante conservare memoria artistica e "politica" di quel periodo e guide come questa sono essenziali.
Saltiamo subito la prevedibile e noiosissima sequela di diatribe "non c'è questo/non c'è quello" e andiamo a rilevare quanto il lavoro sia completo, certosino, con numerose testimonianze dirette dei protagonisti e un'ironia essenziale che accompagna gli scritti.
Interessante la prefazione che sottolinea quanto in alcuni casi ci sia stata un'espilicita mancanza di collaborazione e come qualcuno abbia rivelato che alla fine a certi slogan non è che ci credessero poi tanto.
Anche questo fa parte della storia.
Francesco Donadio - Rinnegato. Vita e canzonette di Edoardo Bennato
Una biografia dettagliatissima e approfondita, quanto ragionata, della carriera di Edoardo Bennato, uno dei cantautori più originali e creativi della canzone d’autore italiana, spesso trascurato e dimenticato.
Il testo ci lascia capire che le sue posizioni mai allineate e spesso scomode gli hanno inimicato parecchie “fazioni” politiche e non.
In effetti passare dal circuito del PCI e Lotta Continua negli anni Settanta all’appoggio convinto a Beppe Grillo e al suo nascente Movimento, per poi sbeffeggiarlo in “Al diavolo il Grillo Parlante” e alla partecipazione alle feste per Alleanza Nazionale, non aiuta.
Ma è sempre stato lo stile di Bennato, seguire una sua strada, incurante del resto.
La carriera è ricchissima di successi e capolavori ma anche di rovinose cadute in album poco significativi, di un San Siro con 80.000 persone a esibizioni in feste di paese.
Il libro manca (anche volutamente) delle parole del protagonista ma si avvale delle testimonianze dei suoi più stretti collaboratori (a partire dai fratelli Eugenio e il compianto Giorgio).
Un lavoro certosino e completo. Edoardo Bennato fu tra i primissimi a portare in Italia il linguaggio blues e rock ‘n’roll.
Aldo Pedron / Angelo De Negri - LIVE AID. Il juke-box globale compie 40 anni
A quarant'anni dal mitico evento, questo libro ne traccia con maniacale precisione tutti gli aspetti.
Molto interessante la contestualizzazione del periodo storico, sociale, artistico e il riassunto a tutti i precedenti grandi festival.
Poi è un profluvio di dettagli, aspetti poco conosciuti, l'azzardo di Bob Gedolf quando annuncia una serie di nomi partecipanti senza nemmeno averli contattati, paul Mccartney che da tempo non suona, dopo la morte di John, accetta solo per la pressione dei figli, il lancio che aveva dato il singolo collettivo "Do They Know It's Christmas Time", seguito da "Usa for Africa" e da una lunga serie di altri brani, al fine di raccogliere fondi per la carestia nel Corno d'Africa.
L'evento si svolse in alternanza tra Londra a Wembley e lo stadio JFK a Philadelphia, in mondovisione.
Infine il dettaglio di tutte le esibizioni, con scaletta, commenti, dichiarazioni dei protagonisti.
Nomi, tra i tanti, come David Bowie, U2, Style Council, Queen, Dire Straits, Who (riuniti per l'occasione), Elton John, Paul McCartney (con solo "Let it be") accompagnato alla voce da Pete Townshend, David Bowie, Bob Gedolf, Alison Moyet.
Dagli States rispondono con Run DMC, Black Sabbath, Joan Baez, Crosby, Stills and Nash, Beach Boys, Pretenders, Simple Minds, Santana, Madonna, Neil Young, Eric Clapton, Phil Collins (Dieci ore dopo essersi esibito al Wembley Stadium di Londra, arriva negli Stati Uniti con l’aereo supersonico Concorde si esibisce al JFK Stadium di Filadelfia, lo stesso giorno), Plant, Page, Jones con Phil Collins (in un'esibizione imbarazzante), Crosby, Stills, Nash & Young (dopo essersi già esibiti separatamente), Mick Jagger solo e con Tina Turner, Bob Dylan con Keith Richards e Ron Wood. Il libro si completa con una lunga serie di ulteriori approfondimenti, aneddoti, dati e date.
Difficile trovare qualcosa di più esaustivo.
Roger Marriott - East of Acton
Tradotto in italiano dalla Associazione Culturale Tumulto, stampato in 100 copie, arriva il romanzo di Roger Marriott, ambientato nella scena mod londinese dei primni anni 80, a fianco della quale si svolge una vicenda in cui il protagonista si muove tra storie estreme di violenza, droga e alcolismo, mantenendo però un look impeccabile e l'amore sconfinato per la musica preferita (dai Jam ai Purple Hearts).
Libro divertente e frizzante, si legge tutto in un fiato, ricco di riferimenti colti e azzeccati all'ambiente dei tempi.
Lettura estiva ideale.
Aldo Pedron - Il tuo plagio e’ come un rock
Aldo Pedron, storico giornalista e scrittore, ci porta alla scoperta di una serie di similitudini (più o meno marcate, inconsapevoli o volutamente plagiariste) tra canzoni di artisti italiani, circoscrivendo prevalentemente il contesto agli anni Sessanta/Settanta quando molti autori italiani si attribuivano composizioni altrui, contando su una scarsa attenzione delle case discografiche.
Una appropriazione indebita, sfruttando la scarsa attenzione della SIAE e la difficoltà degli autori stranieri nel monitorare i propri diritti in Italia.
Certi autori si attribuivano brani interi senza alcuna autorizzazione, registrando a proprio nome composizioni originali straniere, intascandone i diritti d’autore senza alcuna conseguenza legale. L’ente preposto, per ignoranza, disinteresse o semplice lassismo, raramente verificava l’autenticità delle opere registrate.
Questo sistema ha permesso a molti autori (e ai loro eredi) di guadagnare royalties su brani che non avevano mai scritto, a discapito dei veri compositori, spesso ignari di tutto.
Un altro aspetto interessante è come giovani autori si appoggiassero a musicisti già abilitati per registrare ufficialmente le loro composizioni (per diventare autore alla SIAE era necessario un esame, non facilissimo).
Questo sistema, pensato per garantire una certa professionalità nella scrittura musicale, si rivelava spesso un’arma a doppio taglio, portando a situazioni di disaccordo e contenziosi.
I casi presi in considerazione nel libro sono spesso clamorosi, altre volte più defilati e più opinabili.
Diciamo che, in particolare, Adriano Celentano prima e Zucchero dopo, hanno fatto man bassa di "ispirazioni" più o meno palesi.
Ma non mancano Equipe 84, Nomadi, Edoardo Bennato, tra i tanti, e quando si ascolta il ritornello di "Acqua azzurra, acqua chiara" di Lucio Battisti confrontato a quello di "Bring a little lovin" dei Los Bravos, inciso l'anno prima, le similitudini sono evidenti.
Un libro divertente e ben documentato con relativo interessante contributo fotografico.
Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful. Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.
Andrea Pomini - Africa ieri, oggi e domani. 50+50 Dischi Per Amare Il Continente
Allegato al nuovo numero di "Rumore" una importante ed essenziale guida per addentrarsi nel magmatico mondo sonoro africano.
Partendo al pressupposto che "Africa is not a country" (Dipo Faloyin), tanto meno un "genere musicale".
Basti pensare al miliardo e 200 milioni di abitanti, i 56 stati, le 1.500/2000 lingue parlate per capire la complessità culturale del Continente. Pomini ci introduce a un primissimo, quanto preciso, sguardo ad alcuni dei dischi più importanti usciti negli ultimi 50/60 anni.
Ogni paese è rappresentato e, puntualmente e ovviamente, manca questo o quello, ma non è il punto.
Partire da queste (complessissime) basi ci può aiutare a scoprire un mondo sonoro, artistico e culturale tanto incredibile quanto trascurato dal nostro interesse euro/anglo centrico.
Complimenti e un caloroso invito a leggere questa settantina di pagine e a dare un ascolto ai 100 dischi proposti.
Cristiano Colaizzi / Corrado Rizza - Disco Playlist Italia 1975-1995
Esce a, distanza di due anni, il seguito di "Roma Disco Playlist -1965-1995" (sempre per VoloLibero).
"Disco Playlist Italia 1975-2025" è un maniacale elenco di 246 playlist (con relativo QR Code per ascoltarle), con 4.500 brani che documentano il lavoro di 196 DJ in 180 discoteche di tutte le regioni italiane, dal 1977 al 1995.
Scorrendole troviamo grandi sorprese, brani oscuri, hit dimenticate e una cultura della discoteca che esula dal consunto concetto di "musica commerciale da ballo", tra soul, Philly Sound, elettronica, new wave e altro.
La lista dei protagonisti è spesso nota e prestigiosa (da Cecchetto a Fiorello, Jovanotti, Roberto D'Agostino, Mozart, Ringo etc).
Il tutto contestualizzato all'epoca, gli anni di riferimento, con tanto di interviste, foto, note.
Tanto specifico quanto interessante.
Vincenzo Greco - Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche nella musica Ferretti, De André, Battiato, Waters
Un lavoro molto affine a un saggio, in cui l'autore ci conduce, attraverso una serie di profonde riflessioni personalei, condotte come un dialogo immaginario con quattro artisti, tanto diversi, quanto legati da un filo conduttore comune le cui canzoni aprono a uno sguardo alle storture del tempo moderno.
Ne risulta un libro ai limiti del "filosofico", ricco di spunti molto interessanti e stimolanti.
Non occorre essere fan o seguaci di Ferretti, De André, Battiato, Waters.
Il testo, interessante e scritto molto bene, offre tanto altro, partendo dalle loro liriche, per spaziare in una visione universale dello stato attuale delle cose.
Gli strumenti informatici si sono fatti carico del compito di ricordare per noi e con capacità infinitamente superiori a quelle umane.
Il fatto di avere affidato la memoria a uno strumento e agli algoritmi che lo gestiscono, ci ha privati del governo della memoria stessa, e soprattutto della selezione gerarchica delle cose da ricordare.
Lo fa l'algoritmo per noi.
Ma con il rischio che vengano eliminati, per mano di chi gestisce tali programmi di selezione, eventi e moniti importanti per l'uomo. Abbiamo in definitiva rinunciato al dovere della memoria.
Valerio Bruner - Spiriti nella notte
«Le canzoni di Bruce Springsteen sono la mia colonna sonora da quando avevo quindici anni. C’era qualcosa nella sua poetica in cui vedevo finalmente espresso quello che mi portavo dentro e che ancora non riuscivo a dire con parole mie. Da lì è stato l’inizio di un viaggio insieme che dura tuttora».
Non sono un grande estimatore e conoscitore di Springsteen, per cui trovare riferimenti diretti alle canzoni che hanno ispirato all'autore questi venticinque racconti, non mi è facile.
Il libro riesce però a vivere un'esistenza a sé stante, indipendentemente dai collegamenti, perchè sono pagine scritte molto bene, coinvolgenti, dirette, crude, in cui si colgono, invece, le radici artistiche e socio/culturali del Boss e delle sue canzoni.
I fan di Springsteen troveranno pane per i loro denti, gli "altri" avranno comunque buona soddisfazione.
Sergio Taraddei - Sergio Caputo. La storia dietro le canzoni
Sergio Caputo è un autore che ha sempre vissuto una vita artistica complessa, tra grandi successi (da "Un sabato italiano" a "Il Garibaldi innamorato", tra i tanti), lunghi silenzi, l'ostracismo di parte della scena musica italiana per la sua vicinanza (presunta e comunque, pare, solo giovanile) alla destra e per un approccio lirico dispimpegnato e abbastanza surreale.
Al contrario il suo sound, seppure in chiave pop e leggera, ha sempre accarezzato sonorità swing e jazzy, inusuali, soprattutto ai suoi esordi, nei primi anni 80.
Il libro analizza ogni canzone del suo repertorio, con l'aggiunta di dichiarazioni dell'autore, aneddoti, approfondimenti vari, sicuramente apprezzabili dai fan.
Un libro che permette di entrare nel mondo personalissimo di Sergio Caputo e spinge al riascolto di un repertorio spesso interessante e ricco di ottimi momenti.
Alberto Gedda - Musica da fotocamera. Storie e immagini della Musica Live
Giornalista, fotografo, scrittore, direttore del settimanale “Corriere di Saluzzo”, Alberto Gedda ci porta in un interessante e intrigante viaggio nella canzone d'autore italiana (ma non solo) attraverso sue foto di concerti o in posa, con la preziosa aggiunta di aneddoti relativi ai concerti, interviste, momenti in cui le ha realizzate, dagli anni Settanta ad oggi.
Ci sono Fabrizio De André, Francesco Guccini, Vasco Rossi, Zucchero, Ivano Fossati, Augusto Daolio, Luciano Ligabue, i capricci di Patty Pravo, Gianna Nannini, la gentilezza e disponibilità di Joan Baez e Joni Mitchell, la forza di Chuck Berry, l'arroganza e alterigia dei "simpaticissimi" Elio e le Storie Tese, la spontaneità di Massimo Ranieri.
Un vero piacere leggere questo libro e osservare la spontaneità dei 71 artisti ritratti.
Etichette:
Il meglio dell'anno,
Libri
venerdì, dicembre 19, 2025
Libri 2025
Una ventina di libri "non musicali" letti (e consigliati) per il 2025.
Gian Marco Griffi - Ferrovie del Messico
Pur il più accanito lettore rimane un attimo perplesso quando si appresta ad affrontare 824 pagine di libro (meglio dedicarsi a letture più agili e facili?): eppure "Ferrovie del Messico" scorre veloce, ironico, gustoso, ricchissimo di personaggi surreali e situazioni quasi psichedeliche, eventi inaspettati tanto divertenti quanto drammatici.
Una lettura ipnotica che raramente soffre di stagnazioni e che invoglia a continuare a scoprire ciò che potrà accadere.
I riferimenti sono molteplici, andando, a caso, da Cesare Pavese a Luigi Meneghello, Steinbeck e Borges.
La vicenda del protagonista principale Francesco Magetti, detto Cesco (e il suo costante mal di denti) nella Asti del 1944, occupata da nazisti, si dipana in mille direzioni e vicende che, talvolta, perdono i collegamenti ma alla fine riportano alla narrazione corretta.
Bello, consigliato, avvincente.
Antonio Scurati - M. L'ora del destino
In attesa del quinto (ultimo?) capitolo previsto per il 25 aprile 2025, Scurati firma la quarta puntata della vicenda Mussoliniana. Si narrano le tragiche vicende dal 1940 al luglio del 1943, con la destituzione voluta dal Gran Consiglio del fascismo con passaggio di poteri a Badoglio.
Una rovinosa caduta di un (finto) impero che dichiara guerra a Unione Sovietica, Grecia, Francia, Yugoslavia (occupata con indicibili sofferenze ai civili. "Si ammazza troppo poco" - Mussolini)), inglesi in Nord Africa, perdendo centinaia di migliaia di uomini, alla mercé della totale disorganizzazione, improvvisazione, della mancanza di mezzi. Sciacallo che mendica i resti delle conquiste hitleriane.
Disprezzati dagli alleati tedeschi ("Se non avessero bisogno di noi, ci butterebbero via come stracci vecchi" - Vittorio Emanuele III), i vertici del fascismo seguono belanti il volere del Duce, sempre meno lucido e perso in sogni di gloria che porteranno all'invasione delle truppe anglo/americane che bombarderanno le principali città italiane, radendo al suolo Genova, Napoli, parti di Roma, Palermo etc, riducendo la Penisola in macerie.
Un racconto doloroso, come sempre corredato da importanti documenti storici.
Il libro è come sempre avvincente, veloce, nonostante le quasi 700 pagine indulgano talvolta in argomenti sintetizzabili in meno spazio (vedi l'insistenza sulla vicenda di Amerigo Dumini, l'assassino di Matteotti).
Scurati scrive davvero bene e valgano questi suoi libri come testimonianza disincantata e verace in giorni oscuri in cui certe epoche vengono addirittura rimpiante.
Hannah Rothschild - La baronessa
Fulminante e splendida biografia della prozia dell'autrice (scrittrice e redattrice per The Times, New York Times, Vogue, Bazaar e Vanity Fair), Pannonica Rothschild de Koenigswarter.
La formidabile vita di Nica, "la baronessa del jazz", rampolla della famiglia Rothschild, tra le più ricche e influenti della storia recente. Ricchissima, madre di cinque figli, combatte durante la seconda guerra mondiale contro i nazisti a cui sfugge dal monumentale castello in cui vive in Francia, va al fronte in Nord Africa, guida aerei, ambulanze, decodifica codici, organizza rifornimenti alle truppe.
Nel 1948 abbandona tutto, famiglia inclusa e si trasferisce a New York dove scopre il mondo del jazz lasciando una vita agiata ma che l'avrebbe portata all'infelicità.
"Non si limitò ad ascoltare il jazz: lo visse. Si alzava nel cuore della notte, trascurando la luce del giorno e trattandola con assoluto disprezzo...vide nei musicisti l'incarnazione della vita e della libertà".
Ne diventa protagonista, aiutando alcuni esponenti di spicco della scena, da John Coltrane a Bud Powell, Art Blakey ma soprattutto Thelonious Monk di cui diventa sodale, amante, protettrice, a fianco del quale resterà fino alla fine, quando sarà distrutto da malattie e dai problemi di varie dipendenze.
Il suo nome, la sua disponibilità economica, il suo rango e prestigio saranno sempre a disposizione di chi aveva bisogno, in un'epoca in cui negli States una donna bianca che frequentava la comunità nera non era particolarmente gradita.
Archie Sheep:
"Era una donna in anticipo sui tempi. Prese posizione quando farlo non era affatto comodo. E' un modello, una delle prime femministe. Non soltanto affermò il proprio diritto di essere sé stessa ma si considerò una persona che contribuiva al cambiamento sociale e quindi pensava che anche chi apparteneva alla sua classe poteva partecipare a questo cambiamento."
A lei sono dedicati più di venti brani, in particolare "Pannonica" di Thelonious Monk ma anche "Nica" di Sonny Clark, "Poor butterfly" di Sonny Rollinbs, "Theolonica" di Tony Flanagan.
Non ebbe vita facile, nonostante la fortuna economica su cui poetva sempre contare, osteggiata dalla società bianca, guardata con diffidenza dalla comunità nera.
Un libro consigliatissimo, stupendo e appassionante, che racconta anche con dovizia di dettagli la nascita della fortuna della famiglia Rothschild. I jazz club della Cinquantaduesima Strada erano piccoli e avevano la medesima clientela notte dopo notte.
Nica si sedette ai tavolini con Kerouac, William Burroughs, Allen Ginsberg e i pittori espressionisti astratti Jackson Pollock, Willem de Kooning, Franz Kline e Frank Stella ad ascoltare Charlie Parker, Dizzy Gillespie, John Coltrane e Miles Davis.
Gabriel Seroussi - La periferia vi guarda con odio. Come nasce la fobia dei maranza
"Le istituzioni e la politica hanno cominciato a demonizzare la figura del maranza con tutti i mezzi a disposizione, trasformandola in un capro espiatorio utile a confortare una società vecchia e impoverita".
Si riassume in queste righe la tesi dell'autore, che analizza, attraverso una serie di incontri e interviste, non tanto la figura spettacolarizzata e demonizzata del "maranza" ma il contesto sociale e culturale in cui emergono criticità che portano alle situazioni più estreme (sparate puntualmente in prima pagina.
Inserendo uno degli aspetti conseguenti, la modalità comunicativa più immediata ovvero l'ascolto e la proposta di certe tematiche attraverso rap e trap.
"Nello stereotipo del maranza c'è la sintesi di tutto ciò che è destabilizzante per una società depressa a livello economico e demograficamente anziana, sobillata da decenni di retorica razzista e xenofoba.
La fobia del maranza è una reazione di rigetto di fronte a cambiamenti demografici e culturali che sono già pienamente in atto in Italia."
Il libro riesce a dare voce, in modo chiaro e diretto, a una realtà già da tempo stabile, attiva e partecipe alla quotidianità italiana, per quanto sia ancora vista come un corpo estraneo, una nicchia, un ghetto a parte.
"Un altro tratto culturale del nostro paese è il diffuso sentimento d'odio verso i giovani. Considerati da molti pigri e ignoranti, sbeffeggiati perché non hanno fatto il Sessantotto o usato un telefono a gettoni, i giovani in Italia sono una categoria su cui si riversa facilmente la frustrazione di giornalisti anziani e incapaci di leggere la contemporaneità."
In questo contesto si inserisce l'importanza della musica (t)rap, veicolo comunicativo, spesso inintelleggibile dai meno giovani e al di fuori dal contesto di riferimento, anche se "il valore culturale e politico dei rapper si misura dunque in ciò che questi rappresentano, prima ancora che in quello che comunicano.
Il rap, soprattutto negli ultimi anni, è stato additato come piaga sociale, proprio perché in grado di raccontare condizioni di estrema marginalizzazione sociale, in particolare quelle persone con un background migratorio".
Un testo importante, approfondito e profondo, da leggere per chi è interessato a ciò che cambia o è già cambiato.
"Questi ragazzi, spesso, non parlano con gli adulti. Non si fidano. L'unico modo per costruire un dialogo è imparare ad ascoltarli davvero, con rispetto."
Maurizio Pilotti - Il massacro della cascina
Il giornalista Maurizio Pilotti rievoca, in un romanzo avvincente e appassionante, scritto benissimo, una vicenda dimenticata quanto importante nella storia italiana ovvero l'ultima volta in cui venne comminata e applicata la pena di morte nel nostro paese.
Il 20 novembre 1945 quattro uomini fanno irruzione in un casale in provincia di Torino, dopo aver pianificato un furto. Finirà male, uno di loro verrà riconosciuto e si deciderà per l'eliminazione, cruenta, crudele, efferata, delle dieci persone presenti.
Identificati, i rapinatori verranno catturati e condannati alla pena di morte, eseguita per fucilazione.
Il racconto è veloce, non manca di tratti ironici ma soprattutto di una capacità di contestualizzazione di un periodo, post seconda guerra mondiale, in cui l'Italia era distrutta, stremata, allo sbando, tornata a una sorta di condizione medievale che ben viene descritta tra le righe, aggiungendo malinconia e disagio all'orrore della vicenda.
Tano D'Amico - I nostri anni
Tano D'Amico è stato uno dei fotografi che hanno meglio rappresentato il Movimento del 1977, a fianco dei rivoltosi e rivoluzionari.
Ne ha pagato conseguenze molto care: emarginazione, ostracismo, denunce, processi, tradimenti.
In questo libro raccoglie (parlando in terza persona di un "ipotetico" fotografo) una serie di riflessioni personali su "quegli anni", per molti "i nostri anni".
Centrale nella repressione il ruolo di buona parte (la quasi totalità) della stampa:
"Aumentava nella stampa il desiderio, forse il bisogno di denigrare e distruggere donne e uomini che scendevano in strada.
Anche nel giornale in cui il fotografo lavorava...denigrare e criminalizzare il movimento era il compito della stampa".
E' rimasta la consapevolezza di un momento probabilmente irripetibile, pur con tutte le sue contraddizioni e devastazioni.
Un'altra epoca, un' altra idea di vita e società.
"Tutti noi, anche senza dircelo, sentiamo di aver vissuto qualcosa che non era mai stato vissuto.
Forse ne era stata percepita la mancanza. Qualcosa da cercare, che poteva nascere se la cercavamo tutti insieme.
Noi tutti eravamo quelli che ne sentivamo la mancanza.
Eravamo contagiosi.
Eravamo sempre di più, sempre di più.
E sempre di più ci riconoscevamo e ci legavamo."
Bruno Segalini - Fiamme e rock’n’roll. Romanzo veridico sullo sgombero del Leoncavallo, 1989
Ristampa di un romanzo/verità, tanto esalirante, quanto fedele all'accaduto nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1989, quando la sede storica del Centro Sociale Leoncavallo venne sgombrata, con un enorme spiegamento di forze e subito dopo abbattuto.
La resistenza di un manipolo di occupanti si tinge in queste righe di aspetti tragicomici ma che mettono in rilievo il dramma di una città che incominciava/proseguiva la gentrificazione, l'omologazione, la "pulizia delle differenze", l'abbattimento di qualsivoglia forma di antagonismo.
Al centro della vicenda il tentativo di una band che provava nel centro (gli ottimi Pila Weston) di salvare e proteggere i propri strumenti lasciati in una sala.
Un'intervista a Primo Moroni suggella, alla perfezione, il contesto in cui si manifestò l'evento.
Divertente, potenziale perfetta sceneggiatura per un film, mette insieme lotta politica e commedia all'italiana.
Acre come un lacrimogeno, godibile come la gioventù di un ventenne.
Marco Tassinari - Una noce di terra umida
Marco con le piante ci lavora.
Ne fa essenze e medicamenti nel suo affascinante laboratorio e bottega a Carrara (Principio Attivo Via Carriona 42 , Carrara).
Un mestiere "di una volta", antico, arcaico che esce da mani e sensibilità sapienti.
Lo racconta in questo ammaliante libro, in cui si intrecciano note aggraziate sulle specifiche delle piante, dei fiori, dei luoghi in cui crescono, degli animali che le circondano e ricordi di un'età che non sembra più appartenere al nostro reale quotidiano.
Non sembra. Ma invece si può, magari ringraziando il Biancospino, mandando "affanculo i gran potenti, i violenti, gli arroganti e gli arrivisti". Tutti dovrebbero spaccarsi la schiena a raccogliere radici con una vanga col manico di ferro, in autunno e inverno. E tutti dovrebbero divertirsi a raccogliere fiori profumati a giugno, fra insetti che si divertono, o se gli gira, si incazzano.
Un libro di una grazia rara che ci fa amare e apprezzare ancora di più quelle giornate trascorse camminando nel silenzio (apparente) di un bosco o in un sentiero, circondati da fiori e piante con storie, proprietà benefiche e tanti incredibili segreti che Marco ci racconta con passione commovente. Leggete questo libro.
Klaus Romilar - Scala Richards vol.1
Un libro tanto visionario quanto accattivante per noi onnivori musicali.
Quattordici racconti firmati da Klaus Romilar, personaggio leggendario, frutto di un lavoro collettivo di vari scrittori appassionati di musica e letteratura.
Si viaggia in mille direzioni, tra episodi di vita vissuta e altri di situazioni immaginate.
La musica (a 360 gradi, dai Liquid Liquid a Jorma Kaukonen, da Bob Dylan a John Lee Hooker ai Dead Kennedys, ai "mali" del Prog Rock, con tanto di dritte finali in ogni capitolo per avvicinarsi ai nomi citati) è il filo conduttore di ogni episodio.
Ci si diverte molto e, non di rado, è facile immedesimarsi nelle vicende narrate.
Molto gradevole, scritto bene e con tanto gusto.
La prefezione di Marino Severini dei Gang vale da sola l'acquisto.
Emiliano Loria, Stefano Iacone, Cristina Meini - Complottisti vulnerabili. Le ragioni profonde del cospirazionismo
Un terreno alquanto scivoloso e abituale fonte di scontri e confronti. Il testo si addentra nel mondo "complottista" (che non significa avere ed esternare dubbi ma aggrapparsi ad evidenti false o perlomeno bizzarre tesi e credenze).
Il libro indaga la mentalità cospirazionista (da cui emerge) una certa fragilità o la ricerca di una piena identità attraverso l'appartenenza a un gruppo di pari.
Internet e social hanno amplificato esponenzialmente queste modalità, con fonti di "informazione" non verificabili, spesso frutto di false o tendenziose interpretazioni, condivise e ulteriormente manipolate, considerate veritiere, il più delle volte per comodità e semplicità delle affermazioni riportate. Internet è il luogo perfetto, o meglio dovremmo dire che un certo uso della rete è il mezzo perfetto perché il reale possa essere virtaualizzato, diffuso, manipolato e condiviso.
E' la pergamena su cui si può disegnare e ridisegnare a più mani la nuova cartografia dell'universo con le sue costellazioni di credenze...accadrebbe sempre per una ragione, palese o nascosta che sia.
Ciò che accade nel mondo, dalla diffusione del Covid, al riscaldamento climatico, dalle scie chimiche allo scoppio di conflitti, accade per un motivo e un fine segretamente orditi e perseguiti da agenti nascosti.
Il testo è molto accurato, ricco di riferimenti, rimandi a testi, scritti, tesi, le analisi approfondite.
Comunque la si pensi al proposito, un libro molto interessante che prova a chiarire meglio certi processi emotivi e dinamiche di pensiero.
Identificare specifici nemici come responsabili di eventi (verosimilmente stressanti) è più efficace ai fini di placare l'angoscia e le preoccupazioni, rispetto ad ammettere, più realisticamente, il ruolo determinante svolto da fattori incontrollabili, casuali, difficili (se non impossibili) da prevedere.
Jean-Philippe Postel - Il mistero Arnolfini
Uno splendido libro che in poco più di 100 pagine, come in un giallo (quasi thriller), ci porta all'interno del dipinto di Van Eyck "I coniugi Arnolfini" del 1.434 e dei suoi particolari, spesso indecifrabili e ricolmi di significati (non di rado nascosti e difficilmente attribuibili a un concetto piuttosto che al suo opposto).
Dal cane in primo piano, alle figure che si riflettono nello specchio alle loro spalle (nella cornice del quale ci sono dieci ulteriori mini dipinti), alla posizione delle mani, gli sguardi che non si incrociano, le due figure che formano una M, le calzature a sinistra in basso e tanto altro. Postel avvalora l'ipotesi che la donna sia il fantasma della moglie defunta di Giovanni Di Nicolao Arnolfini, nobile lucchese trasferitosi in Belgio ma rimangono ancora alcuni dubbi.
Lettura veloce, appassionante, divertente.
Giangiacomo Schiavi - Il Piccolo Maracanà
Dal 1962 ai primi anni 70 a Gragnano Trebbiense, provincia di Piacenza, si svolse un appassionante, mitico, pionieristico (peraltro uno dei primi in assoluto) torneo notturno di calcio.
Nell'afoso luglio padano si giocavano due partite a sera (che spesso finivano con risultati "rotondi"), sei contro sei, senza il fuorigioco, 16 squadre divise in quattro gironi, quarti, semifinali e finale.
Il tutto davanti a 2/3.000 persone a sera, fino a 5.000 (calcolate 200.000 in sei anni), assiepate in un campo dietro al Comune del paese, ribattezzato “Il Piccolo Maracanà”.
Si affrontavano abitualmente squadre di Gragnano, i “Ramarri” (il simbolo era una versione gragnanese del coccodrillo della Lacoste...), squadra per cui tenevo e che non vinse mai (come al solito!), il “Bar Veneroni”, il “Gatto Nero”, il “Baby Brazil” di Gragnanino, l’”Olubra” di Castelsangiovanni”, i “Papaveri” di Piacenza (con i giocatori del Piacenza allora in serie C) e varie altre dalla provincia e dintorni.
In particolare è da ricordare la "Rassa Grama" (La cattiva razza), nucleo anarchico che si affiliava di volta in volta a un nuovo sponsor, ricco di talento, genio e sregolatezza. Non vinsero mai m entrarono nel mito e nella leggenda.
Abitavo a 2 km di distanza a Casaliggio (dove sono tornato a vivere 20 anni dopo) e ne vidi a decine.
Ancora senza troppi vincoli contrattuali, giocarono Pierino Prati, Pietro Anastasi, Osvaldo Bagnoli, Marchioro, Magistrelli, Ferrario, Poletti (nazionale nel 1970 nella semifinale con la Germania 4 a 3) e nomi ormai dimenticati come Bicicli dell’Inter, Ambrogio Pelagalli (campione d’Italia con il Milan), Da Pozzo (portiere di Inter e Genoa), Magistrelli.
Dopo qualche anno le società proibirono ai giocatori di fare partite al di fuori dai doveri contrattuali e allora, in cambio di soldi sottobanco sempre più consistenti (e in nero), giocavano in molti sotto falso nome.
Il calcio divenne sempre più affare professionale, i vincoli della federazione sempre più stretti e il torneo finì.
"Il piccolo Maracanà. Un campo, un paese, una leggenda", di Giangiacomo Schiavi, documenta al meglio il tutto ed è la ristampa di una precedente edizione introvabile, ora edita da La Valle Dei Libri.
Leggere la sua stupenda prosa mi ha riportato incredibilmente a quei tempi, quei colori, quegli odori, quella "magia irripetibile", in un tuffo nostalgico, immensamente nostalgico, per tempi che, alla fine, rimpiango tanto, soprattutto leggendo una serie di nomi che facevano parte della mia quotidianità.
Le foto, stupende (e numerose), sono di Prospero Cravedi, l'introduzione di Simone Inzaghi (che con Pippo viveva e giocava a una manciata di kilomentri di distanza a San Nicolò).
Lance Henson - Entità /Entities
Lance Henson è Cheyenne, Oglala e Cajun e membro della confraternita dei Soldati Cane (Dog Soldiers) Cheyenne, della Native American Church (il culto del peyote) e dell’American Indian Movement.
Ha spesso rappresentato la propria tribù nel Gruppo di lavoro dei popoli indigeni presso le Nazioni Unite a Ginevra.
Ha pubblicato circa cinquanta raccolte, che sono state tradotte in ventisette lingue. È anche co-autore di due pièces teatrali.
Il nuovo libro di poesie lo coglie alle prese con l'attualità, tra guerre e violenza ma, come sempre, con una spiritualità intensa, profonda, ancestrale.
"Nonostante le stragi, la distruzione, la follia e dell' "odio infuocato" degli infami, del calpestio degli "stivali dei folli", nonostante tutto, i popoli nativi resistono nella parola dei loro poeti."
Il volume si presenta con il testo a fronte, come traccia essenziale del dire necessariamente in più lingue – southern cheyenne/tsistsistas, inglese (che per Lance è la lingua del nemico), italiano.
"Sono sul crinale
In America appena
da qualche tra furore e libertà".
Alessandro Pagani, Massimiliano Zatini - I Punkinari
Molto divertente e gustosa la marmorea staticità di due calciatori perennemente in panchina a scambiarsi freddure, sempre di spalle, lo sguardo rivolto verso un immaginario campo di calcio, mentre trascorrono le stagioni.
Decine di tavole, ben disegnate e sceneggiate, un inno alla (talvolta disperata) nullafacenza, al "do nothing", all'attesa consapevole che tanto non entrerai mai in campo.
Fabio Massera - Xés
Fabio Massera è un appassionato e profondo conoscitore di rock e punk.
In questo libro mette insieme il retaggio culturale assorbito da migliaia di ascolti (citati all'inizio di ogni capitolo, da Stones a Jimi Hendrix, Kina, Cure, Sex Pistols, Goblin) e un gusto lirico per Bukowsky e Henry Miller.
Ne esce un centinaio di pagine di "letteratura punk" in cui provocazione, erotismo e storie di strada si incrociano.
Davide "Gammon" Scheriani - Psicoparade
Attivo da tempo in ambito musicale "Gammon" mette in scrittura l'omonimo format che conduce nel suo canale YouTube, accostando in modo personale e curioso il mondo (genericamente) rock con la sua professione di psicologo.
Si intrecciano esperienze personali sul palco e in studio di registrazione (sempre molto gustose e che colgono in pieno la vita "complessa" di noi musicisti "underground") con considerazioni più ampie sia a livello filosofico che sociale.
Interessante il concetto "Essere irriverenti non significa essere irrispettosi...il rispetto si rivolge agli esseri viventi e non deve mai essere negato. La riverenza invece si elargisce ai concetti, alle idee, ai pregiudizi".
In molti dovrebbero farne tesoro.
Un testo originale, inusuale, molto particolare se non unico.
Mutti Enrico - Porretto Rita, Mericone Silvia - Casalanguida Luca - Liberatore Tanino - Nightmare in Rome
Nightmare in Rome è un progetto audiovisivo (e visionario ma non troppo considerate le numerose attinenze con l'attualità) nato da un'idea di Enrico Mutti, Lorenzo Senni e dalla matita di Tanino Liberatore, dove musica e fumetto si incontrano per dare forma a qualcosa di radicalmente nuovo.
Si parla di un collettivo musicale segreto di musicisti che usano la musica per resistere in un mondo post-apocalittico, in una Roma del 2045 tra macerie e una dimensione di museo, utilizzando campioni delle colonne sonore della CAM Sugar, il più vasto catalogo di musica per il cinema italiano, che attraverso l'incontro con l'elettronica, il rap ed il pop si trasformano in qualcosa di radicalmente attuale.
Proprio perché il fumetto va di pari passo con una colonna sonora che prende spunto da brani originali di Ennio Morricone, Riz Ortolani, Stelvio Cipriani, Franco Godi e Daniele Patucchi.
Un lavoro originale, intrigante e pressoché unico.
Gian Marco Griffi - Ferrovie del Messico
Pur il più accanito lettore rimane un attimo perplesso quando si appresta ad affrontare 824 pagine di libro (meglio dedicarsi a letture più agili e facili?): eppure "Ferrovie del Messico" scorre veloce, ironico, gustoso, ricchissimo di personaggi surreali e situazioni quasi psichedeliche, eventi inaspettati tanto divertenti quanto drammatici.
Una lettura ipnotica che raramente soffre di stagnazioni e che invoglia a continuare a scoprire ciò che potrà accadere.
I riferimenti sono molteplici, andando, a caso, da Cesare Pavese a Luigi Meneghello, Steinbeck e Borges.
La vicenda del protagonista principale Francesco Magetti, detto Cesco (e il suo costante mal di denti) nella Asti del 1944, occupata da nazisti, si dipana in mille direzioni e vicende che, talvolta, perdono i collegamenti ma alla fine riportano alla narrazione corretta.
Bello, consigliato, avvincente.
Antonio Scurati - M. L'ora del destino
In attesa del quinto (ultimo?) capitolo previsto per il 25 aprile 2025, Scurati firma la quarta puntata della vicenda Mussoliniana. Si narrano le tragiche vicende dal 1940 al luglio del 1943, con la destituzione voluta dal Gran Consiglio del fascismo con passaggio di poteri a Badoglio.
Una rovinosa caduta di un (finto) impero che dichiara guerra a Unione Sovietica, Grecia, Francia, Yugoslavia (occupata con indicibili sofferenze ai civili. "Si ammazza troppo poco" - Mussolini)), inglesi in Nord Africa, perdendo centinaia di migliaia di uomini, alla mercé della totale disorganizzazione, improvvisazione, della mancanza di mezzi. Sciacallo che mendica i resti delle conquiste hitleriane.
Disprezzati dagli alleati tedeschi ("Se non avessero bisogno di noi, ci butterebbero via come stracci vecchi" - Vittorio Emanuele III), i vertici del fascismo seguono belanti il volere del Duce, sempre meno lucido e perso in sogni di gloria che porteranno all'invasione delle truppe anglo/americane che bombarderanno le principali città italiane, radendo al suolo Genova, Napoli, parti di Roma, Palermo etc, riducendo la Penisola in macerie.
Un racconto doloroso, come sempre corredato da importanti documenti storici.
Il libro è come sempre avvincente, veloce, nonostante le quasi 700 pagine indulgano talvolta in argomenti sintetizzabili in meno spazio (vedi l'insistenza sulla vicenda di Amerigo Dumini, l'assassino di Matteotti).
Scurati scrive davvero bene e valgano questi suoi libri come testimonianza disincantata e verace in giorni oscuri in cui certe epoche vengono addirittura rimpiante.
Hannah Rothschild - La baronessa
Fulminante e splendida biografia della prozia dell'autrice (scrittrice e redattrice per The Times, New York Times, Vogue, Bazaar e Vanity Fair), Pannonica Rothschild de Koenigswarter.
La formidabile vita di Nica, "la baronessa del jazz", rampolla della famiglia Rothschild, tra le più ricche e influenti della storia recente. Ricchissima, madre di cinque figli, combatte durante la seconda guerra mondiale contro i nazisti a cui sfugge dal monumentale castello in cui vive in Francia, va al fronte in Nord Africa, guida aerei, ambulanze, decodifica codici, organizza rifornimenti alle truppe.
Nel 1948 abbandona tutto, famiglia inclusa e si trasferisce a New York dove scopre il mondo del jazz lasciando una vita agiata ma che l'avrebbe portata all'infelicità.
"Non si limitò ad ascoltare il jazz: lo visse. Si alzava nel cuore della notte, trascurando la luce del giorno e trattandola con assoluto disprezzo...vide nei musicisti l'incarnazione della vita e della libertà".
Ne diventa protagonista, aiutando alcuni esponenti di spicco della scena, da John Coltrane a Bud Powell, Art Blakey ma soprattutto Thelonious Monk di cui diventa sodale, amante, protettrice, a fianco del quale resterà fino alla fine, quando sarà distrutto da malattie e dai problemi di varie dipendenze.
Il suo nome, la sua disponibilità economica, il suo rango e prestigio saranno sempre a disposizione di chi aveva bisogno, in un'epoca in cui negli States una donna bianca che frequentava la comunità nera non era particolarmente gradita.
Archie Sheep:
"Era una donna in anticipo sui tempi. Prese posizione quando farlo non era affatto comodo. E' un modello, una delle prime femministe. Non soltanto affermò il proprio diritto di essere sé stessa ma si considerò una persona che contribuiva al cambiamento sociale e quindi pensava che anche chi apparteneva alla sua classe poteva partecipare a questo cambiamento."
A lei sono dedicati più di venti brani, in particolare "Pannonica" di Thelonious Monk ma anche "Nica" di Sonny Clark, "Poor butterfly" di Sonny Rollinbs, "Theolonica" di Tony Flanagan.
Non ebbe vita facile, nonostante la fortuna economica su cui poetva sempre contare, osteggiata dalla società bianca, guardata con diffidenza dalla comunità nera.
Un libro consigliatissimo, stupendo e appassionante, che racconta anche con dovizia di dettagli la nascita della fortuna della famiglia Rothschild. I jazz club della Cinquantaduesima Strada erano piccoli e avevano la medesima clientela notte dopo notte.
Nica si sedette ai tavolini con Kerouac, William Burroughs, Allen Ginsberg e i pittori espressionisti astratti Jackson Pollock, Willem de Kooning, Franz Kline e Frank Stella ad ascoltare Charlie Parker, Dizzy Gillespie, John Coltrane e Miles Davis.
Gabriel Seroussi - La periferia vi guarda con odio. Come nasce la fobia dei maranza
"Le istituzioni e la politica hanno cominciato a demonizzare la figura del maranza con tutti i mezzi a disposizione, trasformandola in un capro espiatorio utile a confortare una società vecchia e impoverita".
Si riassume in queste righe la tesi dell'autore, che analizza, attraverso una serie di incontri e interviste, non tanto la figura spettacolarizzata e demonizzata del "maranza" ma il contesto sociale e culturale in cui emergono criticità che portano alle situazioni più estreme (sparate puntualmente in prima pagina.
Inserendo uno degli aspetti conseguenti, la modalità comunicativa più immediata ovvero l'ascolto e la proposta di certe tematiche attraverso rap e trap.
"Nello stereotipo del maranza c'è la sintesi di tutto ciò che è destabilizzante per una società depressa a livello economico e demograficamente anziana, sobillata da decenni di retorica razzista e xenofoba.
La fobia del maranza è una reazione di rigetto di fronte a cambiamenti demografici e culturali che sono già pienamente in atto in Italia."
Il libro riesce a dare voce, in modo chiaro e diretto, a una realtà già da tempo stabile, attiva e partecipe alla quotidianità italiana, per quanto sia ancora vista come un corpo estraneo, una nicchia, un ghetto a parte.
"Un altro tratto culturale del nostro paese è il diffuso sentimento d'odio verso i giovani. Considerati da molti pigri e ignoranti, sbeffeggiati perché non hanno fatto il Sessantotto o usato un telefono a gettoni, i giovani in Italia sono una categoria su cui si riversa facilmente la frustrazione di giornalisti anziani e incapaci di leggere la contemporaneità."
In questo contesto si inserisce l'importanza della musica (t)rap, veicolo comunicativo, spesso inintelleggibile dai meno giovani e al di fuori dal contesto di riferimento, anche se "il valore culturale e politico dei rapper si misura dunque in ciò che questi rappresentano, prima ancora che in quello che comunicano.
Il rap, soprattutto negli ultimi anni, è stato additato come piaga sociale, proprio perché in grado di raccontare condizioni di estrema marginalizzazione sociale, in particolare quelle persone con un background migratorio".
Un testo importante, approfondito e profondo, da leggere per chi è interessato a ciò che cambia o è già cambiato.
"Questi ragazzi, spesso, non parlano con gli adulti. Non si fidano. L'unico modo per costruire un dialogo è imparare ad ascoltarli davvero, con rispetto."
Maurizio Pilotti - Il massacro della cascina
Il giornalista Maurizio Pilotti rievoca, in un romanzo avvincente e appassionante, scritto benissimo, una vicenda dimenticata quanto importante nella storia italiana ovvero l'ultima volta in cui venne comminata e applicata la pena di morte nel nostro paese.
Il 20 novembre 1945 quattro uomini fanno irruzione in un casale in provincia di Torino, dopo aver pianificato un furto. Finirà male, uno di loro verrà riconosciuto e si deciderà per l'eliminazione, cruenta, crudele, efferata, delle dieci persone presenti.
Identificati, i rapinatori verranno catturati e condannati alla pena di morte, eseguita per fucilazione.
Il racconto è veloce, non manca di tratti ironici ma soprattutto di una capacità di contestualizzazione di un periodo, post seconda guerra mondiale, in cui l'Italia era distrutta, stremata, allo sbando, tornata a una sorta di condizione medievale che ben viene descritta tra le righe, aggiungendo malinconia e disagio all'orrore della vicenda.
Tano D'Amico - I nostri anni
Tano D'Amico è stato uno dei fotografi che hanno meglio rappresentato il Movimento del 1977, a fianco dei rivoltosi e rivoluzionari.
Ne ha pagato conseguenze molto care: emarginazione, ostracismo, denunce, processi, tradimenti.
In questo libro raccoglie (parlando in terza persona di un "ipotetico" fotografo) una serie di riflessioni personali su "quegli anni", per molti "i nostri anni".
Centrale nella repressione il ruolo di buona parte (la quasi totalità) della stampa:
"Aumentava nella stampa il desiderio, forse il bisogno di denigrare e distruggere donne e uomini che scendevano in strada.
Anche nel giornale in cui il fotografo lavorava...denigrare e criminalizzare il movimento era il compito della stampa".
E' rimasta la consapevolezza di un momento probabilmente irripetibile, pur con tutte le sue contraddizioni e devastazioni.
Un'altra epoca, un' altra idea di vita e società.
"Tutti noi, anche senza dircelo, sentiamo di aver vissuto qualcosa che non era mai stato vissuto.
Forse ne era stata percepita la mancanza. Qualcosa da cercare, che poteva nascere se la cercavamo tutti insieme.
Noi tutti eravamo quelli che ne sentivamo la mancanza.
Eravamo contagiosi.
Eravamo sempre di più, sempre di più.
E sempre di più ci riconoscevamo e ci legavamo."
Bruno Segalini - Fiamme e rock’n’roll. Romanzo veridico sullo sgombero del Leoncavallo, 1989
Ristampa di un romanzo/verità, tanto esalirante, quanto fedele all'accaduto nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1989, quando la sede storica del Centro Sociale Leoncavallo venne sgombrata, con un enorme spiegamento di forze e subito dopo abbattuto.
La resistenza di un manipolo di occupanti si tinge in queste righe di aspetti tragicomici ma che mettono in rilievo il dramma di una città che incominciava/proseguiva la gentrificazione, l'omologazione, la "pulizia delle differenze", l'abbattimento di qualsivoglia forma di antagonismo.
Al centro della vicenda il tentativo di una band che provava nel centro (gli ottimi Pila Weston) di salvare e proteggere i propri strumenti lasciati in una sala.
Un'intervista a Primo Moroni suggella, alla perfezione, il contesto in cui si manifestò l'evento.
Divertente, potenziale perfetta sceneggiatura per un film, mette insieme lotta politica e commedia all'italiana.
Acre come un lacrimogeno, godibile come la gioventù di un ventenne.
Marco Tassinari - Una noce di terra umida
Marco con le piante ci lavora.
Ne fa essenze e medicamenti nel suo affascinante laboratorio e bottega a Carrara (Principio Attivo Via Carriona 42 , Carrara).
Un mestiere "di una volta", antico, arcaico che esce da mani e sensibilità sapienti.
Lo racconta in questo ammaliante libro, in cui si intrecciano note aggraziate sulle specifiche delle piante, dei fiori, dei luoghi in cui crescono, degli animali che le circondano e ricordi di un'età che non sembra più appartenere al nostro reale quotidiano.
Non sembra. Ma invece si può, magari ringraziando il Biancospino, mandando "affanculo i gran potenti, i violenti, gli arroganti e gli arrivisti". Tutti dovrebbero spaccarsi la schiena a raccogliere radici con una vanga col manico di ferro, in autunno e inverno. E tutti dovrebbero divertirsi a raccogliere fiori profumati a giugno, fra insetti che si divertono, o se gli gira, si incazzano.
Un libro di una grazia rara che ci fa amare e apprezzare ancora di più quelle giornate trascorse camminando nel silenzio (apparente) di un bosco o in un sentiero, circondati da fiori e piante con storie, proprietà benefiche e tanti incredibili segreti che Marco ci racconta con passione commovente. Leggete questo libro.
Klaus Romilar - Scala Richards vol.1
Un libro tanto visionario quanto accattivante per noi onnivori musicali.
Quattordici racconti firmati da Klaus Romilar, personaggio leggendario, frutto di un lavoro collettivo di vari scrittori appassionati di musica e letteratura.
Si viaggia in mille direzioni, tra episodi di vita vissuta e altri di situazioni immaginate.
La musica (a 360 gradi, dai Liquid Liquid a Jorma Kaukonen, da Bob Dylan a John Lee Hooker ai Dead Kennedys, ai "mali" del Prog Rock, con tanto di dritte finali in ogni capitolo per avvicinarsi ai nomi citati) è il filo conduttore di ogni episodio.
Ci si diverte molto e, non di rado, è facile immedesimarsi nelle vicende narrate.
Molto gradevole, scritto bene e con tanto gusto.
La prefezione di Marino Severini dei Gang vale da sola l'acquisto.
Emiliano Loria, Stefano Iacone, Cristina Meini - Complottisti vulnerabili. Le ragioni profonde del cospirazionismo
Un terreno alquanto scivoloso e abituale fonte di scontri e confronti. Il testo si addentra nel mondo "complottista" (che non significa avere ed esternare dubbi ma aggrapparsi ad evidenti false o perlomeno bizzarre tesi e credenze).
Il libro indaga la mentalità cospirazionista (da cui emerge) una certa fragilità o la ricerca di una piena identità attraverso l'appartenenza a un gruppo di pari.
Internet e social hanno amplificato esponenzialmente queste modalità, con fonti di "informazione" non verificabili, spesso frutto di false o tendenziose interpretazioni, condivise e ulteriormente manipolate, considerate veritiere, il più delle volte per comodità e semplicità delle affermazioni riportate. Internet è il luogo perfetto, o meglio dovremmo dire che un certo uso della rete è il mezzo perfetto perché il reale possa essere virtaualizzato, diffuso, manipolato e condiviso.
E' la pergamena su cui si può disegnare e ridisegnare a più mani la nuova cartografia dell'universo con le sue costellazioni di credenze...accadrebbe sempre per una ragione, palese o nascosta che sia.
Ciò che accade nel mondo, dalla diffusione del Covid, al riscaldamento climatico, dalle scie chimiche allo scoppio di conflitti, accade per un motivo e un fine segretamente orditi e perseguiti da agenti nascosti.
Il testo è molto accurato, ricco di riferimenti, rimandi a testi, scritti, tesi, le analisi approfondite.
Comunque la si pensi al proposito, un libro molto interessante che prova a chiarire meglio certi processi emotivi e dinamiche di pensiero.
Identificare specifici nemici come responsabili di eventi (verosimilmente stressanti) è più efficace ai fini di placare l'angoscia e le preoccupazioni, rispetto ad ammettere, più realisticamente, il ruolo determinante svolto da fattori incontrollabili, casuali, difficili (se non impossibili) da prevedere.
Jean-Philippe Postel - Il mistero Arnolfini
Uno splendido libro che in poco più di 100 pagine, come in un giallo (quasi thriller), ci porta all'interno del dipinto di Van Eyck "I coniugi Arnolfini" del 1.434 e dei suoi particolari, spesso indecifrabili e ricolmi di significati (non di rado nascosti e difficilmente attribuibili a un concetto piuttosto che al suo opposto).
Dal cane in primo piano, alle figure che si riflettono nello specchio alle loro spalle (nella cornice del quale ci sono dieci ulteriori mini dipinti), alla posizione delle mani, gli sguardi che non si incrociano, le due figure che formano una M, le calzature a sinistra in basso e tanto altro. Postel avvalora l'ipotesi che la donna sia il fantasma della moglie defunta di Giovanni Di Nicolao Arnolfini, nobile lucchese trasferitosi in Belgio ma rimangono ancora alcuni dubbi.
Lettura veloce, appassionante, divertente.
Giangiacomo Schiavi - Il Piccolo Maracanà
Dal 1962 ai primi anni 70 a Gragnano Trebbiense, provincia di Piacenza, si svolse un appassionante, mitico, pionieristico (peraltro uno dei primi in assoluto) torneo notturno di calcio.
Nell'afoso luglio padano si giocavano due partite a sera (che spesso finivano con risultati "rotondi"), sei contro sei, senza il fuorigioco, 16 squadre divise in quattro gironi, quarti, semifinali e finale.
Il tutto davanti a 2/3.000 persone a sera, fino a 5.000 (calcolate 200.000 in sei anni), assiepate in un campo dietro al Comune del paese, ribattezzato “Il Piccolo Maracanà”.
Si affrontavano abitualmente squadre di Gragnano, i “Ramarri” (il simbolo era una versione gragnanese del coccodrillo della Lacoste...), squadra per cui tenevo e che non vinse mai (come al solito!), il “Bar Veneroni”, il “Gatto Nero”, il “Baby Brazil” di Gragnanino, l’”Olubra” di Castelsangiovanni”, i “Papaveri” di Piacenza (con i giocatori del Piacenza allora in serie C) e varie altre dalla provincia e dintorni.
In particolare è da ricordare la "Rassa Grama" (La cattiva razza), nucleo anarchico che si affiliava di volta in volta a un nuovo sponsor, ricco di talento, genio e sregolatezza. Non vinsero mai m entrarono nel mito e nella leggenda.
Abitavo a 2 km di distanza a Casaliggio (dove sono tornato a vivere 20 anni dopo) e ne vidi a decine.
Ancora senza troppi vincoli contrattuali, giocarono Pierino Prati, Pietro Anastasi, Osvaldo Bagnoli, Marchioro, Magistrelli, Ferrario, Poletti (nazionale nel 1970 nella semifinale con la Germania 4 a 3) e nomi ormai dimenticati come Bicicli dell’Inter, Ambrogio Pelagalli (campione d’Italia con il Milan), Da Pozzo (portiere di Inter e Genoa), Magistrelli.
Dopo qualche anno le società proibirono ai giocatori di fare partite al di fuori dai doveri contrattuali e allora, in cambio di soldi sottobanco sempre più consistenti (e in nero), giocavano in molti sotto falso nome.
Il calcio divenne sempre più affare professionale, i vincoli della federazione sempre più stretti e il torneo finì.
"Il piccolo Maracanà. Un campo, un paese, una leggenda", di Giangiacomo Schiavi, documenta al meglio il tutto ed è la ristampa di una precedente edizione introvabile, ora edita da La Valle Dei Libri.
Leggere la sua stupenda prosa mi ha riportato incredibilmente a quei tempi, quei colori, quegli odori, quella "magia irripetibile", in un tuffo nostalgico, immensamente nostalgico, per tempi che, alla fine, rimpiango tanto, soprattutto leggendo una serie di nomi che facevano parte della mia quotidianità.
Le foto, stupende (e numerose), sono di Prospero Cravedi, l'introduzione di Simone Inzaghi (che con Pippo viveva e giocava a una manciata di kilomentri di distanza a San Nicolò).
Lance Henson - Entità /Entities
Lance Henson è Cheyenne, Oglala e Cajun e membro della confraternita dei Soldati Cane (Dog Soldiers) Cheyenne, della Native American Church (il culto del peyote) e dell’American Indian Movement.
Ha spesso rappresentato la propria tribù nel Gruppo di lavoro dei popoli indigeni presso le Nazioni Unite a Ginevra.
Ha pubblicato circa cinquanta raccolte, che sono state tradotte in ventisette lingue. È anche co-autore di due pièces teatrali.
Il nuovo libro di poesie lo coglie alle prese con l'attualità, tra guerre e violenza ma, come sempre, con una spiritualità intensa, profonda, ancestrale.
"Nonostante le stragi, la distruzione, la follia e dell' "odio infuocato" degli infami, del calpestio degli "stivali dei folli", nonostante tutto, i popoli nativi resistono nella parola dei loro poeti."
Il volume si presenta con il testo a fronte, come traccia essenziale del dire necessariamente in più lingue – southern cheyenne/tsistsistas, inglese (che per Lance è la lingua del nemico), italiano.
"Sono sul crinale
In America appena
da qualche tra furore e libertà".
Alessandro Pagani, Massimiliano Zatini - I Punkinari
Molto divertente e gustosa la marmorea staticità di due calciatori perennemente in panchina a scambiarsi freddure, sempre di spalle, lo sguardo rivolto verso un immaginario campo di calcio, mentre trascorrono le stagioni.
Decine di tavole, ben disegnate e sceneggiate, un inno alla (talvolta disperata) nullafacenza, al "do nothing", all'attesa consapevole che tanto non entrerai mai in campo.
Fabio Massera - Xés
Fabio Massera è un appassionato e profondo conoscitore di rock e punk.
In questo libro mette insieme il retaggio culturale assorbito da migliaia di ascolti (citati all'inizio di ogni capitolo, da Stones a Jimi Hendrix, Kina, Cure, Sex Pistols, Goblin) e un gusto lirico per Bukowsky e Henry Miller.
Ne esce un centinaio di pagine di "letteratura punk" in cui provocazione, erotismo e storie di strada si incrociano.
Davide "Gammon" Scheriani - Psicoparade
Attivo da tempo in ambito musicale "Gammon" mette in scrittura l'omonimo format che conduce nel suo canale YouTube, accostando in modo personale e curioso il mondo (genericamente) rock con la sua professione di psicologo.
Si intrecciano esperienze personali sul palco e in studio di registrazione (sempre molto gustose e che colgono in pieno la vita "complessa" di noi musicisti "underground") con considerazioni più ampie sia a livello filosofico che sociale.
Interessante il concetto "Essere irriverenti non significa essere irrispettosi...il rispetto si rivolge agli esseri viventi e non deve mai essere negato. La riverenza invece si elargisce ai concetti, alle idee, ai pregiudizi".
In molti dovrebbero farne tesoro.
Un testo originale, inusuale, molto particolare se non unico.
Mutti Enrico - Porretto Rita, Mericone Silvia - Casalanguida Luca - Liberatore Tanino - Nightmare in Rome
Nightmare in Rome è un progetto audiovisivo (e visionario ma non troppo considerate le numerose attinenze con l'attualità) nato da un'idea di Enrico Mutti, Lorenzo Senni e dalla matita di Tanino Liberatore, dove musica e fumetto si incontrano per dare forma a qualcosa di radicalmente nuovo.
Si parla di un collettivo musicale segreto di musicisti che usano la musica per resistere in un mondo post-apocalittico, in una Roma del 2045 tra macerie e una dimensione di museo, utilizzando campioni delle colonne sonore della CAM Sugar, il più vasto catalogo di musica per il cinema italiano, che attraverso l'incontro con l'elettronica, il rap ed il pop si trasformano in qualcosa di radicalmente attuale.
Proprio perché il fumetto va di pari passo con una colonna sonora che prende spunto da brani originali di Ennio Morricone, Riz Ortolani, Stelvio Cipriani, Franco Godi e Daniele Patucchi.
Un lavoro originale, intrigante e pressoché unico.
Etichette:
Il meglio dell'anno,
Libri
Iscriviti a:
Commenti (Atom)















