martedì, febbraio 28, 2017
Il meglio del mese. Febbraio 2017
Alcuni nomi si affacciano già tra i candidati al top del 2016.
Godfathers, Sinkane, Soul Scratch, Voodoo Working Club tra gli stranieri, Cut, Julie's Haircut, Cesare Basile, Diplomatics, Gang, Strato's, Five Faces, Love Thieves tra gli italiani.
THE GODFATHERS - A Big Bad Beautiful Noise
Una delle migliori e più sottovalutate bands degli 80's, i Godfathers hanno sempre interpretato al meglio quello spirito "brit" fatto di provocazione sfacciata, attitudine punk, gusto per lo stile estetico, amore per il pub rock e il rhythm and blues.
Della line up originale è rimasto il solo cantante e leader Peter Coyne ma il sound rimane lo stesso splendido guitar pop punk rock, potente e travolgente, con stupende melodie 60's e irruenza mod.
Un bellissimo album.
SINKANE - Life & Livin’ It
Sinkane è il nome d'arte di Ahmed Gallab, nato a Londr, cresciuto in Sudan e poi in Usa.
Svariate esperienze tra cui quella con la Atomic Bomb! Band, collettivo afro beat in cui passano speso anche David Byrne, Damon Albarn, Money Mark dei Beastie Boys etc.
Questo è il sesto album solista, un affascinante e imprevedibile mix di Stevie Wonder e kraut rock, Marvin Gaye e afro beat, Temptations e desert rock, funk e ventate psichedeliche, Bill WIthers, pop e nu soul.
Notevole.
KING GIZZARD AND THE WIZARD LIZARD - Flying Microtonal Bannana
Il nuovo album della folle band autsraliana è annunciato come il primo di una serie di ben cinque previsti per il 2017 !
Come sempre un mix di psichedelia di ispirazione 60's che guarda agli esperimenti dei primi Gong e del Daevid Allen solista, non disdegna Hawkwind e kraut rock (Neu! e Can in particolare), il jazz prog dei Colosseum, il George Harrison “indiano” e cita anche esperienze più recenti come Motorpsycho e Kula Shaker.
Come sempre interessantissimi con un album da ascoltare con grande attenzione per chi cerca nuova linfa artistica.
CUT - Second skin
Sesto album (oltre ad uno split e un live) per il trio bolognese. Esplosivo, travolgente, devastante, dal vivo allo stesso modo che su disco.
In questo ritorno in studio di registrazione propone un sound, come sempre abrasivo, elettrico ma più curato, che conserva le abituali spigolosità ma le avvolge in arrangiamenti meno ruvidi.
La sezione fiati che colora di soul alcuni brani è un tocco geniale e delizioso, un gusto funk che permea molti brani sposta il groove da un approccio direttamente punk e crea un ibrido esaltante.
"Second skin" attinge dalla black music, dal punk, dalle prime espressioni selvagge del rock n roll, cita i Sonics, puzza di New York e di CBGB's.
Come sempre un grandissimo album che si avvale di una serie di preziosi collaboratori, primo tra tutti Mike Watt ex Minutemen e Stooges.
JULIE'S HAIRCUT - Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin
Il settimo album della band emiliana sancisce un ulteriore passo verso l'iperspazio, luogo che hanno ultimamente frequentato spesso.
Ma in questo caso si addentrano ancora di più con otto brani in cui rinnovano il concetto di psichedelia, intesa come espressione artistica senza confini, in cui confluiscono suoni, sensazioni, umori, vibrazioni.
Troviamo mischiati e sovrapposti avanguardia, (free) jazz, ritmiche pulsanti, kraut rock nelle sue più svariate declinazioni (dai Neu! ai Can) a comporre un sound unico, personale, distintivo.
CESARE BASILE - U fujutu su nesci chi fa?
Il lungo cammino di Cesare Basile parte da lontano, dagli anni 80 del punk e della new wave e si sviluppa, cresce, cambia nel tempo, acquisendo sempre più personalità.
Il tutto all'insegna di una costante evoluzione artistica che nel corso degli anni ha assimilato influenze sempre più particolari, osando, ricercando, sperimentando.
Il nuovo lavoro è ancora una volta un passo avanti verso la definizione di un sound sempre più personale.
Si respira area mediterranea, africana, blues, voci e ritmi tribali, una lunga ballata oscura divisa in dieci brani autografi, una preghiera pagana, ossessiva, perfino inquietante nella sua spontaneità sfacciata.
Il nuovo punk, ci crediate o no, incomincia da qui.
GANG - Calibro 77
L'immarcescibile band marchigiana dei fratelli Severini prosegue la sua lunga e grande marcia con il consueto bagaglio di musica di primissima qualità, sincerità, genuinità.
Il nuovo capitolo è un omaggio alla canzone italiana degli anni '70, pregna di contenuti e protesta. A produrre e registrare Jono Manson, cantautore di Santa Fe’, New Mexico e un lungo elenco di collaboratori ad affiancarli.
I GANG rivisitano con piglio country rock e di sapore roots americano undici storie che arrivano da lontano ma che sono ancora attualissime da "Sulla Strada" di Finardi a "Canzone del maggio" di De André, la sempre stupenda "Venderò" di Bennato e una degna conclusione con "I reduci" di Gaber. Un album prezioso, vitale, fresco, grintoso.
DIAZPORA - Islands
Sono tedeschi e in giro dal 2002.
Il nuovo album "Islands" è un tostissimo mix di afro sound, torrido funk, atmosfere blaxploitation, il James Brown dei 70's.
Suonano benissimo, pulitissimi, pieni di groove.
RON GALLO - Heavy meta
Ex membro dei Toy Soldiers, all'esordio solista con un album ruvido tra un Lou Reed grezzo, suoni glam, chitarre aspre e un approccio da moderno Bob Dylan malato di sapori New York '77.
Intrigante.
THE ORWELLS - Terrible Human Beings
Al terzo album la band di Chicago prosegue con passo dignitoso, pur se non esaltante, tra echi brit pop (Oasis, Arctic Monkeys, Dandy Warhols) e riferimenti a Weezer e Pixies. Non male.
CHUCK PROPHET - Bobby Fuller Died For Your Sins
Notevole il nuovo lavoro dell'ex Green On Red.
Corposo, robusto, chitarristico perfetto esemplare esempio di classico american guitar sound, spesso aspro, sempre tinteggiato di blues.
Niente di nuovo ma gradevolissimo ascolto.
TINARIWEN - Elwan
Prosegue incessante il viaggio nel deserto del collettivo Tuareg, con il tipico blues ipnotico fino alla lisergia sonora. Ci sono anche Mark Lanegan, Kurt Vile, uno dei QotSA e altri ospiti.
Ma la sostanza è QUEL suono, inimitabile, selvaggio, profondo, che entra nell'anima e porta via. Come sempre un "viaggio".
JUNGLE FIRE - Jambu
Infuocato mix di afro funk, ethio jazz, puro 70's funk e influenza latin. Tutto strumentale, tanto groove, molto gradevole.
MOON DUO - Occult Architecture Vol. 1
Il duo americano ci porta in un vortice spaziale di psichedelia e elettronica che attinge palesemente da Suicide, Loop, l'ipnotico incedere di certi brani dei Velvet Underground, Spiritualized.
Un bel viaggio, acido e ruvido.
DIPLOMATICS - I lost my soul in this town
Secondo album per la band vicentina e nuovo gioiello di rock n roll, asperità punk, Stones, New York Dolls, Radio Birdman, quel tiro che avevano i fantastici australiani Jet e una sezione fiati che colora di black il tutto.
Grande album, grande band.
Support !
UMBERTO MARIA GIARDINI - Futuro proximo
Anni di esperienza con il nome di Moltheni ed ora il terzo album come Umberto Maria Giardini. Maturità acclarata, capacità compositive tra le migliori della scena cantautorale italiana e il coraggio di continuare a sperimentare, creando sempre un suono originale, distintivo, personale.
C'è un costante riferimento alle migliori atmosfere prog dei primi 70's e un gusto per la new wave degli 80's anche se alla base c'è un filo POP a condurre le canzoni.
Come sempre notevole.
THE SLOKS - s/t
La band torinese all'esordio con uno sporchissimo 45 con quattro brani deraglianti che spaziano tra Stooges, Cramps, blues, garage.
Cupo, oscuro, cattivo.
THE KAAMS - Don't forget my name
Ho una passione particolare per la band bergamasca e seppu con colpevole ritardo ci tengo a segnalare questo 45 giri uscito la scorsa primavera, di mirabile fattura. Puro 60's garage beat con una "The letter" dei Box Tops da favola.
ASCOLTATO ANCHE
ROBERT RANDOLPH and FAMILY BAND (rock soul blues, tosto e cattivello), JESCA HOOP (un po' bluesy, un po' semplicemente noiosa, a tratti interessante), MYSTERIONS (pop psych dall'Olanda, gradevole), ALISON KRAUSS (country pop, buono da sottofondo), SON VOLT (country rock ruvido e roots), IGUANA DEATH CULT (buon garage punk dall'Olanda), LOOKAPONY (pop punk e un tocco garage, discreti).
LETTO
KRIS NEEDS - Dream baby dream
Uscita alla fine dello scorso anno "Dream baby dream" è la fedele (grazie anche all'apporto diretto dei protagonisti Alan Vega e Martin Rev) e dettagliatissima storia di una delle più importanti band della scena musicale, in grado di precorrere (spesso con riconoscimenti abbondantemente tardivi) tendenze, generi, sonorità con largo anticipo, grazie ad un approccio creativo ed artistico "totale".
Utilizzavano il termine, la filosofia, l'attitudine PUNK già nei primi 70's ma suonando un elettronica devastante, cruda, apocalittica, cattiva e senza compromessi.
Kris Needs descrive alla perfezione la New York dell'epoca, luogo disastrato, decadente, pericoloso, facendo centinaia di riferimenti ad artisti, musicisti, eventi.
Un viaggio spesso impegnativo ma sempre appassionante.
I SUICIDE non si sono mai ripetuti e fino alla recente morte di Alan Vega hanno sempre guardato avanti, caparbi, sfidando chiunque gli si parasse davanti.
Estremi, da un altro pianeta, fenomenali.
Pubblica Goodfellas, traduce molto bene Caterina Micci.
PAUL AUSTER - Trilogia di New York
Città di vetro (City of Glass), Fantasmi (Ghosts) e La stanza chiusa (The Locked Room) sono tre romanzi di Paul Auster, pubblicati separatamente tra il 1985 e il 1987, che costituiscono la Trilogia di New York.
In Italia uscirono insieme nel 2005.
Pur se indipendenti le tre letture intersecano personaggi, eventi, riferimenti tanto da poter costituire un corpo unico.
Le storie sono complesse nella loro apparente semplicità e staticità (detectives e scrittori che finiscono per immedesimarsi nelle persone spiate e nei soggetti dei loro libri in situazioni surreali, ricche di tensione e di senso di instabilità).
Storie quasi psichedeliche, molto cerebrali, sospese, angoscianti, in cui la costante è l'auto alienazione, la fuga dalle realtà per entrare in una parallela, senza vie d'uscita.
Il tutto in una New York altrettanto surreale.
Un lavoro innovativo, un linguaggio personalissimo, una scrittura veloce e attrattiva.
JOYELLO TRIOLO - Intrusi a SanRemo
Joyello Triolo, oltre ad essere musicista, blogger (https://fardrock.wordpress.com/), scrittore e pure un amico, è soprattutto un raffinato e profondo conoscitore di Musica.
Sa spaziare dal punk all'avanguardia, dal jazz alla black music ma ha una grandissima competenza in ambito puramente POP.
Musica Pop(olare), "canzonetta" perfino.
Questo libro è un appassionante, colto e divertente viaggio attraverso gli INTRUSI entrati nel tempio della canzonetta per eccellenza, il Festival di SanRemo.
E non si parla solo delle scontate incursioni del rock (Statuto, Afterhours, Marlene Kuntz, Elio, Equipe 84, Decibel, Finardi, il Banco etc) ma anche e soprattutto di quegli "intrusi" insospettabili, quelli che hanno cambiato lo stile del festival, che lo hanno "disturbato" e reso inevitabilmente più interessante.
Da "Nel blu dipinto di blu" di Modugno a Rino Gaetano e la sua "Gianna", alla Nuova Compagnia di Canto Popolare fino all'unica apparizione di un'orchestra di liscio con Raoul Casadei nel 1974 è un infinito rincorrersi di aneddoti, particolari spesso inediti, curiosità.
Non dimenticando che "Papaveri e papere" di Nilla Pizzi può essere letta in chiave politica con il rimarcare delle differenze tra i potenti (papaveri) e il popolo che subisce (papere).
Un libro curioso e delizioso.
Consigliatissimo.
JENNIFER EGAN - Il tempo è un bastardo
Uscito nel 2010, pubblicato l'anno dopo in Italia da Minimum Fax, permise alla Egan di vincere il Premio Pulitzer nel 2011.
Un romanzo complesso, caratterizzato da intrecci e rimandi continui, una sorta di saga post moderna dalle caratteristiche letterarie "antiche", dove le sliding doors che si aprono e si chiudono sono spesso amare, crudeli, spietate.
Si spazia dalla scena punk di San Francisco dei primi 80's ai vicoli di Napoli, da un'industria discografica soffocata dai suoi eccessi a storie estreme, tra droga, una New York che divora vite e persone, alcool, sesso, tecnologia, artisti disperati, esistenze bruciate.
Il libro è impegnativo ma scritto divinamente.
Un lavoro importante, unico.
Tra quelli comunque da leggere, a prescindere.
VISTO
GIMME DANGER di Jim Jarmusch
Un doveroso (seppur tardo e fuori tempo massimo) tributo ad una delle più grandi ed influenti rock n roll band di tutti i tempi da parte di uno dei suoi più grandi fan, lo stupendo regista Jim Jarmusch.
Non facile farci un film di quasi due ore con la scarsità di filmati originali (vera pecca del doc).
Ci sono le testimonianze di Iggy, lucidissimo e preciso protagonista principale e assoluto (ovviamente) oltre a Ron Asheton, Scott Asheton, Steve MacKaye, James Williamson, Mike Watt e Danny Fields.
Accuratamente (e stranamente) evitati cenni agli album più recenti The Weirdness e Ready To Die si parla dell'epopea della band dalla nascita allo split a metà dei 70's e alla reunion recente.
Un buon lavoro anche se piuttosto lento e un po' sbrigativo su molti aspetti (ad esempio il ruolo di Bowie in "Raw Power" e nel "ripescaggio" di Iggy poco tempo dopo lo scioglimento degli Stooges).
Molte parole e poca musica ma tanti stupendi aneddoti.
Vederlo è un imperativo per chi ama Stooges e un certo tipo di musica e cultura ma alla fine ne sono uscito tiepidamente impressionato.
Forse è davvero troppo tardi...
Sister Rosetta Tharpe - The Godmother of Rock’n’Roll di Mick Csáky
The Godmother of Rock’n’Roll di Mick Csáky è uno stupendo documentario sulla vita di SISTER ROSETTA THARPE tra i personaggi più innovativi della musica moderna. Precorse il rock n roll, incidendo brani che mischiavano blues, gospel, swing e rhythm and blues con un piglio selvaggio e crudo, suonando spesso la chitarra elettrica e distorta.
Tra i suoi fan un giovanissimo Elvis Presley ma anche le future star del rock n roll Chuck Berry e Jerry Lee Lewis.
Incide per la prima volta alla fine degli anni 30, si esibisce al Cotton Club con Cab Calloway, Benny Goodman e Duke Ellington (vedi foto), è costantemente in tour e nei 60's sbarcherà in Inghilterra al fianco di Muddy Waters.
Risale a quel periodo un'incredibile esibizione alla stazione di Manchester.
https://www.youtube.com/watch?v=SR2gR6SZC2M
Morì nel 1973 all'età di 58 anni.
Il documentario si avvale di favolose immagini d'epoca, preziose testimonianze (tra cui l'ultima esibizione live a Copenhagen, poco prima della morte) e della voce narrante di Pauline Black dei Selecter.
She would sing until you cried, and then she would sing until you danced for joy.
La visione integrale è qua:
https://vimeo.com/101093967
COSE & SUONI
Mie recensioni quotidiane su www.radiocoop.it e mensili su CLASSIC ROCK mentre sul quotidiano di Piacenza curo ogni domenica una pagina di musica e curiosità varie.
A breve torna lo spettacolo MODS.
Tra pochi mesi un mio nuovo libro nella collana SOUL BOOKS di VoloLibero.
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Il meglio del mese
lunedì, febbraio 27, 2017
Get back. Dischi da (ri)scoprire
Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back
THE POLITICIANS - s/t 1972
Mc Kinley Jackson è stato un grande session man della Motown, suonando il trombone in centinaia di album dell’etichetta.
In questo unico album accreditato ai Politicians del 1972 si viaggia su un funk strumentale tra Meters e Funk Brothers con un’impronta psichedelica alla Funkadelic (pur senza la loro genialità ed esuberanza), ottimi arrangiamenti di fiati ed archi, un groove molto gustoso.
Nulla di basilare ma sicuramente apprezzabile.
IL COMPLESSO DI SANTE PALUMBO - Stasera in casa seduti in poltrona - 1973
Delizioso album jazz del 1973 che conferma quanto di buono abbia prodotto la scena italiana, purtroppo così spesso trascurata.
A fianco della maestrìa di Sante Palumbo al piano, troviamo la chitarra di Sergio Farina, il basso di Marco Ratti, la batteria di Lino Liguori, il sax di Gianni Bedori.
Cool jazz, perfettamente ascoltabile una sera seduti in poltrona.
BLUE PHANTOM - Distortions - 1971
Album uscito nel 1971 e realizzato da Armando Sciascia, compositore di colonne sonore e fondatore poi dell’etichetta Vedette. Interamente strumentale “Distortions” (suonato divinamente da turnisti) è uno stupendo viaggio nella psichedelia di sapore hard, molto vicina al gusto di bands come Iron Butterfly e a certi episodi dei Cream.
Ancora fresco e pulsante, recentemente ristampato, è un album di grande effetto.
TYRONE DAVIS - Love and touch - 1976
Un delizioso album di funk disco soul, targato 1976, e cantato dalla grande voce di Tyrone Davis, nome minore ma non a livello qualitativo della scena black di Chicago.
Incise parecchio ma con risultati commerciali sempre mediocri pur affacciandosi costantemente nelle charts americane.
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Get Back
domenica, febbraio 26, 2017
Chateau Marmont
La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
I precedenti post:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/La%20fine%20del%20mondo
Il Chateau Marmont è un hotel di Los Angeles, costruito nel 1920, con 63 stanze, situato al numero 8221 di Sunset Boulevard nella zona di West Hollywood ed è stato teatro di numerose vicende che hanno avuto come protagonisti alcuni dei nomi più conosciuti della storia del rock.
A partire dall'infausta scomparsa di JOHN BELUSHI che qui morì nel 1982, ucciso da un'overdose.
Anche il famoso fotografo HELMUT NEWTON ci lasciò le penne qui ma schiantandosi in auto, nel 2004, contro un muro di recinzione dell'hotel.
JIM MORRISON fu ripreso in alcune foto celebri con una televisione sulle gambe all'interno dell'hotel da un cui balcone cadde anche ma senza gravi danni.
Stessa cosa aveva fatto JAMES DEAN nel 1955...
I LED ZEPPELIN invece scorazzarono in moto nella hall nel 1968.
Linsday Lohan e Britney Spears furono buttate invece fuori per ubriachezza (e non solo) molesta.
Vi hanno soggiornato Roman Polanski e Sharon Tate, Billy Wilder, Annie Leibovitz, F. Scott Fitzgerald, Tim Burton, Jay McInerney.
Oliver Stone vi ha girato alcune scene del suo film sui Doors.
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La fine del mondo
sabato, febbraio 25, 2017
Libertà
Domani sul quotidiano di Piacenza LIBERTA' nell'inserto Portfolio cura una pagina in cui parlerò della "Rivoluzione della discomusic" (in termini socio culturali e di costume oltre che, nel primo periodo, musicale), di quando i Beatles volevano mettere in film "Il Signore degli anelli" e un "Meglio del mese" che da queste parti è cosa nota...
Intanto il numero scorso....
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I me mine
Paul Auster - La trilogia di New York
Città di vetro (City of Glass), Fantasmi (Ghosts) e La stanza chiusa (The Locked Room) sono tre romanzi di Paul Auster, pubblicati separatamente tra il 1985 e il 1987, che costituiscono la Trilogia di New York.
In Italia uscirono insieme nel 2005.
Pur se indipendenti le tre letture intersecano personaggi, eventi, riferimenti tanto da poter costituire un corpo unico.
Le storie sono complesse nella loro apparente semplicità e staticità (detectives e scrittori che finiscono per immedesimarsi nelle persone spiate e nei soggetti dei loro libri in situazioni surreali, ricche di tensione e di senso di instabilità).
Storie quasi psichedeliche, molto cerebrali, sospese, angoscianti, in cui la costante è l'auto alienazione, la fuga dalle realtà per entrare in una parallela, senza vie d'uscita.
Il tutto in una New York altrettanto surreale.
Un lavoro innovativo, un linguaggio personalissimo, una scrittura veloce e attrattiva.
Consigliatissimo.
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Libri
venerdì, febbraio 24, 2017
Joyello Triolo - Intrusi a Sanremo
Joyello Triolo, oltre ad essere musicista, blogger (https://fardrock.wordpress.com/), scrittore e pure un amico, è soprattutto un raffinato e profondo conoscitore di Musica.
Sa spaziare dal punk all'avanguardia, dal jazz alla black music ma ha una grandissima competenza in ambito puramente POP.
Musica Pop(olare), "canzonetta" perfino.
Questo libro è un appassionante, colto e divertente viaggio attraverso gli INTRUSI entrati nel tempio della canzonetta per eccellenza, il Festival di SanRemo.
E non si parla solo delle scontate incursioni del rock (Statuto, Afterhours, Marlene Kuntz, Elio, Equipe 84, Decibel, Finardi, il Banco etc) ma anche e soprattutto di quegli "intrusi" insospettabili, quelli che hanno cambiato lo stile del festival, che lo hanno "disturbato" e reso inevitabilmente più interessante.
Da "Nel blu dipinto di blu" di Modugno a Rino Gaetano e la sua "Gianna", alla Nuova Compagnia di Canto Popolare fino all'unica apparizione di un'orchestra di liscio con Raoul Casadei nel 1974 è un infinito rincorrersi di aneddoti, particolari spesso inediti, curiosità.
Non dimenticando che "Papaveri e papere" di Nilla Pizzi può essere letta in chiave politica con il rimarcare delle differenze tra i potenti (papaveri) e il popolo che subisce (papere).
Un libro curioso e delizioso.
https://www.facebook.com/Intrusiasanremo/
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Libri
giovedì, febbraio 23, 2017
Marsha Hunt
Personaggio di primo piano degli swinging 60's anche se in realtà con un ruolo in cui le peculiarità prettamente artistiche hanno sempre avuto un ruolo di secondo piano, MARSHA HUNT è ricordata più per la sua relazione con MICK JAGGER (con cui ebbe nei primi 70's la figlia Karis), la probabile ispirazione per il brano degli Stones "Brown Sugar" (a dispetto dei supposti riferimenti all'eroina), il matrimonio alla fine dei 60's con Mike Ratledge dei Soft Machine per ottenere il visto per restare, lei americana, in Inghilterra ("con Mike non ci siamo mai baciati nei stretti la mano"..."ma il segreto per mantenere saldo un matrimonio è di separarsi subito". Dopo 50 anni i due rimangono sempre in ottimi rapporti).
E poi un'attività minore come attrice di cinema e teatro, da modella e successivamente di scrittrice.
Ha avuto anche una relazione con Marc Bolan e collaborato con Elton John e Alexis Korner.
Ha inciso qualche (in verità mediocre in virtù di una voce non eccelsa pur se dignitosa) disco tra cui il primo del 1971 "Woman child" per la Track Records, album a cui collabora anche Pete Townshend nel brano "Long black veil" ma soprattutto in una buona versione di "Wild thing" accompagnata da Ian Mc Lagan alle tastiere, Ron Wood alla chitarra e basso e Kenney Jones alla batteria.
Un lavoro tra rock, folk e qualche spunto soul a cui vale la pena dare un ascolto.
Dopo aver vinto una lunga battaglia contro il cancro vive ora in Francia e sta lavorando ad un libro su Jimi Hendrix.
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Cultura 60's
mercoledì, febbraio 22, 2017
Gimme danger di Jim Jarmusch
Un doveroso (seppur tardo e fuori tempo massimo) tributo ad una delle più grandi ed influenti rock n roll band di tutti i tempi da parte di uno dei suoi più grandi fan, lo stupendo regista Jim Jarmusch.
Non facile farci un film di quasi due ore con la scarsità di filmati originali (vera pecca del doc).
Ci sono le testimonianze di Iggy, lucidissimo e preciso protagonista principale e assoluto (ovviamente) oltre a Ron Asheton, Scott Asheton, Steve MacKaye, James Williamson, Mike Watt e Danny Fields.
Accuratamente (e stranamente) evitati cenni agli album più recenti The Weirdness e Ready To Die si parla dell'epopea della band dalla nascita allo split a metà dei 70's e alla reunion recente.
Un buon lavoro anche se piuttosto lento e un po' sbrigativo su molti aspetti (ad esempio il ruolo di Bowie in "Raw Power" e nel "ripescaggio" di Iggy poco tempo dopo lo scioglimento degli Stooges).
Molte parole e poca musica ma tanti stupendi aneddoti.
Vederlo è un imperativo per chi ama Stooges e un certo tipo di musica e cultura ma alla fine ne sono uscito tiepidamente impressionato.
Forse è davvero troppo tardi...
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Film
martedì, febbraio 21, 2017
Iggy Pop & the Doors
E' noto che i tre DOORS superstiti alla morte di Jim Morrison hanno sempre fatto parecchia fatica a staccarsi da quell'esperienza, nonostante fosse palesemente morta e sepolta senza più la storica e carismatica voce.
Fecero due deludenti album e negli anni si sono riformati più volte in spesso patetici tentativi di riedizione della band (inclusa la presenza di Ian Astbury dei Cult alla voce che ne faceva una discutibile pantomima, con tanto di pantaloni di pelle e stese mosse...).
Tra i tanti tentativi ci fu anche quello che fece Ray Manzarek nel marzo 1973 quando, arrivato a Londra, cercò di reclutare Joe Cocker, Paul Mc Cartney (...), Howard Welth degli Audience. Ma senza alcun risultato. Tornato in USA, si imbattè nei primi mesi del 1974 in un altro transfuga da un gruppo appena dissoltosi: IGGY POP.
Il 3 luglio del 1974, nel terzo anniversario della morte Ray Manzarek e Iggy Pop suonarono insieme al Whiskey a Go Go (con altri musicisti) per ricordare Jim Morrison.
Fecero "LA Woman", "Maggie M'Gill" e "Back Door Man" dopo che Ray aveva cantato "Light my fire".
I due si ritrovarono a provare e a registrare qualche altro brano e (pare) si siano esibiti di nuovo prima di un concerto delle New York Dolls.
Purtroppo le condizioni di Iggy Pop all'epoca erano talmente precarie e lui assolutamente ingestibile che l'esperienza finì in niente....
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Rock Tales
lunedì, febbraio 20, 2017
CUT - Second skin
Sesto album (oltre ad uno split e un live) per il trio bolognese.
Esplosivo, travolgente, devastante, dal vivo allo stesso modo che su disco.
In questo ritorno in studio di registrazione propone un sound, come sempre abrasivo, elettrico ma più curato, che conserva le abituali spigolosità ma le avvolge in arrangiamenti meno ruvidi.
La sezione fiati che colora di soul alcuni brani è un tocco geniale e delizioso, un gusto funk che permea molti brani sposta il groove da un approccio direttamente punk e crea un ibrido esaltante.
“Second skin” attinge dalla black music, dal punk, dalle prime espressioni selvagge del rock n roll, cita i Sonics, puzza di New York e di CBGB’s.
Come sempre un grandissimo album che si avvale di una serie di preziosi collaboratori, primo tra tutti Mike Watt ex Minutemen e Stooges.
https://www.youtube.com/watch?v=SFsF1j6uALE
Ferruccio Quercetti, voce e chitarra della band, risponde ad alcune domande:
Una curiosità.
Vent’anni di attività ma “solo” sei album.
Una scelta o un’imposizione dettata dalla difficoltà di trovare adeguate strutture discografiche
Tra Annihillation Road e Second Skin sono passati quasi 7 anni, ovvero l’arco di tempo in cui molte band si formano, fanno almeno 3 dischi, si sciolgono e magari riescono anche a imbastire una reunion.
Tra A Different Beat e Annihiliation Road invece sono passati “solo” 4 anni, praticamente una sciocchezza.
Tra il 1998 (anno del nostro esordio sulla lunga distanza) e il 2003 - quando è uscito il nostro terzo album Bare Bones - invece siamo stati abbastanza regolari.
Nel caso di Second Skin le cause di questa lunga gestazione, come molte cose di questo mondo, sono allo stesso tempo semplici e molto complesse.
Inoltre come spesso capita ai CUT i nostri piani vengono spesso sconvolti dalle contingenze (se preferisci chiamarle “sfighe” fai pure): in poche parole certe scelte si intersecano con il bisogno di fare necessità virtù fino a che i confini tra le due cose si perdono nella nostra lotta quotidiana per la sopravvivenza di questa band. Uno dei motivi di questo lungo iato discografico è stato certamente l’abbandono del nostro batterista più “longevo” di sempre, Francesco Bolognini, che è stato con noi per 11 anni, tre album in studio e svariate altre uscite.
Francesco ha dovuto lasciare la band pochi mesi dopo la release di Annihilation Road, alla fine di febbraio 2011.
Abbiamo fatto a tempo a registrare l’album Live in UK con lui (The Battle of Britain uscito a ottobre 2011 e poi ci siamo dovuti inventare delle soluzioni che ci hanno consentito di rimanere in pista per quanto riguarda singoli (vedi lo split coi Julie’s Haircut del 2013), concerti e tour, ma che per motivi diversi non erano adatte a un discorso a lungo termine che prevedesse anche la scrittura di un nuovo album.
Tieni conto che i CUT costruiscono i brani in sala prove: la parte musicale di ogni nostro pezzo, tranne in casi rarissimi, è frutto del lavoro di tutti e tre, chiusi nella stessa stanza e intenti a suonare finché non viene fuori qualcosa che ci accontenti tutti.
Questo modus operandi fa sì che la nostra musica rappresenti sempre tutti i componenti della band, in quanto ognuno è coinvolto in egual misura nell’impostazione dei brani.
Probabilmente è anche uno dei motivi per cui alcuni sentono una certa intensità in quello che facciamo: i brani dei CUT nascono sempre dal confronto e a volte da un vero e proprio conflitto di idee e, concedimelo, di passioni.
Si tratta di un processo che però può portare via molto tempo, perché si lavora ai brani solo quando ci si vede per provare: visto che due di noi hanno famiglia e figli e tutti e tre dobbiamo fare altri lavori per sopravvivere non possiamo certo suonare insieme ogni giorno.
Se a questo aggiungi il fatto che spesso dovevamo preparare le scalette dei concerti e che, prima dell’arrivo di Gaetano Di Giacinto, per molto tempo non abbiamo potuto disporre di di un elemento stabile nella formazione del gruppo, capirai perché i tempi si sono allungati ulteriormente anche rispetto ai nostri ritmi abituali. Inoltre, per dirla tutta, non mi pare che il mondo stia col fiato sospeso in attesa di un nostro nuovo album quindi tanto vale uscire solo quando si è totalmente convinti di quello che si sta pubblicando e quando si sente la necessità di comunicare qualcosa attraverso un disco o un album: qualcosa di indefinito, beninteso, ma che sentiamo l’esigenza di continuare a dire altrimenti non saremmo ancora qui.
C’è anche troppa musica in giro, o meglio, c’è la possibilità di poterne ascoltare veramente tanta e in continuazione: in questo contesto ci sentiamo ancora di più in dovere del solito di fare esclusivamente qualcosa che sentiamo come assolutamente necessario, almeno per noi.
Partecipare a questo sottofondo, a questa specie di muzak continuo tanto per farlo e per far presenza ci sembrerebbe piuttosto ingiustificato, ci farebbe sentire a disagio e ci renderebbe complici di un clima culturale che ci piace poco. Non so se questa si può definire una scelta artistica però è sicuramente qualcosa che percepiamo e che influenza il nostro rapporto con gli anni che stiamo vivendo.
Siete, paradossalmente, più seguiti all’estero che in Italia.
E’ corretto ?
Diciamo che dal 2008 andiamo in tour regolarmente in UK e negli ultimi 4 anni abbiamo ripreso a suonare anche in Europa continentale con una certa continuità, dopo alcuni anni caratterizzati da apparizioni molto sporadiche: direi che la Germania, il Belgio e il Nord della Francia sono le nostre zone d’azione privilegiate, ma contiamo di consolidarci presto anche in altre aree.
Il discorso con l’UK è avviato in maniera solida e stabile, in particolare nel nord dell’ Inghilterra e in Scozia.
Tra l’altro una delle etichette che hanno collaborato alla realizzazione di Second Skin è la Antipop di Liverpool, una label che ci distribuisce in UK da molto tempo e che ora ha deciso di aiutarci anche in fase di produzione.
In questo album si sente più che in altri un gusto più marcatamente soul e funk.
Per certi versi quel tipo di influenze sono sempre state presenti nel nostro sound, o perlomeno hanno sempre fatto parte della nostra ispirazione.
I nostri primi tre album mettono in luce questo aspetto, forse ancora di più che dischi quali Annihilation Road e A Different Beat.
In questo senso si può parlare di un ritorno alle origini per quanto riguarda Second Skin, anche se con modalità diverse rispetto al passato.
Amiamo la black music così come le band di rock and roll che incorporano elementi di black music nel loro sound: penso agli MC5, al Bob Seger pre-classic rock, agli Stones di Exile, al primo Joe Jackson, ai Grand Funk, ai primi James Gang, a certe cose dei Replacements del periodo Pleased To Meet Me, ai Saints del secondo album e agli Stooges di Funhouse con quel feeling tra James Brown e Pharoah Sanders. Coniugare l’energia e la disperazione del rock and roll al groove della black music è sempre stata una delle nostre ossessioni: forse la natura “partecipativa” di questo album ci ha consentito di aprire degli spazi nella nostra musica per far riemergere questa nostra tendenza o perlomeno per renderla più facilmente identificabile tra le maglie del nostro suono.
Se poi ti riferisci alla presenza dei fiati in alcuni brani posso dirti che quella era un’altra idea che ci frullava nella testa da tempo e che con questo album siamo riusciti finalmente a realizzare: in realtà c’è una tromba in un brano di Bare Bones e anche per la title track di Annihilation Road abbiamo carezzato l’idea, poi abbandonata per mancanza di tempo, di buttare dentro una sezioni fiati stile Saints, Rocket From The Crypt o Stones periodo Sticky Fingers/Exile on Main St. Originariamente io avevo pensato ai fiati solo per un pezzo di Second Skin che si chiama Parasite
. E’ stato Bruno Germano, sound engineer e produttore del disco presso il Vacuum studio di Bologna, a proporli anche per altri due brani: il lavoro di Bruno su questo disco è stato essenziale per quanto riguarda le scelte di ripresa, missaggio, produzione e arrangiamento. Bruno è presente anche in veste di musicista e coautore nella title track, che è stata sviluppata partendo da due suoi riff di chitarra.
Immaginandovi con una pila di dischi che hanno influenzato direttamente questo album, quali sarebbero i titoli ?
Crediamo che la musica non sia influenzata solo da altra musica, ma anche da quello che succede nella vita di ciascuno di noi, dai posti in cui viviamo, da altre forme d’arte e da mille cose che confluiscono per lo più inconsapevolmente in quello che fai attraverso lo strumento espressivo che hai scelto.
Detto questo non so se questi album hanno influenzato Second Skin, ma si tratta certamente di dischi che ho ascoltato molto negli ultimi tempi:
Curtis Mayfield Curtis
The Sound Jeopardy e Shock of Daylight EP
Gun Club Las Vegas Story
Minutemen Double Nickels on the Dime
Alain Toussaint From A Whisper to a Scream
NEU! NEU 75
A Tribe Called Quest We Got it From Here
The Gories I Know you’re Fine but…
Grinderman (entrambi gli album)
Jesus Lizard Liar
Girl Against Boys Venus Luxure n. 1 Baby
Ruts DC Animal Now
Alice Coltrane Journey in Satchidananda
The Saints Eternally Yours
Alley Cats Escape From Planet Heart
Dr. John Gris Gris
Gil Scott Heron Pieces of a Man
Rocky Erickson Rocky Erickson & The Aliens
Flesh Eaters A Minute to Pray, a Second to Die
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domenica, febbraio 19, 2017
Naypyidaw
La fine del mondo è la rubrica domenicale che va ad esplorare i luoghi abbandonati dalla storia, particolari o estremi.
I precedenti post:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/La%20fine%20del%20mondo
Dal novembre 2005 Naypyidaw è la nuova capitale della Birmania al posto di Yangon (Rangoon). Nonostante sia vasta ben 4,800 km² ( sei volte più di New York o Roma) è quasi completamente deserta: secondo una stima del 2009, i residenti sono meno di un milione.
Fondata nel mezzo del nulla, nel cuore di una zona arida venne individuata come nuova capitale dal regime militare che, in gran segreto vi trasferì governo, tutti i ministeri e gli Stati generali dell'esercito.
L'11 novembre 2005, alle 11 di mattina, 11 squadre di militari trasportati da 1.100 camion accompagnarono 11 ministri da Yangon verso la nuova capitale.
Il numero undici fu scelto dopo l'osservazione degli astri da parte dell'astrologo personale di Than Shwe, allora a capo del Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo, l'organismo supremo della dittatura militare e delle forze armate.
Per anni Naypyidaw è stata chiusa agli stranieri che potevano entrare solo dopo un invito ufficiale da parte delle autorità.
Ora è aperta ai rari turisti interessati che ne possono "apprezzare" un paradossale sfarzo tra grattacieli, hotel di lusso, teatri, cinema, zoo, musei, parchi.
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La fine del mondo
sabato, febbraio 18, 2017
Libertà
Sono particolarmente felice e orgoglioso di segnalare l'inizio della mia collaborazione con il quotidiano piacentino LIBERTA'.
Ogni domenica curerò alcune rubriche musicali all'interno dell'inserto "Portfolio".
Massima libertà di scelta e di espressione, tanto che in questo primo numero parlo di Northern Soul, vinile e del migliore e peggiore album dei Clash.
Per chi vive a Piacenza "Libertà" è un'istituzione assoluta e approdare alle sue pagine in qualità di protagonista è qualcosa di inaspettato.
Grazie a Maurizio Pilotti per la fiducia.
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I me mine
venerdì, febbraio 17, 2017
Julie's Haircut - Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin
Il settimo album della band emiliana sancisce un ulteriore passo verso l'iperspazio, luogo che hanno ultimamente frequentato spesso.
Ma in questo caso si addentrano ancora di più con otto brani in cui rinnovano il concetto di psichedelia, intesa come espressione artistica senza confini, in cui confluiscono suoni, sensazioni, umori, vibrazioni.
Troviamo mischiati e sovrapposti avanguardia, (free) jazz, ritmiche pulsanti, kraut rock nelle sue più svariate declinazioni (dai Neu! ai Can) a comporre un sound unico, personale, distintivo.
Due parole a corredo del disco con Luca Giovanardi, chitarrista della band:
Un album che sembra frutto di un lungo lavoro di improvvisazione.
Lungo non direi: alla fine l’80% di quello che senti sul disco è frutto di due session di improvvisazione durate un paio di giorni l’una.
Poi certo, c’è stato un lavoro più minuzioso di produzione, editing, sovraincisioni, completamento.
Quello ha richiesto decisamente più tempo.
Il sapore generale è “psichedelico” anche se è una forma molto ampia e generica di come abitualmente intendiamo questo “genere”.
Non mi piace intendere la “psichedelia” come un genere.
Piuttosto come un approccio, che può riguardare la musica ma anche il cinema o la letteratura. In questi giorni sto leggendo “Jerusalem” di Alan Moore e ti assicuro che è molto psichedelico.
Un sound molto anomale per le orecchie “italiane”. E’ corretto dire che avete più riscontri all’estero ?
Ne abbiamo - pochi - ovunque, anche in Italia. L’estero però è più grande dell’Italia.
Immaginandovi con una pila di dischi che hanno influenzato direttamente questo album, quali sarebbero i titoli ?
Luca: Uh, domanda difficile. In quella pila ci mettiamo “Fun House” degli Stooges, “Journey in Satchidananda” di Alice Coltrane, “Selected Ambient Works I & II” di Aphex Twin, “American Beauty” dei Grateful Dead, “U.F.Orb” degli Orb, “Temples of Boom” dei Cypress Hill, “Europe Endless” dei Kraftwerk, “Tago Mago” dei Can e “Rock for Light” dei Bad Brains. Sono riuscito a confonderti ancor di più?
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giovedì, febbraio 16, 2017
Sister Rosetta Tharpe - The Godmother of Rock’n’Roll
The Godmother of Rock’n’Roll di Mick Csáky è uno stupendo documentario sulla vita di SISTER ROSETTA THARPE tra i personaggi più innovativi della musica moderna.
Precorse il rock n roll, incidendo brani che mischiavano blues, gospel, swing e rhythm and blues con un piglio selvaggio e crudo, suonando spesso la chitarra elettrica e distorta.
Tra i suoi fan un giovanissimo Elvis Presley ma anche le future star del rock n roll Chuck Berry e Jerry Lee Lewis.
Incide per la prima volta alla fine degli anni 30, si esibisce al Cotton Club con Cab Calloway, Benny Goodman e Duke Ellington (vedi foto), è costantemente in tour e nei 60's sbarcherà in Inghilterra al fianco di Muddy Waters.
Risale a quel periodo un'incredibile esibizione alla stazione di Manchester.
https://www.youtube.com/watch?v=SR2gR6SZC2M
Morì nel 1973 all'età di 58 anni.
Il documentario si avvale di favolose immagini d'epoca, preziose testimonianze (tra cui l'ultima esibizione live a Copenhagen, poco prima della morte) e della voce narrante di Pauline Black dei Selecter.
She would sing until you cried, and then she would sing until you danced for joy
La visione integrale è qua:
https://vimeo.com/101093967
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mercoledì, febbraio 15, 2017
Donna Summer - Lady of the night
GLI INSOSPETTABILI è una rubrica che scova quei dischi che non avremmo mai pensato che... Dopo Masini, Ringo Starr, il secondo dei Jam, "Sweetheart of the rodeo" dei Byrds, Arcana e Power Station, "Mc Vicar" di Roger Daltrey, "Parsifal" dei Pooh, "Solo" di Claudio Baglioni, "Bella e strega" di Drupi, l'esordio dei Matia Bazar e quello di Renato Zero del 1973, i due album swing di Johnny Dorelli, l'unico dei Luna Pop," I mali del secolo" di Celentano, "Incognito" di Amanda Lear, "Masters" di Rita Pavone, Julian Lennon, Mimmo Cavallo con "Siamo meridionali"e i primi due album dei La Bionda di inizio 70's, il nuovo album dei Bastard Son of Dioniso, "Black and blue" dei Rolling Stones, Maurizio Arcieri e al suo album "prog" del 1973 "Trasparenze", Gianni Morandi e "Il mondo di frutta candita", il terzo album degli Abba, "666"degli Aphrodite's Child, la riscoperta di Gianni Leone in arte Leonero, il secondo album di Gianluca Grignani, Donatella Rettore e il suo "Kamikaze Rock 'n' Roll Suicide", Alex Britti e "It.Pop", le colonne sonore di Nico Fidenco , il primo album solista dell'e Monkees, Davy Jones, Mike McGear (fratello di Paul McCartney), Joe Perrino, il ritorno di Gino Santercole, l'album del 1969 di Johnny Hallyday con gli Small Faces, la svolta pop della PFM, gli esordi degli Earth Wind and Fire e quelli degli UFO, e l'ultimo di Jovanotti, uno dei primi lavori di Bruno Lauzi, l'album prog del 1972 dei Dik Dik, Riccardo Fogli e la sua opera prog rock del 1979 "Matteo", del nuovo di Massimo Ranieri "Malìa", la dimenticata opera rock dei Giganti "Terra in bocca", l'esordio di Riccardo Cocciante del 1972 con l'opera prog rock "Mu", Pooh (già citati con "Parsifal") con il primo "Per quelli come noi" del 1966, gli Small Faces riuniti alla fine dei 70's, Frank Sinatra e il suo album più anomalo, "Watertown", i due lavori che Bobby Solo ha dedicato a Johnny Cash e John Lee Hooker, Massimo Ranieri e la seconda parte del progetto "Malìa", ANtonio Virgilio Savona del Quartetto Cetra, andia o oggi alla scoperta del primo album di DONNA SUMMER.
Le altre puntate de GLI INSOSPETTABILI qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Gli%20Insospettabili
Già attiva dai 60's tra band blues rock e un ruolo nel musical Hair, LaDonna Adrian Gaines, si spostò in Germania nei primi 70's proprio per comparire in altri musical in lingua tedesca.
Sposò un austriaco, di cognome, Sommer e solo per un errore di stampa il suo primo disco venne accreditato a SUmmer....
Difficile riconoscere nell'esordio della giovane e sconosciuta DONNA SUMMER la sensuale disco queen che di lì a breve conquisterà il mondo con un sound tanto innovativo quanto fruibile e ballabile.
Alle sue spalle ci sono già GIORGIO MORODER alla produzione e Paul Bellotte alla composizione (sarà l'autore per lei delle grandi hit Hot Stuff, I feel love, Love to love you baby tra le altre).
"Lady of the night" esce nel 1974 in Olanda dove ottiene un tiepido successo.
Il repertorio è curioso, spaziando da un'impronta palesemente vicina all'estetica sonora degli Abba a riferimenti 60s' e folk rock ("Born to die" sembra un'outtake dei Jefferson Airplane), con chitarre jingle jangle e tocchi countryeggianti ("Domino") fino ad un solido pop rock come "Wounded".
Non certo un capolavoro ma un ascolto sorprendente se pensiamo che un anno dopo uscirà "Love to love you babe" e la musica sarà tutta un'altra cosa.
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Gli Insospettabili
martedì, febbraio 14, 2017
Georgie Davis
Le precedenti puntate della rubrica CRIMINAL WORLD ovvero i criminali che hanno avuto connessioni con la musica e l'arte, (dedicate ai Kray Twins, Ronnie Biggs, Luciano Lutring, Gary Gilmore, Janie Jones, i Moor Murders Ian Brady e Myra Hindley, Bonnie & Clyde, Hattie Carroll e William Zantzinger, Stagger Lee, Charles Manson, Ted Bundy, John Wayne Gacy il Killer Clown), Ed Gein, Leonarda Cianciulli, Mark David Chapman, Jack H Abbott, Charles Starkweather e Caril Ann Fugate sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Criminal%20World
ALBERTO GALLETTI ci porta alla scoperta di una storia sconosciuta e particolarissima.
George Davis, conducente di minicab, ex segnalatore ai docks del Porto di Londra ed ex-camionista, sposato e padre di due figli con amicizie pericolose nel quartiere,Stepney East End londinese, fu al centro di una clamorosa vicenda a seguito di un (presunto) errore giudiziario.
Nel 1972 fu fermato per guida in stato di ubriachezza e gli fu ritirata la patente. Camionista, s ritrovò dall’oggi al domani senza lavoro. Facendo ricorso alle sue discutibili amicizie locali finì presto nei guai. Fermato e rilasciato per presunta partecipazione ad una rapina, fu arrestato di nuovo l’anno dopo quando fu trovato in possesso di merce rubata, e poi rilasciato.
Si impiegò quindi insieme al fratello in una ditta di minicab a Stepney.
Il 4 aprile 1974 un gruppo di banditi rapinò l’ufficio paghe del London Electricity Board a Ilford, sobborgo nord-orientale di Londra. Ci fu un inseguimento tra parecchie auto e una sparatoria, due poliziotti rimasero feriti.
La rapina venne filmata da alcuni agenti sotto copertura, e tre campioni di sangue furono prelevati sulla scena della sparatoria.
La polizia arrestò tre persone, un quarto, George Davis, fu catturato dopo alcune settimane, su soffiata di un informatore che affermò di averlo visto scendere da una delle auto dei rapinatori.
Riconosciuto da cinque testimoni durante un’identificazione, Davis fu l’unico dei quattro arrestati a finire in carcere.
‘Fu una trappola- ha sempre affermato Davis- fui identificato da cinque poliziotti, provammo che gli investigatori avevano nascosto informazioni importanti, non ci fu nessuna prova scientifica’.
Ad una seconda identificazione infatti 34 testimoni su 39 sbagliarono a riconoscerlo.
Peter Chappel, il suo migliore amico, affermò con sicurezza di averlo incontrato quella mattina, di averlo invitato a colazione, invito rifiutato da parte di Davis che gli disse doveva recarsi in ufficio in quanto il fratello era assente. George affermò che dopo essere andato in ufficio quella mattina fece una consegna di pesce ad un ristorante della City. Anche la moglie di Gorge, Rose, era convinta della sua innocenza ‘non credendolo capace di un’impresa simile e di aver dopotutto sposato un uomo ‘a posto’.
I due, convinti dell’innocenza di George, cominciarono una campagna di protesta contro la sua detenzione.
I primi ad aderire furono i cognati, i cugini di George, gli amici del quartiere unitamente ad altri abitanti della zona.
La protesta crebbe di dimensioni, la testardaggine, unita senza dubbio all’ esuberanza di Peter, lo portò a compiere alcune clamorose azioni dimostrative: andò a schiantarsi con un camion sull’entrata degli uffici del Daily Mirror, poi del Daily Telegraph in Fleet Street, fece poi irruzione con il suo camion nel cortile di Buckingham Palace protestando l’innocenza dell’amico, nel caso la questione fosse sfuggita a qualcuno. Infine si diresse verso Dover, caricò il camion sul traghetto e raggiunse a Parigi e fece lo stesso contro l’entrata dell’Ambasciata Britannica. Peter non si fermò e fece pubblicare da un’amico, Pat Cross, giornalista del locale East London Advertiser , appelli per la liberazione di George ogni settimana.
Scritte ‘GEORGE DAVIS IS INNOCENT OK’ apparvero sui muri e sui ponti dell’East End prima, e un po ovunque nel Regno Unito poi. Non passò molto tempo e la vicenda fini sulla stampa nazionale creando un caso enorme.
Le manifestazioni di solidarietà si susseguirono, attivisti si incatenarono davanti alle sedi dei maggiori quotidiani londinesi. Dopo che un appello per la scarcerazione di George fu respinto in autunno, Rose Davis passò il Natale 1974 fuori dalla porta di Scotland Yard in veglia per la sorte del marito, mentre Peter Chappell faceva saltare tutte le luci sull’albero di Natale di Trafalgar Square provocando grande costernazione.
Nell’estate 1974 Rose e i membri del movimento per la liberazione di George Davis organizzarono un concerto benefico allo stadio del Chalrton Athletic per la raccolta di fondi a favore della protesta.
Aderirono tra gli altri gli Who, raggiunti sul palco da Rose ad inizio concerto, vennero loro consegnate le famose magliette con la scritta ‘George Davis is innocent’, Roger Daltrey la indossò per tutto il concerto.
La campagna di liberazione, originatasi per le strade dell’Est End, coinvolgeva adesso anche i ceti medi di sinistra, tra loro Peter Hain, che fu anche arrestato e rilasciato dopo processo e che divenne poi deputato del Partito Laburista e quindi ministro nei Governi di Tony Blair e Gordon Brown.
Ma per i veri protagonisti della protesta questa era la lotta tra i poveri, gli operai, e il potere di uno stato paternalistico e oppressore.
La mazzata è comunque dietro l’angolo e al processo, celebrato all’Old Bailey nel marzo del 1975, George Davis viene condannato a 20 anni di carcere per rapina mano armata, ferimento di un agente di polizia e resistenza a pubblico ufficiale.
Rose e Peter non si danno per vinti , la campagna si intensifica, ottengono un appello, George continua a dichiararsi innocente, l’appello viene comunque respinto.
Un secondo appello fa ridurre la condanna da 20 a 17 anni, ma Peter Chappel, autentica forza trainante della campagna, non se ne da per inteso. Prende così forma nella sua mente l’idea di un’azione clamorosa a sostegno dell’innocenza dell’amico.
Il 14 agosto è cominciato a Headingley, Leeds, il terzo cricket test match tra Inghilterra e Australia: in palio gli Ashes, come sempre durante lo svolgimento di queste epiche sfide l’Inghilterra è attraversata dal solito fremito di febbre da Ashes, gli occhi della nazione sportiva e non son tutti puntati su Headingley L’Australia, detentrice, è in vantaggio 1-0 avendo vinto il primo test-match e pareggiato il secondo, in questo terzo match l’Inghilterra ha l’occasione, vincendo, di rimettere in parità il conto delle partite e giocarsi tutto nel quarto e ultimo incontro della serie a Londra. Giunti al quinto ed ultimo giorno di gioco l’Australia deve segnare 224 runs per vincere (tanti) , l’Inghilterra deve eliminare 7 battitori australiani per aggiudicarsi il test-match (tanti ma più fattibile).
Poco dopo la mezzanotte del 17 agosto, un commando di quattro persone comandate da Peter Chappell (guarda caso stesso cognome del capitano australiano quel giorno, Greg Chappell),e comprendente il fratello di Rose, Colin scavalca il muro di cinta del campo, entra e distrugge il wicket, scavandovi buche enormi, rovinando l’erba circostante e versando olio combustibile sui due creases, rendendo così la superficie impraticabile. Inoltre dipingono sui muri vicino all’ingresso la famosa scritta GEORGE DAVIS IS INNOCENT, completata questa volta da un messaggio di scuse ai tifosi, SORRY IT HAD TO BE DONE.
Gli arbitri dopo aver rilevato lo stato del campo non hanno altra scelta ma di dichiarare il test match abbandonato e dichiarato pari.
L’Inghilterra abbandonò le speranze di riconquistare gli Ashes, visto che una vittoria nell’ultimo test (che finì in pareggio) avrebbe pareggiato i conti della serie e il trofeo sarebbe rimasto in mani australiane, incredulo davanti ai televisori il pubblico inglese rimase attonito. Il clima si avvelenò ulteriormente, il direttore del Times chiese pene esemplari per i colpevoli.
Peter , che fino ad allora era stato trattato dalle autorità con clemenza, pagò a caro prezzo l’ultima bravata, arrestato insieme agli altri tre fu condannato, lui solo, a 18 mesi di detenzione, gli altri uscirono su cauzione, ma l’azione diede i suoi frutti.
Il caso arrivò sul tavolo del Ministro dell’Interno che ordinò una revisione delle prove a carico di George, ne scaturì un bel quadretto secondo il quale la polizia aveva falsificato le dichiarazioni di Davis e tre dei cinque poliziotti che lo identificarono a distanza di settimane si trovavano sulla stessa auto non proprio vicini al luogo della sparatoria, e che la Squadra Speciale Rapine di Scotland Yard aveva mentito.
Una commissione esterna condusse un’inchiesta sull’operato della Squadra Speciale e dopo aver riferito al Ministro dell’Interno, quest’ultimo ordinò la scarcerazione di George Davis in quanto la sua identificazione risultava essere molto, molto dubbia.
Fu firmata una prerogativa reale di grazia dal Sovrano in persona e George Davis venne liberato l’ 11 maggio 1976.
La sua condanna non venne comunque cancellata.
Lasciò il carcere di Albany sull’Isola di Wight insieme alla moglie Rose e a Violet Kray che ivi era andata a visitare i due figli, ben più celebri colleghi e compaesani di George Davis.
Al suo arrivo alla stazione di Waterloo fu accolto come un’eroe, in un trionfo che non fu solo il suo, ma anche di chi aveva creduto e sostenuto la causa con grande impegno contro uno Stato che aveva mentito per imprigionare un uomo innocente.
Il trionfo gli diede alla testa, incline per natura ai vizi che lo avevano messo nei guai, visse i successivi 18 mesi tra sbronze, donne, mondanità e qualche vecchia pericolosa amicizia, dimenticandosi di moglie e figlio che a casa si rimanevano emarginati da tutto.
Nel settembre 1977 George Davis venne arrestato in flagranza di reato durante una rapina a mano armata alla Banca di Cipro su a Holloway, processato per direttissima, si dichiarò colpevole e si beccò questa volta 15 anni, ridotti ad 11 in appello, ne scontò 7.
Fu un colpo terribile per Rose che lavorava come cameriera per sbarcare il lunario mentre il marito uscito di galera era assurto a celebrità e trascorreva il suo tempo tra bagordi, ragazze e vecchie amicizie pericolose. Tutto l’impegno profuso, l’ardore, il coinvolgimento sincero suo e di un’intera nazione alla causa di un marito innocente, improvvisamente le crollò in testa.
Il profondo senso di vergogna verso tutti quelli che avevano sostenuto la campagna, per qualcuno che adesso, si vedeva, forse proprio così innocente non era, prese il sopravvento.
Rose, reagì con la stessa passione e veemenza, questa volta contro il marito, chiese ed ottenne il divorzio, riprese il suo cognome da nubile e tornò a vivere a Stepney, vicino ai famigliari, agli amici e inevitabilmente ad alcuni vecchi fantasmi.
Nel 2011 George Davis fu definitivamente assolto dal tribunale sulla base che le prove a suo carico fossero state falsificate oltre che insufficienti e la condanna a 20 anni fu cancellata.
Il che non significa che lei non fosse colpevole, affermò il giudice chiudendo la questione.
Nei giorni della sua scarcerazione, in quell’estate del 1976, George Davis divenne un’eroe popolare, in particolare il movimento punk lo elesse a proprio idolo incontrastato.
Dopo l’eclatante presa di posizione degli Who in piena campagna, nel 1978 gli Sham 69, ben noti su queste frequenze, scrissero ed incisero il brano George Davis is innocent, contenuto nel loro LP d’esordio Tell us the truth, che gli fu dedicato.
All’altro capo dello spettro musicale britannico anche i Duran Duran celebrarono Davis nella loro Friends of mine, contenuta nel loro omonimo LP (anche qui d’esordio).
Una storia londinese, dai tratti decisamente cockney.
Colonna sonora:
The Who – I’m free
Sham 69 – George Davis is innocent
Duran Duran – Friends of mine
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