lunedì, novembre 27, 2023

John Cage

Riprendo l'articolo che ho scritto ieri per "Libertà" su John Cage, ovviamente declinato in chiave "superficiale", essendo rivolto a un pubblico generalista.

Paradossalmente uno degli artisti e musicisti più rappresentativi della musica contemporanea è conosciuto per un brano di totale silenzio.
Il 28 febbraio 1948, durante una conferenza al Vassar College, nello stato di New York, il compositore John Cage parlò per la prima volta di quella che diventerà la sua composizione più celebre:
“Ho per desiderio il comporre un brano di ininterrotto silenzio e di venderlo alla Muzak Corporation. Sarà lungo tre minuti o quattro secondi e mezzo, dato che queste sono le durate standard della musica preregistrata, e s’intitolerà “Silent Prayer".

Il brano “4’33” vide la luce solo quattro anni dopo: tre movimenti “per qualunque strumento musicale o ensemble” ovvero l'annullamento del suono a favore della riproduzione dei rumori dell’ambiente circostante.
La “musica” è generata dai rumori involontari o meno dell'esecutore e del pubblico. In partitura è indicato "tacet": è come se il pianista avesse una lunga pausa dall'inizio alla fine del pezzo, che deve durare per l'appunto quattro minuti e trentatré secondi. Lo spartito dà istruzione all'esecutore di non suonare per tutta la durata del brano nei tre movimenti: il primo di 30 secondi, il secondo di 2 minuti e 23 secondi, il terzo di 1 minuto e 40 secondi.
La durata della composizione è un riferimento allo zero assoluto: quattro minuti e trentatré secondi corrispondono a 273 secondi, e lo zero assoluto è posizionato a -273.15 °C, temperatura irraggiungibile, come il silenzio assoluto.
A eseguirlo per primo fu il pianista David Tudor, a Woodstock, il 29 agosto 1952.

“Non esiste il silenzio. Quello che credevano fosse silenzio, poiché ignoravano come ascoltare, era pieno di suoni accidentali. Durante il primo movimento si poteva sentire il vento che soffiava dall'esterno. Durante il secondo movimento gocce di pioggia cominciavano a picchiettare sul tetto, e durante il terzo la gente stessa produceva ogni genere di suono interessante parlando o uscendo dalla sala” (John Cage).

La poliedricità espressiva di Cage si è riflessa in tutta la sua opera.
Valga ad esempio la recente stampa, inedita in Italia, del suo libro “Un anno, a partire da lunedì. Dopo Silenzio” (a cura di Shake Edizioni nella collana "Classici della Nuova Musica", a cura di Massimiliano Viel, dedicata a una serie di libri scritti da compositori che hanno rivoluzionato il modo di scrivere, fare e pensare la musica di tradizione europea), che ne mette in luce (a partire dalla surreale impaginazione che ne evidenzia l'originalità e il peculiare accostamento alla scrittura, specchio della sua visione musicale e artistica) l'eclettismo di Cage ma anche l'estremo gusto per l'ironia e l'amore per le brevi storie, piccoli affreschi quotidiani, spesso bizzarri e spassosi.

John Cage, nato nel 1912, figlio di un inventore, fu, fin da giovane, un personaggio piuttosto particolare, curioso, esplosivo, che pensò di diventare pastore metodista, architetto, pittore, poeta, scrittore.
Il suo primo approccio con la musica è da percussionista.
Non di tamburi ma di mobili o oggetti recuperati dalla spazzatura. Quando elabora nuove teorie musicali trova l’appoggio del compositore Arnold Schonberg, fuggito in America a causa delle persecuzioni naziste.
Attraverso una costante e progressiva volontà di sperimentare arriva a concretizzare una nuova modalità per suonare il pianoforte ovvero il “Pianoforte preparato” (già sperimentato da Erik Satie e Henry Cowell), che utilizza per la sua composizione “Bacchanale”.
Il “nuovo strumento” utilizza un pianoforte, sulle corde del quale vengono posizionati oggetti (una piastra di metallo, un libro, pezzi di carta) in modo da modificarne suono e timbro.
“Mi ricordai del suono che emetteva il pianoforte quando Henry Cowell percuoteva le corde o le pizzicava.
Vi faceva scorrere degli aghi di metallo. Andai in cucina, presi un piatto per le torte e lo misi con un libro sulle corde; così realizzai che stavo procedendo nella direzione giusta”.


Lavorerà a lungo con questa tecnica per poi passare ad altre forme di sperimentazione, inserisce idee mutuate dall’approfondimento e conoscenza di filosofie orientali e Buddismo Zen, diventa un pioniere del concetto di “happening”, l’incontro sull'unione di musica, danza, poesia, teatro, arti visive.

Nel 1951 si rinchiuse nella stanza anecoica dei Bell Labs, una stanza isolata da qualsiasi rumore esterno, uno spazio acusticamente morto. Dopo qualche minuto avvertì un sordo martellìo e un fruscio sibilante: il battito del cuore e il rumore del sangue che scorre nelle vene.
Poi un fischio acuto quasi insopportabile: il rumore del suo sistema nervoso.

Un’esperienza che influenzerà profondamente il suo concetto di musica (a partire dalla citata composizione “4’33”):
“I rumori sono utili alla nuova musica quanto le cosiddette note musicali, per il semplice motivo che sono suoni”, scrive in Silenzio, suo libro del 1961.
La musica è in primo luogo nel mondo che ci circonda, in una macchina per scrivere o nel battito del cuore e soprattutto nei silenzi. Dovunque ci troviamo, quello che sentiamo è sempre rumore. Quando lo vogliamo ignorare ci disturba, quando lo ascoltiamo ci rendiamo conto che ci affascina”.

Celebre in Italia la sua apparizione nel 1959 a “Lascia o raddoppia?”, condotto da Mike Bongiorno in cui vinse cinque milioni di lire come concorrente esperto di funghi (sua grande passione). Ma si esibì anche con la composizione “Water walk”, utilizzando come strumenti una vasca da bagno, un innaffiatoio, cinque radio, un pianoforte, dei cubetti di ghiaccio, una pentola a vapore e un vaso di fiori.

Un tratto comune alla sua opera e visione artistica è l’uso dell’ironia, della risata, tanto provocatoria quanto liberatoria.

In Italia altrettanto conosciuto l’happening che si svolse tra il 26 e il 28 giugno 1978, nell'ambito delle "Feste musicali", nei dintorni di Bologna, con la performance artistico-musicale "Il treno di John Cage" ovvero tre escursioni in treno (sulle linee Bologna-Porretta, Bologna-Ravenna, Ravenna-Rimini) guidate e progettate da Cage.
L'happening ebbe luogo nel corso del viaggio sulle carrozze ferroviarie e alle stazioni di fermata. Si basa sulla registrazione e l'interazione di suoni ambientali, prodotti dal treno e dalle persone presenti. All'evento “Il treno di John Cage” parteciparono artisti come Demetrio Stratos degli Area, Walter Marchetti, Juan Hidalgo, Daniel Charles. Trent'anni più tardi nel 2008, sempre a Bologna, furono celebrate due giornate in ricordo del Treno di John Cage: Take the Cage train.

Tra le tante esperienze da ricordare anche quando il 5 marzo 1968 a Toronto, l’iniziatore dell’arte concettuale e protagonista della scena dadaista e surrealista, Marcel Duchamp e John Cage giocarono a scacchi musicali. L'incontro / happening, intitolato "Reunion", attirò centinaia di spettatori al Ryerson Theatre, dove i due attivarono un'esperienza uditiva unica attraverso una scacchiera appositamente costruita che ad ogni singola mossa, produceva suoni elettronici. Cage chiese a Lowell Cross ( ricercatore associato presso gli Electronic Music Studios dell'Università di Toronto) di creare una scacchiera specializzata per l'occasione. La scacchiera funzionava attraverso 64 fotoresistenze, che si collegavano a quattro "generatori di suoni", ognuno attivando una composizione diversa.
I microfoni interni sotto il tavolo amplificavano i suoni degli scacchi che si muovevano attraverso il pannello, mentre immagini oscilloscopiche uscivano da televisori a colori modificati, che fornivano il monitoraggio visivo di alcuni degli eventi sonori che passavano attraverso la scacchiera. Duchamp, valente scacchista, vinse in meno di 30 minuti.

Progressivamente John Cage approfondisce tematiche sociali, ambientaliste, esplora il ruolo dell’arte nella politica, prosegue musicalmente con composizioni sempre più complesse e astratte, come i Freeman Etudes per solo violino, giudicati quasi impossibili da eseguire.
Cage ci lascia nel 1992 all’età di 79 anni con un’eredità artistica, intellettuale e musicale immensa, difficile da analizzare e condensare in poche righe.

“Cambiare significa allontanare la mente dai pregiudizi e renderla disponibile ad esperienze diverse da ciò che ha imparato ad accettare acriticamente.
Non riesco proprio a capire perché la gente sia così spaventata dalle idee nuove: io sono spaventato dalle vecchie”.


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