venerdì, novembre 03, 2023

Rocky Roberts

Riprendo l'articolo che ho scritto per "Libertà" domenica scorsa.

Rocky Roberts trovò il successo in Italia negli anni Sessanta.

Grande talento vocale, fine conoscitore di soul e rhythm and blues, ebbe la popolarità, paradossalmente, più che per le sue capacità, soprattutto a causa dell'esagerato e caratteristico accento americano che marchiava le canzoni in italiano, su tutte la celeberrima “Stasera mi butto” (dove “butto” suonava come un divertente “buccio”).

Nato nel 1941 in Alabama (dove ai tempi le persone di colore subivano un pesante apartheid, discriminazioni e soprusi di ogni genere), cresce in una famiglia povera, situazione che lo costringe, fin da giovane, a darsi parecchio da fare a livello lavorativo.
Trasferitosi in Florida, si arruola nella marina americana e mette a frutto la sua passione per il pugilato, vincendo incontri e titoli nell'ambito dei campionati del suo corpo militare.
Purtroppo un colpo all'occhio sinistro lo ferì gravemente, costringendolo a indossare gli occhiali scuri per tutta la vita (che diventarono un segno di immediata riconoscibilità e distinzione nella carriera musicale).

E' durante la carriera militare che incomincia a cantare e a esibirsi con un primo gruppo, Doug Fowlkes & The Airdales, dopo che il leader della band era rimasto impressionato dalla voce di Charles Roberts (suo vero nome).
Jerry Armstrong, musicista della band ricorda quei primi passi nella musica: “Abbiamo formato il gruppo mentre prestavamo servizio nella Marina degli Stati Uniti presso la stazione aerea navale di Boca Chica, Key West Florida. Abbiamo provato per la prima volta nel vecchio teatro della base, iniziando il nostro viaggio nel 1958. Nel 1959 siamo stati trasferiti sulla portaerei U.S.S. Independence e prestammo servizio a bordo fino al nostro congedo nel 1962. Facemmo due viaggi in Europa sulla Indy e durante il primo viaggio partecipammo ad un concorso rock and roll in Francia e vincemmo il primo premio. Eddie Barclay ci vide, gli piacemmo tantissimo e ci fece firmare un contratto discografico con la sua etichetta Barclay Records. Successivamente abbiamo registrato per la ATCO a New York City. Sebbene la band si comportasse bene su e giù per la costa orientale degli Stati Uniti, da Key West a New York City, eravamo più popolari in Europa, con Francia, Grecia e Italia che erano i paesi che favorivano maggiormente la nostra musica. Abbiamo inciso diversi album ed EP. Nel 1963 la band si sciolse e i membri presero strade separate. Roberts prese il nome della band e tornò in Europa dove fece molto bene nel mondo della musica con nuovi membri.”

In Francia trova i primi piccoli successi ma sarà solo grazie a Gianni Boncompagni e Renzo Arbore che la sua carriera decolla, in particolare nel nostro paese.
La sua versione di “T-Bird”, un infuocato rhythm and blues, diventa la sigla del seguitissimo loro programma radiofonico “Bandiera gialla”.

La sua popolarità cresce, grazie anche a vari concerti nei locali più in voga nell'Italia degli anni Sessanta (nella sua band, gli Airdales, anche un bravissimo bassista, Wess Anderson, diventato poi noto al grande pubblico con il duo mieloso Wess and Dori Ghezzi e che, quando Rocky intraprenderà la carriera solista, lo sostituirà come leader e cantante).
Ha una splendida voce, un fisico invidiabile, venticinque anni, balla bene e con mosse sensuali, nervose ma sempre perfettamente coordinate, veste impeccabilmente.

Nel 1966 incide il tema principale del film “Django” di Sergio Corbucci, “spaghetti western” particolarmente crudo e violento, diventato un culto del genere, tanto che se ne ricorderà Quentin Tarantino per il suo film “Django Unchained” del 2012 in cui recupererà, nella sigla iniziale, proprio il brano cantato da Rocky Roberts, come lo stesso regista testimonia in un'intervista:
“È cantata in stile quasi Elvis, da Rocky Roberts. Ora, questa era la vera traccia del titolo del film originale del 1966 "Django”. Ho sempre amato questa canzone, penso che sia fantastica. Non solo, ‘Django’ era così popolare in tutto il mondo, ho sentito le versioni giapponesi della canzone, le versioni italiane, quelle greche, perché veniva suonata ovunque. Devo dire che quando mi è venuta l’idea di fare ‘Django Unchained’, sapevo che era imperativo aprirlo con questa canzone, con una grande sequenza di titoli di testa. Perché fondamentalmente questo film è realizzato nello stile di uno spaghetti western, e qualsiasi spaghetti western degno di questo nome ha una grande sequenza di titoli di testa. In effetti, se così non fosse, non vorrei davvero vederlo.”

Nel 1967 coglie il suo più grande successo con “Stasera mi butto” che vende quasi quattro milioni di copie e vince il FestivalBar, diventa sigla del programma televisivo “Sabato sera”, condotto da Mina, e in cui si esibisce in ognuna delle dieci puntate. Non sfigura nemmeno nelle classifiche di Spagna, Germania, Australia e Uruguay.
Ne viene tratto anche un musicarello omonimo, film molto in voga all'epoca in cui, prendendo a prestito il titolo di una canzone, si sviluppano storie sentimentali e comiche, all'insegna della leggerezza e disimpegno.
Al suo fianco la bellezza e un'altra grande voce dell'epoca, Lola Falana, oltre ad attori come Giancarlo Giannini, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Il brano gli garantisce memoria eterna nel panorama italiano ma diventa anche un sigillo che finirà per offuscare il resto della sua produzione.
"Pochi sanno che la mia vera passione è cantare il soul e il blues, e che mi piacciono molto i lenti: invece sono stato condannato a cantare sempre Stasera mi butto".

Rocky Roberts è comunque uno dei principali importatori di musica soul e “nera” in Italia, che ben presto attecchisce nei gruppi beat, soprattutto attraverso le cover dei brani più famosi e spiana l'arrivo per personaggi storici come Stevie Wonder e Ray Charles che incominciano, con successo, a scalare le classifiche italiane. Contemporaneamente calano da noi, per diventare “stanziali”, altri gruppi inglesi o americani come i Rokes di Shel Shapiro o i Primitives di Mal, tra i più noti, anche loro caratterizzati da un fortissimo accento anglosassone che se da una parte può fare sorridere è anche un immediato segno di riconoscibilità e distinzione. Il soul diventerà parte integrante dei repertori e della cultura musicale di personaggi come Mina, Caterina Caselli e soprattutto Lucio Battisti.

Rocky Roberts infila qualche altro brano in classifica, soprattutto “Sono tremendo” nel 1968, la versione di “Reach out I'll be there” dei Four Tops che diventa “Gira gira” o quella di “Till I'll take you anymore” di Ben E.King (quello di “Stand by me”) che diventa “Ma non ti lascio”.

Al Festival di Sanremo del 1969 verrà subito eliminato con “Le belle donne”.
Vi tornerà nel 1970 con Il Supergruppo, composto da membri dei Giganti, Ribelli, Equipe 84 e Ricky Gianco ma anche questa volta andrà male.
Come è frequentemente accaduto a decine di nomi, anche importanti, il successo legato a momenti particolari o brani specifici, finisce per svanire ben presto.

Rocky Roberts prosegue l'attività negli anni successivi con tour e apparizioni televisive, puntualmente basate sulla riproposizione dei classici conosciuti, rendendo vani i tentativi di cambiare verso nuove proposte.

Nell'immaginario collettivo il personaggio rimane legato a “Stasera mi butto” e per quello e solo per quello può continuare ad esibirsi, nonostante le qualità della sua voce e il suo amore per il soul più verace.

Si stabilisce a Roma dove cresce, con la compagna, il figlio Randy che seguirà le orme paterne come cantante di black music e arriverà anche al Festival di Sanremo nel 1997.
Rocky Roberts prende parte al musical “La febbre del sabato sera” nei primi anni Duemila ma un brutto male lo porterà via nel 2005 all'età di 64 anni.

Volenti o nolenti il suo nome rimane nella storia della musica italiana e la sua carriera tra le più genuine e appassionate. Come disse poco tempo prima di lasciarci:
“La musica è un’arte molta strana: si dice che questa è una novità, quella è una novità quello è vecchio, ormai anche oggi si dice quello è anni Sessanta, anni Settanta, anni Ottanta, house music, living music, ma in realtà è tutto misto, è un fatto di moda ma è sempre musica. In realtà la musica è sempre quella: sì, si può fare elettronica, si può fare metal rock, con la chitarra che grida, che spezza le orecchie, i bassi, boom boom ma è sempre musica. E poi domani si diminuiscono i bassi, si toglie la chitarra, si mette invece il fiato o un clarinetto e si va avanti.”

Stasera mi butto
https://www.youtube.com/watch?v=NxeLbjA8rCw

Sono tremendo
https://www.youtube.com/watch?v=KiHdQmez04U

Gira gira/Reach out I'll be there con Rita Pavone
https://www.youtube.com/watch?v=hiBg1W08_5k

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