lunedì, gennaio 16, 2023

Terry Hall


Riprendo un articolo per "Libertà" dedicato alla scomparsa di TERRY HALL e alla scena ska che con gli Specials ha contribuito a creare.

Il commento più esaustivo in merito alla recente tragica scomparsa (dopo una breve malattia) di Terry Hall, cantante della band inglese degli Specials, è stato quello del cantautore Billy Bragg: “Gli Specials erano la celebrazione di come la cultura britannica sia stata rinvigorita dall'immigrazione caraibica ma il comportamento sul palco del loro cantante ci ha ricordato che erano seriamente impegnati a sfidare la nostra percezione di chi eravamo alla fine degli anni Settanta”.

Terry Hall ha avuto una vita drammatica, seppure artisticamente fortunata, segnata da un trauma infantile irreparabile quando, a 12 anni, fu sequestrato e abusato da un gruppo di pedofili e da cui non si è mai ripreso.
La sua espressione sempre triste e lo sguardo perso nel vuoto, anche suonando brani allegri e frizzanti, divenne un suo marchio di fabbrica estetico, sorta di Buster Keaton del pop ma nascondeva le conseguenze di quell’apocalisse emotiva subita.
Anni di Valium, perdita di un anno scolastico, lunghi periodi di alcolismo, per scacciare una forte e opprimente depressione. Ne ha parlato pubblicamente solo poco tempo fa, svelando l’abisso in cui ha sempre vissuto.
"Non provo nessun piacere a suonare.
Ho solo un sollievo nell'essere su un palco, guardarmi intorno e vedere i miei compagni del gruppo, che sono persone che conosco da buona parte della mia vita e con cui condivido qualcosa. Ho ancora questa malattia e l'avrò anche fra dieci anni ma per me è importante parlarne”.


Per poi concludere, con agghiacciante ironia, permeata da un inquietante humor nero:
“La cosa bella nel prendere anti psicotici è che il desiderio di uccidere una famiglia di quattro persone scompare. E questa è una gran cosa."

Gli Specials hanno una lunga e difficile gestazione prima di esplodere nelle classifiche, partendo come Coventry Automatics, da radici punk ma con già varie contaminazioni ska e reggae, dovute alla presenza di musicisti di origine giamaicana, aspetto piuttosto inconsueto nella pur già multirazziale Gran Bretagna dei tempi.

Pochissimi i gruppi “misti”, nonostante il punk avesse finalmente contribuito a unire le forze e discussioni serrate se i musicisti bianchi
potessero suonare reggae o ska (come avevano incominciato a fare gruppi come Clash, Police, Ruts, Slits). Ricorda uno dei componenti della band, Neville Staples: “Dopo anni di spille da balia e capelli tirati su, riportammo questi ragazzi bianchi nelle giacche, roba cool, vestiti eleganti. Gli insegnammo come si ballava e ad apprezzare uno dei migliori sound mai usciti dalla Giamaica. La band amava le radici giamaicane che entravano nel suo sound e l’eredità che stava prendendo in mano. Insieme agli altri ragazzi diventammo una grande famiglia felice”.

La formula degli Specials era innovativa, divertente, accattivante: ska e reggae mischiati all’energia e all’irruenza del punk, bianchi e neri insieme sul palco, messaggi politico/sociali nei testi, un’estetica raffinata ma allo stesso tempo proletaria, working class.
Nonostante ciò i discografici erano riluttanti e sospettosi ad investire su una band così poco disponibile ad essere controllata artisticamente.
Ci pensò allora il tastierista del gruppo, Jerry Dammers. Fondò una sua etichetta la 2Tone Records (due toni, bianco e nero, insieme) per produrre gli Specials e altri gruppi, vedi le Bodysnatchers (solo ragazze, particolarità altrettanto rara ai tempi), i The Beat, i Selecter, tutti caratterizzati da presenze femminili e dall’unione di bianchi e neri. Affiancati da Madness e Bad Manners, riportarono i ritmi ska in classifica aprendo la strada a un nuovo filone sonoro che trovò proseliti in tutto il mondo, evolvendosi e contaminandosi successivamente con mille altre influenze.

La 2Tone rappresentò una visione identitaria, un senso di appartenenza a una dimensione non del tutto definita e “regolata” ma, al contrario, il più possibile aperta, dove le influenze culturali artistiche si fondevano, si arricchivano l'una con l'altra, acquisivano una connotazione politica ben precisa (dall'anti razzismo, al femminismo, ad una coscienza socialista e socializzante dove i testi, che raccontavano la cruda realtà inglese dei tempi, venivano cantati su brani da ballare nei club).

Sempre Neville Staples nella sua autobiografia “The original rude boy” sintetizza bene la situazione dei tempi:
“Noi eravamo diversi.
In quel periodo le facce nere non si vedevano ancora tanto in giro in gran parte dell’Inghilterra. L’attitudine punk fu qualcosa che contagiò anche noi ragazzi neri perché sapevamo bene da dove arrivasse quella rabbia. Dopotutto se le vite dei ragazzi bianchi erano una merda, le nostre erano una doppia merda. La disoccupazione cresceva, chiudevano le fabbriche e non c’erano davvero speranze, lavoro e futuro.
I Sex Pistols aprirono una scatola musicale di vermi che rese possibile ad ogni teenager di formare un gruppo. Non avevi più bisogno di una laurea in musica per salire su un palco.
I gruppi prog, con i loro concept album e brani masturbatori di mezz’ora, furono buttati nella spazzatura. Il rock n roll era tornato, grazie al punk.
E intanto gruppi reggae come Steel Pulse, Misty in Roots e Aswad espressero le nostre frustrazioni e speranze. Ma qualcuno dei miei amici neri non era del tutto d'accordo: “Brutti stronzi, come potete saltare su e giù su un palco con un gruppo di punk bianchi?”.
Io non ero una persona particolarmente politica, ma quello che i cantanti ska avevano sempre fatto era di cantare di avvenimenti quotidiani in modo schietto e reale.
In Giamaica era quasi come un quotidiano in musica. C’erano brani che ti raccontavano i fatti del giorno, come uno sciopero locale o il prezzo del pane. Abbracciare lo ska per gli Specials o gli Automatics, quali ancora erano, significò una svolta verso lo stile rude boy, anche se per realizzarlo avevamo dovuto rubare in qualcosa come cinquanta case nelle Midlands”
.

Come tutte le ondate ben presto anche quella ska britannica si esaurisce mediaticamente, molti gruppi si sciolgono o dividono in nuove incarnazioni.
Terry Hall con altri due componenti abbandona la band, fonda i Fun Boy Three (successivamente i Colourfield) più orientati verso pop e new wave, il tastierista Jerry Dammers prosegue brevemente con il nome di Special AKA lasciando un brano iconico e storico come “Free Nelson Mandela”.

Mandela, ai tempi imprigionato in SudAfrica dal regime razzista, grazie al successo che ottenne la canzone, arrivando ai vertici delle classifiche inglesi, venne conosciuto (insieme alle legittime rivendicazioni) ancora più dal grande pubblico e dalla società britannica.

Negli anni successivi i componenti degli Specials si dividono in vari progetti fino a una serie di reunion negli anni 2000 che culminano con qualche buon album e l’inaspettato capolavoro “Encore” del 2019 che arriva diretto al primo posto delle classifiche britanniche, grazie a un sound moderno che incorpora reggae, funk, pop, rock, soul, istanze politiche attuali.
La band torna in tour in tutto il mondo inanellando sold out ovunque, incide un altro ottimo lavoro, “Protest songs” nel 2021, in cui riprende canzoni di protesta dal 1924 in poi, reinterpretate con gusto e passione.

Pochi mesi fa Terry Hall si sente male durante le registrazioni di un nuovo album. La diagnosi è impietosa, un tumore.
Che se lo porta via in pochi mesi, mettendo di fatto fine a una stupenda esperienza artistica e umana.

Lo scettro di re dello ska rimane ora ad appannaggio dei mai domi Madness che hanno saputo rinnovarsi, mantenendo le radici nella musica giamaicana ma reinventandosi con un repertorio a base di quello che potremmo definire un sound unicamente britannico, che assorbe tutto lo scibile di musica inventata e passata da quelle parti dagli anni Sessanta in poi, testimoniando in tempo reale ciò che accade nelle strade e nella società del loro paese.
Niente male per gruppi inizialmente considerati solo come fautori di canzoni facili da ballare e dall’aspetto divertente e spensierato.

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