mercoledì, giugno 25, 2025

Crash Box - Storie e ricordi sul muro

Marco Maniglia è stato tra le principali anime (e cuore) della scena punk hardcore italiana degli anni Ottanta.
Sia a livello personale/partecipativo/organizzativo (che era la caratteristica di quasi ognuno del giro: esserci, sentire l'attitudine, organizzare (il più delle volte con modalità avventurose/disastrose).
E' stato anche il motore propulsivo dei CRASH BOX, tra i principali esponenti dell'epoca.

Ora raccoglie una serie di volantini di concerti dell'epoca con commenti e ricordi di quegli eventi.
Un libro/rivista (con bella intervista finale) che ci restituisce alla perfezione il "sentire" di quei momenti tanto caotici, quanto rivoltosi e gioiosi.

Tutto questo per del rock 'n' roll del cazzo che non fa forse crescere ma mi/ci ha fatto sopravvivere. (Marco Maniglia)

Per contatti e riceverlo: emmemarco63@gmail.com (niente social, raga...)

martedì, giugno 24, 2025

Monochrome Set - The Jet Set Junta

Uno dei brani più iconici (per quanto rimasto nella semi oscurità) degli anni 80 uscito su singolo nel 1983), per una brillante band che non ha purtroppo mai usufruito del giusto riconoscimento che le sarebbe spettato.

The Jet Set Junta è un brano unico che unisce impeto post punk a sonorità spaghetti western, un tocco di jazz e un cantato unico su un testo drammatico/ironico che stigmatizza l'iconografia e la triste realtà delle dittature sudamericane.
Un brano geniale.

Il video ufficiale:
https://www.youtube.com/watch?v=kIKle6gNjWE

Live nel 1990
https://www.youtube.com/watch?v=Oz4tpJL44Og

Tick, tock, go the death watch beetles in él presidente's swill
Pop, pop, goes the Cliquot magnum at the reading of the will
Hiss, hiss, goes the snakeskin wallet stuffed with Cruziero bills
Here we come, the jet set junta
Here we come, the jet set junta
Broom, broom, goes the armoured Cadillac through Montevideo
Rat-a-tat goes the sub-machine gun to restore the status quo
Snip, snip, go the tailor's scissors on the suit in Saville Row
Thud, thud, goes the rubber truncheon on the Indian peon's heel
Buzz, buzz, go the brass electrodes as the flesh begins to peel
Rattle, rattle, goes the bullet round and round the roulette wheel

lunedì, giugno 23, 2025

Vincenzo Greco - Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche nella musica Ferretti, De André, Battiato, Waters

Un lavoro molto affine a un saggio, in cui l'autore ci conduce, attraverso una serie di profonde riflessioni personalei, condotte come un dialogo immaginario con quattro artisti, tanto diversi, quanto legati da un filo conduttore comune le cui canzoni aprono a uno sguardo alle storture del tempo moderno.
Ne risulta un libro ai limiti del "filosofico", ricco di spunti molto interessanti e stimolanti.

Non occorre essere fan o seguaci di Ferretti, De André, Battiato, Waters.
Il testo, interessante e scritto molto bene, offre tanto altro, partendo dalle loro liriche, per spaziare in una visione universale dello stato attuale delle cose.

Gli strumenti informatici si sono fatti carico del compito di ricordare per noi e con capacità infinitamente superiori a quelle umane.
Il fatto di avere affidato la memoria a uno strumento e agli algoritmi che lo gestiscono, ci ha privati del governo della memoria stessa, e soprattutto della selezione gerarchica delle cose da ricordare.
Lo fa l'algoritmo per noi.
Ma con il rischio che vengano eliminati, per mano di chi gestisce tali programmi di selezione, eventi e moniti importanti per l'uomo. Abbiamo in definitiva rinunciato al dovere della memoria.


Vincenzo Greco
Il tempo moderno e i suoi inganni. Riflessioni critiche nella musica Ferretti, De André, Battiato, Waters
Arcana Editrice
164 pagine
15.50

domenica, giugno 22, 2025

Classic Rock

Nel nuovo numero di CLASSIC ROCK intervisto Robertò Gagliardi (Robertò Hellnation) a proposito del suo negozio di Bologna, Hellnation.

Interviste anche a Dubinski e Inspector Cluzo ( di cui recensisco anche l'ottimo nuovo album).
Poi parlo dei nuovi album di Casino Royale, Cesare Basile, Les Votives, M Ross Perkins, la ristampa di "Middle Class Revolt" dei Fall e di quella di "Il nostro è solo un mondo beat" de Gli Avvoltoi , oltre al box dei Vapors.

Non contento mi confronto con Federico Guglielmi nella rubrica "Opinioni" sull'opportunità di pubblicare ancora libri musicali.

sabato, giugno 21, 2025

Passaggi Festival 2025

PASSAGGI FESTIVAL 2025

https://www.passaggifestival.it/

Venerdì 27 giugno
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
Fano

ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)

venerdì, giugno 20, 2025

The Poets – Alone Am I / Locked in A Room (Target) 1968

L'amico MICHELE SAVINI prosegue la ricerca di elementi interessanti e particolari dell'Irlanda meno conosciuta.
Torniamo questa volta al 1968 e una band oscura che ha lasciato un solo 45 giri: The Poets.

Gli altri racconti sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/The%20Auld%20Triangle%3A%20narrazioni%20dalla%20Repubblica%20d%27Irlanda

C’era una volta uno scantinato buio e umido, con dentro quattro ragazzi armati di strumenti e un’urgenza sonora che anticipava i tempi.
Non è un caso isolato: è la traiettoria condivisa da centinaia di band garage e beat, nate nell’esigenza creativa di un’epoca in fermento, mai esplose e rimaste ai margini della scena ma non della passione.
I loro nomi si persero nel rumore, ma dietro lasciarono dischi rari, registrazioni sbiadite, racconti tramandati solo da chi c’era. Sono storie minori, ma non per questo meno significative: frammenti dimenticati di un mosaico musicale che merita di essere ricomposto.
Tra queste storie sotterranee, ce n’è una che vale la pena riportare in superficie: quella dei The Poets, band di Irlandese attiva a metà degli anni ’60.

Il loro unico singolo pubblicato nel 1968 dall’etichetta Irlandese Target Records e la seguente pubblicazione nel Regno Unito per la più nota Pye Record, fu per anni erroneamente attribuito al celebre gruppo freakbeat scozzese con lo stesso nome, autore di "That's the Way It's Got to Be", uno dei classici del genere.
Il fatto che le due band condividessero lo stesso nome e fossero attive nello stesso periodo aveva alimentato l’equivoco: dopotutto, la band scozzese aveva pubblicato dischi con etichette come Decca e Immediate tra il 1964 e il 1971.
Non sembrava quindi assurdo pensare che avessero inciso anche per la Pye.
Tuttavia, la verità è un’altra: questi Poets erano una formazione completamente diversa, originaria di Dublino, e di loro si sa ancora oggi molto poco.

La storia dei Poets irlandesi inizia nel 1965, quando Pat Devine (chitarra), Gerry Martin (chitarra), Steve Gilchrist (basso) e Bob Murphy (sax) fondano un gruppo chiamato The Heartbeats. Nel 1967, il gruppo evolve in una showband semi-professionale con l’ingresso di Paul Conroy (organo), Charlie Herbert (chitarra solista, con Devine che passa al sax) e Gary Power (voce solista).

Le showband erano gruppi musicali molto popolari in Irlanda negli anni ’60, solitamente numerosissimi sul palco e delle vere e proprie macchine da intrattenimento. Attiravano grandi folle ogni sera, offrendo un repertorio eclettico fatto di pop, hit internazionali e a volte anche un po’ di cabaret, ma raramente proponevano materiale originale o alcun tipo di sperimentazione.

Power e Herbert iniziano a scrivere diversi brani originali, prevalentemente ballate lente, nella speranza di attirare l’attenzione del pubblico locale. Tuttavia, alla fine del 1967, Power lascia il gruppo per tentare la carriera solista, e probabilmente a seguito di questa uscita nasce ufficialmente la band The Poets.
Nonostante non sia chiara la formazione esatta che ha inciso il celebre singolo, entrambi i lati del disco sono accreditati al chitarrista Charles Herbert, il che suggerisce un suo ruolo chiave nella composizione e realizzazione dei due brani.

Il singolo in questione comprende due tracce.
E se sul lato A appare ‘Alone Am I’, una ballata malinconica, dominata da armonica e organo, con quel tipico tono natalizio che si addice a una showband irlandese, sul lato B, invece, come spesso accade, troviamo il vero gioiello: ‘Locked In A Room’.
Si tratta di un pezzo freakbeat di altissimo livello, energico e coinvolgente, caratterizzato da una chitarra solista marcata, un sax vibrante, armonie vocali raffinate e una batteria incalzante che spinge il brano con grande intensità.
v Il tema natalizio sul lato A fa pensare a un’uscita verso la fine del 1968, in linea con l’usanza, particolarmente diffusa negli anni ’60 e ’70, di pubblicare un singolo a tema festivo in prossimità del Natale, spesso con l’intento di ottenere maggiore visibilità o passaggi radiofonici durante quel periodo dell’anno.
Negli anni successivi, il 45 giri è diventato un piccolo oggetto di culto, sempre più ricercato dai collezionisti di rarità garage e beat, anche grazie alla qualità del suo lato B, spesso incluso in compilazioni di freakbeat e rock psichedelico, che lo rende un vero e proprio “Nuggets” irlandese.

Nel 1969, alcuni ex membri dei Poets e degli Heartbeats diedero vita alla soul-showband The Arrows, il cui secondo singolo, “One Step, Two Step”, fu ancora una volta firmato da Charlie Herbert, a dimostrazione di una vena compositiva che non si era ancora esaurita.
I The Arrows finiranno per diventare la nuova band di supporto di Dickie Rock, il famoso crooner irlandese che aveva abbandonato la sua storica formazione, la Miami Showband, per intraprendere la carriera solista.

Ma la vera eredità dei Poets rimane racchiusa in quei due brani dimenticati.
Due canzoni, un singolo, un nome condiviso con un’altra band.
E una storia che, come tante negli anni Sessanta, riaffiora oggi solo nei racconti degli appassionati e nei solchi consumati di un 45 giri introvabile.

Alone Am I:
https://www.youtube.com/watch?v=SXv5PgOkUS4&list=RDSXv5PgOkUS4&start_radio=1

Locked in A Room:
https://www.youtube.com/watch?v=dGTlkHoefaA&feature=youtu.be

giovedì, giugno 19, 2025

Rock 'n' Goal


Avevo conosciuto l'editore di VoloLibero, Claudio Fucci, grazie al giornalista Massimo Pirotta che me lo aveva presentato all'anniversario del Festival Pop di Zerbo.
Rimasi stupito ed entusiasta dalla sua immediata adesione alla mia proposta di pubblicare un (primo) libro su Gil Scott Heron, che uscì, con il titolo di "The bluesologist", nel 2012 (poi ampliato nel 2018, sempre per VoloLibero, con il titolo di "Gil Scott Heron. Il Bob Dylan nero").

Nel valutare un prosieguo della nostra collaborazione, fu Claudio a suggerirmi di approfondire un post che pubblicai il 16 marzo 2012, dedicato al rapporto tra musica e calcio:
https://tonyface.blogspot.com/2012/03/calcio-e-musica-i-dischi-dei-calciatori.html.

Ero molto scettico perché pensavo si potesse farne al massimo un ampio articolo.
Invece si aprì un mondo vastissimo di musicisti tifosi sfegatati, talvolta con un passato calcistico, canzoni dedicate a partite, squadre, calciatori e mille altre curiosità.
Chiamai a darmi una mano Alberto Galletti, super esperto di calcio (britannico in particolare) e il 27 marzo 2013 uscì Rock 'n Goal" firmato a quattro mani.
Sinceramente lo consideravo un libro di "transizione", destinato a un'onesta e breve vita.

Invece successe l'inimmaginabile.

Nello stesso giorno dell'uscita Vincenzo Mollica lo presentò al TG UNO delle 20 (https://www.youtube.com/watch?v=BldCITAyJ2E), il Corriere della Sera online lo mise in prima pagina, telefonarono per un'intervista RTL, Virgin Radio, Radio Montecarlo e tanti altri.

Uscirono decine di recensioni, la prima tiratura andò esaurita in un paio di giorni, la seconda uguale, mille copie in un paio di settimane.

Nei giorni successivi con Alberto ce ne andammo a Roma per essere ospiti di RaiSport2 a Saxa Rubra (che raggiungemmo prelevati da auto con autista) con Enrico Varriale e Max Gazzè, poi a RadioRai2 in Corso Sempione a Milano con Massimo De Luca per "Tutto il calcio minuto per minuto", al Salone del Libro di Torino, a Sky Sport.

Il tutto corredato da decine di presentazioni in mezza Italia (tra cui una rocambolesca dagli Ultrà del Livorno nella loro sede, nella libreria interna Kalashnikov, con enorme ritratto di Stalin).

"Rock 'n' Goal" ha venduto discretamente ma ci colse impreparati il successo immediato, che forse avrebbe potuto essere maggiormente sfruttato a livello commerciale.
Ma fu veramente una sorpresa per tutti.
Rimane il mio (nostro in questo caso) best seller insieme a "Northern Soul" con cui si batte sul filo delle copie vendute (altro evento inaspettato).

Il libro ebbe un seguito, dedicato allo sport, "Rock 'n' sport", molto meno fortunato e considerato.

martedì, giugno 17, 2025

Frank Sinatra - Waterfront

La fine degli anni Sessanta aveva cancellato FRANK SINATRA dal podio della popolarità.
Vendite in calo, attenzioni riservate a ben altro piuttosto che ad un ultra cinquantenne melodico.

Nel 1969 entra in studio per il suo lavoro più atipico (pubblicato nel 1970) che, forse per cercare di invertire l'infausta tendenza, cerca di guardare con più attenzione alle nuove sonorità.

Nulla di rock o psichedelico, per carità, ma affida a Bob Gaudio dei Four Seasons la scrittura, l'arrangiamento e la produzione del nuovo album e a Jake Holmes (autore di "Dazed and confused", portata alla notorietà dai Led Zeppelin, dopo essere stata ripresa dagli Yardbirds e co-accreditata dopo una causa legale con la band di Jimmy Page). Il concept verte su un uomo abbandonato dalla moglie (interpretato da Frank in veste di narratore) e costretto a crescere da solo i due figli piccoli. Un disco malinconico, struggente a tratti ma particolare, dove l'inarrivabile voce di Frankie viaggia, come sempre, cristallina su basi orchestrali non così zuccherose o allegramente swinganti come d'abitudine ma molto più complesse e particolari.
Il sound è orchestrale ma con una base più pop rock, la voce e l'interpretazione intensissime con Sinatra a perfetto agio con la "nuova" materia (nonostante sia l'unico album in cui cantò su basi orchestrali pre registrate).

Vendette pochissimo (non più di 30.000 copie, una nullità per lui e per i tempi) ma rimane un episodio interessante e unico con le potenzialità di diventare un classico senza tempo.

"For A While" fu ripresa in una bellissima versione da Nina Simone: https://www.youtube.com/watch?v=Qq12jRWlitQ

Francesca Buscaglia - Etnografie Trap

Un illuminante saggio sul "fenomeno" TRAP, la marginalità dei suoi protagonisti, il costantemente voluto e cercato "folk devil" da demonizzare per la sua alterità rispetto alla normalità.
L'analisi prescinde dai contenuti musicali/artistici ma si concentra sulle "periferie urbane, spazi pieni di sconosciuti, spazi multiculturali dove l'appartenenza rappresenta una risorsa fondamentale."

"La musica trap oltre a prodotto musicale è la voce di una comunità immaginata, che offre alle comunità diasporiche dei giovani subalterni la possibilità di rispecchiarsi in un "noi" più moderno".

Interessante e perfettamente azzeccata la visione di come prima rap e poi trap siano diventati fenomeni globali e opportunità espressiva soprattutto di gruppi socialmente marginalizzati (per i quali il benessere esiste solo nelle pubblicità) che cercano (e talvolta trovano) nella musica un modo per uscire dall'anonimato e trovare fama, soldi e una modalità di scalata sociale. O imitandone movenze ed estetiche per sentirsi in qualche modo parte di "qualcosa".

In un mondo in cui "la geniale idea della governance neoliberale è stata riuscire a trasformare i diritti in qualcosa che si deve meritare" i giovani immigrati o di origine straniera si dibattono alla ricerca di un ruolo e di un'identità, sempre più pervicacemente negata e respinta.

La conclusione è propositiva, per quanto appaia utopica, alla luce del reale: "In questo momento è più che mai necessario...smettere i panni di meri osservatori e narratori di processi che riguardano "altri". Riprendere la voce: parlando, cantando, urlando se necessario. Proprio come stanno facendo, in modi e forme differenti, i giovani cosiddetti di prima e seconda generazione".

Il libro ha il profilo autorevole dell'autrice, educatrice di professione e antropologa, che lavora da anni nel sistema di accoglienza.
Ha intervistato i ragazzi, approfondendone con loro le problematiche quotidiane.
Ne esce una fotografia molto fedele, quanto drammatica dell'epoca attuale, convulsa, talvolta "illeggibile" e incomprensibile.
Un lavoro più che pregevole.

Francesca Buscaglia
Etnografie Trap
Agenzia X
204 pagine
euro 16

sabato, giugno 14, 2025

Wp Store Pitti Uomo
Ringo a Passaggi Festival

Martedì 17-06-2025
@ WpStore Firenze -dalle 18.30
Via della Vigna Nuova, 75/R, 50123 Firenze
In consolle Fulci Dj
Guest at the party Antonio Bacciocchi
Pitti Uomo Firenze

PASSAGGI FESTIVAL 2025

https://www.passaggifestival.it/

Venerdì 27 giugno
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
Fano
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)

venerdì, giugno 13, 2025

La Banda Bassotti e Fermin Muguruza a Roma. Un altro giorno d’amore.

A cura dell'amico Antonio Romano, già presente con una rubrica nel blog qui: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Antonio%20Romano

Torno a scrivere sulle colonne virtuali di questo blog dopo qualche anno.
Lo faccio perché certe serate ed emozioni vanno fermate, raccontate e condivise.
Sabato 7 giugno, a Roma, ho visto qualcosa che andava oltre il concerto: una festa vera, di amore e di lotta, fatta da gente vera.
Il ritrovo di una grande famiglia resistente.
Banda Bassotti e Fermin Muguruza sullo stesso palco.

Appartengo alla seconda generazione dei “figli” della Banda, quella nata a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, mentre uscivano “Figli della stessa rabbia” e “Balla e difendi”.
Personalmente li ho conosciuti col live “Un altro giorno d’amore” del 2001.
Avevo 13 anni.
Quel disco è stato un’esplosione, che non solo mi ha fatto scoprire anche Fermin Muguruza e i Negu Gorriak, ma che è stato l’accesso a una visione del mondo e della vita che non si studiava a scuola.
Una visione ed una strada che da solo, nella provincia di Lecce in cui sono cresciuto, difficilmente avrei maturato.

Il live inizia puntualissimo, alle 20, mentre il sole cala tra i palazzi popolari e le bandiere sventolano fiere attorno al palco.
La Banda Bassotti entra sulle note della “Marcia dei Soviet” suonata insieme ad una giovanissima sezione fiati ospite.
Mi sono commosso.
Non per nostalgia, ma per l’orgoglio che si respirava, per tutto ciò che quel momento rappresentava.
Avevo mio figlio di 4 anni sulle spalle e la mia compagna, incinta alla 39ª settimana, accanto a me.
E ho pensato al me stesso di 19 anni, quando prendevo il treno da Lecce di nascosto dai miei, per una birra al Sally Brown o per un festival oi! in qualche CSOA.
Dove, tra il pubblico o tra gli organizzatori, c’era sempre qualcuno della Banda e della loro crew ed io li guardavo con un quasi timore reverenziale, come si guardano gli eroi.
Angels with dirty faces, citando gli Sham 69.

E quella famiglia che vedevo allora, oggi è ancora lì.
Attorno a noi c’erano ragazzini e sessantenni, skin coi capelli bianchi, vecchi punk, coppie coi figli ormai cresciuti, e figli piccolissimi tenuti stretti al collo. Gente da tutta Italia, anche dall’estero.
La festa di una tribù.

Il set della Banda è stato tirato, diretto, potente.
Tutti i loro inni, uno dietro l’altro.
Qualche battuta di Picchio, con la sua ironia rude di borgata, l’energia di Sandokan, l’autorevolezza silenziosa di Scopa e poi tutti gli altri componenti, compresi gli ospiti, tra cui Kino degli Arpioni.
E c’era Sigaro.
Sempre lì, a ogni pezzo ti sembra che da un momento all’altro possa attaccare le sue parti e tornare a cantare le sue poesie.
Non c’è, ma c’è. Lo sappiamo tutti. Avanti uniti.

Dopo “L’Internazionale”, chiusura solenne del set e altra lacrima col pugno alzato, breve pausa e cambio palco.

Tocca all’ospite d’onore: Fermin Muguruza.
Con una nuova band, potentissima.
Fermin festeggia 40 anni di carriera, e ha scelto di celebrarli anche qui, nella sua seconda casa.
Due ore in cui ha portato tutto il suo mondo: Kortatu, Negu Gorriak, Clash, Specials, punk, reggae, dub, folk.
Una band rocciosa, calda, piena di groove. Davvero alto livello. Ritmo, lotta, sudore, orgoglio. Cuore working class che batte forte e che, ancora oggi, sa far innamorare.

Se questa musica, queste band, queste persone e le loro storie ci hanno insegnato qualcosa, è che non si deve smettere mai: di amare, di soffrire, di lottare, di cantare.

L’ho vissuto come un giorno importante, vero.
Senza nostalgia, senza passerelle, senza star. Un’occasione per ribadire il rispetto che dobbiamo alla Banda Bassotti, alla Gridalo Forte, a tutta la loro “vecchia crew”.
Perché hanno saputo unire rabbia e poesia, coscienza di classe e allegria, costruendo, e –senza esagerare- anche educando, una comunità che, nonostante tutto, resiste.
Con le Doc Martens rotte quando fischia il vento, ma sempre con la stessa fierezza.
Kids like me and you!
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