venerdì, ottobre 18, 2024

The Mads - Time by Time

La prima scena mod italiana è stata a lungo fonte di eccellenti band e corrispettivi album di primissima qualità, che potevano tranquillamente rivaleggiare con i ben più blasonati colleghi inglesi, per competenza, capacità compositiva ed esecutiva, profilo artistico.

Dai Four By Art agli Underground Arrows, Statuto, alla meteora Blind Alley, abbiamo di che vantarci.
Purtroppo rimasero fuori i milanesi Mads, peraltro pionieri in Italia ad abbracciare questi suoni ed estetica.

Vissero troppo poco tempo, dal 1979 al 1984, e non riuscirono a suggellare testimonianze sonore su vinile o cassetta, pur lasciando un fervido ricordo con travolgenti esibizioni dal vivo.

Rinati nel 2012 con l'ottimo The Orange Plane, bissano ora con il secondo splendido album, in cui converge tutto il meglio del mod sound, dai Jam, ai Chords, power pop, soul, ska, una splendida cover di Never Ever degli Action. Abbiamo dovuto aspettare tanto tempo ma l'attesa è stata felicemente ripagata da una band nel pieno dell'espressività e maturità artistica.
Disco eccellente.

giovedì, ottobre 17, 2024

I libri che le persone fingono di avere letto

Tra le classifiche più curiose c'è anche quella dei LIBRI CHE LE PERSONE MILLANTANO di AVER LETTO.
Da varie verifiche (avevo fatto un post al riguardo nel 2016) si confermano i soliti titoli.

Alice nel Paese Delle Meraviglie di Lewis Carroll
1984 di George Orwell
Il Signore degli Anelli di JRR Tolkien
Guerra e Pace di Lev Tolstoj
Anna Karenina di Lev Tolstoj
Il diario di Anna Frank di Anna Frank
Romeo e Giulietta di William Shakespeare
Harry Potter e la pietra filosofale di J. K. Rowling

Nelle classifiche anche "Il Giovane Holden" di Salinger, la "Bibbia", "Moby Dick" di Melville e "Ulisse" di Joyce.

In Italia invece Vice ha verificato che i titoli "più letti" (ma in realtà nemmeno mai aperti) sono:

I malavoglia di Giovanni Verga
Infinite Jest di David Forster Wallace
L'amica geniale di Elena Ferrante
Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini
Anna Karenina di Lev Tolstoj
Molto gettonati anche "La Bibbia" e "Guerra e pace".

mercoledì, ottobre 16, 2024

Calcio e Musica

Riprendo l'articolo che ho pubblicato lo scorso sabato per "Il Manifesto", attingendo ovviamente spesso e volentieri dal libro scritto con Alberto Galletti, "Rock 'n' Goal".

Il connubio calcio e musica è andato per tantissimo tempo a braccetto nell'immaginario della working class e del proletariato, come elemento salvifico da una vita in fabbrica o dedita a lavori “umili” e sfiancanti (molto spesso sottopagati sotto la soglia dello sfruttamento).
Il successo o il semplice accesso in uno di questi ambiti portava, abbinata a una certa dose di talento, a una vita agiata o comunque decisamente diversa.
Ma è solo in tempi relativamente recenti che le due entità si sono unite in un vero e proprio abbraccio.
Basti pensare che Brian Epstein proibì categoricamente ai quattro Beatles di esternare una qualsivoglia preferenza calcistica per non inimicarsi le tifoserie avversarie.
Non fu difficile, vista la tiepidissima passione di John e Ringo per il Liverpool e il totale disinteresse di George:
“Nella mia città ci sono tre squadre di calcio: il Liverpool, l'Everton e il Tranmere Rovers. Io tifo per la quarta”.
Solo Paul è sempre stato un acceso fan dell'Everton (trascinò John a una finale di FA Cup nel 1966 ma il chitarrista ne uscì annoiato e indifferente).

Ian McCulloch, voce degli Echo & The Bunnymen, sfegatato tifoso del Liverpool, ricorda come negli anni Ottanta nell'ambiente punk/new wave fosse sconsigliatissimo esternare le proprie passioni calcistiche, per non incorrere nel biasimo dei colleghi e dei fan.

Più chiaro è Pete Wyle (ex membro della new wave band Wah! Heat):
“Nessuno parlava di calcio, eri considerato un musicista part-time se ammettevi che ti piaceva il calcio, l’idea che a qualcuno potessero piacere due cose contemporaneamente era piuttosto bizzarra all’epoca. Il calcio era working class e sebbene lo fossimo anche noi, volevamo essere meno classisti , non volevamo essere etichettati ed eravamo già oltre queste definizioni. Avevo amici che erano dichiaratamente gay e non era un problema, ma dovevo nascondermi come appassionato di calcio”.

Ne sanno qualcosa i Cockney Rejects, punk rock band che ebbe la malaugurata idea di apparire alla trasmissione “Top Of The Pops” nel 1980, cantando la loro versione di “Forever Blowing Bubbles”, inno del West Ham, con tanto di maglietta della squadra.
Nel giro di pochissimo tempo furono costretti a sospendere l'attività concertistica a causa dei continui attacchi da parte dei tifosi delle squadre avversarie, con risse, distruzioni dei locali, feriti.

Nel corso degli anni il calcio è stato finalmente sdoganato, il dichiararsi tifosi non è più discriminante, anzi, è diventato un aspetto identitario molto apprezzato da chi condivide la stessa passione calcistica, tranquillamente tollerato dalle opposte fazioni.
Rivalità stemperate e diluite, con il musicista tifoso che acquisisce anzi una sorta di fascino in più, riportandolo a una dimensione più vicina alla quotidianità dei fan.

Il Manchester City ad esempio gioca le partite di Champions con una nuova maglia, disegnata da Noel Gallagher, ispirata al primo album degli Oasis.
I due fratelli sono sempre stati esplicitamente fan di quella che una volta era la squadra “minore” della città, oscurata dai successi dello United e non disdegnano frequenti apparizioni allo stadio.
Passione che non hanno mai nascosto, anzi costantemente ostentato, tanto quanto l'amore per altri divertimenti: nel pieno e più genuino spirito working class.
Sempre il City aveva realizzato qualche anno fa la terza maglia con strisce giallo nere che omaggiavano lo storico club della città, l'Hacienda, dove transitarono, tra gli Ottanta e Novanta, gruppi e DJ storici della new wave.

Il Manchester United invece, per non essere da meno dei rivali, inserì nel suo merchandisng una shirt calcistica che riprendeva la copertina del primo album degli Stone Roses.

Ancora più affascinante e specifico il riferimento del Coventry City (“serie B” inglese) che festeggiò i quaranta anni dell'etichetta cittadina 2Tone, protagonista dello ska revival nel 1979 con Specials, Selecter, The Beat, vestendo i giocatori con una bellissima maglia a scacchi bianchi e neri con il logo e una scritta ben rappresentativa della label, contro razzismo e discriminazione.

Tornando agli Oasis, quando Noel Gallagher fu ospite da Fabio Fazio, Alessandro Del Piero incaricò il cantante degli Statuto, Oscar Giammarinaro (presente in studio), di portargli la sua maglia, che il chitarrista desiderava ardentemente.

Gli Statuto sono però sempre stati sfegatati fan del Torino, a cui nel 2005 dedicarono l'album “Toro”, con tanto di inno ufficiale della squadra e nove canzoni scritte specificatamente per i granata e molto spesso autori di canzoni iconiche come “Ragazzo Ultrà” o “Facci un gol” dedicato a Paolo Pulici che volle partecipare anche al video del brano.
Gli Statuto tornano alla loro passione sportiva proprio in questi giorni, con un nuovo lavoro, “Statuto Football Club”, una divertente e riuscita raccolta di canzoni e sigle radio-tv a tema calcistico, riarrangiate con il loro tipico stile ska-soul-pop.

La lista dei musicisti appassionati di calcio è lunga e variegata e c'è solo l'imbarazzo della scelta per trovarne testimonianze più o meno curiose.
Scegliendo tra le più significative ricordiamo quella su Fabrizio De Andrè, dichiaratamente Genoano, che considerava il calcio una specie di fede laica e di auto affermazione per immedesimazione nei colori della squadra.“Il tifo è il bisogno di schierarsi in un partito, simbolizzato magari da un colore ma che si pretende essere sostenuto da una tradizione o da una cultura diversa da quella degli altri.
Il tifo nasce da un bisogno forse infantile di identificarsi in un gruppo che ha come obiettivo la lotta per la vittoria contro altri gruppi”. Famosa la sua frase ad un concerto a Genova, “Ho una malattia”, a cui il pubblico reagì trattenendo il fiato. Invece appoggiò la chitarra, tirò fuori la sciarpa del Genoa:”Questa è la mia malattia, si chiama Genoa”.

Il musicista e poeta Gil Scott Heron, definito il padre dell’hip hop, era figlio della “Black Arrow” del Celtic Glasgow, Giles Heron, il primo calciatore di colore a giocare in Scozia nei primi anni Cinquanta, ma non mancava di sottolineare la sua passione, però, per i rivali storici, i Rangers. Divertente la sua usanza di suonare in Scozia con la sciarpa del Celtic e il cappello dei Rangers.

Elvis Costello, supporter del Liverpool, ricevette una pesante contestazione prima di un suo concerto nel maggio 2005, perché impegnato a seguire in diretta tv la finale della Coppa dei Campioni tra la sua squadra contro il Milan, che si fece rimontare tre gol dai Reds. Il lIverpool vinse il trofeo ai rigori, facendo durare il match oltre due ore.

I Pink Floyd sono sempre stati tifosissimi dell'Arsenal ma amavano anche giocare a calcio, tanto da fondare il Pink Floyd Football Club, composto dai quattro membri della band, fonici e roadie. Giocarono contro squadre di giornalisti e simili compagini.
Roger Waters, ovviamente, nella sua innata modestia, ha sempre sostenuto di essere stato il migliore in campo.

Nota la passione per il pallone anche di Bob Marley. Come i Pink Floyd fondò una squadra di musicisti e tecnici del suono, la The House Of Dread F.C, arrivando anche a giocare una partita con i neo campioni di Francia del Nantes, nel 1980, cinque contro cinque, persa di misura 4 a 3.

Rod Stewart è notoriamente un grande appassionato e da giovane provò anche la carriera di calciatore facendo un provino per le giovanili della squadra di Terza Divisione del Brentford (la stessa con cui aveva provato, con scarsissimi risultati, pure Keith Richards), alla fine degli anni Cinquanta ma abbandonando presto per dedicarsi alla musica.
“Avevo sedici anni e mi stavo contemporaneamente appassionando anche alla musica. Andai al provino, che durò una settimana, più per fare un piacere a mio padre che sperava che almeno uno dei suoi tre figli diventasse calciatore. Curiosamente mi interessa giocare più adesso di allora, non credo comunque che avrei fatto strada. Ad ogni modo ho giocato con giocatori professionisti in partite di beneficenza ad Hampden Park, con i miei idoli, come Denis Law e Kenny Dalglish e a Wembley sei volte, cosa che la quasi totalità dei calciatori non riesce a fare. Ho giocato in un sacco di grossi stadi, con tanti grandi giocatori, senza dovermi sacrificare per allenarmi o cose del genere".

Elton John per non perdere tanto tempo si comprò, nel 1976, invece una squadra, il Watford, di cui è sempre stato tifoso fin da bambino.
Ne divenne presidente e dalla Quarta Divisione salirono, per la prima volta, in Premier League nel 1982, per centrare un clamoroso secondo posto nella stagione successiva, andando anche in finale della FA Cup, persa per 2-0 contro l'Everton. Successivamente ha lasciato la proprietà, rientrando un paio di volte per sistemare la situazione finanziaria precaria (suonando anche alcuni concerti nello stadio per devolvere i fondi al club). Ne è rimasto presidente onorario, detiene ancora importanti quote di proprietà e gli è stata dedicata la tribuna “Sir Elton John”.

Anche se Morrissey si è sempre dichiarato fan dello United, pare che ne sapesse ben poco di calcio.
Più circostanziato l'ex chitarrista degli Smiths, Johnny Marr, fan del City: Gli allenatori di calcio verso la fine degli anni Settanta non vedevano di buon occhio i ragazzi che avevano connessioni col mondo musicale. Fui scartato dall’allenatore delle giovanili del City a un provino per via delle mie inclinazioni musicali, ero sicuramente bravo a sufficienza per le giovanili del Manchester City , ma ero l’unico che si truccava gli occhi. Metà dei giocatori della partita preferirono girarmi al largo, l’altra metà cercò di colpirmi ininterrottamente, continuai a provocarli, la mia carriera calcistica era destinata a durare poco in ogni caso.

Vale la pena di ricordare “The man don’t give a fuck” del 1996 dei Super Furry Animals, dedicata a Robin Friday, scomparso nel Dicembre 1990 a 38 anni, leggenda del Cardiff City, squadra della loro città.
Calciatore dotato di un eccezionale talento, ebbe una carriera sfavillante nelle divisioni inferiori inglesi, costellata però da eccessi di ogni genere, alcool, droghe, donne, risse e follie in campo e fuori.

Uno dei più famosi DJ radiofonici, John Peel, era anche un grande tifoso del Liverpool (tanto da chiamare i figli Shankly e Dalglish, cognomi di due grandi esponenti della squadra).
Interessante la sua comparazione di calcio e musica, quando, negli anni Novanta, il business cominciò ad entrare prepotentemente nel calcio, quando tracciò un parallelismo con l’industria musicale dichiarando:
”Sebbene entrambi siano condotti da gente volgare e rozza che non ha a cuore altro che il cliente pagante, il prodotto, in entrambi i casi, mantiene una capacità di partecipazione emotiva che va oltre la comprensione dei suddetti rozzi e volgari.” Molte squadre hanno adottato canzoni come inno delle curve o da usare all'inizio delle partite. Uno dei primi esempi fu “The Liquidator” di Harry J Allstars del 1969, un classico della famosa etichetta Trojan, brano ska strumentale molto popolare nelle curve inglesi anni Settanta. I tifosi del Chelsea ne rivendicano l’uso in anteprima già dall’anno di uscita, sebbene siano in concorrenza con i colleghi di West Bromwich Albion, Wolverhampton Wanderers, Northampton Town , Wycombe Wanderers e St. Johnstone (Scozia).

Ma non sono solo i musicisti ad essere appassionati di calcio.
Più rari ma anche parecchi calciatori hanno esternato gusti musicali molto particolari e interessanti.
Evitando accuratamente le prove canore di molti di loro, che si sono dedicati alla realizzazione di canzoni o addirittura album con risultati pressoché totalmente imbarazzanti.

Fa eccezione la leggenda Pelé, che nel 2006 esordì con l'album “Ginga”, con 12 brani autografi, arrangiato dal jazzista Ruria Duprat, in equilibrio tra atmosfere tipicamente brasiliane, bossa nova e samba, con spruzzate di jazz con solo alcuni brani con tematiche a sfondo calcistico.
Anche Socrates (il “filosofo” o “Dottor Guevara del football” che fu con Fiorentina, Santos, Flamengo, Corinthias e 60 volte in Nazionale) incise il LP “Casa de Cabloco” con musica tradizionale sertaneja che vendette velocemente 50.000 copie e partecipò nel 1982 alle registrazioni dell’album “Aquarela” di Toquinho nel brano "Corinthians do Meu Coração" (dedicata alla squadra in cui stava giocando ai tempi e di cui il grande cantautore brasiliano è sempre stato tifoso).

Stuart Pierce (ex West Ham, City, Nottingham Forest, Newcastle, allenatore dell' Inghilterra Olimpica, detto anche “Psycho Pearce”) ha dichiarato in un’intervista le sue origini punk rock: "Quando avevo 14 anni, dopo la scuola, andavo dritto alla camera da letto per ascoltarmi i miei dischi. Le pareti avevano manifesti di tutte le band che mi piacevano: Clash, Stranglers, Stiff Little Fingers, Bowie. Avevo anche un enorme poster di 'Holidays in the Sun' dei Sex Pistols. Non avevo idea di quello che volevo fare allora - non ce l’ho nemmeno ora - ero solo dentro la musica. Non mi interessava ascoltare canzoni lente o le ballate, volevo solo qualcosa di veloce e forte che potevo cantare saltando su e giù sul letto con una mazza da baseball come un idiota. 'Complete control' dei Clash era la canzone più dura che avevo, tutto quello che volevo era in quel pezzo. Mi sparavo 'White Riot' dei Clash prima di andare a giocare, soprattutto quando ero nel Forest.”

I Rolling Stones sono sempre stati appassionatissimi di cricket (il solo Bill Wyman è folle per il Crystal Palace ma soprattutto tifa contro il Millwall per cui non esita usare parole di vero e proprio odio) ma Mick Jagger, cuore Arsenal, ama tantissimo anche il calcio, soprattutto le partite della Nazionale.
Anche se la fama che lo accompagna non è delle migliori.
Immancabilmente la sua presenza sugli spalti coincide con una sconfitta (Mondiali, Europei, competizioni internazionali) della compagine inglese.

Robert Plant, ex voce dei Led Zeppelin, è un accanito fan del Wolwerhampton.

L'elenco è pressoché infinito e coinvolge personaggi insospettabili, intellettuali che ci hanno regalato canzoni epiche, ricche di concetti sociali, politici, introversione, riflessioni profonde sul senso della vita ma che di fronte alla passione per una squadra o al colore della maglia di riferimento, ritrovano il gusto per quello che è il divertimento popolare per eccellenza, che trascende collocazioni socio economiche o posizioni politiche.

Purtroppo, come è ben noto, il “sistema calcio” sta andando sempre di più verso una dimensione puramente utilitaristica, dove il guadagno o la possibilità di utilizzare le squadre per questioni fiscali o affini hanno attirato holding finanziarie, fondi opachi, sceicchi e magnati di dubbia provenienza, che nulla hanno a che fare con l'amore per la maglia.
Curiosamente ma non troppo anche la musica e la discografia hanno intrapreso strade simili, vanificando progressivamente due mondi che hanno rappresentato un sogno per milioni di persone in tutto il mondo.

The dream is over cantava John Lennon, che di calcio non capiva niente.

martedì, ottobre 15, 2024

Yacht Rock #1

L'amico LEANDRO GIOVANNINI inizia oggi una rubrica settimanale dedicata allo YACHT ROCK, ambito musicale spesso vituperato ma che nasconde piccole gemme degne di essere scoperte.

Quando Antonio mi ha chiesto di scrivere dei post sullo Yacht-Rock, ben sapendo che il suo blog è letto principalmente da appassionati di rock e affini, ho subito pensato a quanto possa sembrare provocatorio.
In questa serie di post dedicati al genere cercherò almeno di incuriosire chi pensa che il tutto si riduca a maledire Christopher Cross e poco altro.
Ignorare lo Yacht-Rock però sarebbe un errore: dietro la sua patina di armonie levigate e melodie zuccherose si cela una storia ricca di influenze e connessioni che meritano attenzione.

Intanto partiamo col dire che il termine Yacht-Rock prima del 2005 non esisteva, fu coniato in chiave ironica da JD Ryznar e dai creatori di una serie web satirica che parodiava artisti come Michael McDonald, Kenny Loggins e i Toto, immaginandoli come rappresentanti di uno stile di vita lussuoso, fatto di cocktail e yacht.
In altri contesti, come in Giappone, questo genere è comunemente conosciuto come AOR, in occidente si preferiva usare un termine come Westcoast Pop, in riferimento alla costa ovest degli States da cui proveniva gran parte di questa musica.

Il genere rimane comunque indefinibile, è caratterizzato da influenze jazz, funk, soul, soft-rock e pop, e nasce dall’esigenza di un pubblico adulto di immergersi in un sound sofisticato e rassicurante, lontano dalla turbolenza sociale e musicale di fine anni 70.

Lo Yacht-Rock è il suono della perfezione studiata a tavolino, e non puoi fare a meno di chiederti, se nel mezzo di tutta questa morbidezza, non ci sia una verità che ti sfugge, un’illusione dolceamara che ti accoglie tra le braccia mentre il rock muore a poco a poco.

Ma lo YR non sarebbe stato lo stesso senza i musicisti di studio, che hanno plasmato il genere con la loro precisione e versatilità.v Sono loro i veri architetti dietro molti degli album più iconici.
Anche se spesso restano nell’ombra, i loro contributi hanno reso possibile quel mix perfetto di pop, jazz, soul e rock che caratterizza lo Yacht Rock.

Di seguito alcuni dei nomi che hanno costruito le fondamenta sonore su cui è stato edificato lo YR: Jeff Porcaro (batteria), Steve Lukather (chitarra), Jay Graydon (chitarra e produzione), David Foster (tastiere e produzione), Larry Carlton (chitarra), Michael McDonald (voce e tastiere), Chuck Rainey (basso).

Ritornato prepotentemente di moda ai nostri giorni, grazie anche a personaggi come Thundercat, lo Yacht-Rock rimane la colonna sonora di un sogno americano dorato e inafferrabile.

Nei prossimi post parleremo dei protagonisti del genere, dai nomi più conosciuti fino ad arrivare ai dischi più oscuri e dedicando un capitolo agli artisti italiani che inconsapevolemente o meno, si sono cimentati con il genere.

lunedì, ottobre 14, 2024

Jesus Loves The Fools -The Carnival Of Fools Story di Filippo D’Angelo, Mauro Ermanno Giovanardi, Ezio Riboni, Dimitris Statiris

I Carnival Of Fools vissero dalla fine degli anni Ottanta fino al 1994.

Furono tra i primi e tra i pochi a mischiare punk e blues, sull'onda di band come Beasts of Bourbon e Nick Cave & the Bad Seeds.
Incisero due ep, Blues Get off My Shoulders, Love Will Tear Us Apart/Shadowplay (7" split con gli Afterhours), due album, Religious Folk, Towards the Lighted Town, e una raccolta, Blues Get off My Shoulder - The Anthology.

La fine della band coincide con la nuova veste di Mauro Ermanno Giovanardi e la conseguente nascita dei La Crus.

Il documentario Jesus loves the fools di Filippo D’Angelo, Mauro Ermanno Giovanardi, Ezio Riboni, Dimitris Statiris ne narra la storia, affiancandola agli anni in cui Milano produceva alcune delle migliori realtà musicali e artistiche in assoluto in Italia.
Le testimonianze dei protagonisti dell'epoca, dello stesso "Gio", dei musicisti che sono transitati della band, dipingono un attendibile quadro del periodo.
I filmati live e in studio sono un perfetto compendio a contestualizzare quegli anni (esteticamente soprattutto).

Documenti, filmati live, locandine, interviste a Manuel Agnelli, Violante Placido, Hugo Race, Paolo Mauri, Max Massimo Pirotta, Ermanno-Gomma Guarneri, Mox Cristadoro, Davide Sapienza, Cristina Donà, Max Donna, Giovanni Versari, Luca Talamazzi, Andrea Viotti, Antonio Bacciocchi, Rita Lilith Oberti, Daniela Giombini, Claudio Klaus Bonoldi, Giacomo Spazio, Carlo Albertoli.

domenica, ottobre 13, 2024

Classic Rock

Il nuovo numero di CLASSIC ROCK dedica la copertina agli Oasis.
Da parte mia ne parlo nelle "Opinioni" (se era opportuna o no la reunion) mentre recensisco il nuovo album di Fantastic Negrito, quello di Manu Chao, dei Bellrays, Klasse Kriminale, la compilation "Lievi Favole"

sabato, ottobre 12, 2024

Tesla Groove International

La Tesla Groove International (Unearthing previously unissued soul music from vintage reel-to-reel tapes through a tasty blend of philology, music production and artifacts restoration) ha deciso di mettere on line su Spotify il catalogo, in previsione, entro fine ottobre 2024, di caricare 300 master di studio takes, versioni scartate, demo acustici e molto altro, altrimenti destinati all'oblìo.

Si incomincia con la prima playlist di 141 brani per quasi 10 ore di eccellenti rarità soul e affini:

https://open.spotify.com/playlist/3ZWn9NTEhNH0QvB4rmsd6q

https://cannonballsoul.com/

https://www.facebook.com/teslagroove

https://teslagroove.bandcamp.com/

venerdì, ottobre 11, 2024

Bobo Yé Yé in Alto Volta

Situato in Africa Occidentale l’Alto Volta (dagli anni Ottanta Burkina Faso, grazie all'opera dell'indimenticato Thomas Sankara) divenne colonia francese tra il 1896 e il 1898, per conquistare poi l'indipendenza nel 1960.

L'autodeterminazione creò una serie di problemi comuni a molte entità post coloniali, tra disordini, instabilità politica, guerriglie, colpi di stato.

Ma favorì anche una notevole esplosione artistica e culturale.

Si creò la scena BOBO YE' YE', rappresentata musicalmente da band come i VOLTA JAZZ, attivi tra il 1964 e metà dei Settanta, COULIBALY TIDIANI e la sua Authentique Orchestre Dafra Star, LES IMBATTABLES LEOPARDS, Echo de L'Africa e altri, soprattutto nei primi anni Settanta.
Il sound assimilava elementi folk autoctoni, rumba congolese, funk, rhythm and blues, musica afro cubana ma anche rock, blues, tribalismo, canzone francese.
La compilation Bobo Yé Yé: Belle Epoque in Upper Volta documenta con 37 favolosi esempi sonori, perfetta testimonianza di quel personalissimo suono.

https://boboyeye.bandcamp.com/album/bobo-y-y-belle-epoque-in-upper-volta

Il fotografo SANLE' SORY ha documentato la scena Bobo Yé Yé (vedi le immagini in cima al post).
Sory ha iniziato la sua carriera fotografica nel 1960 a Bobo-Dioulasso, centro culturale del paese all'epoca.
Più avanti nel decennio, ha aperto Volta Studio.

giovedì, ottobre 10, 2024

Pioniere della musica elettronica in Italia


Nelle prime due foto Teresa Rampazzi, poi Hilda Dianda, Franca Sacchi, Doris Norton.

Riprendo un articolo di due anni, scritto per "Libertà" un paio di anni fa e già proposto nel blog, sulle pioniere italiane dell'elettronica.

Sappiamo purtroppo che la musica rock italiana è raramente riuscita ad esprimere talenti di particolare rilevanza a livello mondiale o europeo.
Molto meglio, per fare qualche esempio, è andata con la musica d'avanguardia con Luigi Nono o Luciano Berio, con le composizioni orchestrali e per il cinema di Ennio Morricone, per il canto lirico con Luciano Pavarotti, nel pop all'italiana dei vari Pausini, Ferro, Ramazzotti.
Ma scavando nel baule del dimenticatoio, tra quelle realtà rimaste sempre occulte, possiamo trovare grandi e piacevoli sorprese.

Ad esempio in pochi sanno o ricordano che l'Italia è sempre stata all'avanguardia nell'ambito della musica elettronica e sperimentale, a partire dagli esperimenti degli anni Venti dei Futuristi con personaggi come Francesco Balilla Pratella e Luigi Russolo che teorizzarono l'impiego del rumore da sostituire alle note e alle armonie. Russolo creò perfino uno strumento musicale ad hoc, l'Intona Rumori.

Ma fu nel Dopoguerra che nacque una scena elettronica italiana.

Nel 1955, a Milano, in Corso Sempione, viene creato lo Studio di Fonologia Musicale, terzo polo europeo di sperimentazione di musica contemporanea con strumentazioni elettroniche.
Nel 1963 Pietro Grossi fonda quello di Firenze, un anno dopo nasce a Torino lo SMET (Studio di Musica Elettronica di Torino) e a Milano il Gruppo di Elettronica e Cibernetica di Goffredo Haus, poi ribattezzato Laboratorio di Informatica Musicale. E da questo momento diventano protagoniste (come spesso accade) dimenticate, le donne.
Sperimentatrici, all'avanguardia in Italia e nel mondo, femministe, non con vacue parole ma nei fatti, in una società ancora patriarcale e maschilista come l'Italia degli anni Cinquanta e Sessanta.

Teresa Rampazzi è stata la principale rappresentante di questa scena.
Compositrice, pianista e ricercatrice musicale, visionaria, tra prime donne al mondo a occuparsi della produzione e diffusione di musica elettronica.
Nata nel 1914 fece partire il primo corso di musica elettronica al Conservatorio di Padova negli anni Cinquanta e fondò il Centro di Sonologia Computazionale, sperimentando nuove tecnologie, dai nastri magnetici ai sintetizzatori, affacciandosi per prima alla computer music, ricercando ogni aspetto del suono: analizzava l'onda sonora, prima che diventasse musica.
“Prima di fare musica dobbiamo studiare gli effetti fisici, acustici e psicologici di questo mezzo, le leggi matematiche alla base di ogni processo sonoro”.

Fin da giovane attratta da ogni nuova forma culturale diventò amica di personaggi della cultura, come Italo Calvino o Emilio Vedova, con cui intavolava lunghi confronti e discussioni.
Trasferitasi a Padova con il marito, si dedicò con forza alla diffusione della musica sperimentale e d'avanguardia, anche nelle scuole medie, in cui insegnava.
Incontrò il grande compositore John Cage da cui attinse preziosi insegnamenti. Fonda nel 1965 il gruppo N.P.S. (Nuove Proposte Sonore) che diventa uno dei più importanti studi di ricerca musicale privati.
Diventa docente di musica elettronica al Conservatorio di Padova, aprendo corsi in cui gli studenti potevano avere accesso a strumenti d'avanguardia.
Negli anni Settanta si avvicina al computer e alle sue illimitate possibilità, anche artistiche, componendo brani con l'utilizzo dei primi software. Dopo la scomparsa del marito, nel 1983, si trasferì ad Assisi approfondendo la conoscenza di musicoterapia, religioni orientali, astronomia, architettura.
Tornata nella natìa Bassano del Grappa ha costruito un suo studio di registrazione, continuando a comporre e sperimentare. Alla sua scomparsa, nel 2001, lasciò tutta la sua apparecchiatura al Conservatorio di Padova dove i suoi strumenti continuano ad essere usati dagli studenti.
Donna di ampie vedute, sempre al passo con i tempi e l'innovazione, ha creato un network di artisti internazionali, tenuto lezioni in tutto il mondo, sottolineando l’importanza della collaborazione, della diffusione e didattica musicale.

Hilda Dianda nasce in Argentina nel 1925 da genitori italiani.
Nonostante il suo lavoro sia sempre rimasto di nicchia i suoi meriti sono stati riconosciuti anche dal governo italiano nel 1964 quando le fu conferita una Medaglia al Merito per la Cultura e l'Arte.
Nonostante la sua attività si sia orientata principalmente verso le partiture orchestrali e da camera, ha utilizzato mezzi elettronici per registrare almeno quattro delle sue opere. Lavora per un certo periodo in Italia, prima di tornare in Argentina e proseguire i suoi studi e ricerche sulla sperimentazione elettronica.
Fugge nel 1972 dalla dittatura, componendo il brano anti regime “Despues el silencio”, lavora in California all'Electronic Music Lab, gira il Sud America continuando le sue sperimentazioni.

Franca Sacchi è nata nel 1940 a Milano. Pianista eccelsa tenne i primi concerti già a nove anni, stancandosi però presto della musica classica tradizionale e rimanendo affascinata, negli anni Sessanta, da quella elettronica e dalla “musique concréte”, perseguendo progetti interdisciplinari con pittori, scultori e architetti e con altri compositori.
Collabora a Bruxelles con Luciano Berio e Luigi Nono.
Nel 1968 si fa notare contribuendo con alcune musiche realizzate con mezzi elettronici per la XIV Triennale di Milano.
Fonda nello stesso anno con l'artista e designer Davide Mosconi il Centro Ricerche Musica Elettronica a Milano, in cui organizzò corsi di improvvisazione, dove la musica doveva essere creata sulla base di un "significato globale", in cui gli oggetti di tutti i giorni potessero essere fonti sonore.

“Essere artista donna in Italia è incredibilmente difficile”.

Affermazione condivisa da tutte le artiste italiane tagliate fuori dalle grandi scene. Unendosi ad altre donne illuminate del periodo, come La Rocca, Carla Accardi e Francesca Woodman, Franca Sacchi fonda negli anni '70 il gruppo femminista Rivolta 3, volto a promuovere l'autocoscienza femminile e a combattere ogni forma di oppressione artistica per rivendicare il proprio accesso e spazio all'interno di musei e istituzioni culturali, denunciando la mancanza di visibilità e le discriminazioni che stavano subendo. La sua attività prosegue e si espande, sia musicalmente, sia nella danza e nel teatro, che conseguendo il Magistero in musica sacra e canto gregoriano al Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, pur negando per tutta la vita specifici legami religiosi. Il suo album “En” del 1972 rimane una pietra miliare della musica elettronica italiana.

Significativa la storia oscura di Ingrid Mac Intosh che compare tra i collaboratori a diverse sperimentazioni con i primi computer adibiti a strumento musicale nello Studio di Fonologia Musicale a Firenze, nei primi anni Sessanta ma che non viene mai citata né ha lasciato testimonianze sonore.
Come sottolinea la studiosa Frances Morgan:
“L'assenza di donne nelle storie patrilineari non dovrebbe essere intesa come un effetto del 'dimenticato' di alcuni compositori, come se si trattasse di una svista accidentale , ma come una sintomatica mancanza di riconoscimento durante il periodo in cui molti di coloro che ora sono citati come pionieri erano nel loro momento più attivo”.

L'inglese Doris Norton si trasferisce in Italia nei prim anni Settanta, entra nella band prog Antonius Rex per poi passare a sperimentare con l'elettronica, arrivando ad elaborare teorie compositive i cui si lascia sempre più spazio all'intelligenza del computer, rendendo volutamente minimo l'intervento del musicista.
Verrà presto assunta come consulente informatica all'IBM per passare poi alla musica techno e pubblicare vari dischi nell'ambito.

Nomi dimenticati, esperienze importantissime nell'evoluzione sonora e culturale (in Italia spesso fatichiamo a mettere in stretta correlazione le parole e contesti “musica” e “cultura”, quasi fossero mondi antitetici, in realtà la stessa cosa), soprattutto, opere di valore insindacabile da un punto di vista strettamente artistico, per quanto spesso poco fruibili al grande pubblico. Le donne relegate in costante secondo piano, in quanto tali.
Persone di inestimabile valore, “dimenticate”, solo a causa di un'assurda mentalità patriarcale che sta minacciosamente tornando, tra le righe, anche a causa di una progressiva e prevalente deriva culturale, arrivata, acclamata da folle gaudenti, anche in Italia.

Fonte:
Breve storia della musica elettronica al femminile di Johann Merrich e Marco DeVidi (Arcana Edizioni)

mercoledì, ottobre 09, 2024

Television - s/t

Nella (nuova) rubrica "I sottovalutati", una serie di album che alla loro uscita non trovarono grande interesse di critica e pubblico e che successivamente sono rimasti nelle "retrovie" e spesso nel dimenticatoio, pur essendo di livello più che ottimo.
Le precedenti puntate qui: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Sottovalutati

I TELEVISION hanno segnato indelebilmente la storia del rock con il capolavoro del 1977, "Marquee Moon", disco passato quasi inosservato negli States ma che ebbe un fortissimo impatto e successo in Inghilterra, influenzando generazioni di artisti.

Il successivo "Adventure" fu un considerevole passo indietro, nonostante un buon livello qualitativo ma non comparabile con l'esordio.
Scioltisi poco dopo, ritornano insieme nel 1992 (periodo dell'esplosione grunge) per incidere quello che sarà l'ultimo album della band.

Un piccolo capolavoro colpevolmente spesso dimenticato ma che continua a risplendere di una luce vivissima.
Il marchio Television è di nuovo il tratto dominante, inimitabile, totale e assoluto, ma ancora più Lou Reediano, decadente, suadente, malato.
"1980 or so", "Call Mr. Lee" sono brani di assoluta eccellenza ma tutto l'album è una vera delizia.

Call Mr. Lee
https://www.youtube.com/watch?v=l4QZSDu1wx8

1880 or so
https://www.youtube.com/watch?v=Lrl7O-gyHJs

In world
https://www.youtube.com/watch?v=1awgT8N9BUk
Related Posts with Thumbnails