La fine degli anni Sessanta aveva cancellato FRANK SINATRA dal podio della popolarità.
Vendite in calo, attenzioni riservate a ben altro piuttosto che ad un ultra cinquantenne melodico.
Nel 1969 entra in studio per il suo lavoro più atipico (pubblicato nel 1970) che, forse per cercare di invertire l'infausta tendenza, cerca di guardare con più attenzione alle nuove sonorità.
Nulla di rock o psichedelico, per carità, ma affida a Bob Gaudio dei Four Seasons la scrittura, l'arrangiamento e la produzione del nuovo album e a Jake Holmes (autore di "Dazed and confused", portata alla notorietà dai Led Zeppelin, dopo essere stata ripresa dagli Yardbirds e co-accreditata dopo una causa legale con la band di Jimmy Page). Il concept verte su un uomo abbandonato dalla moglie (interpretato da Frank in veste di narratore) e costretto a crescere da solo i due figli piccoli.
Un disco malinconico, struggente a tratti ma particolare, dove l'inarrivabile voce di Frankie viaggia, come sempre, cristallina su basi orchestrali non così zuccherose o allegramente swinganti come d'abitudine ma molto più complesse e particolari.
Il sound è orchestrale ma con una base più pop rock, la voce e l'interpretazione intensissime con Sinatra a perfetto agio con la "nuova" materia (nonostante sia l'unico album in cui cantò su basi orchestrali pre registrate).
Vendette pochissimo (non più di 30.000 copie, una nullità per lui e per i tempi) ma rimane un episodio interessante e unico con le potenzialità di diventare un classico senza tempo.
"For A While" fu ripresa in una bellissima versione da Nina Simone: https://www.youtube.com/watch?v=Qq12jRWlitQ
martedì, giugno 17, 2025
Francesca Buscaglia - Etnografie Trap
Un illuminante saggio sul "fenomeno" TRAP, la marginalità dei suoi protagonisti, il costantemente voluto e cercato "folk devil" da demonizzare per la sua alterità rispetto alla normalità.
L'analisi prescinde dai contenuti musicali/artistici ma si concentra sulle "periferie urbane, spazi pieni di sconosciuti, spazi multiculturali dove l'appartenenza rappresenta una risorsa fondamentale."
"La musica trap oltre a prodotto musicale è la voce di una comunità immaginata, che offre alle comunità diasporiche dei giovani subalterni la possibilità di rispecchiarsi in un "noi" più moderno".
Interessante e perfettamente azzeccata la visione di come prima rap e poi trap siano diventati fenomeni globali e opportunità espressiva soprattutto di gruppi socialmente marginalizzati (per i quali il benessere esiste solo nelle pubblicità) che cercano (e talvolta trovano) nella musica un modo per uscire dall'anonimato e trovare fama, soldi e una modalità di scalata sociale. O imitandone movenze ed estetiche per sentirsi in qualche modo parte di "qualcosa".
In un mondo in cui "la geniale idea della governance neoliberale è stata riuscire a trasformare i diritti in qualcosa che si deve meritare" i giovani immigrati o di origine straniera si dibattono alla ricerca di un ruolo e di un'identità, sempre più pervicacemente negata e respinta.
La conclusione è propositiva, per quanto appaia utopica, alla luce del reale: "In questo momento è più che mai necessario...smettere i panni di meri osservatori e narratori di processi che riguardano "altri". Riprendere la voce: parlando, cantando, urlando se necessario. Proprio come stanno facendo, in modi e forme differenti, i giovani cosiddetti di prima e seconda generazione".
Il libro ha il profilo autorevole dell'autrice, educatrice di professione e antropologa, che lavora da anni nel sistema di accoglienza.
Ha intervistato i ragazzi, approfondendone con loro le problematiche quotidiane.
Ne esce una fotografia molto fedele, quanto drammatica dell'epoca attuale, convulsa, talvolta "illeggibile" e incomprensibile.
Un lavoro più che pregevole.
Francesca Buscaglia
Etnografie Trap
Agenzia X
204 pagine
euro 16
L'analisi prescinde dai contenuti musicali/artistici ma si concentra sulle "periferie urbane, spazi pieni di sconosciuti, spazi multiculturali dove l'appartenenza rappresenta una risorsa fondamentale."
"La musica trap oltre a prodotto musicale è la voce di una comunità immaginata, che offre alle comunità diasporiche dei giovani subalterni la possibilità di rispecchiarsi in un "noi" più moderno".
Interessante e perfettamente azzeccata la visione di come prima rap e poi trap siano diventati fenomeni globali e opportunità espressiva soprattutto di gruppi socialmente marginalizzati (per i quali il benessere esiste solo nelle pubblicità) che cercano (e talvolta trovano) nella musica un modo per uscire dall'anonimato e trovare fama, soldi e una modalità di scalata sociale. O imitandone movenze ed estetiche per sentirsi in qualche modo parte di "qualcosa".
In un mondo in cui "la geniale idea della governance neoliberale è stata riuscire a trasformare i diritti in qualcosa che si deve meritare" i giovani immigrati o di origine straniera si dibattono alla ricerca di un ruolo e di un'identità, sempre più pervicacemente negata e respinta.
La conclusione è propositiva, per quanto appaia utopica, alla luce del reale: "In questo momento è più che mai necessario...smettere i panni di meri osservatori e narratori di processi che riguardano "altri". Riprendere la voce: parlando, cantando, urlando se necessario. Proprio come stanno facendo, in modi e forme differenti, i giovani cosiddetti di prima e seconda generazione".
Il libro ha il profilo autorevole dell'autrice, educatrice di professione e antropologa, che lavora da anni nel sistema di accoglienza.
Ha intervistato i ragazzi, approfondendone con loro le problematiche quotidiane.
Ne esce una fotografia molto fedele, quanto drammatica dell'epoca attuale, convulsa, talvolta "illeggibile" e incomprensibile.
Un lavoro più che pregevole.
Francesca Buscaglia
Etnografie Trap
Agenzia X
204 pagine
euro 16
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Libri
sabato, giugno 14, 2025
Wp Store Pitti Uomo
Ringo a Passaggi Festival
Martedì 17-06-2025
@ WpStore Firenze -dalle 18.30
Via della Vigna Nuova, 75/R, 50123 Firenze
In consolle Fulci Dj
Guest at the party Antonio Bacciocchi
Pitti Uomo Firenze
PASSAGGI FESTIVAL 2025
https://www.passaggifestival.it/
Venerdì 27 giugno
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
Fano
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)
@ WpStore Firenze -dalle 18.30
Via della Vigna Nuova, 75/R, 50123 Firenze
In consolle Fulci Dj
Guest at the party Antonio Bacciocchi
Pitti Uomo Firenze
PASSAGGI FESTIVAL 2025
https://www.passaggifestival.it/
Venerdì 27 giugno
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
Fano
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)
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I me mine
venerdì, giugno 13, 2025
La Banda Bassotti e Fermin Muguruza a Roma. Un altro giorno d’amore.
A cura dell'amico Antonio Romano, già presente con una rubrica nel blog qui: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Antonio%20Romano
Torno a scrivere sulle colonne virtuali di questo blog dopo qualche anno.
Lo faccio perché certe serate ed emozioni vanno fermate, raccontate e condivise.
Sabato 7 giugno, a Roma, ho visto qualcosa che andava oltre il concerto: una festa vera, di amore e di lotta, fatta da gente vera.
Il ritrovo di una grande famiglia resistente.
Banda Bassotti e Fermin Muguruza sullo stesso palco.
Appartengo alla seconda generazione dei “figli” della Banda, quella nata a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, mentre uscivano “Figli della stessa rabbia” e “Balla e difendi”.
Personalmente li ho conosciuti col live “Un altro giorno d’amore” del 2001.
Avevo 13 anni.
Quel disco è stato un’esplosione, che non solo mi ha fatto scoprire anche Fermin Muguruza e i Negu Gorriak, ma che è stato l’accesso a una visione del mondo e della vita che non si studiava a scuola.
Una visione ed una strada che da solo, nella provincia di Lecce in cui sono cresciuto, difficilmente avrei maturato.
Il live inizia puntualissimo, alle 20, mentre il sole cala tra i palazzi popolari e le bandiere sventolano fiere attorno al palco.
La Banda Bassotti entra sulle note della “Marcia dei Soviet” suonata insieme ad una giovanissima sezione fiati ospite.
Mi sono commosso.
Non per nostalgia, ma per l’orgoglio che si respirava, per tutto ciò che quel momento rappresentava.
Avevo mio figlio di 4 anni sulle spalle e la mia compagna, incinta alla 39ª settimana, accanto a me.
E ho pensato al me stesso di 19 anni, quando prendevo il treno da Lecce di nascosto dai miei, per una birra al Sally Brown o per un festival oi! in qualche CSOA.
Dove, tra il pubblico o tra gli organizzatori, c’era sempre qualcuno della Banda e della loro crew ed io li guardavo con un quasi timore reverenziale, come si guardano gli eroi.
Angels with dirty faces, citando gli Sham 69.
E quella famiglia che vedevo allora, oggi è ancora lì.
Attorno a noi c’erano ragazzini e sessantenni, skin coi capelli bianchi, vecchi punk, coppie coi figli ormai cresciuti, e figli piccolissimi tenuti stretti al collo. Gente da tutta Italia, anche dall’estero.
La festa di una tribù.
Il set della Banda è stato tirato, diretto, potente.
Tutti i loro inni, uno dietro l’altro.
Qualche battuta di Picchio, con la sua ironia rude di borgata, l’energia di Sandokan, l’autorevolezza silenziosa di Scopa e poi tutti gli altri componenti, compresi gli ospiti, tra cui Kino degli Arpioni.
E c’era Sigaro.
Sempre lì, a ogni pezzo ti sembra che da un momento all’altro possa attaccare le sue parti e tornare a cantare le sue poesie.
Non c’è, ma c’è. Lo sappiamo tutti. Avanti uniti.
Dopo “L’Internazionale”, chiusura solenne del set e altra lacrima col pugno alzato, breve pausa e cambio palco.
Tocca all’ospite d’onore: Fermin Muguruza.
Con una nuova band, potentissima.
Fermin festeggia 40 anni di carriera, e ha scelto di celebrarli anche qui, nella sua seconda casa.
Due ore in cui ha portato tutto il suo mondo: Kortatu, Negu Gorriak, Clash, Specials, punk, reggae, dub, folk.
Una band rocciosa, calda, piena di groove. Davvero alto livello. Ritmo, lotta, sudore, orgoglio. Cuore working class che batte forte e che, ancora oggi, sa far innamorare.
Se questa musica, queste band, queste persone e le loro storie ci hanno insegnato qualcosa, è che non si deve smettere mai: di amare, di soffrire, di lottare, di cantare.
L’ho vissuto come un giorno importante, vero.
Senza nostalgia, senza passerelle, senza star. Un’occasione per ribadire il rispetto che dobbiamo alla Banda Bassotti, alla Gridalo Forte, a tutta la loro “vecchia crew”.
Perché hanno saputo unire rabbia e poesia, coscienza di classe e allegria, costruendo, e –senza esagerare- anche educando, una comunità che, nonostante tutto, resiste.
Con le Doc Martens rotte quando fischia il vento, ma sempre con la stessa fierezza.
Kids like me and you!
Torno a scrivere sulle colonne virtuali di questo blog dopo qualche anno.
Lo faccio perché certe serate ed emozioni vanno fermate, raccontate e condivise.
Sabato 7 giugno, a Roma, ho visto qualcosa che andava oltre il concerto: una festa vera, di amore e di lotta, fatta da gente vera.
Il ritrovo di una grande famiglia resistente.
Banda Bassotti e Fermin Muguruza sullo stesso palco.
Appartengo alla seconda generazione dei “figli” della Banda, quella nata a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, mentre uscivano “Figli della stessa rabbia” e “Balla e difendi”.
Personalmente li ho conosciuti col live “Un altro giorno d’amore” del 2001.
Avevo 13 anni.
Quel disco è stato un’esplosione, che non solo mi ha fatto scoprire anche Fermin Muguruza e i Negu Gorriak, ma che è stato l’accesso a una visione del mondo e della vita che non si studiava a scuola.
Una visione ed una strada che da solo, nella provincia di Lecce in cui sono cresciuto, difficilmente avrei maturato.
Il live inizia puntualissimo, alle 20, mentre il sole cala tra i palazzi popolari e le bandiere sventolano fiere attorno al palco.
La Banda Bassotti entra sulle note della “Marcia dei Soviet” suonata insieme ad una giovanissima sezione fiati ospite.
Mi sono commosso.
Non per nostalgia, ma per l’orgoglio che si respirava, per tutto ciò che quel momento rappresentava.
Avevo mio figlio di 4 anni sulle spalle e la mia compagna, incinta alla 39ª settimana, accanto a me.
E ho pensato al me stesso di 19 anni, quando prendevo il treno da Lecce di nascosto dai miei, per una birra al Sally Brown o per un festival oi! in qualche CSOA.
Dove, tra il pubblico o tra gli organizzatori, c’era sempre qualcuno della Banda e della loro crew ed io li guardavo con un quasi timore reverenziale, come si guardano gli eroi.
Angels with dirty faces, citando gli Sham 69.
E quella famiglia che vedevo allora, oggi è ancora lì.
Attorno a noi c’erano ragazzini e sessantenni, skin coi capelli bianchi, vecchi punk, coppie coi figli ormai cresciuti, e figli piccolissimi tenuti stretti al collo. Gente da tutta Italia, anche dall’estero.
La festa di una tribù.
Il set della Banda è stato tirato, diretto, potente.
Tutti i loro inni, uno dietro l’altro.
Qualche battuta di Picchio, con la sua ironia rude di borgata, l’energia di Sandokan, l’autorevolezza silenziosa di Scopa e poi tutti gli altri componenti, compresi gli ospiti, tra cui Kino degli Arpioni.
E c’era Sigaro.
Sempre lì, a ogni pezzo ti sembra che da un momento all’altro possa attaccare le sue parti e tornare a cantare le sue poesie.
Non c’è, ma c’è. Lo sappiamo tutti. Avanti uniti.
Dopo “L’Internazionale”, chiusura solenne del set e altra lacrima col pugno alzato, breve pausa e cambio palco.
Tocca all’ospite d’onore: Fermin Muguruza.
Con una nuova band, potentissima.
Fermin festeggia 40 anni di carriera, e ha scelto di celebrarli anche qui, nella sua seconda casa.
Due ore in cui ha portato tutto il suo mondo: Kortatu, Negu Gorriak, Clash, Specials, punk, reggae, dub, folk.
Una band rocciosa, calda, piena di groove. Davvero alto livello. Ritmo, lotta, sudore, orgoglio. Cuore working class che batte forte e che, ancora oggi, sa far innamorare.
Se questa musica, queste band, queste persone e le loro storie ci hanno insegnato qualcosa, è che non si deve smettere mai: di amare, di soffrire, di lottare, di cantare.
L’ho vissuto come un giorno importante, vero.
Senza nostalgia, senza passerelle, senza star. Un’occasione per ribadire il rispetto che dobbiamo alla Banda Bassotti, alla Gridalo Forte, a tutta la loro “vecchia crew”.
Perché hanno saputo unire rabbia e poesia, coscienza di classe e allegria, costruendo, e –senza esagerare- anche educando, una comunità che, nonostante tutto, resiste.
Con le Doc Martens rotte quando fischia il vento, ma sempre con la stessa fierezza.
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giovedì, giugno 12, 2025
Addio a Brian Wilson
Da sei mesi ho una rubrica fissa, ogni lunedì, nelle pagine di www.piacenzasera.it, intitolata "La musica che gira intorno".
Oggi ho scritto due righe di doveroso omaggio per la scomparsa di BRIAN WILSON.
https://www.piacenzasera.it/2025/06/addio-a-brian-wilson-i-suoi-facili-e-innocui-beach-boys-hanno-fatto-la-storia-del-rock/597831/
Oggi ho scritto due righe di doveroso omaggio per la scomparsa di BRIAN WILSON.
https://www.piacenzasera.it/2025/06/addio-a-brian-wilson-i-suoi-facili-e-innocui-beach-boys-hanno-fatto-la-storia-del-rock/597831/
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Heroes
Giangiacomo Schiavi - Il Piccolo Maracanà
Dal 1962 ai primi anni 70 a Gragnano Trebbiense, provincia di Piacenza, si svolse un appassionante, mitico, pionieristico (peraltro uno dei primi in assoluto) torneo notturno di calcio.
Nell'afoso luglio padano si giocavano due partite a sera (che spesso finivano con risultati "rotondi"), sei contro sei, senza il fuorigioco, 16 squadre divise in quattro gironi, quarti, semifinali e finale.
Il tutto davanti a 2/3.000 persone a sera, fino a 5.000 (calcolate 200.000 in sei anni), assiepate in un campo dietro al Comune del paese, ribattezzato “Il Piccolo Maracanà” .
Si affrontavano abitualmente squadre di Gragnano, i “Ramarri” (il simbolo era una versione gragnanese del coccodrillo della Lacoste...), squadra per cui tenevo e che non vinse mai (come al solito!), il “Bar Veneroni”, il “Gatto Nero”, il “Baby Brazil” di Gragnanino, l’”Olubra” di Castelsangiovanni”, i “Papaveri” di Piacenza (con i giocatori del Piacenza allora in serie C) e varie altre dalla provincia e dintorni.
In particolare è da ricordare la "Rassa Grama" (La cattiva razza), nucleo anarchico che si affiliava di volta in volta a un nuovo sponsor, ricco di talento, genio e sregolatezza. Non vinsero mai m entrarono nel mito e nella leggenda.
Abitavo a 2 km di distanza a Casaliggio (dove sono tornato a vivere 20 anni dopo) e ne vidi a decine.
Ancora senza troppi vincoli contrattuali, giocarono Pierino Prati, Pietro Anastasi, Osvaldo Bagnoli, Marchioro, Magistrelli, Ferrario, Poletti (nazionale nel 1970 nella semifinale con la Germania 4 a 3) e nomi ormai dimenticati come Bicicli dell’Inter, Ambrogio Pelagalli (campione d’Italia con il Milan), Da Pozzo (portiere di Inter e Genoa), Magistrelli.
Dopo qualche anno le società proibirono ai giocatori di fare partite al di fuori dai doveri contrattuali e allora, in cambio di soldi sottobanco sempre più consistenti (e in nero), giocavano in molti sotto falso nome.
Il calcio divenne sempre più affare professionale, i vincoli della federazione sempre più stretti e il torneo finì.
"Il piccolo Maracanà. Un campo, un paese, una leggenda", di Giangiacomo Schiavi, documenta al meglio il tutto ed è la ristampa di una precedente edizione introvabile, ora edita da La Valle Dei Libri (https://www.facebook.com/profile.php?id=61572005579050).
Leggere la sua stupenda prosa mi ha riportato incredibilmente a quei tempi, quei colori, quegli odori, quella "magia irripetibile", in un tuffo nostalgico, immensamente nostalgico, per tempi che, alla fine, rimpiango tanto, soprattutto leggendo una serie di nomi che facevano parte della mia quotidianità.
Le foto, stupende (e numerose), sono di Prospero Cravedi, l'introduzione di Simone Inzaghi (che con Pippo viveva e giocava a una manciata di kilomentri di distanza a San Nicolò).
Il Piccolo Maracanà oggi. Giangiacomo Schiavi
Il Piccolo Maracanà
La Valle dei Libri
150 pagine
20 euro
Nell'afoso luglio padano si giocavano due partite a sera (che spesso finivano con risultati "rotondi"), sei contro sei, senza il fuorigioco, 16 squadre divise in quattro gironi, quarti, semifinali e finale.
Il tutto davanti a 2/3.000 persone a sera, fino a 5.000 (calcolate 200.000 in sei anni), assiepate in un campo dietro al Comune del paese, ribattezzato “Il Piccolo Maracanà” .
Si affrontavano abitualmente squadre di Gragnano, i “Ramarri” (il simbolo era una versione gragnanese del coccodrillo della Lacoste...), squadra per cui tenevo e che non vinse mai (come al solito!), il “Bar Veneroni”, il “Gatto Nero”, il “Baby Brazil” di Gragnanino, l’”Olubra” di Castelsangiovanni”, i “Papaveri” di Piacenza (con i giocatori del Piacenza allora in serie C) e varie altre dalla provincia e dintorni.
In particolare è da ricordare la "Rassa Grama" (La cattiva razza), nucleo anarchico che si affiliava di volta in volta a un nuovo sponsor, ricco di talento, genio e sregolatezza. Non vinsero mai m entrarono nel mito e nella leggenda.
Abitavo a 2 km di distanza a Casaliggio (dove sono tornato a vivere 20 anni dopo) e ne vidi a decine.
Ancora senza troppi vincoli contrattuali, giocarono Pierino Prati, Pietro Anastasi, Osvaldo Bagnoli, Marchioro, Magistrelli, Ferrario, Poletti (nazionale nel 1970 nella semifinale con la Germania 4 a 3) e nomi ormai dimenticati come Bicicli dell’Inter, Ambrogio Pelagalli (campione d’Italia con il Milan), Da Pozzo (portiere di Inter e Genoa), Magistrelli.
Dopo qualche anno le società proibirono ai giocatori di fare partite al di fuori dai doveri contrattuali e allora, in cambio di soldi sottobanco sempre più consistenti (e in nero), giocavano in molti sotto falso nome.
Il calcio divenne sempre più affare professionale, i vincoli della federazione sempre più stretti e il torneo finì.
"Il piccolo Maracanà. Un campo, un paese, una leggenda", di Giangiacomo Schiavi, documenta al meglio il tutto ed è la ristampa di una precedente edizione introvabile, ora edita da La Valle Dei Libri (https://www.facebook.com/profile.php?id=61572005579050).
Leggere la sua stupenda prosa mi ha riportato incredibilmente a quei tempi, quei colori, quegli odori, quella "magia irripetibile", in un tuffo nostalgico, immensamente nostalgico, per tempi che, alla fine, rimpiango tanto, soprattutto leggendo una serie di nomi che facevano parte della mia quotidianità.
Le foto, stupende (e numerose), sono di Prospero Cravedi, l'introduzione di Simone Inzaghi (che con Pippo viveva e giocava a una manciata di kilomentri di distanza a San Nicolò).
Il Piccolo Maracanà oggi. Giangiacomo Schiavi
Il Piccolo Maracanà
La Valle dei Libri
150 pagine
20 euro
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mercoledì, giugno 11, 2025
Addio a Sly Stone
Si è spento a 82 anni SLY STONE, genio.
Ne ho ripetutamente parlato.
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2025/04/sly-lives-aka-burden-of-black-genius-di.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2024/06/sly-stone-thank-you-falettinme-be-mice.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2023/12/sly-stone-thank-you-falettinme-be-mice.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2023/03/sly-and-family-stone_01235083876.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2023/01/the-viscaynes.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2023/01/joel-selvin-sly-family-stone-oral.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2015/03/stone-flower-records.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2008/07/black-power-sly-family-stone.html
Ne ho ripetutamente parlato.
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2025/04/sly-lives-aka-burden-of-black-genius-di.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2024/06/sly-stone-thank-you-falettinme-be-mice.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2023/12/sly-stone-thank-you-falettinme-be-mice.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2023/03/sly-and-family-stone_01235083876.html
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Qui: https://tonyface.blogspot.com/2023/01/joel-selvin-sly-family-stone-oral.html
Qui: https://tonyface.blogspot.com/2015/03/stone-flower-records.html
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martedì, giugno 10, 2025
Cock Sparrer live a O2 Academy Islington, - 31 maggio 2025
L'amico Ramblin Erikk ci regala questa avvincnente recensione del concerto dei COCKSPARRER (e una serie di altre band, Ruts DC in primis) tenutosi da poco a Londra (sue anche le foto.)
La cupa linea di basso Dub di Segs continua a iniettare vibrazioni attraverso la nostra psiche collettiva, ancora diversi secondi dopo che, al termine di una tesa e nervosa versione dell' epocale "Babylon's Burning", lui, Dave Ruffy e Neil Heggarty, i Ruts DC, salutano il pubblico ansimante della 02 di Islington.
Ci troviamo nel cuore di Londra per festeggiare i 15 anni di "Vive Le Rock", il mensile piú autorevole in campo RnR e Punk in Inghilterra che, a occhio e croce, parecchi degli astanti seguono da quel primo, sperimentale numero con la buon'anima di Johnny Ramone in copertina.
Per tre lustri (e pur tra gli alti e bassi di una scrittura non sempre all' altezza della bontá ideale del progetto) la pubblicazione guidata da Eugene Butcher ha documentato le vicende del Rock piú sotterraneo e indipendente, con particolare attenzione al passato (specialmente 1977 e dintorni) pur mantenendosi sempre attentissima alle piú interessanti realtá contemporanee, locali e non, influenzando e fagocitando i gusti di un' intera generazione di lettori e ascoltatori, come ogni buona rivista musicale dovrebbe fare.
La nutrita line-up assemblata per l' occasione riflette da vicino questo spettro generazionale, a partire dagli emergenti Split Dogs e Knock-Off per proseguire con Desperate Measures, la band che vede alla voce lo stesso Butcher, Maid Of Ace e quegli enigmatici "Human Punks" annunciati sul cartellone e, infine, rivelatisi gli stessi Ruts che proprio con quello sferragliante classico chiudevano il loro seminale debutto "The Crack" nel 1979.
Indizio fin troppo palese e molti di noi avevano sgamato al volo, per quanto fosse lecito anche ipotizzare un' estemporanea formazione di "Vive Le Rockers" storici assemblati per l' occasione.
L' onore di chiudere e fare da testimoni alla serata spetta agli inossidabili padrini dello Street-Punk/Oi Cock Sparrer.
Beniamini locali, Londinesi dell' East End e attivi giá dal 1972, gli Sparrer godono di un' accoglienza calorosa da eroi, un ruolo che si sono guadagnati portando alta la bandiera di un Punk Rock grezzo, abrasivo ma sempre melodico e orecchiabile, figlio in egual misura del Glam dei primi '70, dei cori da stadio da cantare all' unisono e, soprattutto, di un' attitudine orgogliosamente Working-Class ritratta in maniera fedele dai loro pezzi, che raccontano storie di vita Inglese di tutti i giorni, tra lavoro, scazzi, pinte al pub nel weekend, tafferugli in curva e tutto il corollario di gioie e dolori che un andirivieni del genere comporta.
Amici dai tempi della scuola e arrivati alla grande esplosione Punk Britannica del '77 con giá cinque anni di solida carriera alle spalle, hanno, per modo di dire, approfittato di un' energia a loro vicina e a cui sentivano avrebbero potuto contribuire, in maniera non dissimile da quanto accadde a Stranglers, Ruts e gli stessi Clash.
Salgono sul palco sulle note di "Cum On Feel The Noize" degli Slade: Colin McFaull, Micky Beaufoy, Steve Burgess e Steve Bruce membri fondatori, lí dall' "Ora Zero", assieme al "Newboy" Daryl Smith, che si é unito al gruppo nell' ormai giá lontano 1992 rivelandosi da subito un innesto importantissimo.
A vederli, non fanno certo pensare allo stereotipo di Rockstar "elegantly wasted" e eternamente giovane e glamourous : i cinque mostrano tutti i loro anni, non fanno nulla per nascondere rughe o segni del dell' usura e assomigliano in tutto e per tutto al pubblico che si raduna ai loro concerti.
Attaccano, come consuetidine, con le sirene di "Riot Squad" seguita, in rapida successione, da "Watch Your Back" e "Workin" (tutte da "Shock Troops") un rituale che si ripete da quasi 40 anni, splendidamente immutabile come in uno show dei Ramones.
Arriva poi un trittico killer a rappresentare l' eccellente "Hand On Heart" dell' anno scorso : "With My Hand On My Heart", "Mind On Your Business" e "Here We Stand". Anthemiche, accorate e, a loro modo giá classiche, canzoni la cui apparente semplicitá tradisce in realtá una sottigliezza e un gusto compositivo non comuni, soprattutto in una band di area Street-Punk.
Il lavoro alla chitarra dell' asse Beaufoy/Smith é serrato ma ricco di ganci melodici, la sessione ritmica solida e metronomica mentre la voce tenorile del maestro di cerimonie Colin McFaull non perde un colpo, interpretando ogni strofa e storia con la consapevolezza di chi ha vissuto in prima persona e la maestria di un performer consumato, in grado di tenere platee di migliaia di persone nel palmo di una mano.
É un' esperienza, verrebbe da dire, religiosa nella sua carnale e, a tratti, brutale concretezza terrena : un rito colettivo che unisce etá, razze e denominazioni diverse, unite dal medesimo set di valori, stile di vita e amore per la musica.
Siamo galvanizzati dall' arrembante "One By One" e ritroviano noi stessi e molte delle persone che conosciamo nelle disavventure della protagonista di "Suicide Girls".
Questa é musica per la gente, fatta dalla gente: inni proletari che fotografano una realtá fatta di sbattimenti, piccole gioie, qualche colpo di culo ma sempre tanto orgoglio.
Per fortuna, in un' atmosfera non piú funestata dalle violenze gratuite ad opera di facinorosi destrorsi che spesso, tra i tardi anni '70 e primi '80, inquinavano concerti di questo tipo.
In pieno Thatcherismo, quando la destra in Inghilterra tentava una facile opera di proselitismo, facendo leva su malcontento e disoccupazione generali per tenere la classe operaia in silenzio e dalla parte loro. Quando gli skins del National Front si presentavano in prima fila ai concerti degli Sham 69, in cerca di grane : tempi cupi.
In barba agli anni che, visibilmente, avanzano, gli Sparrer suonano ancora perfettamente credibili quando intonano "What It's Like To Be Old" e "Because You're Young", sempre vibranti inni alla sfrontatezza giovanile e resta intatta anche la dolceamara disillusione nei confronti dello show-biz espressa in maniera così efficace in quadretti "kitchen-sink" come "Take 'Em All" e "Where Are They Now".
Hey, questi sono Cockneys dell' East End : sapevano dal principio che sarebbe stata tutta una grossa fregatura.
Leggenda vuole (e io ci voglio credere) che, quando nel 1977 Malcolm McLaren avvicinó la band con l' idea di metterla sotto la propria ala, i nostri gli diedero in breve il ben servito perché "non pagava mai il suo giro al Pub".
Pura "Stiff Upper Lip" Britannica.
"England Belongs To Me" risuona del coro unanime di 800 Punk, Skin, Mod e quant' altro presenti in sala: non un inno "Nazionalista" come gli osservatori piú miopi e faziosi l'hanno spesso erroneamente bollata, quanto piuttosto una sincera celebrazione di patriottismo proletario dedicato a chiunque, nativo o meno, faccia parte del paese che ha inventato la "Magna Carta", ben prima della Brexit e altre brutture per cui chissá per quanti anni ancora dovremo pagare il conto.
É chiaro, ad un ascoltatore attento, che l' Inghilterra di Colin McFaull e soci NON é certo quella della Brexit.
Con la promessa di "We're Coming Back" ("E non camminerete mai piú da soli") gli Sparrer si congedano, salutano e io mi rituffo nel network sterminato della Tube nella notte Londinese.
"A quanti concerti dei Cock Sparrer hai bisogno ancora di assistere?" mi hanno chiesto alcuni.
Semplice : il piú possibile!
Sensazioni di aggregazione e appartenenza come questa sono francamente impagabili.
E, come loro saranno sempre lí per noi ("Here We Stand") cosí noi accorreremo puntualmente ad ascoltarli ancora. Forever.
La cupa linea di basso Dub di Segs continua a iniettare vibrazioni attraverso la nostra psiche collettiva, ancora diversi secondi dopo che, al termine di una tesa e nervosa versione dell' epocale "Babylon's Burning", lui, Dave Ruffy e Neil Heggarty, i Ruts DC, salutano il pubblico ansimante della 02 di Islington.
Ci troviamo nel cuore di Londra per festeggiare i 15 anni di "Vive Le Rock", il mensile piú autorevole in campo RnR e Punk in Inghilterra che, a occhio e croce, parecchi degli astanti seguono da quel primo, sperimentale numero con la buon'anima di Johnny Ramone in copertina.
Per tre lustri (e pur tra gli alti e bassi di una scrittura non sempre all' altezza della bontá ideale del progetto) la pubblicazione guidata da Eugene Butcher ha documentato le vicende del Rock piú sotterraneo e indipendente, con particolare attenzione al passato (specialmente 1977 e dintorni) pur mantenendosi sempre attentissima alle piú interessanti realtá contemporanee, locali e non, influenzando e fagocitando i gusti di un' intera generazione di lettori e ascoltatori, come ogni buona rivista musicale dovrebbe fare.
La nutrita line-up assemblata per l' occasione riflette da vicino questo spettro generazionale, a partire dagli emergenti Split Dogs e Knock-Off per proseguire con Desperate Measures, la band che vede alla voce lo stesso Butcher, Maid Of Ace e quegli enigmatici "Human Punks" annunciati sul cartellone e, infine, rivelatisi gli stessi Ruts che proprio con quello sferragliante classico chiudevano il loro seminale debutto "The Crack" nel 1979.
Indizio fin troppo palese e molti di noi avevano sgamato al volo, per quanto fosse lecito anche ipotizzare un' estemporanea formazione di "Vive Le Rockers" storici assemblati per l' occasione.
L' onore di chiudere e fare da testimoni alla serata spetta agli inossidabili padrini dello Street-Punk/Oi Cock Sparrer.
Beniamini locali, Londinesi dell' East End e attivi giá dal 1972, gli Sparrer godono di un' accoglienza calorosa da eroi, un ruolo che si sono guadagnati portando alta la bandiera di un Punk Rock grezzo, abrasivo ma sempre melodico e orecchiabile, figlio in egual misura del Glam dei primi '70, dei cori da stadio da cantare all' unisono e, soprattutto, di un' attitudine orgogliosamente Working-Class ritratta in maniera fedele dai loro pezzi, che raccontano storie di vita Inglese di tutti i giorni, tra lavoro, scazzi, pinte al pub nel weekend, tafferugli in curva e tutto il corollario di gioie e dolori che un andirivieni del genere comporta.
Amici dai tempi della scuola e arrivati alla grande esplosione Punk Britannica del '77 con giá cinque anni di solida carriera alle spalle, hanno, per modo di dire, approfittato di un' energia a loro vicina e a cui sentivano avrebbero potuto contribuire, in maniera non dissimile da quanto accadde a Stranglers, Ruts e gli stessi Clash.
Salgono sul palco sulle note di "Cum On Feel The Noize" degli Slade: Colin McFaull, Micky Beaufoy, Steve Burgess e Steve Bruce membri fondatori, lí dall' "Ora Zero", assieme al "Newboy" Daryl Smith, che si é unito al gruppo nell' ormai giá lontano 1992 rivelandosi da subito un innesto importantissimo.
A vederli, non fanno certo pensare allo stereotipo di Rockstar "elegantly wasted" e eternamente giovane e glamourous : i cinque mostrano tutti i loro anni, non fanno nulla per nascondere rughe o segni del dell' usura e assomigliano in tutto e per tutto al pubblico che si raduna ai loro concerti.
Attaccano, come consuetidine, con le sirene di "Riot Squad" seguita, in rapida successione, da "Watch Your Back" e "Workin" (tutte da "Shock Troops") un rituale che si ripete da quasi 40 anni, splendidamente immutabile come in uno show dei Ramones.
Arriva poi un trittico killer a rappresentare l' eccellente "Hand On Heart" dell' anno scorso : "With My Hand On My Heart", "Mind On Your Business" e "Here We Stand". Anthemiche, accorate e, a loro modo giá classiche, canzoni la cui apparente semplicitá tradisce in realtá una sottigliezza e un gusto compositivo non comuni, soprattutto in una band di area Street-Punk.
Il lavoro alla chitarra dell' asse Beaufoy/Smith é serrato ma ricco di ganci melodici, la sessione ritmica solida e metronomica mentre la voce tenorile del maestro di cerimonie Colin McFaull non perde un colpo, interpretando ogni strofa e storia con la consapevolezza di chi ha vissuto in prima persona e la maestria di un performer consumato, in grado di tenere platee di migliaia di persone nel palmo di una mano.
É un' esperienza, verrebbe da dire, religiosa nella sua carnale e, a tratti, brutale concretezza terrena : un rito colettivo che unisce etá, razze e denominazioni diverse, unite dal medesimo set di valori, stile di vita e amore per la musica.
Siamo galvanizzati dall' arrembante "One By One" e ritroviano noi stessi e molte delle persone che conosciamo nelle disavventure della protagonista di "Suicide Girls".
Questa é musica per la gente, fatta dalla gente: inni proletari che fotografano una realtá fatta di sbattimenti, piccole gioie, qualche colpo di culo ma sempre tanto orgoglio.
Per fortuna, in un' atmosfera non piú funestata dalle violenze gratuite ad opera di facinorosi destrorsi che spesso, tra i tardi anni '70 e primi '80, inquinavano concerti di questo tipo.
In pieno Thatcherismo, quando la destra in Inghilterra tentava una facile opera di proselitismo, facendo leva su malcontento e disoccupazione generali per tenere la classe operaia in silenzio e dalla parte loro. Quando gli skins del National Front si presentavano in prima fila ai concerti degli Sham 69, in cerca di grane : tempi cupi.
In barba agli anni che, visibilmente, avanzano, gli Sparrer suonano ancora perfettamente credibili quando intonano "What It's Like To Be Old" e "Because You're Young", sempre vibranti inni alla sfrontatezza giovanile e resta intatta anche la dolceamara disillusione nei confronti dello show-biz espressa in maniera così efficace in quadretti "kitchen-sink" come "Take 'Em All" e "Where Are They Now".
Hey, questi sono Cockneys dell' East End : sapevano dal principio che sarebbe stata tutta una grossa fregatura.
Leggenda vuole (e io ci voglio credere) che, quando nel 1977 Malcolm McLaren avvicinó la band con l' idea di metterla sotto la propria ala, i nostri gli diedero in breve il ben servito perché "non pagava mai il suo giro al Pub".
Pura "Stiff Upper Lip" Britannica.
"England Belongs To Me" risuona del coro unanime di 800 Punk, Skin, Mod e quant' altro presenti in sala: non un inno "Nazionalista" come gli osservatori piú miopi e faziosi l'hanno spesso erroneamente bollata, quanto piuttosto una sincera celebrazione di patriottismo proletario dedicato a chiunque, nativo o meno, faccia parte del paese che ha inventato la "Magna Carta", ben prima della Brexit e altre brutture per cui chissá per quanti anni ancora dovremo pagare il conto.
É chiaro, ad un ascoltatore attento, che l' Inghilterra di Colin McFaull e soci NON é certo quella della Brexit.
Con la promessa di "We're Coming Back" ("E non camminerete mai piú da soli") gli Sparrer si congedano, salutano e io mi rituffo nel network sterminato della Tube nella notte Londinese.
"A quanti concerti dei Cock Sparrer hai bisogno ancora di assistere?" mi hanno chiesto alcuni.
Semplice : il piú possibile!
Sensazioni di aggregazione e appartenenza come questa sono francamente impagabili.
E, come loro saranno sempre lí per noi ("Here We Stand") cosí noi accorreremo puntualmente ad ascoltarli ancora. Forever.
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Concerti
lunedì, giugno 09, 2025
Quadrophenia Mod Ballett
E' iniziato il tour inglese dell'adattamento di "Quadrophenia" a uno spettacolo di BALLETTO: Quadrophenia Mod Ballett.
Alcune delle prime recensioni sono lusinghiere e pare che quello che potremmo definire un azzardo, stia superando le aspettative, nonostante le opinioni siano talvolta antitetiche.
I fan presenti a Plymouth non hanno potuto fare a meno di cantare i testi di alcuni dei loro brani preferiti sopra queste nuovissime versioni.
Gli amanti del rock che desiderano un po' della crudezza dei classici degli Who non rimarranno delusi, dato che le versioni originali e strumentali di "My Generation" e "Can't Explain" animano un paio di scene.
Tanto di cappello al coreografo Paul Roberts e al regista Rob Ashford per questa fenomenale interpretazione di cosa può significare uno spettacolo di balletto nel XXI secolo. Quadrophenia: A Mod Ballet è un evento imperdibile.
(Cornwalllive.com)
Negativo il commento di Peter Lathan (https://www.britishtheatreguide.info/reviews/quadrophenia-rev ) su British Theatre Guide.
La mia prima reazione è stata che se uno spettacolo musicale dà grande importanza alle parole – e questo certamente lo fa – allora la dizione deve essere impeccabile e i cantanti devono essere ascoltati, non sovrastati dalla band.
Purtroppo, troppo spesso non è successo: dubito di aver colto più del 20% di ciò che veniva cantato. Ed è un pezzo cantato ininterrottamente: non ci sono dialoghi.
Se entraste senza sapere di cosa tratta Quadrophenia, ne uscireste ben poco più consapevoli.
Musicalmente, a parte il pessimo bilanciamento del suono, non c'è nulla di cui lamentarsi: la band è eccellente e gli artisti sanno certamente cantare.
I costumi sono buoni e la scenografia interessante, sebbene per lo più non rappresentativa, sembra essere lì per dare l'opportunità al cast di salire in alto e, sulla rotazione centrale, camminare rimanendo fermi.
La coreografia è eclettica, spaziando dagli stili di danza dell'epoca ad alcuni movimenti ispirati alla danza e al teatro fisico.
Gli Who hanno fatto parte della mia giovinezza e della mia prima maturità.
Ero un fan, ma temo che Quadrophenia, lo spettacolo teatrale, non sia Tommy.
Devo mettermi tra coloro che - come era chiaro uscendo dal teatro - sono rimasti delusi.
Pete Townshend ha dichiarato alla BBC South East di ritenere che la storia di ribellione e cultura giovanile avrebbe dato vita a un "balletto potentemente ritmico ed emotivamente coinvolgente.
I temi dei giovani che crescono in tempi difficili sono ancora così attuali.
Sarà tenero, toccante, poetico ed epico.
Quando ho scritto opere rock, ho sempre pensato che fossero lì per essere sfruttate e trasformate.
Questo balletto è stato sottoposto a un workshop con Sadler's Wells e ha avuto un ottimo successo.
Ne sono rimasto profondamente toccato.
Stiamo portando l'etica della musica rock nel mondo del balletto".
Paul Weller espresse un'opinione assai dura sul rock e il balletto (a proposito di Freddie Mercury)...chissà cosa ne pensa di questo evento.
"Diceva di voler portare il balletto alle classi operaie, che stronzo”.
Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=So17h9Q633o
Breve estratto
https://www.youtube.com/shorts/-uueodmaaiQ
Tre minuti con intervista a Pete Townshend su Sky News
https://news.sky.com/video/iconic-mod-story-quadrophenia-reimagined-as-ballet-in-stunning-new-production-13342179
Alcune delle prime recensioni sono lusinghiere e pare che quello che potremmo definire un azzardo, stia superando le aspettative, nonostante le opinioni siano talvolta antitetiche.
I fan presenti a Plymouth non hanno potuto fare a meno di cantare i testi di alcuni dei loro brani preferiti sopra queste nuovissime versioni.
Gli amanti del rock che desiderano un po' della crudezza dei classici degli Who non rimarranno delusi, dato che le versioni originali e strumentali di "My Generation" e "Can't Explain" animano un paio di scene.
Tanto di cappello al coreografo Paul Roberts e al regista Rob Ashford per questa fenomenale interpretazione di cosa può significare uno spettacolo di balletto nel XXI secolo. Quadrophenia: A Mod Ballet è un evento imperdibile.
(Cornwalllive.com)
Negativo il commento di Peter Lathan (https://www.britishtheatreguide.info/reviews/quadrophenia-rev ) su British Theatre Guide.
La mia prima reazione è stata che se uno spettacolo musicale dà grande importanza alle parole – e questo certamente lo fa – allora la dizione deve essere impeccabile e i cantanti devono essere ascoltati, non sovrastati dalla band.
Purtroppo, troppo spesso non è successo: dubito di aver colto più del 20% di ciò che veniva cantato. Ed è un pezzo cantato ininterrottamente: non ci sono dialoghi.
Se entraste senza sapere di cosa tratta Quadrophenia, ne uscireste ben poco più consapevoli.
Musicalmente, a parte il pessimo bilanciamento del suono, non c'è nulla di cui lamentarsi: la band è eccellente e gli artisti sanno certamente cantare.
I costumi sono buoni e la scenografia interessante, sebbene per lo più non rappresentativa, sembra essere lì per dare l'opportunità al cast di salire in alto e, sulla rotazione centrale, camminare rimanendo fermi.
La coreografia è eclettica, spaziando dagli stili di danza dell'epoca ad alcuni movimenti ispirati alla danza e al teatro fisico.
Gli Who hanno fatto parte della mia giovinezza e della mia prima maturità.
Ero un fan, ma temo che Quadrophenia, lo spettacolo teatrale, non sia Tommy.
Devo mettermi tra coloro che - come era chiaro uscendo dal teatro - sono rimasti delusi.
Pete Townshend ha dichiarato alla BBC South East di ritenere che la storia di ribellione e cultura giovanile avrebbe dato vita a un "balletto potentemente ritmico ed emotivamente coinvolgente.
I temi dei giovani che crescono in tempi difficili sono ancora così attuali.
Sarà tenero, toccante, poetico ed epico.
Quando ho scritto opere rock, ho sempre pensato che fossero lì per essere sfruttate e trasformate.
Questo balletto è stato sottoposto a un workshop con Sadler's Wells e ha avuto un ottimo successo.
Ne sono rimasto profondamente toccato.
Stiamo portando l'etica della musica rock nel mondo del balletto".
Paul Weller espresse un'opinione assai dura sul rock e il balletto (a proposito di Freddie Mercury)...chissà cosa ne pensa di questo evento.
"Diceva di voler portare il balletto alle classi operaie, che stronzo”.
Il trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=So17h9Q633o
Breve estratto
https://www.youtube.com/shorts/-uueodmaaiQ
Tre minuti con intervista a Pete Townshend su Sky News
https://news.sky.com/video/iconic-mod-story-quadrophenia-reimagined-as-ballet-in-stunning-new-production-13342179
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Di cosa parliamo quando parliamo di musica,
Mod
venerdì, giugno 06, 2025
Secret Affair + The Mads + Statuto live a Torino 1 giugno 2025
Oscar Giammarinaro ci regala un resoconto del concerto di Secret Affair + The Mads + Statuto che si è tenuto il 1° giugno a Torino in occasione del 45° anniversario di Piazza Statuto.
Avevamo festeggiato i 30 anni di Piazza Statuto Mod nel 2010, con i Secret Affair.
La pandemia ci impedì di festeggiare i 40, ma noi abbiamo spostato ai 45 e sempre con loro: i più grandi, l'anima musicale di chi ha conosciuto la vita mod dal 1979 a oggi.
E raccontiamo subito del concerto della strepitosa band di Ian Page e Dave Cairns.
Un locale perfetto per i concerti e per ballare, un pubblico arrivato da varie parti d'Italia, un'atmosfera frizzante e un'attesa spasmodica per i nostri beniamini.
Premetto che i Secret Affair hanno voluto fortemente tornare suonare a Torino e hanno dato una disponibilità eccezionale abbinata alla loro risaputa professionalità.
Li avevo appena visti al Mayday di Londra e mi sarebbe "bastato" rivivere un concerto simile.
Ma al Q77 abbiamo vissuto più del solito rito mod che è il concerto dei S.A., abbiamo vissuto un'esperienza catartica in cui, da pubblico, abbiamo realmente suonato e cantato tutti insieme i loro brani da inizio a fine con un pathos che influiva addirittura sulla tecnica sublime dei musicisti e sulla voce di Ian che sul finale "rimbombava" brillante ancor più dell'inizio.
Sono sicuro che non ci sono parole adatte a descrivere questo concerto, sono sicuro che chi legge ricondurrà la mia euforia al mio solito fanatismo mod, ma sono altresì sicuro che chi c'era, invece, capirà benissimo ciò che intendo e non potrà far altro che darmi ragione, ringraziando il destino per averci dato modo di vivere un'esperienza simile.
I musicisti della band sono sopraffini, precisi e coinvolti.
Ian e Dave vanno oltre alla prestazione tecnica e artistica, Ian e Dave celebrano il concerto e ci ravvicinano e coinvolgono in ogni brano e in ogni nota.
Un'ora e venti minuti di musica, ritmo, cori e passione.
19 brani scelti sapientemente, dando maggior spazio all'album celebrato per i suoi 45 anni, praticamente quasi tutte le canzoni di "Glory Boys", ma anche la meravigliosa "One day in your life", "Lost in The Night","Do you know", "Walk away", "Sound of Confusion", l'inno "My World" e le cover "No Doctor" e "Do I love you".
Il pubblico canta, batte le mani, salta e balla, un'energia travolgente unica e inarrivabile, d'altronde se sono 45 anni che suonano i Glori Boys e sono 45 anni che ci troviamo in piazza, ci sarà per entrambi una forza divina che ci rende invincibili ed eterni.
Dave dialoga con la folla attraverso la sua chitarra e Ian canta e incanta.
I bis ci sono, senza stare a uscire e rientrare, e sono "Dancemaster" e "I'm not free", un finale che non dovrebbe finire mai.
Siamo stati fortunati a vivere un concerto così e proprio per i nostri 45 anni di vita di piazza.
Grande plauso ai milanesi The Mads, ai quali abbiamo chiesto di suonare per noi e hanno confermato la loro attitudine mod genetica, brani molto power e molto pop nello stesso tempo, qualità che si riscontra ai loro inizi come nel loro disco appena uscito, disco ovviamente più maturo, meglio arrangiato e ben curato, ma il talento in queste sonorità o c'è o non c'è e i "ragazzi" milanesi ci hanno davvero dato un saggio di conoscenza beat/soul '79 di livello europeo.
Di livello meno europeo le canzoni che abbiamo eseguito come Statuto, in quanto cover in italiano di brani storici del mod'79, ma è stato bellissimo avere sul palco ex componenti della band come Skeggia, Ometto, Naska e Alex Bumba che hanno suonato e cantato bene e con lo spirito della fierezza e dell'appartenenza alla storia della nostra band e quindi alla nostra piazza e quindi al Modernismo.
I djs ospiti sono dei fuoriclasse: Daniel, Henry e Renato ci hanno fatto ballare la sera del sabato era domenica dopo i concerti con le solite perle che illuminano i dancefloor di tutta Europa.
Fantastici ovviamente i djs torinesi cioè Cumiana e poi Ciro, Gallins, Davide,Naska e Bosco, ma non mi dilungo nell'elogio artistico perché voglio ringraziare di cuore tutti i Mods della piazza che hanno reso possibile questa due giorni con un impegno, una dedizione e una disponibilità straordinari , mettendo sempre prima il "noi" davanti all'"io", la piazza davanti a tutto.
E voglio essere preciso e chiaro partendo dai ringraziamenti a Carlo Bosco che ha reso la mostra un capolavoro! L'ha progettata, realizzata e costruita (con la preziosa collaborazione fisica di tutti noi, ovviamente).
Presto troveremo alla mostra un' esposizione stabile.
E poi grazie ad Andrea Napoli, mod di piazza Statuto esule a Londra da anni ma che è venuto apposta per l'evento e per seguire passo-passo i Secret Affair, provvedendo a ogni loro necessità ed esigenza, per due giorni, dall'atterraggio fino al decollo.
Grazie a Cumiana che ha curato la parte dei djs ,smontato e rimontato impianti, giradischi e la mostra; Ciro Silver Red che montato e smontato la mostra, trasportato la band all'aeroporto e molto altro; Zorro che è andato fino a Volvera a prendere e portare la tastiera per la band, Gallins che ha montato e smontato la mostra, trasportato la band, così come Ottavio.
Poi il giovane Giancry che ha montato e smontato la mostra; poi Lele e Panzarino che hanno organizzato lo Scooter Run delle Frecce Cromate (grazie personale a Panzarino che mi ha salvato la vita cambiandomi il filo della frizione) e grazie a Jacopo che ci ha prestato il basso per i S.A..
Solo mettendo tutti un po' del nostro, si possono ottenere risultati simili, un evento clamorosamente ben riuscito e di totale identità MOD al 100% (partecipato anche da pubblico d'ogni tipo).
Grazie allo staff del Q77 per la disponibilità e la professionalità.
Grazie ai tante/i intervenuti da Torino e da fuori Torino.
Ci vediamo al Raduno Mod Italiano del 26 e 27 settembre a CATTOLICA, passando da Milano il 7 giugno, da Viareggio il 14 giugno e da Genova il 5 settembre.
Il Modernismo è davvero possibile.
oSKAr Mods Piazza Statuto
Avevamo festeggiato i 30 anni di Piazza Statuto Mod nel 2010, con i Secret Affair.
La pandemia ci impedì di festeggiare i 40, ma noi abbiamo spostato ai 45 e sempre con loro: i più grandi, l'anima musicale di chi ha conosciuto la vita mod dal 1979 a oggi.
E raccontiamo subito del concerto della strepitosa band di Ian Page e Dave Cairns.
Un locale perfetto per i concerti e per ballare, un pubblico arrivato da varie parti d'Italia, un'atmosfera frizzante e un'attesa spasmodica per i nostri beniamini.
Premetto che i Secret Affair hanno voluto fortemente tornare suonare a Torino e hanno dato una disponibilità eccezionale abbinata alla loro risaputa professionalità.
Li avevo appena visti al Mayday di Londra e mi sarebbe "bastato" rivivere un concerto simile.
Ma al Q77 abbiamo vissuto più del solito rito mod che è il concerto dei S.A., abbiamo vissuto un'esperienza catartica in cui, da pubblico, abbiamo realmente suonato e cantato tutti insieme i loro brani da inizio a fine con un pathos che influiva addirittura sulla tecnica sublime dei musicisti e sulla voce di Ian che sul finale "rimbombava" brillante ancor più dell'inizio.
Sono sicuro che non ci sono parole adatte a descrivere questo concerto, sono sicuro che chi legge ricondurrà la mia euforia al mio solito fanatismo mod, ma sono altresì sicuro che chi c'era, invece, capirà benissimo ciò che intendo e non potrà far altro che darmi ragione, ringraziando il destino per averci dato modo di vivere un'esperienza simile.
I musicisti della band sono sopraffini, precisi e coinvolti.
Ian e Dave vanno oltre alla prestazione tecnica e artistica, Ian e Dave celebrano il concerto e ci ravvicinano e coinvolgono in ogni brano e in ogni nota.
Un'ora e venti minuti di musica, ritmo, cori e passione.
19 brani scelti sapientemente, dando maggior spazio all'album celebrato per i suoi 45 anni, praticamente quasi tutte le canzoni di "Glory Boys", ma anche la meravigliosa "One day in your life", "Lost in The Night","Do you know", "Walk away", "Sound of Confusion", l'inno "My World" e le cover "No Doctor" e "Do I love you".
Il pubblico canta, batte le mani, salta e balla, un'energia travolgente unica e inarrivabile, d'altronde se sono 45 anni che suonano i Glori Boys e sono 45 anni che ci troviamo in piazza, ci sarà per entrambi una forza divina che ci rende invincibili ed eterni.
Dave dialoga con la folla attraverso la sua chitarra e Ian canta e incanta.
I bis ci sono, senza stare a uscire e rientrare, e sono "Dancemaster" e "I'm not free", un finale che non dovrebbe finire mai.
Siamo stati fortunati a vivere un concerto così e proprio per i nostri 45 anni di vita di piazza.
Grande plauso ai milanesi The Mads, ai quali abbiamo chiesto di suonare per noi e hanno confermato la loro attitudine mod genetica, brani molto power e molto pop nello stesso tempo, qualità che si riscontra ai loro inizi come nel loro disco appena uscito, disco ovviamente più maturo, meglio arrangiato e ben curato, ma il talento in queste sonorità o c'è o non c'è e i "ragazzi" milanesi ci hanno davvero dato un saggio di conoscenza beat/soul '79 di livello europeo.
Di livello meno europeo le canzoni che abbiamo eseguito come Statuto, in quanto cover in italiano di brani storici del mod'79, ma è stato bellissimo avere sul palco ex componenti della band come Skeggia, Ometto, Naska e Alex Bumba che hanno suonato e cantato bene e con lo spirito della fierezza e dell'appartenenza alla storia della nostra band e quindi alla nostra piazza e quindi al Modernismo.
I djs ospiti sono dei fuoriclasse: Daniel, Henry e Renato ci hanno fatto ballare la sera del sabato era domenica dopo i concerti con le solite perle che illuminano i dancefloor di tutta Europa.
Fantastici ovviamente i djs torinesi cioè Cumiana e poi Ciro, Gallins, Davide,Naska e Bosco, ma non mi dilungo nell'elogio artistico perché voglio ringraziare di cuore tutti i Mods della piazza che hanno reso possibile questa due giorni con un impegno, una dedizione e una disponibilità straordinari , mettendo sempre prima il "noi" davanti all'"io", la piazza davanti a tutto.
E voglio essere preciso e chiaro partendo dai ringraziamenti a Carlo Bosco che ha reso la mostra un capolavoro! L'ha progettata, realizzata e costruita (con la preziosa collaborazione fisica di tutti noi, ovviamente).
Presto troveremo alla mostra un' esposizione stabile.
E poi grazie ad Andrea Napoli, mod di piazza Statuto esule a Londra da anni ma che è venuto apposta per l'evento e per seguire passo-passo i Secret Affair, provvedendo a ogni loro necessità ed esigenza, per due giorni, dall'atterraggio fino al decollo.
Grazie a Cumiana che ha curato la parte dei djs ,smontato e rimontato impianti, giradischi e la mostra; Ciro Silver Red che montato e smontato la mostra, trasportato la band all'aeroporto e molto altro; Zorro che è andato fino a Volvera a prendere e portare la tastiera per la band, Gallins che ha montato e smontato la mostra, trasportato la band, così come Ottavio.
Poi il giovane Giancry che ha montato e smontato la mostra; poi Lele e Panzarino che hanno organizzato lo Scooter Run delle Frecce Cromate (grazie personale a Panzarino che mi ha salvato la vita cambiandomi il filo della frizione) e grazie a Jacopo che ci ha prestato il basso per i S.A..
Solo mettendo tutti un po' del nostro, si possono ottenere risultati simili, un evento clamorosamente ben riuscito e di totale identità MOD al 100% (partecipato anche da pubblico d'ogni tipo).
Grazie allo staff del Q77 per la disponibilità e la professionalità.
Grazie ai tante/i intervenuti da Torino e da fuori Torino.
Ci vediamo al Raduno Mod Italiano del 26 e 27 settembre a CATTOLICA, passando da Milano il 7 giugno, da Viareggio il 14 giugno e da Genova il 5 settembre.
Il Modernismo è davvero possibile.
oSKAr Mods Piazza Statuto
giovedì, giugno 05, 2025
Alberto Radius - Gente di Dublino
Alberto Radius è sempre stato, notoriamente, un cane sciolto all'interno della musica italiana, addirittura accusato di essere di "destra", in quanto mai esplicitamente schierato "a sinistra".
D'altronde era stato esplicito nel suo brano più famoso, "Nel ghetto" nel 1997: "Io non ho un partito, non mi basta il sindacato, un lavoro non me l'hanno mai trovato".
Ha lasciato piccoli gioielli come l'esordio omonimo del 1972, "Carta straccia" (1977) e "America goodbye" (1979).
Meno conosciuto e considerato "Gente di Dublino" del 1982.
Formidabile session man (Lucio Battisti, Pierangelo Bertoli, Alice, Milva, produttore di Giuni Russo), grande chitarrista con Formula 3 e Il Volo, cantante dalla voce personalissima, nei primi anni 80 collabora e suona con Franco Battiato per "La voce del padrone".
Ne approfitta per incidere un suo album con lo stesso (spettacolare) gruppo di musicisti: Sante Palumbo – pianoforte Paolo Donnarumma – basso, Alfredo Golino – batteria, Filippo Destrieri – tastiera, Stefano Pulga – pianoforte, Pietro Pellegrini – programmazione.
L'album è di altissima qualità.
Mezzora di musica che spazia dal pop, al rock, a costanti venature funk ("Centro Campo"), qualche cenno all'amato reggae.
Ci sono almeno due brani che avrebbero meritato il profilo di classico, il rock bluesy di "Lombardia" in cui si sente tutta la sua caratteristica anima compositiva, da subito riconoscibile e il pesante rock di "Olè".
C'è anche una sorpresa, rivelata successivamente.
Ovvero il diretto coinvolgimento compositivo di Franco Battiato nel disco (non mancano in effetti rimandi vicini alla penna del grande artista), sicuramente nei testi di un paio di brani "Centrocampo" (Sugli effetti dell’agopuntura sono quasi sicuro di me/Collegarmi alla mitologia dovrei) e "Gente di Dublino" (Le vacanze di settembre nella casa di Crimea/Forse tu pensi ancora che io ho letto troppo Marco Polo), decisamente vicini alla scrittura di Battiato.
Un lavoro di grande pregio, ovviamente contestualizzato al periodo di incisione ma che continua ad avere, oltre 40 anni dopo, grande fascino ed espressività.
In Lombardia
https://www.youtube.com/watch?v=wXYMFYEvm7E
Centro Campo
https://www.youtube.com/watch?v=c2KJYHnnEss
D'altronde era stato esplicito nel suo brano più famoso, "Nel ghetto" nel 1997: "Io non ho un partito, non mi basta il sindacato, un lavoro non me l'hanno mai trovato".
Ha lasciato piccoli gioielli come l'esordio omonimo del 1972, "Carta straccia" (1977) e "America goodbye" (1979).
Meno conosciuto e considerato "Gente di Dublino" del 1982.
Formidabile session man (Lucio Battisti, Pierangelo Bertoli, Alice, Milva, produttore di Giuni Russo), grande chitarrista con Formula 3 e Il Volo, cantante dalla voce personalissima, nei primi anni 80 collabora e suona con Franco Battiato per "La voce del padrone".
Ne approfitta per incidere un suo album con lo stesso (spettacolare) gruppo di musicisti: Sante Palumbo – pianoforte Paolo Donnarumma – basso, Alfredo Golino – batteria, Filippo Destrieri – tastiera, Stefano Pulga – pianoforte, Pietro Pellegrini – programmazione.
L'album è di altissima qualità.
Mezzora di musica che spazia dal pop, al rock, a costanti venature funk ("Centro Campo"), qualche cenno all'amato reggae.
Ci sono almeno due brani che avrebbero meritato il profilo di classico, il rock bluesy di "Lombardia" in cui si sente tutta la sua caratteristica anima compositiva, da subito riconoscibile e il pesante rock di "Olè".
C'è anche una sorpresa, rivelata successivamente.
Ovvero il diretto coinvolgimento compositivo di Franco Battiato nel disco (non mancano in effetti rimandi vicini alla penna del grande artista), sicuramente nei testi di un paio di brani "Centrocampo" (Sugli effetti dell’agopuntura sono quasi sicuro di me/Collegarmi alla mitologia dovrei) e "Gente di Dublino" (Le vacanze di settembre nella casa di Crimea/Forse tu pensi ancora che io ho letto troppo Marco Polo), decisamente vicini alla scrittura di Battiato.
Un lavoro di grande pregio, ovviamente contestualizzato al periodo di incisione ma che continua ad avere, oltre 40 anni dopo, grande fascino ed espressività.
In Lombardia
https://www.youtube.com/watch?v=wXYMFYEvm7E
Centro Campo
https://www.youtube.com/watch?v=c2KJYHnnEss
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Cultura 80's
mercoledì, giugno 04, 2025
Campionati di calcio 2024 / 2025
Uno sguardo a cosa è successo nei vari campionati di calcio in giro per l'Europa e non solo.
Sappiamo come sono andate le cose: campionato di livello sempre più basso. Contento per la conferma del Bologna al top e del "mio" Cagliari pur se deve aspettare di nuovo fino all'ultimo per salvarsi.
Sarebbe bello se per la prossima stagione l'obiettivo si alzasse almeno un po'.
Sull'operato dell'Inter una riflessione "romantica": mi è piaciuta l'attitudine punk "pretty vacant and we don't care" /"born to lose" nel provare a vincere tutto e non portare a casa niente.
Così si fa, senza calcoli e menate, ti butti senza ritegno e perdi tutto. Va bene così. Fossi un tifoso interista sarei contento.
Preoccupa lo stato di crisi di grandi società, alle prese con buchi finanziari spaventosi (prima coperti da presidenti appassionati e munifici) e in mano a fondi ai quali del risultato, del blasone etc importa nulla...
Come ogni anno è sempre più evidente che 20 squadre sono troppe in serie A e che la riduzione andrebbe stesa anche a B e Lega Pro.
In Spagna solito duello tra Real Madrid e Barcellona, la spuntano i primi, terzo l'Atletico madrid, Bilbao e Villareal.
Senza storia in Francia con il PSG avanti di 19 punti sul Marsiglia, poi Monaco e Nizza. E finalmente dopo un miliardo e 200 milioni spesi portano a casa la Champions, con una squadra giovane e fortissima.
Anche in Germania è sempre il Bayern a dominare, dodicesimo scudetto negli ultim itredici campionati (dopo lo stop dello scorso anno con il Leverkusen). In Inghilterra stravince il Liverpool sull'Arsenal a 10 punti, poi City e Chelsea.
Scende il Leicester.
Il Tottenham, quart'ultimo si prende la Europe battendo lo United, arrivato 15°...
In Scozia spadroneggia il Celtic davanti ai Rangers ma viene sconfitto nella Coppa di Scozia dall'Aberdeen.
Shamrock Rovers scudettati in Irlanda, il solito Linfield vince in Irlanda del Nord, sempre i New Saints primi nella Cimru League gallese,il Klaksvíkar Ítróttarfelag trionfa nelle Far Oer.
Lo Sporting conquista il campionato portoghese con due punti sul Benfica, al Basilea quello svizzero, Sturm in Austria, al Vaduz per la 51° volta su 64, la Coppa del Lichtenstein.
Sliema Wanderers campione di Malta, a sorpresa il Pafos a Cipro, la Virtus Acquaviva a San Marino, l'Inter Escaldes vince la Primera Divisiò di Andorra, il Differdange per la seconda volta consecutiva in Lussemburgo.
L'Union Saint Gillois vince in Belgio, il PSV di un punto sull'Ajax (che aveva nove punti di vantaggio) in Olanda, il Copenhagen di misura sul Midtjylland in Danimarca, ancora in corso i campionati in Norvegia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici, Bielorussia.
Andando nei Balcani, l'Olimpia Lubiana vince in Slovenia sul Maribor, lo Zrinjski Mostar in Bosnia, il Buducnost in Montenegro, lo Škendija in Macedonia del Nord.
In Croazia il Rijeka ha vinto (per la seconda volta) pur finendo a pari punti con la Dinamo Zagabaria e con la stessa diefferenza reti!!!
Ma sono valsi gli scontri diretti.
Terzo l'Hajduk di Gattuso.
La Stella Rossa fa 100 punti e stacca il Partizan, rimasto a 73, in Serbia.
Secondo scudetto (consecutivo) per l'Egnatia in Albania.
Olympiacos primo in Grecia, Galatasaray in Turchia (per la 25° volta, il più titolato in assoluto).
Lo Slavia Sofia vince di poco in Bulgaria, il Ferencvaros in Ungheria, il Lech Poznan di un punto sul Rakow in Polonia, lo Slavia Praga in Repubblica Ceca, lo Slovan Bratislava in Slovacchia, la Dinamo Kiev in Ucraina.
In Russia ha vinto per la prima volta il Krasnodar, come il Noah in Armenia.
In Azerbaigian per la quarta volta consecutiva il Qarabaq, il Milsami Orhei in Moldavia.
Tutti seguono sicuramente l'interessantissimo campionato Arabo Saudita che ha visto vincere l'Al Ittihad, davanti al Al-Hilal e l'Al Nassr di Ronaldo.
In India ha vinto la squadra di Calcutta, Mohun Bagan Super Giant, in Cina lo scorso anno lo Shangai Haigang, in Corea del Nord il Ryomyong, il Persib in Indonesia, il Melbourne City in Australia, l'RSB Berkane in Marocco, l'Esperance in Tunisia, il Mamelodi in SudAfrica.
La Platense campione d'Argentina per la prima volta nella storia.
Sappiamo come sono andate le cose: campionato di livello sempre più basso. Contento per la conferma del Bologna al top e del "mio" Cagliari pur se deve aspettare di nuovo fino all'ultimo per salvarsi.
Sarebbe bello se per la prossima stagione l'obiettivo si alzasse almeno un po'.
Sull'operato dell'Inter una riflessione "romantica": mi è piaciuta l'attitudine punk "pretty vacant and we don't care" /"born to lose" nel provare a vincere tutto e non portare a casa niente.
Così si fa, senza calcoli e menate, ti butti senza ritegno e perdi tutto. Va bene così. Fossi un tifoso interista sarei contento.
Preoccupa lo stato di crisi di grandi società, alle prese con buchi finanziari spaventosi (prima coperti da presidenti appassionati e munifici) e in mano a fondi ai quali del risultato, del blasone etc importa nulla...
Come ogni anno è sempre più evidente che 20 squadre sono troppe in serie A e che la riduzione andrebbe stesa anche a B e Lega Pro.
In Spagna solito duello tra Real Madrid e Barcellona, la spuntano i primi, terzo l'Atletico madrid, Bilbao e Villareal.
Senza storia in Francia con il PSG avanti di 19 punti sul Marsiglia, poi Monaco e Nizza. E finalmente dopo un miliardo e 200 milioni spesi portano a casa la Champions, con una squadra giovane e fortissima.
Anche in Germania è sempre il Bayern a dominare, dodicesimo scudetto negli ultim itredici campionati (dopo lo stop dello scorso anno con il Leverkusen). In Inghilterra stravince il Liverpool sull'Arsenal a 10 punti, poi City e Chelsea.
Scende il Leicester.
Il Tottenham, quart'ultimo si prende la Europe battendo lo United, arrivato 15°...
In Scozia spadroneggia il Celtic davanti ai Rangers ma viene sconfitto nella Coppa di Scozia dall'Aberdeen.
Shamrock Rovers scudettati in Irlanda, il solito Linfield vince in Irlanda del Nord, sempre i New Saints primi nella Cimru League gallese,il Klaksvíkar Ítróttarfelag trionfa nelle Far Oer.
Lo Sporting conquista il campionato portoghese con due punti sul Benfica, al Basilea quello svizzero, Sturm in Austria, al Vaduz per la 51° volta su 64, la Coppa del Lichtenstein.
Sliema Wanderers campione di Malta, a sorpresa il Pafos a Cipro, la Virtus Acquaviva a San Marino, l'Inter Escaldes vince la Primera Divisiò di Andorra, il Differdange per la seconda volta consecutiva in Lussemburgo.
L'Union Saint Gillois vince in Belgio, il PSV di un punto sull'Ajax (che aveva nove punti di vantaggio) in Olanda, il Copenhagen di misura sul Midtjylland in Danimarca, ancora in corso i campionati in Norvegia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici, Bielorussia.
Andando nei Balcani, l'Olimpia Lubiana vince in Slovenia sul Maribor, lo Zrinjski Mostar in Bosnia, il Buducnost in Montenegro, lo Škendija in Macedonia del Nord.
In Croazia il Rijeka ha vinto (per la seconda volta) pur finendo a pari punti con la Dinamo Zagabaria e con la stessa diefferenza reti!!!
Ma sono valsi gli scontri diretti.
Terzo l'Hajduk di Gattuso.
La Stella Rossa fa 100 punti e stacca il Partizan, rimasto a 73, in Serbia.
Secondo scudetto (consecutivo) per l'Egnatia in Albania.
Olympiacos primo in Grecia, Galatasaray in Turchia (per la 25° volta, il più titolato in assoluto).
Lo Slavia Sofia vince di poco in Bulgaria, il Ferencvaros in Ungheria, il Lech Poznan di un punto sul Rakow in Polonia, lo Slavia Praga in Repubblica Ceca, lo Slovan Bratislava in Slovacchia, la Dinamo Kiev in Ucraina.
In Russia ha vinto per la prima volta il Krasnodar, come il Noah in Armenia.
In Azerbaigian per la quarta volta consecutiva il Qarabaq, il Milsami Orhei in Moldavia.
Tutti seguono sicuramente l'interessantissimo campionato Arabo Saudita che ha visto vincere l'Al Ittihad, davanti al Al-Hilal e l'Al Nassr di Ronaldo.
In India ha vinto la squadra di Calcutta, Mohun Bagan Super Giant, in Cina lo scorso anno lo Shangai Haigang, in Corea del Nord il Ryomyong, il Persib in Indonesia, il Melbourne City in Australia, l'RSB Berkane in Marocco, l'Esperance in Tunisia, il Mamelodi in SudAfrica.
La Platense campione d'Argentina per la prima volta nella storia.
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Calcio
martedì, giugno 03, 2025
Mick Talbot
Riprendo l'articolo che ho dedicato a MICK TALBOT nell'inserto "Alias" de "Il manifesto" di sabato scorso.
Grazie a Cpt Stax per il prezioso contatto con Mick.
E' immenso il panorama di artisti che hanno calcato le scene e frequentato assiduamente gli studi di registrazione a fianco di grandi star, partecipato a dischi e concerti eccellenti ma restati sempre e comunque rigorosamente dietro le quinte.
Mick Talbot è un nome familiare solo ai cultori di un certo ambito sonoro, coloro che ne ricordano le gesta con Paul Weller negli Style Council, una delle band più significative degli anni Ottanta, perfetta nel creare un nuovo e unico sound che attingeva da soul, pop, jazz, elettronica, hip hop e tanto altro, in cui le tastiere del nostro erano protagoniste o perfetto compendio.
La sua discografia è sterminata e pure lui fatica a ricordare tutte le partecipazioni e collaborazioni.
Non è un funambolo virtuoso ma un musicista con un gusto sopraffino, in grado di intervenire con discrezione e puntualità là dove serve, con il suono adatto alla composizione, senza mai esagerare.
Curiosamente c'è solo un brano inciso esclusivamente a suo nome, lo strumentale That Guy Called Pumpkin in una compilation del 1990, poco dopo la fine degli Style Council.
In una lunga chiacchierata ha chiarito e ricordato alcuni di questi aspetti: “Io mi vedo prevalentemente come un collaboratore e un giocatore all'interno di una squadra ma potrei fare qualcosa a mio nome in futuro.
Al momento ho appena finito di incidere un nuovo album con Chris Bangs (l'inventore del termine “acid jazz” con cui ha già realizzato un ottimo lavoro nel 2022, Back To Business).
E' entrato a far parte degli Stone Foundation, storica band inglese che ha appena pubblicato il pregevole decimo album della carriera a base di un solido soul jazz venato di ritmi disco dance.
“E' il quinto album in cui suono con loro. Sono più coinvolto in questo che negli altri ed è un vero piacere far parte della formazione dal vivo”.
Sarà in concerto con loro il 19 settembre a Milano e il 20 a Bologna.
La sua storia parte da lontano quando da piccolo sua nonna lo intratteneva suonando il piano e incominciò a insegnarglielo. Poi arriva la passione per i Beatles, Who, Kinks e tanto soul della Motwon Records e improvvisamente esplode il punk. “Ho visto i Damned e i Clash agli inizi della loro carriera, così come molti altri. Quel movimento ha davvero iniettato molta energia ed entusiasmo nella scena musicale.”
Forma gli Sneekers, cover band di rhythm and blues, che, quando esplode il cosiddetto Mod Revival, si trasforma in Merton Parkas, uno dei primi riferimenti musicali per i nuovi giovani in parka e scooter.
Incideranno una manciata di singoli e un apprezzabile album, Face In The Crowd, ancora oggi fresco e pulsante.
Un'avventura che però dura poco e ha un modesto successo: “Non credo che i Merton Parkas fossero destinati a durare a lungo, ma mi sono messo in contatto con molte persone che avrebbero avuto un ruolo importante nel mio futuro. "Face In The Crowd" purtroppo non è riuscito a catturare il nostro sound sul palco, che era molto più potente.”
Contemporaneamente viene accolto alla corte dei Jam.
Paul Weller gli telefona (per la prima volta) per suonare il piano in una versione di Heatwave di Martha and the Vandellas nell'album Setting Sons.
Sciolti i Merton Parkas, Mick Talbot approda per poco tempo nella splendida avventura di Kevin Rowland, i Dexy's Midnight Runners.
“La band era già ai ferri corti e stava per sciogliersi e così ci restai per soli quattro mesi ma con Rowland ho lavorato spesso successivamente.”
Dura poco anche l'avventura con i pur ottimi Bureau, a base di un potente soul rock e un album di ottima qualità.
E' allora (fine 1982) che arriva la seconda telefonata di Paul Weller.
Sta sciogliendo i Jam, ha in mente quello che diventeranno di lì a poco gli Style Council e Mick è un perfetto compagno per spostarsi verso soul, jazz e suoni affini.
“La telefonata di Paul fu una vera sorpresa e ha portato a una lunga serie di progetti davvero interessanti. Abbiamo sempre cercato di essere aperti a influenze di ogni tipo che ci potessero influenzare.”
La band diventa un collettivo aperto a collaborazioni e sperimentazioni di ogni tipo. Tra grandi successi e rovinose cadute resta una delle esperienze più influenti degli anni Ottanta.
Basti pensare al sottovalutatissimo Confessions Of a Pop Group, del 1988, intriso di jazz, musica da camera, fusion, funk, dance, elettronica.
“Penso che l'album precedente, “Cost of loving” ci abbia fatto perdere molto supporto e di conseguenza questo nuovo episodio credo sia stato trascurato da alcuni dei nostri fan originali”.
Sicuramente fu stroncato e sbeffeggiato dalla critica.
Addirittura il previsto ultimo album “Modernism: A New Decade”, che utilizzava i nuovi suoni della house music di Detroit (che Weller considerava, non a torto, la nuova espressione della soul music) venne rifiutato dalla casa discografica e sancì la fine del gruppo.
“Forse siamo stati sottovalutati ai tempi ma ultimamente rivalutati, grazie anche a molte raccolte, ristampe e al documentario sulla band. La fine è arrivata al momento giusto perché credo che avessimo già raggiunto l'apice creativo e perso il nostro pubblico.”
Inizia dagli anni Novanta in poi una rutilante carriera in decine (forse centinaia) di album, singoli, in tour con una lunga serie di gruppi, sempre caratterizzati da uno stretto legame con il suo background culturale e artistico, basti pensare al lavoro con alcuni dei migliori esponenti della scena Acid Jazz, come Galliano o Young Disciples, con la cantante soul Candi Staton o la Britpop band dei Gene.
“Qualche volta riascolto qualcosa del mio passato discografico ma alla fine sono sempre impegnato a pensare prevalentemente al progetto successivo.”
Torna spesso in studio a collaborare nella sempre più travolgente carriera solista dell'ex sodale Paul Weller.
Sempre con estrema discrezione e in punta di piedi.
Mantiene uno stretto legame con Steve White, ex batterista degli Style Council, con cui incide un paio di ottimi album e condivide l'esperienza con i Players (in cui militavano anche Steve Cradock e Damon Minchella, degli Ocean Colour Scene, poi entrati nella band di Weller, che non disdegna occasionali collaborazioni a questi progetti).
Nel 2014 tocca il cielo con un dito quando Roger Daltrey degli Who lo vuole al piano per il mitico album condiviso con Wilko Johnson dei Dr.Feelgood, Going Back Home, a base di ruvido e basico rhythm and blues.
“Ovviamente suonare con uno degli Who è stato incredibile ma ancora di più è stato davvero emozionante lavorare con Wilko Johnson, poiché avevo seguito la sua band originale Dr Feelgood dal 1975.”
Qualche mese dopo entra in studio proprio con gli Who per il singolo Be Lucky.
Niente di memorabile ma una medaglia di questo tipo, da appuntare al petto per uno nato nel giro mod, è qualcosa di particolarmente prezioso.
Il suo approccio alla musica si riassume in poche sue stesse parole: “Non so se sono un tipo ambizioso. Dipende da quello che mi viene in mente. Mi piace suonare, e a volte può essere con due amici in una stanza sopra un pub con una tastiera presa in prestito. Una settimana, vent'anni fa, ho suonato tre brani in un pub con miei amici, uno all'ukulele, uno alla chitarra acustica e io al piano elettrico. Quella stessa settimana, ero sul palco della Royal Albert Hall a un gala di beneficenza di Hal David e Burt Bacharach con Dionne Warwick, Petula Clark, Sacha Distel e un sacco di altri nomi. Poi, circa cinque giorni dopo al Glastonbury Festival con gli Ocean Colour Scene. Non è proprio una settimana tipica ma potrebbe esserlo.”
Grazie a Cpt Stax per il prezioso contatto con Mick.
E' immenso il panorama di artisti che hanno calcato le scene e frequentato assiduamente gli studi di registrazione a fianco di grandi star, partecipato a dischi e concerti eccellenti ma restati sempre e comunque rigorosamente dietro le quinte.
Mick Talbot è un nome familiare solo ai cultori di un certo ambito sonoro, coloro che ne ricordano le gesta con Paul Weller negli Style Council, una delle band più significative degli anni Ottanta, perfetta nel creare un nuovo e unico sound che attingeva da soul, pop, jazz, elettronica, hip hop e tanto altro, in cui le tastiere del nostro erano protagoniste o perfetto compendio.
La sua discografia è sterminata e pure lui fatica a ricordare tutte le partecipazioni e collaborazioni.
Non è un funambolo virtuoso ma un musicista con un gusto sopraffino, in grado di intervenire con discrezione e puntualità là dove serve, con il suono adatto alla composizione, senza mai esagerare.
Curiosamente c'è solo un brano inciso esclusivamente a suo nome, lo strumentale That Guy Called Pumpkin in una compilation del 1990, poco dopo la fine degli Style Council.
In una lunga chiacchierata ha chiarito e ricordato alcuni di questi aspetti: “Io mi vedo prevalentemente come un collaboratore e un giocatore all'interno di una squadra ma potrei fare qualcosa a mio nome in futuro.
Al momento ho appena finito di incidere un nuovo album con Chris Bangs (l'inventore del termine “acid jazz” con cui ha già realizzato un ottimo lavoro nel 2022, Back To Business).
E' entrato a far parte degli Stone Foundation, storica band inglese che ha appena pubblicato il pregevole decimo album della carriera a base di un solido soul jazz venato di ritmi disco dance.
“E' il quinto album in cui suono con loro. Sono più coinvolto in questo che negli altri ed è un vero piacere far parte della formazione dal vivo”.
Sarà in concerto con loro il 19 settembre a Milano e il 20 a Bologna.
La sua storia parte da lontano quando da piccolo sua nonna lo intratteneva suonando il piano e incominciò a insegnarglielo. Poi arriva la passione per i Beatles, Who, Kinks e tanto soul della Motwon Records e improvvisamente esplode il punk. “Ho visto i Damned e i Clash agli inizi della loro carriera, così come molti altri. Quel movimento ha davvero iniettato molta energia ed entusiasmo nella scena musicale.”
Forma gli Sneekers, cover band di rhythm and blues, che, quando esplode il cosiddetto Mod Revival, si trasforma in Merton Parkas, uno dei primi riferimenti musicali per i nuovi giovani in parka e scooter.
Incideranno una manciata di singoli e un apprezzabile album, Face In The Crowd, ancora oggi fresco e pulsante.
Un'avventura che però dura poco e ha un modesto successo: “Non credo che i Merton Parkas fossero destinati a durare a lungo, ma mi sono messo in contatto con molte persone che avrebbero avuto un ruolo importante nel mio futuro. "Face In The Crowd" purtroppo non è riuscito a catturare il nostro sound sul palco, che era molto più potente.”
Contemporaneamente viene accolto alla corte dei Jam.
Paul Weller gli telefona (per la prima volta) per suonare il piano in una versione di Heatwave di Martha and the Vandellas nell'album Setting Sons.
Sciolti i Merton Parkas, Mick Talbot approda per poco tempo nella splendida avventura di Kevin Rowland, i Dexy's Midnight Runners.
“La band era già ai ferri corti e stava per sciogliersi e così ci restai per soli quattro mesi ma con Rowland ho lavorato spesso successivamente.”
Dura poco anche l'avventura con i pur ottimi Bureau, a base di un potente soul rock e un album di ottima qualità.
E' allora (fine 1982) che arriva la seconda telefonata di Paul Weller.
Sta sciogliendo i Jam, ha in mente quello che diventeranno di lì a poco gli Style Council e Mick è un perfetto compagno per spostarsi verso soul, jazz e suoni affini.
“La telefonata di Paul fu una vera sorpresa e ha portato a una lunga serie di progetti davvero interessanti. Abbiamo sempre cercato di essere aperti a influenze di ogni tipo che ci potessero influenzare.”
La band diventa un collettivo aperto a collaborazioni e sperimentazioni di ogni tipo. Tra grandi successi e rovinose cadute resta una delle esperienze più influenti degli anni Ottanta.
Basti pensare al sottovalutatissimo Confessions Of a Pop Group, del 1988, intriso di jazz, musica da camera, fusion, funk, dance, elettronica.
“Penso che l'album precedente, “Cost of loving” ci abbia fatto perdere molto supporto e di conseguenza questo nuovo episodio credo sia stato trascurato da alcuni dei nostri fan originali”.
Sicuramente fu stroncato e sbeffeggiato dalla critica.
Addirittura il previsto ultimo album “Modernism: A New Decade”, che utilizzava i nuovi suoni della house music di Detroit (che Weller considerava, non a torto, la nuova espressione della soul music) venne rifiutato dalla casa discografica e sancì la fine del gruppo.
“Forse siamo stati sottovalutati ai tempi ma ultimamente rivalutati, grazie anche a molte raccolte, ristampe e al documentario sulla band. La fine è arrivata al momento giusto perché credo che avessimo già raggiunto l'apice creativo e perso il nostro pubblico.”
Inizia dagli anni Novanta in poi una rutilante carriera in decine (forse centinaia) di album, singoli, in tour con una lunga serie di gruppi, sempre caratterizzati da uno stretto legame con il suo background culturale e artistico, basti pensare al lavoro con alcuni dei migliori esponenti della scena Acid Jazz, come Galliano o Young Disciples, con la cantante soul Candi Staton o la Britpop band dei Gene.
“Qualche volta riascolto qualcosa del mio passato discografico ma alla fine sono sempre impegnato a pensare prevalentemente al progetto successivo.”
Torna spesso in studio a collaborare nella sempre più travolgente carriera solista dell'ex sodale Paul Weller.
Sempre con estrema discrezione e in punta di piedi.
Mantiene uno stretto legame con Steve White, ex batterista degli Style Council, con cui incide un paio di ottimi album e condivide l'esperienza con i Players (in cui militavano anche Steve Cradock e Damon Minchella, degli Ocean Colour Scene, poi entrati nella band di Weller, che non disdegna occasionali collaborazioni a questi progetti).
Nel 2014 tocca il cielo con un dito quando Roger Daltrey degli Who lo vuole al piano per il mitico album condiviso con Wilko Johnson dei Dr.Feelgood, Going Back Home, a base di ruvido e basico rhythm and blues.
“Ovviamente suonare con uno degli Who è stato incredibile ma ancora di più è stato davvero emozionante lavorare con Wilko Johnson, poiché avevo seguito la sua band originale Dr Feelgood dal 1975.”
Qualche mese dopo entra in studio proprio con gli Who per il singolo Be Lucky.
Niente di memorabile ma una medaglia di questo tipo, da appuntare al petto per uno nato nel giro mod, è qualcosa di particolarmente prezioso.
Il suo approccio alla musica si riassume in poche sue stesse parole: “Non so se sono un tipo ambizioso. Dipende da quello che mi viene in mente. Mi piace suonare, e a volte può essere con due amici in una stanza sopra un pub con una tastiera presa in prestito. Una settimana, vent'anni fa, ho suonato tre brani in un pub con miei amici, uno all'ukulele, uno alla chitarra acustica e io al piano elettrico. Quella stessa settimana, ero sul palco della Royal Albert Hall a un gala di beneficenza di Hal David e Burt Bacharach con Dionne Warwick, Petula Clark, Sacha Distel e un sacco di altri nomi. Poi, circa cinque giorni dopo al Glastonbury Festival con gli Ocean Colour Scene. Non è proprio una settimana tipica ma potrebbe esserlo.”
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Mod Heroes
domenica, giugno 01, 2025
"Ringo Starr, batterista" in tour
Ieri intervista alla trasmissione "Stay Human" di Radio Popolare, condotta da Claudio Agostoni.
Qui il podcast: https://www.radiopopolare.it/trasmissione/stay-human/
Prossime presentazioni di "Ringo Starr, batterista", edito da Low Edizioni.
Giovedì 5 giugno
San Nicolò' (Piacenza), Biblioteca Comunale, via Dante Alighieri, ore 20.45 con Giovanni Battista Menzani con il suo "A Liverpool con i Beatles". Venerdì 27 giugno
PASSAGGI FESTIVAL a Fano
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)
Qui il podcast: https://www.radiopopolare.it/trasmissione/stay-human/
Prossime presentazioni di "Ringo Starr, batterista", edito da Low Edizioni.
Giovedì 5 giugno
San Nicolò' (Piacenza), Biblioteca Comunale, via Dante Alighieri, ore 20.45 con Giovanni Battista Menzani con il suo "A Liverpool con i Beatles". Venerdì 27 giugno
PASSAGGI FESTIVAL a Fano
Ore 18.15 - 19.15, Giardino Radicioni
ANTONIO BACCIOCCHI, “Ringo Starr, Batterista” (Edizioni Low)
Conversa con Paolo Molinelli (BeatleSenigallia)
sabato, maggio 31, 2025
Secret Affair a Torino 1 giugno
Per festeggiare i 45 anni di Piazza Statuto arrivano a Torino i Secret Affair, supportati dagli Statuto e dai Mads oltre a una serie di altre iniziative.
venerdì, maggio 30, 2025
Maggio 2025. Il meglio
Siamo ormai a metà del 2025: tra i migliori album quelli di Bob Mould, Sam Akpro, Freedom Affair, Southern Avenue, Little Barrie & Malcolm Catto, Suzanne Vega, The Loft, Sunny War, The War and Treaty, Ringo Starr, Iggy Pop, Cymande, Lambrini Girls, De Wolff, PP Arnold, Altons, Delines, Gyasi, M Ross perkins..
Ottime cose dall'Italia con Neoprimitivi, Casino Royale, Calibro 35, Cesare Basile, The Lings, Putan Club, Cristiano Godano, I Cani, Billy Boy e la sua Band, Megain Is Missing, Laura Agnusdei, Elisa Zoot, Roberta Gulisano, Angela Baraldi, Flavia Ferretti.
FRANK POPP ENSEMBLE - Waves
Frank Popp non delude mai. Soul, Northern soul, psichedelia, lounge, perfino kraut rock e ospiti particolarissimi come Nicke Andersson già con Entombed e Hellacopters alle prese con un tiratissimo soul in "Caught in Your Web" o Gerry Love dei Teenage Fanclub. E ancora l'attrice e modella Emma Noble e il cantante australiano J Mahon. Come sempre divertente, godibile, colorato, fresco, pieno di sorprese.
M ROSS PERKINS - What's the Matter, M Ross?
Al quarto album il cantautore dell'Ohio ci porta in un mondo profondamente Beatlesiano, a tratti in modalità calligrafica, ma che si concede anche a power pop, beat, boogaloo, tocchi di pop psichedelico. L'approccio è però molto personale, costantemente "folle" e alla fine originale. Una piacevolissima sorpresa.
FREEDOM AFFAIR - Freedom Affair
Spettacolare secondo album per la band americana, registrato in analogico e fedelissimo al sacro groove del più classico Southern Soul anni Sessanta/Settanta. Le stupende voci di Paula Saunders, Seyko Groves e Shon Ruffin vanno a nozze su una base caldissima che ci riporta ai fasti di un tempo. Non rivoluzionerà il mondo della musica ma rimarrà uno dei migliori album "black" del 2025.
SUZANNE VEGA - Flying With Angels
Assente da lungo tempo dalla discografia Suzanne Vega torna con un album davvero bello, vario, pieno di suggestioni sonore e testi combattivi che guardano con lucidità alla triste e complicata attualità (la struggente "Last Train to Mariupol").
Al classico folk rock affianca elementi soul (stupenda "Love Thief"), un inaspettato (quasi) garage punk rock in "Rats", un esplicito omaggio a Dylan ("Chambermaid" rilegge "I Want You").
Consueta classe, innata eleganza, voce inconfondibile, espressività al top.
EMMA JANE THACKRAY - Weirdo
La polistrumentista inglese al secondo album va oltre l'ora di musica, lungo 19 brani in cui esplora i più svariati sentieri, dall'acid jazz, al soul, al funk, allo swing, hip hop, drum and bass, fusion, jazz rock. Un lavoro monumentale, sempre di altissimo spessore, suonato alla perfezione e particolarmente ispirato.
PETE DOHERTY - Felt Better Alive
A 11 anni dal precedente album, il "sopravissuto a stento" ritorna in veste solista e festeggia di essere ancora vivo, dopo le note drammatiche vicissitudini. Lo scorso anno aveva scritto un mezzo capolavoro con i Libertines, oggi esce con un buon disco, malinconico, dalle frequenti tinte country, con qualche episodio più swingante, "Poca Mahoney" con Lisa O'Neill dal gusto punkeggiante. Merita un ascolto e la consueta vecchia domanda quanto i bad habits che lo hanno accompagnato per tanto tempo hanno aiutato o dissipato la sua creatività.
LOUIS PHILIPPE & THE NIGHT MAIL - The Road To The Sea
Piccolo genio della canzone meno scontata Louis Philippe ha sempre navigato in acque nascoste al grande pubblico, dall'esordio circa 40 anni fa con la "sua" El Records. In mezzo una nutrita discografia, sempre caratterizzata da un timbro ben riconoscibile che ritroviamo intatto anche in questo nuovo lavoro, prodotto da Andy Lewis. Difficile (e altrettanto facile) trovare riferimenti ma la sua musica unisce tasselli di Burt Bacharach, canzone francese, Style Council (in particolare quelli di "Café Bleu" e i classicismi di "Confessions Of A Pop Group"), Beach Boys, il primo Paul MccCrtney solista (con o senza Wings), Prefab Sprout, XTC. Delizioso.
SOUTHERN AVENUE - Family
Arrivano da Memphis, Tennessee e nel quarto album "Family" sfoderano una miscela entusiasmante di gospel, southern soul, country, blues.
Voci stupende, retaggi Staple Singers (non a caso hanno inciso per la Stax Records) e un approccio moderno e freschissimo.
TANIKA CHARLES - Reason To Stay
La soul woman canadese firma il quarto album in cui, ancora una volta, si muove, con grazia ed eleganza, nel soul più classico, con una predilezione per i tempi medi, le ballate intense e avvolgenti, melodie accattivanti, temperature calde, colori interpretativi intensi in pieno stile vintage anni Sessanta ma in una chiave moderna. Un lavoro godibile, divertente, solare, perfetto per ogni amante della soul music più pura.
THE AFRO-AMERICAN ENSEMBLE - Free The Black Man's Chains
Preziosa (prima) ristampa di un oscuro album del 1971 tra soul, funk e gospel, pubblicato dopo l'uscita di tre singoli dei Broad Street Gang. Tra i musicisti coinvolti Mitchell Rowe, Bobby Eli, Len Pakula, Daryl Hall, Ron Baker, Norman Harris, The Raelettes e gli archi arrangiati da Richie Rome. Una specie di concept propedeutico per un film o un musical (a cui l'impostazione compositiva si accosta spesso) ma che finì presto nel dimenticatoio. Un lavoro eccellente, da riscoprire e apprezzare.
SAULT - Acts Of Faith
Dopo aver bulimicamente riempito la sua discografia di album in pochi anni (l'ultima volta due anni fa con ben 5 lavori in contempranea) il collettivo inglese torna a farsi sentire, guidato dall'eccellente voce di Cleo Sol, con una suite divisa in 9 distinti brani a base di un soul funk molto melodico e soffice, moderno e avvolgente, di estrema gradevolezza, tra umori 70, Curtis Mayfield, gospel, jazz.
JAMES TAYLOR QUARTET - Only Messin'
Ormai la discografia di James Taylor (con o senza il Quartet o altre denominazioni) è inestricabile e le pubblicazioni non si contano più. Questo nuovo ep esce solo in vinile si avvale del contributo chitarristico del compare nei Prisoners, Graham Day, e di una sezione fiati che conferisce al ruvido funk soul dei quattro brani un groove pazzesco.
AA.VV. - The Countdown Records Story 1985-88
Poco prima di fondare la fortunata Acid Jazz Records, Eddie Piller ci provò con la Countdwon records per la quale incisero eccellenze come Makin' Time e Prisoners e nel 1985 pubblicò la seminale compilation "Countdown Compilation" con il meglio della nuova scena mod, successiva a quella del 1979, Prisoners, Makin Time, Times, The Moment, Gents, Scene, Fast Eddie tra i tanti.
A 40 anni dalla prima uscita esce questa nuova raccolta in vinile (per l'Acid Jazz) con alcune di quelle band e altre aggiunte, in una sorta di "meglio" dell'etichetta.
La tracklist è invitante e l'ascolto ci conforta per la freschezza che mantiene quel sound e ci fa rammaricare di come molti di questi nomi, pur con così tanto talento, non abbiano fatto strada.
CASINO ROYALE - Fumo
Senza dubbio una delle band più rappresentative e innovative che hanno attraversato lo scibile musicale italiano dal punk in poi. In grado di evolversi in continuazione, dallo ska iniziale a forme sonore sempre più contaminate, tra rock, funk, hip hop, soul, elettronica, dub, drum and bass e tanto altro, fedeli allo spirito della prima pietra miliare della fusione di stili, "Sandinista" dei Clash, a cui hanno fatto spesso esplicito riferimento. Il nuovo album è impostato come una suite unica che lega i vari brani, colonna sonora in cui convergono tutte le varie variabili dell'amata black music, declinata in chiave moderna ma con agganci voluti ed evidenti alle radici. A fianco degli storici membri Alioscia e Patrick Benifei, le voci della giovane rapper Alda e di Marta Del Grandi. Album stupendo e di altissimo livello.
CESARE BASILE - Nivura Spoken
Una delle particolarità più apprezzabili in un artista è la capacità di reinventarsi, rimettersi costantemente in discussione, aprirsi a nuovi orizzonti, senza cullarsi nell’auto omologazione. Cesare Basile non ha mai mai avuto di questi problemi, in una (lunga) carriera, costellata da continui e progressivi cambiamenti artistici, talvolta sorprendenti ma, con il senno di poi, appartenenti a un unicum creativo, saldamente legato da un robusto filo conduttore. Da tempo sperimenta con elettronica e una strumentazione spesso inventata e autocostruita. In questo progetto, rimasto per anni nel cassetto e finalmente pubblicato (in CD e cassetta), entra in un abrasivo e ostile ambito sonoro quasi industrial, talvolta dissonante, affiancandosi alle voci (dialettali e in lingua) di Nada, Rita Lilith Oberti, Sara Ardizzoni, Vera Di Lecce, Valentina Lupica e Sarah Elkahlout. Riservato e destinato a chi sa guardare avanti (e dentro).
EUGENIO FINARDI – Tutto
Uno dei cantautori italiani più rappresentativi in assoluto di sempre, chiude la carriera discografica con l’ultimo anno di inediti, a celebrare i 50 anni di attività. Lo fa con la consueta eleganza mista a rabbia, disillusione, speranza. Testi sempre incisivi, lucidi, spiazzanti che sanno guardare con uguale profondità passato, presente e futuro. Musicalmente si pone sempre in perfetto equilibrio tra canzone d’autore, rock, suoni ricercati, umori mediterranei. Se sarà veramente un addio, lo avrà fatto nel migliore dei modi.
THE PROPER – Meant To Say Something
La band guidata da Ivano Bonfanti firma il secondo album della carriera, iniziata nel 2015 in quel di Londra. Gli undici episodi sono solidi brani che mischiano power pop, mod rock alla Jam, melodie anni Sessanta e un sound chitarristico aspro e nervoso. La produzione (di Brett Buddy Ascott, ex Chords) è attenta ed efficace, le canzoni sono stilisticamente eclettiche, sempre ben composte e curate, l’attitudine quella giusta. Album maturo, di respiro internazionale e alto livello qualitativo.
LIQUID GERMS - Return to Earth
Inaspettato ritorno della band piacentina, nata nel 1997 ma dalla carriera altalenante, con vari cambi di formazione e una discografia limitata a un album e a uno split. Il previsto nuovo lavoro nel 2001 rimase confinato a un demo Cd che viene ora riproposto, completamente risuonato e con l'aggiunta di altre canzoni realizzate all'epoca. Il sound rimane quello degli esordi, un surf strumentale potente e amfetaminico, fortemente influenzato dalla lezione di Man Or Astroman e Devo, sposati al suggestivo immaginario dei film di fantascienza anni 60/70 da Star Trek alla serie UFO (con tanto di spezzoni audio ricavati dai film originali). Divertente, originale, suonato benissimo.
ARPIONI - Buona Mista Social Ska
La band "internazionale" pubblica il secondo volume (a 25 anni dal precedente), dedicato alla rivisitazione "in levare" di brani della canzone d'autore italiana. L'aspetto rilevante è innanzitutto la scelta del materiale, mai banale, che rovista nei meandri più oscuri, da I Ribelli a un brano "minore" di Lucio Dalla ma non disdegna classici come "Azzurro" o "Lugano addio". Ma c'è anche la capacità di riprendere il tutto attraverso le varie declinazioni dello ska, da quello più tradizionale, al rocksteady, alle origini con il Mento (folk giamaicano), fino a umori più classicamente original reggae. Irresistibile la "Tanto pe' cantà" con la voce di Valerio Mastrandrea, uno degli ospiti con Tonino Carotone, AWA FALL aka Sista Awa e Diego Bianchi. Un album divertente, solare, riuscitissimo.
A/LPACA - Laughter
Torna il dissonante quartetto mantovano con un nuovo album che parla, come ci hanno abituati, un linguaggio originale perché attinge da riferimenti insolitamente miscelati, che finiscono per produrre un insieme che non è semplice definire. Un pregio sempre meno comune. Nel nostro caso la matrice più genericamente ovvia è quella dei Sonic Youth, che sapevano abbinare un'attitudine punk alla voglia di sperimentare e rendere abrasivo tutto ciò che toccavano. Non dimenticano però certi sguardi alla psichedelia meno ovvia (e a quella Barrettiana), alla no wave, all'incedere ritmico ipnoticamente kraut. Ancora una volta hanno fatto centro.
NANA BANG! - How To Come Invisible
Nuovo album (prodotto e supervisionato da Giovanni Ferrario) per Andrea Fusari e Beppe Mondini ovvero i Nana Bang! side-project di GuruBanana. Undici brani in cui proseguono nel loro classico solco sonoro, figlio di Velvet Underground, Modern Lovers, Violent Femmes, tra folk punk, folate psichedeliche di sapore Paisley Underground, minimalismo rock (Pavement in particolare). Come sempre un progetto di alto spessore artistico, caratterizzato da composizioni eccellenti e una collocazione sonora perfettamente mirata.
EVA KUNT - Plastic Era
Dietro il suggestivo marchio di fabbrica si cela un personaggio di lunga esperienza nella musica nostrana, su lidi spesso molto distanti l'uno dall'altro. Dieci brani strumentali in cui confluiscono atmosfere lounge e chill out, una vena jazz di gusto anni Settanta, quando gradì molto mischiarsi al funk, un groove hip hop. Il tutto perfettamente gestito in chiave elettronica con campionamenti usati con discrezione e sapienza nel sapere creare un mood caldo, avvolgente e sinuoso.
SALMO – Ranch
Il rapper/autore sardo firma il settimo album di una carriera sempre più solida a livello di personalità, ben distinta e distintiva nel panorama musicale italiano. Salmo riesce ad affiancare perfettamente l’anima più hardcore a quella cantautorale, con il suo classico hip hop aggressivo ma che può aprirsi ad atmosfere riflessive e malinconiche. Un album ricco di idee e di testi maturi, pur nelle frequenti provocazioni verbali, sua peculiare caratteristica. Sa il fatto suo, riesce a soddisfare la base di estimatori abituali ma è sempre in grado di guardare più lontano, ogni volta aggiungendo un nuovo tassello artistico alla sua opera. Ottimo.
MUITO KABALLA - Loving You
Il collettivo tedesco regala un pulsante e solare ep in cui soul, funk, hip hop, jazz, afrofunk, ritmi caraibici si mischiano in un calderone sonoro stimolante e travolgente. Notevoli.
THE VIOLET MINDFIELD - Distorted Portrait
Terzo album per la band di Los Angeles e dintorni. Niente di nuovo sotto il cielo del garage punk. Accordi, ritmi e melodie sono sempre gli stessi. Ma va bene così perché non è certa richiesta l'innovazione o chissà quali contaminazioni. Funziona così e non dispiace affatto ascoltare di queste cose nel 2025.
ASCOLTATO ANCHE:
CHARIF MEGARBANE (dal Libano un gusto particolare per le colonne sonore anni 60/70, interesssante), BACAO & RHYTHM STEEL BAND (il misterioso collettivo tedesco alle prese con il suo consueto stile funk caraibico di grande classe), CUCO (da L.A. un buon slow soul in gusto Chicano con qualche folata psych), SHAKTI SOUNDSYSTEM (psichedelia, kraut rock, fusion, sperimentazione), TAJ MAHAL e KEB Mo (country blues, molto The Band, piacevole).
SINGOLI
THE KEVIN FINGIER COLLECTIVE - The Boogaloo Ep
Una raccolta di singoli in un ep in vinile
BANDA MAJE - Mo.../ (Roda de) Samba Maje
Stupendo singolo in cui la band napoletana recupera "Mo..." di Peppino di Capri trasformadola in un funk soul perfettamente Style Council. Sul lato B una samba irresistibile.
MIGHTY MOCAMBOS - Spinning
La band di amburgo con un vero e proprio killer, tra soul e funk, con la voce calidssima di Nichola Richards. A breve l'album, le premesse sono eccellenti.
FEED LA - Feed La
Dalla Germania un buon funk strumentale che non brilla per originalità ma ha un buon tiro.
SABABA 5 - VU
Ammaliante singolo per la band parigina che mischia funk psichedelico strumentale a melodie medio orientali ipnotiche e accattivanti umori ethiojazz.
BRENDA - Where Did I Go Wrong? / Family
Mellow soul dalle tinte estive, da bordo piscina, in chiave vintage 60's, molto gradevole, caldo e avvolgente.
LETTO
Daniele Miglietti, Francesca Alfano Miglietti "FAM" - Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto
Raramente un personaggio è stato così detestato, addirittura odiato, incolpato della più grande delle nefandezze nella storia del pop/rock, lo scioglimento dei Beatles.
Retrospettivamente è però invece lecito chiedersi chi dei due ci ha rimesso di più nel legame indissolubile tra Yoko Ono e John Lennon.
Contro ogni vulgata è stata probabilmente la grande artista giapponese che, da pionieristica icona della sperimentazione e dell'avanguardia, è stata derubricata per sempre a stramba (l'epiteto più gentile nei suoi confronti) compagna di una delle più grandi rockstar di tutti i tempi.
Il libro “Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto” di Francesca Alfano Miglietti (FAM) e Daniele Miglietti per Shake Edizioni, confuta con facilità questa tesi, facendo luce, puntigliosa e competente, sull'operato artistico di Yoko Ono, smontando, contestualizzando e analizzando la sua opera, tutte le sciocche dicerie che hanno avvelenato la relazione con John e la sua vita.
Sottolineando ad esempio che “mentre Ono era a fianco di John Cage e Marcel Duchamp, i Beatles sudavano e prendevano anfetamine vestiti di pelle nera in oscuri club di Amburgo” e quando i Fab Four abbozzavano i primi timidi tentativi di uscire dalla bolla di gruppo adolescenziale in “Help”, nel 1965, lei “era intenta a disorientare il pubblico della Carnegie Hall di New York con composizioni spiazzanti”.
Il libro si addentra minuziosamente nell'intera opera di Yoko Ono, partendo dalle prime sperimentazioni con il gruppo Fluxus, facendo agli albori degli anni Sessanta “del femminismo, dell'uguaglianza tra le razze e della compassione tra tutte le creature, la propria personale ragion di essere”.
John Lennon ammise sempre quanto fosse cristallina la loro relazione: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”.
I Beatles finirono (già qualche tempo prima dell'annuncio ufficiale) semplicemente perché si era concluso il loro incredibile ciclo artistico, Yoko non ne ebbe alcuna responsabilità.
Era John che la voleva sempre accanto, non lei a volersi intrufolare negli affari della band.
Un testo esaustivo, ricchissimo di informazioni, quanto è stata l'attività artistica (e, anche, molto influente, quella musicale, vedi B52's, Sonic Youth, Flaming Lips, il giro Riot Grrrl) di Ono, della quale si comprende la grandezza intellettuale e la statura culturale di un personaggio che “non è mai assurto al prestigio di icona pop...la prova incontrovertibile e tangibile del radicalismo della sua poetica”.
"Icona anticipatrice dell'arte concettuale e partecipativa, Yoko Ono lascia un gesto indelebile nella cultura contemporanea, tracciata dal suo forte attivismo per la pace quanto dalla sua operosità per l'ambiente, il femminismo, la musica, il cinema e le rappresentazioni.
"Molte delle idee di Yoko Ono non sono pensate per essere esposte.Sono più come esperimenti mentali. Molti hanno dei preconcetti su Yoko Ono, ma una volta che li superano e guardano davvero ciò che ha effettivamente prodotto, iniziano a capire che grande artista sia in realtà.".
"Già negli anni Cinquanta Yoko Ono aveva sperimentato tra i confini di musica, performance, poesia e arte visiva".
Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful.
Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.
Bruno Segalini - Fiamme e rock’n’roll. Romanzo veridico sullo sgombero del Leoncavallo, 1989
Ristampa di un romanzo/verità, tanto esalirante, quanto fedele all'accaduto nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1989, quando la sede storica del Centro Sociale Leoncavallo venne sgombrata, con un enorme spiegamento di forze e subito dopo abbattuto.
La resistenza di un manipolo di occupanti si tinge in queste righe di aspetti tragicomici ma che mettono in rilievo il dramma di una città che incominciava/proseguiva la gentrificazione, l'omologazione, la "pulizia delle differenze", l'abbattimento di qualsivoglia forma di antagonismo.
Al centro della vicenda il tentativo di una band che provava nel centro (gli ottimi Pila Weston) di salvare e proteggere i propri strumenti lasciati in una sala.
Un'intervista a Primo Moroni suggella, alla perfezione, il contesto in cui si manifestò l'evento.
Divertente, potenziale perfetta sceneggiatura per un film, mette insieme lotta politica e commedia all'italiana.
Acre come un lacrimogeno, godibile come la gioventù di un ventenne.
GIMME DANGER
Personalmente partecipo con una retrospettiva su Mitch Ryder & the Detroit Wheelers, un'intervista agli Sharp Class e un po' di recensioni.
E anche nel singolo allegato con i Not Moving, alle prese con una versione semi acustica di "Gimme Danger" di Iggy and the Stooges.
Richiedetelo a: gimmedanger2022@gmail.com
VISTO
Belfast di Kenneth Branagh
Arriva su Netflix l'ottimo film del 2021 del grande regista nord irlandese che ci riporta alla sua infanzia, nel 1969, ai tempi dei "troubles" a Belfast, tra violenza religiosa, una vita agral la decisione di lasciare tutto per orizzonti migliori. Fotografia stupenda in bianco e nera, ottima sceneggiatura, ambientazione d'epoca suggestiva con colonna sonora di Van Morrision da brividi.
La stranezza di Roberto Andò
Storia leggera e bizzarra della (presunta e immaginata) genesi di "Sei personaggi in cerca d'autore". Molto bravi Ficarra e Picone, ottimo, comne sempre, Toni Servillo nei panni di Luigi Pirandello.
L'abbaglio di Roberto Andò
Garibaldi sbarca in Sicilia con i mille mentre due sbandati e imbroglioni (Ficarra e Picone, brillanti e a perfetto agio) cercano di districarsi nel caos circostante. Divertente, curioso, ben fatto, con finale a sorpresa (o quasi).
Mods Mayday 2025
Il resoconto del Festival Mods Mayday 2025 tenutosi a Londra il 4 maggio scorso dalle parole di Oscar Giammarinaro, anche sul palco con gli STATUTO.
Iniziamo dalla fine, cioè dal nostro concerto.
Essere "headliner" della sala 2 era pericoloso, sia perché c'era il rischio che tanto pubblico andasse via dopo i Secret Affair (band più attesa) e per la contemporaneità dell'esibizione con gli Style Councillors, la tribute band ufficiale degli Style Council, sicuramente molto piacevole da ascoltare.
Effettivamente a inizio concerto, la sala non era gremita e il gruppo di italiani (devo dire molto folto per questa edizione) dominava davanti al nostro palco. Il colpo d'occhio era comunque buono e noi eravamo molto carichi e motivati, pronti a divertirci e a condividere l'emozione di suonare in un contesto che è sempre stato per me "Il Paese dei Balocchi" fin da quando mi sono scoperto mod da ragazzino.
Nella scaletta (vedi foto di Dave Edwards) non abbiamo inserito brani del "Football Club" ma brani che più sembravano adatti a un Mods Mayday e la scelta ha decisamente pagato.
Infatti, pian piano arrivavano mods dall'altra sala e si fermavano ad ascoltare, sempre di più e sempre più coinvolti e partecipi.
E' risaputo che io sono quasi cieco, ma era veramente spassoso vedere da sotto i miei occhiali i volti degli inglesi che ci ascoltavano col sorriso stampato in volto. La stessa espressione che aveva il pubblico ai nostri inizi, quando non ci conosceva proprio nessuno e ci esibivamo per le prime volte.
Gli applausi a fine di ogni brano erano veramente calorosi e le mie presentazioni in un inglese più che maccheronico venivano accolte con simpatia da chi mi capiva e chi no.
Sono sicuro che molti amici inglesi hanno capito la mia dedica del brano BELLA STORIA a Geraldine, amica mod storica appena scomparsa.
Dopo metà concerto la sala si era riempita e il pubblico ci ha veramente fatti sentire importanti e gratificati in una trasferta sicuramente faticosa e avventurosa ma perfettamente riuscita.
In tanti ballavano, addirittura l'attore Trevor Laird, colui che interpreta Ferdi in "Quadrophenia", si univa alle danze nel nostro gran finale.
I nostri brani storici li abbiamo suonati tutti e abbiamo proposto tutti i nostri generi, cioè ska, powerpop, soul e rocksteady.
L'amico Dave Edwards, per l'occasione presentatore dell'evento, nella recensione del nostro concerto (molto positiva e ringraziamo) paragona il nostro ska a quello dei Bad Manners e, onestamente ma non volutamente, ho sempre affermato che tra i gruppi della 2Tone, era proprio quello di Fatty ad assomigliarci di più.
Torniamo però sul palco e agli ultimi brani, cioè SOLO TU (inserita nella compilation del Mayday della Heavy Soul rec.), ABBIAMO VINTO IL FESTIVAL PIAZZA STATUTO che per noi sono stati veramente un momento di sublimazione assoluta, un premio per il nostro impegno e dedizione al modernismo da 42 anni a questa parte,con indiscutibile coerenza e capacità di perseveranza evolutiva.
Certo, il supporto sottopalco di nostri amici storici di piazza Statuto ma anche di piazza della Scala e provenienti da altre parti d'Italia, ci ha dato la forza dell'identificazione che ci ha resi ancor più brillanti, insomma, suonavamo e cantavamo per conto di tutti.
A fine concerto, un sacco di persone presenti che non ci avevano ovviamente mai sentiti ci hanno fatto i complimenti, sinceri e non dovuti, così come tanti i complimenti anche dai componenti di altre band che si sono esibite.
Ero fiducioso sulla nostra accoglienza, ma la reazione è andata aldilà delle più ottimistiche aspettative.
Merito dei musicisti della band che hanno acquisito l'attitudine perfetta per i nostri generi musicali, con vero entusiasmo.
Il ringraziamento particolare al nostro manager Francesco Venuto che ha organizzato la trasferta ottimizzando al meglio e super mega ringraziamento al mio storico amico mod Andrea Napoli e a suo fratello Marco che ci hanno ospitati, sfamati, accompagnati e hanno collaborato sul palco e in tutta la logistica: senza di loro, credetemi assolutamente, non saremmo potuti andare a suonare al Mods Mayday 2025.
Grazie di cuore ai Napoli Brothers.
Sono riuscito a sentire almeno un po' brani di quasi tutte le altre band.
E vado in ordine sparso nel commentare tutte esibizioni di altissimo livello, a partire da Mark McGounden che mi ha "colpito" con una versione eccellente di "The girl that touch my soul" dei Makin'Time, fino alla bellissima "Step in back" suonata dai Threads.
Piacevolissima sorpresa live i Block33 e conferma di trend di valore assoluto per i fratelli Meynell cioè gli Squire e per gli Small World, che hanno nella voce di Chris Philipott un vero fiore all'occhiello.
I Big Boss Man sono sempre stati molto originali nei ritmi e negli arrangiamenti e dal vivo sono una vera bomba.
I Chords Uk hanno una carica e precisione degna del loro primo lavoro su disco di 45 anni fa', giusta la scelta di far iniziare loro, cioè inizio col botto.
E "col botto" erano anche i due artisti che ha non proseguito il concerto in sala 1.
Prima Rhoda Dakar, che non è più la ragazzina delle spumeggianti Body Snatchers,ma una cantante dalla voce pazzesca, carisma totale e una band superlativa.
Dopo di lei i più giovani cioè gli Sharp Class, che sono ulteriormente migliorati dallo scorso anno.
Un suono compatto, preciso e travolgente, una voce intonata da sembrare su disco, una professionalità e una tecnica che farà sicuramente di loro una delle migliori nuove band britanniche, anche al di fuori della scena mod.
Non ho sentito i New Street Adventure perché sono andato in sala 3 a sentire il dibattito condotto da Eddie Piller con Ian Page e dave Cairns, con tutti i posti esauriti e molto interesse e domande da parte del pubblico.
Ammetto che ho capito molto poco, purtroppo l'inglese non l'ho imparato (mia grossa lacuna), ma mi piaceva l'atmosfera e l'abilità e la competenza di Piller nel stimolare e raccontare di musica emerge comunque così l'evidente valore della storia e del significato di Ian & Dave e dei Secret Affair.
Tornavo in sala ad ascoltare i Purple Hearts, sempre più spumeggianti e carichi col passare degli anni, i loro brani sono dei veri gioielli del power pop ed è sempre un vero piacere ascoltarli.
Poi il concerto dei Secret Affair, che per me non è un concerto ma un vero e proprio rito e atto di fede musicale e ideologica della mia vita mod.
Non deludono mai.
Questa volta una scaletta fulminante con i brani dell'album "Glory Boys" suonati e cantati alla grande con quella maestria e credibilità che fa di loro la quintessenza dei musicisti mod, sia in senso storico che artistico.
Oltre ai brani del primo disco anche il capolavoro "One day in your life" e naturalmente una commovente "My world", brano talmente bello e importante che noi usiamo come sigla dei nostri concerti quando saliamo sul palco (ovviamente non lo abbiamo fatto al Mayday..).
Mentre risuonavano le ultime note della loro performance, noi ci spostavamo nell'altra sala per montare il nostro palco e in attesa della chitarra, del basso e della tastiera che la band ci ha gentilmente prestato e poi... si torna all'inizio di questo reportage.
Voglio ringraziare Adrian Gibson AGMP per averci invitati e averci dato questa grande opportunità e soddisfazione, Dave Cairns, Andrew Gilbert, Gary Walsh, Edwin Pearson dei Secret Affair per la disponibilità, Adam Cooper della Heavy Soul per la compilation e l'amico David Edwards per l'accoglienza, la presentazione e il supporto (ci rivediamo al raduno Mod Italiano a Cattolica il 26 e 27 settembre).
E adesso andiamo avanti nella solita e unica giusta direzione, cioè quella del Modernismo.
Come diceva il grande Demetrio dei Four By Art ?...
"E' bello essere mod".
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Ogni lunedì la mia rubrica "La musica che gira intorno" nelle pagine di www.piacenzasera.it
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
E' uscito il mio libro dedicato a Ringo Starr, "Ringo Starr. Batterista" per Low Edizioni.
Alla scoperta del batterista RINGO STARR attraverso l'analisi tecnica ed espressiva di tutti i brani in cui ha suonato (dai Beatles, ai live, alla carriera solista alle infinite collaborazioni).
Un pretesto per raccontare la sua vita artistica (anche attraverso un dettagliato percorso nella sua attività solista e cinematografica).
Franco Zanetti cura la prefazione, Giovanni Naska Deidda ci elenca tutte le batterie che ha suonato.
Per acquisto diretto: https://www.edizionilow.it/ringo-starr-batterista/
Prossime presentazioni:
Giovedì 5 giugno:
San Nicolò (Piacenza)
Biblioteca Comunale ore 21
Venerdì 27 giugno:
Fano
Passaggi Festival
Ottime cose dall'Italia con Neoprimitivi, Casino Royale, Calibro 35, Cesare Basile, The Lings, Putan Club, Cristiano Godano, I Cani, Billy Boy e la sua Band, Megain Is Missing, Laura Agnusdei, Elisa Zoot, Roberta Gulisano, Angela Baraldi, Flavia Ferretti.
FRANK POPP ENSEMBLE - Waves
Frank Popp non delude mai. Soul, Northern soul, psichedelia, lounge, perfino kraut rock e ospiti particolarissimi come Nicke Andersson già con Entombed e Hellacopters alle prese con un tiratissimo soul in "Caught in Your Web" o Gerry Love dei Teenage Fanclub. E ancora l'attrice e modella Emma Noble e il cantante australiano J Mahon. Come sempre divertente, godibile, colorato, fresco, pieno di sorprese.
M ROSS PERKINS - What's the Matter, M Ross?
Al quarto album il cantautore dell'Ohio ci porta in un mondo profondamente Beatlesiano, a tratti in modalità calligrafica, ma che si concede anche a power pop, beat, boogaloo, tocchi di pop psichedelico. L'approccio è però molto personale, costantemente "folle" e alla fine originale. Una piacevolissima sorpresa.
FREEDOM AFFAIR - Freedom Affair
Spettacolare secondo album per la band americana, registrato in analogico e fedelissimo al sacro groove del più classico Southern Soul anni Sessanta/Settanta. Le stupende voci di Paula Saunders, Seyko Groves e Shon Ruffin vanno a nozze su una base caldissima che ci riporta ai fasti di un tempo. Non rivoluzionerà il mondo della musica ma rimarrà uno dei migliori album "black" del 2025.
SUZANNE VEGA - Flying With Angels
Assente da lungo tempo dalla discografia Suzanne Vega torna con un album davvero bello, vario, pieno di suggestioni sonore e testi combattivi che guardano con lucidità alla triste e complicata attualità (la struggente "Last Train to Mariupol").
Al classico folk rock affianca elementi soul (stupenda "Love Thief"), un inaspettato (quasi) garage punk rock in "Rats", un esplicito omaggio a Dylan ("Chambermaid" rilegge "I Want You").
Consueta classe, innata eleganza, voce inconfondibile, espressività al top.
EMMA JANE THACKRAY - Weirdo
La polistrumentista inglese al secondo album va oltre l'ora di musica, lungo 19 brani in cui esplora i più svariati sentieri, dall'acid jazz, al soul, al funk, allo swing, hip hop, drum and bass, fusion, jazz rock. Un lavoro monumentale, sempre di altissimo spessore, suonato alla perfezione e particolarmente ispirato.
PETE DOHERTY - Felt Better Alive
A 11 anni dal precedente album, il "sopravissuto a stento" ritorna in veste solista e festeggia di essere ancora vivo, dopo le note drammatiche vicissitudini. Lo scorso anno aveva scritto un mezzo capolavoro con i Libertines, oggi esce con un buon disco, malinconico, dalle frequenti tinte country, con qualche episodio più swingante, "Poca Mahoney" con Lisa O'Neill dal gusto punkeggiante. Merita un ascolto e la consueta vecchia domanda quanto i bad habits che lo hanno accompagnato per tanto tempo hanno aiutato o dissipato la sua creatività.
LOUIS PHILIPPE & THE NIGHT MAIL - The Road To The Sea
Piccolo genio della canzone meno scontata Louis Philippe ha sempre navigato in acque nascoste al grande pubblico, dall'esordio circa 40 anni fa con la "sua" El Records. In mezzo una nutrita discografia, sempre caratterizzata da un timbro ben riconoscibile che ritroviamo intatto anche in questo nuovo lavoro, prodotto da Andy Lewis. Difficile (e altrettanto facile) trovare riferimenti ma la sua musica unisce tasselli di Burt Bacharach, canzone francese, Style Council (in particolare quelli di "Café Bleu" e i classicismi di "Confessions Of A Pop Group"), Beach Boys, il primo Paul MccCrtney solista (con o senza Wings), Prefab Sprout, XTC. Delizioso.
SOUTHERN AVENUE - Family
Arrivano da Memphis, Tennessee e nel quarto album "Family" sfoderano una miscela entusiasmante di gospel, southern soul, country, blues.
Voci stupende, retaggi Staple Singers (non a caso hanno inciso per la Stax Records) e un approccio moderno e freschissimo.
TANIKA CHARLES - Reason To Stay
La soul woman canadese firma il quarto album in cui, ancora una volta, si muove, con grazia ed eleganza, nel soul più classico, con una predilezione per i tempi medi, le ballate intense e avvolgenti, melodie accattivanti, temperature calde, colori interpretativi intensi in pieno stile vintage anni Sessanta ma in una chiave moderna. Un lavoro godibile, divertente, solare, perfetto per ogni amante della soul music più pura.
THE AFRO-AMERICAN ENSEMBLE - Free The Black Man's Chains
Preziosa (prima) ristampa di un oscuro album del 1971 tra soul, funk e gospel, pubblicato dopo l'uscita di tre singoli dei Broad Street Gang. Tra i musicisti coinvolti Mitchell Rowe, Bobby Eli, Len Pakula, Daryl Hall, Ron Baker, Norman Harris, The Raelettes e gli archi arrangiati da Richie Rome. Una specie di concept propedeutico per un film o un musical (a cui l'impostazione compositiva si accosta spesso) ma che finì presto nel dimenticatoio. Un lavoro eccellente, da riscoprire e apprezzare.
SAULT - Acts Of Faith
Dopo aver bulimicamente riempito la sua discografia di album in pochi anni (l'ultima volta due anni fa con ben 5 lavori in contempranea) il collettivo inglese torna a farsi sentire, guidato dall'eccellente voce di Cleo Sol, con una suite divisa in 9 distinti brani a base di un soul funk molto melodico e soffice, moderno e avvolgente, di estrema gradevolezza, tra umori 70, Curtis Mayfield, gospel, jazz.
JAMES TAYLOR QUARTET - Only Messin'
Ormai la discografia di James Taylor (con o senza il Quartet o altre denominazioni) è inestricabile e le pubblicazioni non si contano più. Questo nuovo ep esce solo in vinile si avvale del contributo chitarristico del compare nei Prisoners, Graham Day, e di una sezione fiati che conferisce al ruvido funk soul dei quattro brani un groove pazzesco.
AA.VV. - The Countdown Records Story 1985-88
Poco prima di fondare la fortunata Acid Jazz Records, Eddie Piller ci provò con la Countdwon records per la quale incisero eccellenze come Makin' Time e Prisoners e nel 1985 pubblicò la seminale compilation "Countdown Compilation" con il meglio della nuova scena mod, successiva a quella del 1979, Prisoners, Makin Time, Times, The Moment, Gents, Scene, Fast Eddie tra i tanti.
A 40 anni dalla prima uscita esce questa nuova raccolta in vinile (per l'Acid Jazz) con alcune di quelle band e altre aggiunte, in una sorta di "meglio" dell'etichetta.
La tracklist è invitante e l'ascolto ci conforta per la freschezza che mantiene quel sound e ci fa rammaricare di come molti di questi nomi, pur con così tanto talento, non abbiano fatto strada.
CASINO ROYALE - Fumo
Senza dubbio una delle band più rappresentative e innovative che hanno attraversato lo scibile musicale italiano dal punk in poi. In grado di evolversi in continuazione, dallo ska iniziale a forme sonore sempre più contaminate, tra rock, funk, hip hop, soul, elettronica, dub, drum and bass e tanto altro, fedeli allo spirito della prima pietra miliare della fusione di stili, "Sandinista" dei Clash, a cui hanno fatto spesso esplicito riferimento. Il nuovo album è impostato come una suite unica che lega i vari brani, colonna sonora in cui convergono tutte le varie variabili dell'amata black music, declinata in chiave moderna ma con agganci voluti ed evidenti alle radici. A fianco degli storici membri Alioscia e Patrick Benifei, le voci della giovane rapper Alda e di Marta Del Grandi. Album stupendo e di altissimo livello.
CESARE BASILE - Nivura Spoken
Una delle particolarità più apprezzabili in un artista è la capacità di reinventarsi, rimettersi costantemente in discussione, aprirsi a nuovi orizzonti, senza cullarsi nell’auto omologazione. Cesare Basile non ha mai mai avuto di questi problemi, in una (lunga) carriera, costellata da continui e progressivi cambiamenti artistici, talvolta sorprendenti ma, con il senno di poi, appartenenti a un unicum creativo, saldamente legato da un robusto filo conduttore. Da tempo sperimenta con elettronica e una strumentazione spesso inventata e autocostruita. In questo progetto, rimasto per anni nel cassetto e finalmente pubblicato (in CD e cassetta), entra in un abrasivo e ostile ambito sonoro quasi industrial, talvolta dissonante, affiancandosi alle voci (dialettali e in lingua) di Nada, Rita Lilith Oberti, Sara Ardizzoni, Vera Di Lecce, Valentina Lupica e Sarah Elkahlout. Riservato e destinato a chi sa guardare avanti (e dentro).
EUGENIO FINARDI – Tutto
Uno dei cantautori italiani più rappresentativi in assoluto di sempre, chiude la carriera discografica con l’ultimo anno di inediti, a celebrare i 50 anni di attività. Lo fa con la consueta eleganza mista a rabbia, disillusione, speranza. Testi sempre incisivi, lucidi, spiazzanti che sanno guardare con uguale profondità passato, presente e futuro. Musicalmente si pone sempre in perfetto equilibrio tra canzone d’autore, rock, suoni ricercati, umori mediterranei. Se sarà veramente un addio, lo avrà fatto nel migliore dei modi.
THE PROPER – Meant To Say Something
La band guidata da Ivano Bonfanti firma il secondo album della carriera, iniziata nel 2015 in quel di Londra. Gli undici episodi sono solidi brani che mischiano power pop, mod rock alla Jam, melodie anni Sessanta e un sound chitarristico aspro e nervoso. La produzione (di Brett Buddy Ascott, ex Chords) è attenta ed efficace, le canzoni sono stilisticamente eclettiche, sempre ben composte e curate, l’attitudine quella giusta. Album maturo, di respiro internazionale e alto livello qualitativo.
LIQUID GERMS - Return to Earth
Inaspettato ritorno della band piacentina, nata nel 1997 ma dalla carriera altalenante, con vari cambi di formazione e una discografia limitata a un album e a uno split. Il previsto nuovo lavoro nel 2001 rimase confinato a un demo Cd che viene ora riproposto, completamente risuonato e con l'aggiunta di altre canzoni realizzate all'epoca. Il sound rimane quello degli esordi, un surf strumentale potente e amfetaminico, fortemente influenzato dalla lezione di Man Or Astroman e Devo, sposati al suggestivo immaginario dei film di fantascienza anni 60/70 da Star Trek alla serie UFO (con tanto di spezzoni audio ricavati dai film originali). Divertente, originale, suonato benissimo.
ARPIONI - Buona Mista Social Ska
La band "internazionale" pubblica il secondo volume (a 25 anni dal precedente), dedicato alla rivisitazione "in levare" di brani della canzone d'autore italiana. L'aspetto rilevante è innanzitutto la scelta del materiale, mai banale, che rovista nei meandri più oscuri, da I Ribelli a un brano "minore" di Lucio Dalla ma non disdegna classici come "Azzurro" o "Lugano addio". Ma c'è anche la capacità di riprendere il tutto attraverso le varie declinazioni dello ska, da quello più tradizionale, al rocksteady, alle origini con il Mento (folk giamaicano), fino a umori più classicamente original reggae. Irresistibile la "Tanto pe' cantà" con la voce di Valerio Mastrandrea, uno degli ospiti con Tonino Carotone, AWA FALL aka Sista Awa e Diego Bianchi. Un album divertente, solare, riuscitissimo.
A/LPACA - Laughter
Torna il dissonante quartetto mantovano con un nuovo album che parla, come ci hanno abituati, un linguaggio originale perché attinge da riferimenti insolitamente miscelati, che finiscono per produrre un insieme che non è semplice definire. Un pregio sempre meno comune. Nel nostro caso la matrice più genericamente ovvia è quella dei Sonic Youth, che sapevano abbinare un'attitudine punk alla voglia di sperimentare e rendere abrasivo tutto ciò che toccavano. Non dimenticano però certi sguardi alla psichedelia meno ovvia (e a quella Barrettiana), alla no wave, all'incedere ritmico ipnoticamente kraut. Ancora una volta hanno fatto centro.
NANA BANG! - How To Come Invisible
Nuovo album (prodotto e supervisionato da Giovanni Ferrario) per Andrea Fusari e Beppe Mondini ovvero i Nana Bang! side-project di GuruBanana. Undici brani in cui proseguono nel loro classico solco sonoro, figlio di Velvet Underground, Modern Lovers, Violent Femmes, tra folk punk, folate psichedeliche di sapore Paisley Underground, minimalismo rock (Pavement in particolare). Come sempre un progetto di alto spessore artistico, caratterizzato da composizioni eccellenti e una collocazione sonora perfettamente mirata.
EVA KUNT - Plastic Era
Dietro il suggestivo marchio di fabbrica si cela un personaggio di lunga esperienza nella musica nostrana, su lidi spesso molto distanti l'uno dall'altro. Dieci brani strumentali in cui confluiscono atmosfere lounge e chill out, una vena jazz di gusto anni Settanta, quando gradì molto mischiarsi al funk, un groove hip hop. Il tutto perfettamente gestito in chiave elettronica con campionamenti usati con discrezione e sapienza nel sapere creare un mood caldo, avvolgente e sinuoso.
SALMO – Ranch
Il rapper/autore sardo firma il settimo album di una carriera sempre più solida a livello di personalità, ben distinta e distintiva nel panorama musicale italiano. Salmo riesce ad affiancare perfettamente l’anima più hardcore a quella cantautorale, con il suo classico hip hop aggressivo ma che può aprirsi ad atmosfere riflessive e malinconiche. Un album ricco di idee e di testi maturi, pur nelle frequenti provocazioni verbali, sua peculiare caratteristica. Sa il fatto suo, riesce a soddisfare la base di estimatori abituali ma è sempre in grado di guardare più lontano, ogni volta aggiungendo un nuovo tassello artistico alla sua opera. Ottimo.
MUITO KABALLA - Loving You
Il collettivo tedesco regala un pulsante e solare ep in cui soul, funk, hip hop, jazz, afrofunk, ritmi caraibici si mischiano in un calderone sonoro stimolante e travolgente. Notevoli.
THE VIOLET MINDFIELD - Distorted Portrait
Terzo album per la band di Los Angeles e dintorni. Niente di nuovo sotto il cielo del garage punk. Accordi, ritmi e melodie sono sempre gli stessi. Ma va bene così perché non è certa richiesta l'innovazione o chissà quali contaminazioni. Funziona così e non dispiace affatto ascoltare di queste cose nel 2025.
ASCOLTATO ANCHE:
CHARIF MEGARBANE (dal Libano un gusto particolare per le colonne sonore anni 60/70, interesssante), BACAO & RHYTHM STEEL BAND (il misterioso collettivo tedesco alle prese con il suo consueto stile funk caraibico di grande classe), CUCO (da L.A. un buon slow soul in gusto Chicano con qualche folata psych), SHAKTI SOUNDSYSTEM (psichedelia, kraut rock, fusion, sperimentazione), TAJ MAHAL e KEB Mo (country blues, molto The Band, piacevole).
SINGOLI
THE KEVIN FINGIER COLLECTIVE - The Boogaloo Ep
Una raccolta di singoli in un ep in vinile
BANDA MAJE - Mo.../ (Roda de) Samba Maje
Stupendo singolo in cui la band napoletana recupera "Mo..." di Peppino di Capri trasformadola in un funk soul perfettamente Style Council. Sul lato B una samba irresistibile.
MIGHTY MOCAMBOS - Spinning
La band di amburgo con un vero e proprio killer, tra soul e funk, con la voce calidssima di Nichola Richards. A breve l'album, le premesse sono eccellenti.
FEED LA - Feed La
Dalla Germania un buon funk strumentale che non brilla per originalità ma ha un buon tiro.
SABABA 5 - VU
Ammaliante singolo per la band parigina che mischia funk psichedelico strumentale a melodie medio orientali ipnotiche e accattivanti umori ethiojazz.
BRENDA - Where Did I Go Wrong? / Family
Mellow soul dalle tinte estive, da bordo piscina, in chiave vintage 60's, molto gradevole, caldo e avvolgente.
LETTO
Daniele Miglietti, Francesca Alfano Miglietti "FAM" - Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto
Raramente un personaggio è stato così detestato, addirittura odiato, incolpato della più grande delle nefandezze nella storia del pop/rock, lo scioglimento dei Beatles.
Retrospettivamente è però invece lecito chiedersi chi dei due ci ha rimesso di più nel legame indissolubile tra Yoko Ono e John Lennon.
Contro ogni vulgata è stata probabilmente la grande artista giapponese che, da pionieristica icona della sperimentazione e dell'avanguardia, è stata derubricata per sempre a stramba (l'epiteto più gentile nei suoi confronti) compagna di una delle più grandi rockstar di tutti i tempi.
Il libro “Yoko Ono. Brucia questo libro dopo averlo letto” di Francesca Alfano Miglietti (FAM) e Daniele Miglietti per Shake Edizioni, confuta con facilità questa tesi, facendo luce, puntigliosa e competente, sull'operato artistico di Yoko Ono, smontando, contestualizzando e analizzando la sua opera, tutte le sciocche dicerie che hanno avvelenato la relazione con John e la sua vita.
Sottolineando ad esempio che “mentre Ono era a fianco di John Cage e Marcel Duchamp, i Beatles sudavano e prendevano anfetamine vestiti di pelle nera in oscuri club di Amburgo” e quando i Fab Four abbozzavano i primi timidi tentativi di uscire dalla bolla di gruppo adolescenziale in “Help”, nel 1965, lei “era intenta a disorientare il pubblico della Carnegie Hall di New York con composizioni spiazzanti”.
Il libro si addentra minuziosamente nell'intera opera di Yoko Ono, partendo dalle prime sperimentazioni con il gruppo Fluxus, facendo agli albori degli anni Sessanta “del femminismo, dell'uguaglianza tra le razze e della compassione tra tutte le creature, la propria personale ragion di essere”.
John Lennon ammise sempre quanto fosse cristallina la loro relazione: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”.
I Beatles finirono (già qualche tempo prima dell'annuncio ufficiale) semplicemente perché si era concluso il loro incredibile ciclo artistico, Yoko non ne ebbe alcuna responsabilità.
Era John che la voleva sempre accanto, non lei a volersi intrufolare negli affari della band.
Un testo esaustivo, ricchissimo di informazioni, quanto è stata l'attività artistica (e, anche, molto influente, quella musicale, vedi B52's, Sonic Youth, Flaming Lips, il giro Riot Grrrl) di Ono, della quale si comprende la grandezza intellettuale e la statura culturale di un personaggio che “non è mai assurto al prestigio di icona pop...la prova incontrovertibile e tangibile del radicalismo della sua poetica”.
"Icona anticipatrice dell'arte concettuale e partecipativa, Yoko Ono lascia un gesto indelebile nella cultura contemporanea, tracciata dal suo forte attivismo per la pace quanto dalla sua operosità per l'ambiente, il femminismo, la musica, il cinema e le rappresentazioni.
"Molte delle idee di Yoko Ono non sono pensate per essere esposte.Sono più come esperimenti mentali. Molti hanno dei preconcetti su Yoko Ono, ma una volta che li superano e guardano davvero ciò che ha effettivamente prodotto, iniziano a capire che grande artista sia in realtà.".
"Già negli anni Cinquanta Yoko Ono aveva sperimentato tra i confini di musica, performance, poesia e arte visiva".
Alex Loggia - Leo e Zoe – Storia di un amore improbabile
In questo esordio letterario Alex Loggia (storico chitarrista degli Statuto e tanto altro) scrive come suona: preciso, elegante, raffinato, soulful.
Il romanzo racconta dell'amore e delle vicende adolescenziali di Leo e Zoe, che incrociano il mondo mod e delle sottoculture, delle nottate senza fine, delle illusioni e delle delusioni, della realtà cruda e spiazzante che spegne i voli idealistici ma forgia uno spirito che diventa inossidabile per la vita.
Riporto la prefazione che Alex mi ha gentilmente richiesto per il libro e che ne riassume il contenuto:
Per scrivere un romanzo che in modo credibile racconti di avventure giovanili, legate ad elementi sottoculturali e poco conosciuti, bisogna averle vissute in prima persona. Come è accaduto all'autore, testimone e protagonista diretto di quella epopea che fu il movimento Mod in Italia negli anni Ottanta, a cui si legava e affiancava una scena sottoculturale dai mille risvolti, filosofici ed estetici, che coinvolse migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia.
Fu un momento di esplosione di vitalità, urgenza, freschezza, spontaneità, un periodo seminale, i cui frutti germinano ancora oggi.
Le serate, le vicende, i concerti, i raduni descritti nel romanzo hanno molti agganci autobiografici e fotografano al meglio le sensazioni che respiravamo in quegli anni, così importanti e formativi. Hanno forgiato la nostra vita, l'hanno totalmente cambiata, chissà se in bene o in male, sicuramente l'hanno resa diversa e più interessante.
Leo e Zoe ci ricordano quei momenti irripetibili, nel modo più fedele a come è stato.
Bruno Segalini - Fiamme e rock’n’roll. Romanzo veridico sullo sgombero del Leoncavallo, 1989
Ristampa di un romanzo/verità, tanto esalirante, quanto fedele all'accaduto nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1989, quando la sede storica del Centro Sociale Leoncavallo venne sgombrata, con un enorme spiegamento di forze e subito dopo abbattuto.
La resistenza di un manipolo di occupanti si tinge in queste righe di aspetti tragicomici ma che mettono in rilievo il dramma di una città che incominciava/proseguiva la gentrificazione, l'omologazione, la "pulizia delle differenze", l'abbattimento di qualsivoglia forma di antagonismo.
Al centro della vicenda il tentativo di una band che provava nel centro (gli ottimi Pila Weston) di salvare e proteggere i propri strumenti lasciati in una sala.
Un'intervista a Primo Moroni suggella, alla perfezione, il contesto in cui si manifestò l'evento.
Divertente, potenziale perfetta sceneggiatura per un film, mette insieme lotta politica e commedia all'italiana.
Acre come un lacrimogeno, godibile come la gioventù di un ventenne.
GIMME DANGER
Personalmente partecipo con una retrospettiva su Mitch Ryder & the Detroit Wheelers, un'intervista agli Sharp Class e un po' di recensioni.
E anche nel singolo allegato con i Not Moving, alle prese con una versione semi acustica di "Gimme Danger" di Iggy and the Stooges.
Richiedetelo a: gimmedanger2022@gmail.com
VISTO
Belfast di Kenneth Branagh
Arriva su Netflix l'ottimo film del 2021 del grande regista nord irlandese che ci riporta alla sua infanzia, nel 1969, ai tempi dei "troubles" a Belfast, tra violenza religiosa, una vita agral la decisione di lasciare tutto per orizzonti migliori. Fotografia stupenda in bianco e nera, ottima sceneggiatura, ambientazione d'epoca suggestiva con colonna sonora di Van Morrision da brividi.
La stranezza di Roberto Andò
Storia leggera e bizzarra della (presunta e immaginata) genesi di "Sei personaggi in cerca d'autore". Molto bravi Ficarra e Picone, ottimo, comne sempre, Toni Servillo nei panni di Luigi Pirandello.
L'abbaglio di Roberto Andò
Garibaldi sbarca in Sicilia con i mille mentre due sbandati e imbroglioni (Ficarra e Picone, brillanti e a perfetto agio) cercano di districarsi nel caos circostante. Divertente, curioso, ben fatto, con finale a sorpresa (o quasi).
Mods Mayday 2025
Il resoconto del Festival Mods Mayday 2025 tenutosi a Londra il 4 maggio scorso dalle parole di Oscar Giammarinaro, anche sul palco con gli STATUTO.
Iniziamo dalla fine, cioè dal nostro concerto.
Essere "headliner" della sala 2 era pericoloso, sia perché c'era il rischio che tanto pubblico andasse via dopo i Secret Affair (band più attesa) e per la contemporaneità dell'esibizione con gli Style Councillors, la tribute band ufficiale degli Style Council, sicuramente molto piacevole da ascoltare.
Effettivamente a inizio concerto, la sala non era gremita e il gruppo di italiani (devo dire molto folto per questa edizione) dominava davanti al nostro palco. Il colpo d'occhio era comunque buono e noi eravamo molto carichi e motivati, pronti a divertirci e a condividere l'emozione di suonare in un contesto che è sempre stato per me "Il Paese dei Balocchi" fin da quando mi sono scoperto mod da ragazzino.
Nella scaletta (vedi foto di Dave Edwards) non abbiamo inserito brani del "Football Club" ma brani che più sembravano adatti a un Mods Mayday e la scelta ha decisamente pagato.
Infatti, pian piano arrivavano mods dall'altra sala e si fermavano ad ascoltare, sempre di più e sempre più coinvolti e partecipi.
E' risaputo che io sono quasi cieco, ma era veramente spassoso vedere da sotto i miei occhiali i volti degli inglesi che ci ascoltavano col sorriso stampato in volto. La stessa espressione che aveva il pubblico ai nostri inizi, quando non ci conosceva proprio nessuno e ci esibivamo per le prime volte.
Gli applausi a fine di ogni brano erano veramente calorosi e le mie presentazioni in un inglese più che maccheronico venivano accolte con simpatia da chi mi capiva e chi no.
Sono sicuro che molti amici inglesi hanno capito la mia dedica del brano BELLA STORIA a Geraldine, amica mod storica appena scomparsa.
Dopo metà concerto la sala si era riempita e il pubblico ci ha veramente fatti sentire importanti e gratificati in una trasferta sicuramente faticosa e avventurosa ma perfettamente riuscita.
In tanti ballavano, addirittura l'attore Trevor Laird, colui che interpreta Ferdi in "Quadrophenia", si univa alle danze nel nostro gran finale.
I nostri brani storici li abbiamo suonati tutti e abbiamo proposto tutti i nostri generi, cioè ska, powerpop, soul e rocksteady.
L'amico Dave Edwards, per l'occasione presentatore dell'evento, nella recensione del nostro concerto (molto positiva e ringraziamo) paragona il nostro ska a quello dei Bad Manners e, onestamente ma non volutamente, ho sempre affermato che tra i gruppi della 2Tone, era proprio quello di Fatty ad assomigliarci di più.
Torniamo però sul palco e agli ultimi brani, cioè SOLO TU (inserita nella compilation del Mayday della Heavy Soul rec.), ABBIAMO VINTO IL FESTIVAL PIAZZA STATUTO che per noi sono stati veramente un momento di sublimazione assoluta, un premio per il nostro impegno e dedizione al modernismo da 42 anni a questa parte,con indiscutibile coerenza e capacità di perseveranza evolutiva.
Certo, il supporto sottopalco di nostri amici storici di piazza Statuto ma anche di piazza della Scala e provenienti da altre parti d'Italia, ci ha dato la forza dell'identificazione che ci ha resi ancor più brillanti, insomma, suonavamo e cantavamo per conto di tutti.
A fine concerto, un sacco di persone presenti che non ci avevano ovviamente mai sentiti ci hanno fatto i complimenti, sinceri e non dovuti, così come tanti i complimenti anche dai componenti di altre band che si sono esibite.
Ero fiducioso sulla nostra accoglienza, ma la reazione è andata aldilà delle più ottimistiche aspettative.
Merito dei musicisti della band che hanno acquisito l'attitudine perfetta per i nostri generi musicali, con vero entusiasmo.
Il ringraziamento particolare al nostro manager Francesco Venuto che ha organizzato la trasferta ottimizzando al meglio e super mega ringraziamento al mio storico amico mod Andrea Napoli e a suo fratello Marco che ci hanno ospitati, sfamati, accompagnati e hanno collaborato sul palco e in tutta la logistica: senza di loro, credetemi assolutamente, non saremmo potuti andare a suonare al Mods Mayday 2025.
Grazie di cuore ai Napoli Brothers.
Sono riuscito a sentire almeno un po' brani di quasi tutte le altre band.
E vado in ordine sparso nel commentare tutte esibizioni di altissimo livello, a partire da Mark McGounden che mi ha "colpito" con una versione eccellente di "The girl that touch my soul" dei Makin'Time, fino alla bellissima "Step in back" suonata dai Threads.
Piacevolissima sorpresa live i Block33 e conferma di trend di valore assoluto per i fratelli Meynell cioè gli Squire e per gli Small World, che hanno nella voce di Chris Philipott un vero fiore all'occhiello.
I Big Boss Man sono sempre stati molto originali nei ritmi e negli arrangiamenti e dal vivo sono una vera bomba.
I Chords Uk hanno una carica e precisione degna del loro primo lavoro su disco di 45 anni fa', giusta la scelta di far iniziare loro, cioè inizio col botto.
E "col botto" erano anche i due artisti che ha non proseguito il concerto in sala 1.
Prima Rhoda Dakar, che non è più la ragazzina delle spumeggianti Body Snatchers,ma una cantante dalla voce pazzesca, carisma totale e una band superlativa.
Dopo di lei i più giovani cioè gli Sharp Class, che sono ulteriormente migliorati dallo scorso anno.
Un suono compatto, preciso e travolgente, una voce intonata da sembrare su disco, una professionalità e una tecnica che farà sicuramente di loro una delle migliori nuove band britanniche, anche al di fuori della scena mod.
Non ho sentito i New Street Adventure perché sono andato in sala 3 a sentire il dibattito condotto da Eddie Piller con Ian Page e dave Cairns, con tutti i posti esauriti e molto interesse e domande da parte del pubblico.
Ammetto che ho capito molto poco, purtroppo l'inglese non l'ho imparato (mia grossa lacuna), ma mi piaceva l'atmosfera e l'abilità e la competenza di Piller nel stimolare e raccontare di musica emerge comunque così l'evidente valore della storia e del significato di Ian & Dave e dei Secret Affair.
Tornavo in sala ad ascoltare i Purple Hearts, sempre più spumeggianti e carichi col passare degli anni, i loro brani sono dei veri gioielli del power pop ed è sempre un vero piacere ascoltarli.
Poi il concerto dei Secret Affair, che per me non è un concerto ma un vero e proprio rito e atto di fede musicale e ideologica della mia vita mod.
Non deludono mai.
Questa volta una scaletta fulminante con i brani dell'album "Glory Boys" suonati e cantati alla grande con quella maestria e credibilità che fa di loro la quintessenza dei musicisti mod, sia in senso storico che artistico.
Oltre ai brani del primo disco anche il capolavoro "One day in your life" e naturalmente una commovente "My world", brano talmente bello e importante che noi usiamo come sigla dei nostri concerti quando saliamo sul palco (ovviamente non lo abbiamo fatto al Mayday..).
Mentre risuonavano le ultime note della loro performance, noi ci spostavamo nell'altra sala per montare il nostro palco e in attesa della chitarra, del basso e della tastiera che la band ci ha gentilmente prestato e poi... si torna all'inizio di questo reportage.
Voglio ringraziare Adrian Gibson AGMP per averci invitati e averci dato questa grande opportunità e soddisfazione, Dave Cairns, Andrew Gilbert, Gary Walsh, Edwin Pearson dei Secret Affair per la disponibilità, Adam Cooper della Heavy Soul per la compilation e l'amico David Edwards per l'accoglienza, la presentazione e il supporto (ci rivediamo al raduno Mod Italiano a Cattolica il 26 e 27 settembre).
E adesso andiamo avanti nella solita e unica giusta direzione, cioè quella del Modernismo.
Come diceva il grande Demetrio dei Four By Art ?...
"E' bello essere mod".
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Ogni lunedì la mia rubrica "La musica che gira intorno" nelle pagine di www.piacenzasera.it
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
E' uscito il mio libro dedicato a Ringo Starr, "Ringo Starr. Batterista" per Low Edizioni.
Alla scoperta del batterista RINGO STARR attraverso l'analisi tecnica ed espressiva di tutti i brani in cui ha suonato (dai Beatles, ai live, alla carriera solista alle infinite collaborazioni).
Un pretesto per raccontare la sua vita artistica (anche attraverso un dettagliato percorso nella sua attività solista e cinematografica).
Franco Zanetti cura la prefazione, Giovanni Naska Deidda ci elenca tutte le batterie che ha suonato.
Per acquisto diretto: https://www.edizionilow.it/ringo-starr-batterista/
Prossime presentazioni:
Giovedì 5 giugno:
San Nicolò (Piacenza)
Biblioteca Comunale ore 21
Venerdì 27 giugno:
Fano
Passaggi Festival
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