giovedì, agosto 18, 2022

Intervista a Jimi Tenor


Ho intervistato per "Il Manifesto" JIMI TENOR
Intervista pubblicata nell'inserto "Alias" sabato scorso.

Piccolo genio di quell'intreccio di influenze che ha unito, dagli anni Novanta in poi, jazz, sperimentazione, lounge, elettronica, funk, il saxofonista, flautista e polistrumentista finlandese Jimi Tenor ha saputo crescere progressivamente sia a livello creativo che da un punto di vista della notorietà, con dischi di culto, collaborazioni di prestigio (da Tony Allen a Nicole Willis) e una discografia sterminata che supera la cinquantina di album.
E' recentemente tornato con un nuovo progetto musicale, l'album “Multiversum” e il libro fotografico (attività parallela che lo occupa fin dall'adolescenza) “Omniverse – Sounds, Sights and Stories”. Jimi Tenor rimane un personaggio poco conosciuto in Italia, seppure con un piccolo stuolo di fedeli fan, ma dallo spessore elevatissimo e con una creatività e una personalità di stampo pressoché uniche.

Hai iniziato con la musica in tenera età, giusto? Quali sono stati i musicisti che più ti hanno influenzato in questo periodo?
-All'inizio ero molto interessato alla musica post punk finlandese. Ma ho incominciato ad ascoltare Fela Kuti intorno ai sedici anni e cose come Japan, Joy Division, Yellow Magic Orchestra. Penso che Fela e James White abbiano avuto la più grande influenza nel mio modo di suonare il sax. Nel flauto mi piacevano Hubert Laws e Ian Anderson. In quei giorni ho iniziato a seguire anche David Bowie, Iggy Pop e Talking Heads.
Adesso quando sono a casa ascolto molta exotica e un po' di musica da hippies. Ma anche un sacco di musica pop in voga adesso, grazie ai miei figli. Così almeno rimango aggiornato su chi sono tutti questi nuovi artisti.

Sei conosciuto come sassofonista ma in realtà suoni molti altri strumenti. Con quale ti esprimi meglio?
- Il mio strumento numero uno è il flauto. Studio e suono flauto e sassofono tutti i giorni. Non pratico affatto le tastiere, a meno che non abbia un compito specifico. Compongo abbastanza spesso con pianoforte o sintetizzatori, quindi quelli sono una parte importante della mia musica. Ma in fondo sono un suonatore di flauto.
Gran parte della mia musica è fatta con drum machine e sequencer. Faccio un sacco di jamming con l'elettronica. In questi giorni molto con il sistema modulare.

Hai avuto dei limiti nella tua carriera partendo da un paese come la Finlandia, al di fuori dei soliti percorsi principali della musica?
Anche a livello linguistico.

- Oh certo. La lingua è un grosso ostacolo. Scrivo testi in inglese perché è la moderna “Lingua franca”.
Ma a volte è dura per me. Mi ha aiutato il fatto di lavorare con musicisti africani. L'idea che la cosa principale sia di essere capiti. Quando ho iniziato, la Finlandia era piuttosto isolata.
Non c'era quasi nessuno al di fuori della musica classica che avesse successo a livello internazionale. Abbiamo iniziato a livello basico. Andando nei club di Berlino e cercando di trovare concerti.
A poco a poco tutto ha cominciato a funzionare. La musica elettronica è stata per me la chiave per un vero riconoscimento.
In seguito ho anche ampliato la mia musica a una dimensione più acustica. Nella mia vita mi sono sempre mosso molto, spinto da una specie di costante irrequietezza da Barcellona a New York, da Londra a Berlino. Ma ora preferisco muovermi meno. Sono un po' stanco di continuare a viaggiare e a cambiare. Forse ho esagerato un po'. Ad esempio ho lasciato i dischi e i libri che avevo da giovane in giro per mezzo mondo. Quando ti muovi tanto non puoi portarteli con te e finisci per lasciarli da qualche parte in giro per il mondo, insieme ai mobili. E' una cosa un po' strana.

“Continuavo a scattare foto e a girare film super 8. Ero un grande fan di Andy Warhol e mi interessava molto anche la serigrafia”. Puoi parlarci della tua attività di fotografo che troviamo documentata in Omniverse?
- Per molto tempo non riuscivo a decidere se fare il fotografo o il musicista. Ero dentro a entrambe le cose! Quindi trasferirsi a New York è stato fantastico. Sembrava che le persone lì volessero fare cose.
E questo è quello che volevo di sicuro anch'io. Ma ottenere il lavoro di assistente fotografico è stato un po' più difficile di quanto pensassi. Non sono il tipo giusto. Inoltre avevo troppa ambizione. Ma fortunatamente ho ottenuto un lavoro come fotografo turistico e questo mi ha dato la possibilità di acquistare attrezzature musicali. Forse in fondo sapevo che la musica faceva per me.
Ma sono stato attivo anche nella fotografia. Ho realizzato molte copertine di album principalmente per le etichette Sähkö e Timmion.

La fotografia ha influenzato in qualche modo la tua musica e viceversa?
Hmm, tutta l'arte è impigliata nella mia mente. Trovo che tutto si influenzi a vicenda.
Per me la musica è più vibrazioni nell'aria che teoria musicale. Sicuramente c'è un posto per la teoria musicale, proprio come la chimica è pratica anche se alla fine tutta la chimica può essere spiegata con la fisica.

Hai sempre lavorato con un'attitudine Do It Yourself, vero?
Beh, la maggior parte delle volte. E penso che la maggior parte del mio lavoro di successo sia stato fatto con lo stile DIY. Non mi sento a mio agio negli studi di registrazione e con i professionisti del ramo. Preferisco anche l'organo Farfisa all'Hammond B3. Il Farfisa mi dà la libertà di essere amatoriale nel mio stile. Voglio dire, cerco di mantenere la gioia e la libertà eterne del principiante nell'esprimermi.
Suono strumenti semplici e cerco di trovare un modo per fare composizioni con i limiti che mi impongono. Si potrebbe rimanere bloccati nella maledizione dei musicisti se si è troppo tecnici.

A livello compositivo prediligi l'improvvisazione o segui parametri predefiniti?
Mi piace molto l'improvvisazione, nel senso di improvvisazione libera.
Ma odio le jam session con gente che suona standard e groove prevedibili. Mi piace sentirmi libero sul palco. Ma devo conoscere molto bene il materiale o l'improvvisazione deve essere tale da sentirmi libero. Non chiedo quasi mai gli accordi quando devo improvvisare. Preferisco ascoltare la tonalità e poi improvvisare interagendo con gli altri musicisti.
Mi sforzo di rendere le mie composizioni facilmente suonabili per i musicisti con cui lavoro.
Ad esempio improvviso per gli arrangiamenti dei fiati così diventa tutto più musicale e groovy piuttosto che dovere seguire le note scritte su un pezzo di carta. Questo è il mio punto di vista.

Ma concretamente come ti muovi per comporre un brano di solito? Da cosa parti?
Quasi sempre faccio un demo con un sequencer o un multitraccia a casa, nel mio studio.
Poi trascrivo su carta le parti più difficili e le faccio ascoltare ai ragazzi della band. In pratica mi siedo con la mia attrezzatura Midi e inizio a costruire una traccia, normalmente partendo da una sequenza di accordi di synth o un loop di basso. Metto in sequenza gli altri strumenti e creo una seconda parte. Quando sono soddisfatto aggiungo voce, sax e il resto. Mi piace lavorare in questo modo. Faccio un premix e in questo modo tutti gli strumenti hanno il loro giusto equilibrio e il loro ruolo nel mix fin dall'inizio.

Preferisci la dimensione live o lavorare in studio?
Penso che il palcoscenico sia il mio vero posto nella musica.
Spero che le case discografiche falliscano tutte. E quando non ci saranno più etichette ci sarà comunque ancora la musica. La musica c'era prima di qualsiasi etichetta discografica. E le band erano anche più grandi. E avevano anche un sacco di lavoro. Sfortunatamente anche se fallissero rimarrebbero montagne di dischi da ascoltare. Non ci sarà mai un grande ritorno per la musica live.
Ma se nessuno ormai vende più dischi i musicisti devono guadagnare in qualche modo, no? E suonare dal vivo è l'unico modo per fare soldi. Almeno, io sopravvivo in questo modo al giorno d'oggi.

Ci puoi parlare del nuovo album “Multiversum”?
- Ho realizzato l'album per accompagnare il libro Omniverse. È realizzato nel mio stile da vecchia scuola. Uso la drum machine Oberheim DX e i sequencer hardware. Una specie di musica da one man band. Mi sono reso conto di avere questo Delay degli anni '90 che posso attivare con un sequencer modulare. Ho fatto dei loop con quel sistema mentre trascorrevo del tempo nella mia casa estiva durante l'isolamento per il covid.
Il tempo del Covid è stato abbastanza fruttuoso per me, devo dire. Strano ma vero. Ora tutti gli artisti stanno uscendo con i loro progetti Covid! Ahah! Ci sarà molta musica da seguire...

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