A metà del 2023 tra i migliori album ci sono quelli di Jaimie Branch, Aja Monet, Noel Gallagher, Graham Day, The Darts, Blur, Miles Kane, Durand Jones, Edgar Jones, Bobby Harden, DeWolff, Wreckless Eric, Public Image LTD, Billy Sullivan, Iggy Pop, Everettes, Everything But The Girl, PJ Harvey, Slowthai, Meshell Ndegeocello, Sleaford Mods, John Cale, Elza Soares, Acantha Lang, Joel Sarakula, Algiers, The Men, Tex Perkins and the Fat Rubber Band, Gina Birch, Gabriels, Lonnie Holley, The Who, Mudhoney, Kara Jackson, Tinariwen, Geese.
Tra gli italiani Alex Fernet, Funkool Orchestra, Sick Tamburo, Zac, Polemica, Milo Scaglioni, Il Senato, Lucio Corsi, Statuto, Broomdogs, The Cut, Senzabenza, Forty Winks, The Lancasters, Elli De Mon, Ellen River, Double Syd, Pitchtorch, C+C=Maxigross, Blue Moka, Lory Muratti, Garbo.
JAIMIE BRANCH - Fly or Die Fly or Die Fly or Die ((world war))
Jaimie Branch era una trombettista americana, scomparsa a 39 anni lo scorso anno.
Il terzo album , postumo, "Fly or Die Fly or Die Fly or Die ((world war))" è un assalto sonoro che partendo dal jazz, assimila un approccio punk, tribalismo, malattia, suoni disturbanti ma anche blues, gospel, funk, industrial.
Si possono sentire Miles Davis, Don Cherry, James Chance, Fela Kuti, i Creatures di Siouxsie, i P.I.L., free jazz.
Un album che scuote, scava, brucia, taglia.
WRECKLESS ERIC - Leisureland
In pochi ricorderanno quello strampalato rocker, inserito a forza nella scena punk, in tour con il giro Stiff Records, autore di alcuni discreti album di divertente pub rock con un po' di Lou Reed e Jonathan Richman e della hit "Whole Wide World". La carriera è proseguita piuttosto in sordina tra vari progetti rimasti nell'oscurità. Il nuovo album lo coglie ormai 70enne a stupire per vitalità, tra brani di rock psichedelico, intermezzi strumentali di gusto sperimentali, sonorità a tratti tra Beatles fine 60 e Syd Barrett. Sorprendentemente bello.
PUBLIC IMAGE LTD - End of the world
A otto anni dal precedente lavoro la band di John Lydon prosegue la sua strada a base di un post punk pieno di influenze e rimandi a suoni sempre urticanti e trattati con un approccio personale e abrasivo, dal funk al dub, perfino al rap ("Walls" e "Pretty awfuls" potrebbero essere su un album degli Sleaford Mods, in una sorta di chiusura del cerchio). La voce di John è il consueto marchio di fabbrica per un album sicuramente, pur se non essenziale, pieno di creatività e voglia di sperimentare.
MILES KANE - One man band
Il quinto album conferma l'amore per i Sessanta, Beatles, soul e Motown, non disdegnando brani più rock e agitati e tocchi psichedelici. Con tanto di nostalgico omaggio al nostro Divin Codino nel brano "Baggio". Ottimo lavoro, una piacevole garanzia e conferma.
LIAM GALLAGHER - Knebworth 22
Il buon Liam torna sul luogo del celebre concerto degli Oasis del 1996, mette insieme 170.000 persone in due date. Il cantante vince facile con più di metà della scaletta di brani degli Oasis (rigorosamente riprodotti nella versione originale, più o meno) a cui aggiunge qualche buona scelta dalla sua carriera solista, un sorta di speciale cover band della compagine nata con il fratello Noel.
Nulla per cui strapparsi i capelli...it's only rock 'n'roll...
THE HIVES - The Death Of Randy Fitzsimmons
Dopo undici anni di silenzio discografico torna la band svedese con il consueto gustoso pop garage punk, arrembante, divertente, travolgente.
Niete di nuovo sotto il sole ma un lavoro comunque riuscito, di un'urgenza sapientemente confezionata, perfetta per un party infuocato.
GIL SCOTT HERON - Legend in his own mind (Live, Bremen 1983)
Un live inedito di quasi due ore in cui uno strepitoso Gil suona, canta, interpreta, parla, si trasforma in quell'impareggiabile intrattenitore che era, giocando con le parole, i doppi sensi, i sensi diretti e spietati. Vesrioni di "The bottle", "Johannesburg", "We almost lost Detroit" spettacolari. Ottima qualità di registrazione, band in gran spolvero, Gil in formissima.
NICOLA CONTE - Umoja
L'indiscutibile e rinomata classe artistica di Nicola Conte si riconferma in questo nuovo lavoro, come sempre pulsante di groove, raffinato, colto, elegante, in cui convergono felicemente soul, funk, jazz, suoni latini, ritmi afro e disco, con una line up di musicisti di pura eccellenza: Zara McFarlane, Bridgette Amofah e Myles Sanko alle voci, Alberto Parmegiani alla chitarra Timo Lassy al sax tenore, Simon Mullier al vibrafono, Milena Jancuric al flauto, and Ameen Saleem al basso, Teppo Makynen alla batteria. Un album che celebra il concetto di unità (Umoja è la traduzione in swahili) e di armonia. E ci riesce alla perfezione. Onore al Maestro Nicola Conte.
THE LIQUORICE EXPERIMENT - How Many Lies
Il quintetto ispano londinese all'esordio su album con un salto deciso e fedele nei suoni della prima metà dei 60's tra Beatles, Stones, Yardbirds, Mersey Beat corroborati da un piglio garage e da canzoni sempre energiche, tirate e veloci.
Una ventata di freschezza.
SOUL TUNE ALLSTARS - The Soul Of The Viking
Il produttore e bandleader Svedese Niclas Wretelid in collaborazione con il chitarrista Finlandese Mikko Räisänen degli ottimi Chicken Grass si uniscono a vari ospiti per un gradevolissimo album di funk, soft soul, con lo splendido "Looking for trouble" che ci porta in pieno groove Blaxploitation. Album eclettico, caldo, raffinato, dal gusto vintage, per eleganti soul conaisseurs.
WILLIE J. HEALEY - Bunny
Ha aperto il recente tour degli Arctic Monkeys al cui sound degli ultimi album si avvicina parecchio. Nel terzo lavoro propone un raffinato ed elegante funk soul "bianco" ma anche a Sly and the Family Stone e Style Council, con una dichiarata ammirazione per Neil Young che emerge in certe ballate. Molto gradevole.
KRISTIN HERSH - Clear pond Road
Una carriera di tutto rispetto con le Throwing Muses e un'ottima resa con quella solista. Le plumbee ballate acustiche del nuovo album aleggiano tra atmosfere apparentemente leggiadre ma con un retrogusto minaccioso, inquietante, ansiogeno. Chi la ama apprezzerà.
BUSH TETRAS - They live in my head
La band New Yorkese fu tra le più interessanti rappresentanti del post punk di fine anni Settanta con un sound scheletrico, intriso di new wave, funk impazzito, reggae, minimalismo. Tornano ora con una nuova line up con due membri originali, l'ex Sonic Youth Pete Shelley alla batteria e la bassista di Pogues e Elvis Costello Cat O'Riordan in una veste più rock e dello spirito avanguardista degli esordi rimane poco, snaturando parecchio il graffiante e innovativo approccio dei primi anni.
CUT WORMS - s/t
Dietro allo strano nome si cela l'attività del cantautore new yorkese Max Clarke che giunge ora al terzo album. Sound molto praticolare e confinato a un'epoca bene precisa, a cavallo tra i 50 e i primi 60, con Buddy Holly, i primissimi Beatles, Beach Boys, Hollies come riferimenti. Il disco è molto piacevole, facile e un perfetto sottofondo.
FAR CASPIAN - The Last Remaining Light
Il musicista irlandese Joel Johnston compone un buon album tra post punk, sonorità Velvet Underground/Pavement che si trascinano tra dissonanze e melodie Sixties pop. Niente di esaltante ma piuttosto intrigante.
KOSMOSA CLUB - s/t
Brillante ep d'esordio con cinque brani che spaziano tra un costante groove funk, atmosfere pop wave anni 80, una matrice jazz in sottofondo ma anche numerosi richiami agli anni 70 di gusto fusion e soul. Il tutto calato in un immaginario cinematografico in cui non mancano sapori psichedelici. Molto bello e originale, suonato e arrangiato benissimo.
ASCOLTATO ANCHE:
NICKODEMUS (funk, disco, soul, contaminazioni varie, niente male), GIRL RAY (funk pop un po' sciapo), JON BATISTE (deludente e confuso nuovo album dove si districa in numerosi generi ma senza mai lasciare un segno interessante. Peccato), SECRET NIGHT GANG (discreto album di nu soul/funk con tracce hip hop).
LETTO
TED GIOIA - Musica. Una storia sovversiva
Un libro interessantissimo, ricchissimo di informazioni, riferimenti inaspettati (talvolta imprevedibili e improbabili), elementi stimolanti per un'ulteriore ricerca in merito.
Da affrontare prescindendo i rigidi postulati che fanno da filo conduttore e ricorrono frequentemente.
Dal discutibile concetto che la musica nasca e si basi da sempre sui due pilastri di sesso e violenza (teoria peraltro facilmente smontabile) e che la sua storia sia stata in qualche modo gestita e indirizzata da "poteri forti" (dalla Chiesa ai governi) per depotenziarne il ruolo sovversivo.
"La musica è sempre stata collegata al sesso e alla violenza.
I primi strumenti grondavano sangue. Le prime canzoni promuovevano la fertilità, la caccia, la guerra e simili. Quasi tutta la storia della musica serve a oscurare questi rapporti ed eliminare gli elementi giudicati vergognosi o indegni dai posteri."
Molto interessante e condivisibile invece la tesi, che rinnova attraverso diversi esempi reiterati nel corso dei secoli, sul ruolo della canzone/canto "sovversivo", puntualmente normalizzato dal "sistema":
E' il meccanismo il base al quale queste disturbanti intrusioni musicali nell'ordine sociale entrano nel sistema e diventano mainstream. Il pericoloso ribelle viene trasformato, dopo qualche anno o decennio, in un riverito anziano della tribù".
Di nuovo l'autore sottilinea come dalle linee più arretrate della società nasca la musica nuova e il sistema dei potenti se ne impossessi (vedi il caso dei Trovatori nel Medioevo):
L'estraneo disprezzato crea un modo nuovo di cantare, poi i potenti del sistema si fiondano ad assumere il controllo di questo provocatorio stile musicale. E spesso se ne prendono il merito. Poi arriva l'inevitabile insabbiamento, con idocumenti storici ufficiali che negano che questa transazione culturale sia mai avvenuta.
E infine la sottolineatura di una costante che ricorre nei secoli.
Due tipi di lavoratrice più strettamente associati al canto in Occidente erano le suore e le prostitute...le canzoni delle donne erano o seduzioni peccaminose o qualcos'altro chiuso a doppia mandata in un chiostro dove poteva essere udito solo da Dio e non da machi infoiati.
La conclusione che ci porta ai nostri giorni è una sorta di consiglio visionario:
Ogni volta che la cultura musicale diventa troppo facile e affabile, mettetevi a guardare l'orizzonte in cerca di una rivoluzione in arrivo.
In questo senso ci ricorda che "sarebbe stata la popolazione nera delle Americhe , quasi tutti discendenti di schiavi, a reinventare la musica popolare del Ventesimo Secolo...prima con ragtime e blues poi con il primo jazz e lo swing, i primi vagiti del rhythm and blues, poi ancora con soul, reggae, samba, boogie woogie,, doo wop,, bebop,, calypso, funk,, salsa, hip hop".
Da leggere, approfondire, con le dovute "cautele" sulle teorie dell'autore, perché ricchissimo di informazioni fondamentali per capire meglio l'evoluzione della musica attraverso le sue anime più sovversive e ribelli.
QUESTLOVE - Musica è storia
Ahmir Questlove Thompson è compositore e batterista dei Roots, produttore (D’Angelo, Elvis Costello, Common, Jill Scott, Erykah Badu, Bilal, Jay-Z, Nikka Costa, Booker T. Jones, Al Green, Amy Winehouse, John Legend.), session man, DJ regista del capolavoro "Summer Of Soul", Oscar per il miglior documentario nel 2022.), giornalista e scrittore.
In quest'ultima veste pubblica un libro molto intrigante, tradotto perfettamente (immagino con enorme difficoltà, vista la modalità di scrittura piena di ironia, doppi sensi, battute, definizioni difficili da riportare in italiano) dal giornalista Alessandro Besselva Averame, in cui passa in rassegna trentuno anni, dal 1971 al 2001, di musica, dischi, eventi che intersecano discografia e musicisti con la storia corrente del periodo.
Il fulcro è prevalentemente e ovviamente incentrato sulla black music nelle sue varie accezioni e varianti.
Il libro ha il pregio e il difetto di mettere insieme una mole impressionante di dati, date, titoli, artisti, dischi, brani che rende il tutto allo stesso tempo stimolante e dispersivo.
Una pubblicazione da sfogliare periodicamente per scovare quel titolo sconosciuto o riprendere quel disco dimenticato (a sua volta connesso, talvolta sorprendentemente, con altri impensabili).
ROBERTO PARAVAGNA - Quattro anelli tra le dita. Vita di Ringo Starr
Prima biografia italiana di Ringo Starr, in cui viene ripercorsa la vita prima, durante e dopo i Beatles, indulgendo forse più sulla vita privata, cinematografica e mondana del Nostro che sul ruolo di musicista.
I contributi di musicisti come Pino Di Santo, Gianni Dall'Aglio, Alfredo Vandresi aggiungono elementi al suo gusto e spessore di batterista.
Il libro è un compendio adatto a chi vuole approfondire la figura abitualmente meno trattata dei Beatles ma che non aggiunge molto per i Beatlesiani più accorti e accaniti che sulle vicende di Ringo hanno sicuramente ampiamente approfondito.
Nè perdoneranno certi errori come "With a little help" (dimenticando costantemente il resto del titolo "from my friends") e "Hard day's night" (senza la A iniziale) tradotto "Una dura giornata...notte!".
100 dischi essenziali new wave e post punk italiani
La guida di Rumore dedicata ai "100 dischi essenziali new wave e post punk italiani" a cura di Luca Frazzi (con l'aiuto di Michele Benetello) - a cui si aggiungono ulteriori 100 segnalazioni - con schede approfondite, foto, indicazioni discografiche, elenco di libri di riferimento.
Un lavoro complesso e certosino nel cercare un equilibrio tra completezza e corretta informazione, che passa ovviamente attraverso i gusti e le opinioni dell'autore, in base a criteri ben precisi elencati nell'introduzione. Ognuno di noi lo avrebbe fatto sicuramente meglio, come accade per ogni formazione della Nazionale di calcio o della squadra del cuore prima della partita, giusto?
Prevedibilmente la guida si è tirata addosso critiche di ogni tipo, spesso perché nemmeno è stata letta oppure solo sfogliata per verificare se c'era il proprio gruppo in cui si è suonato o che ci piace tanto e in che posto della classifica è stato posizionato.
Modalità ricorrente con cui ormai si "leggono" libri o articoli.
Ma tant'é.
La guida è invece preziosa, esaustiva, completa, e le sviste o piccole dimenticanze non inficiano il valore dell'opera.
Garageland #3
Uscito il numero 3 della rivista/fanzine GARAGELAND, prezioso mezzo per esplorare i meandri più nascosti del mondo cosiddetto mondo "sottoculturale".
84 pagine piene di foto, disegni, interviste, approfondimenti che abitualmente non si trovano da nessuna altra parte.
Con l'amico e collaboratore Michele Savini ho dato il mio contributo con una lunga e dettagliata intervista a IRISH JACK LYONS, original mod, amico di Pete Townshend e diretto ispiratore del protagonista dell'opera rock QUADROPHENIA, che svela particolari poco conosciuti della scena mod dei Sessanta e tanto altro.
La lista dei contenuti è ricchissima, varia e interessantissima:
* Educazione skinhead di Mattia Dossi, 31° episodio
* Essere intelligenti senza contare niente: 10 foto di Gavin Watson, di Flavio Frezza
* Joe Mansano, il boss di Brixton, di Alessandro Aloe
* Who are you? Un’intervista con Irish Jack, di Michele Savini e Antonio Bacciocchi
* Breve guida al bovver rock, di Paolo Sedazzari con illustrazioni di Paul McCaffrey
* Anita Berber – Il corpo come arma, di Letizia Lucangeli
* Skateboarding e punk hardcore negli anni ’80, di Riccardo Santi
* Senza via d’uscita: il naufragio di Malcolm Owen, di Path
* Margini – La vendetta della provincia, di Flavio Frezza
* Don’t call it punk: un’intervista con Matteo Torcinovich, di Roberto Calabrò
* Alex Vargiu: come sopravvivere senza elemosinare a Roma, di Simone Lucciola
* Domenico Agostini, rovesciate a suon di musica, di Pierpaolo De Julis
* Acciaierie, di Fabrizio Barile
* E inoltre contributi artistici e fotografici di Alo e Alexandra Czmil.
Foto di copertina di Gavin Watson. Formato 20,5×28 su carta di alta qualità (130 gr.), 84 pp., costo 15 €.
Info e ordini:
https://blog.crombiemedia.com/prodotto/garageland-3-2023/
OLD CREW - Radici e Controcultura Urbana #1
Dopo un introduttivo numero zero, parte l'avventura della rivista/fanzine romana che viaggia nel mondo delle sottoculture e controculture, tra musica, calcio, storia, fumetti, con un filo rosso che lega il tutto secondo lo "spirit of '69".
Il nuovo numero è zeppo di interviste e articoli interessanti e unici, dall'intervista a Gaz Mayall dei Trojans e agli Old Reggae Friends, quattro pagine di fumetti di Zero Calcare, un pezzo sui Redskins e del loro concerto a Umbertide nel 1986, un intervento di Riccardo Pedrini (Nabat e tanto altro), recensioni e perfino una pagina di cucina.
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà"
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
IN CANTIERE
Tornano da venerdì le mie "lezioni" di musica al Raindogs House di Savona.
Gli otto appuntamenti dello scorso anno, dedicati a una sorta di storia della musica pop/rock, furono un successo, corroborati da un pubblico sempre folto e attento.
Questa volta il programma è più ridotto ma cambierà obiettivo, andando "NEL CUORE DELLA MUSICA" ovvero parlando della sua struttura, dai compositori ai produttori, dai session men e studi di registrazione a etichette, editori musicali, distribuzione.
IL PROGRAMMA
Venerdì 1 settembre
Compositori e produttori.
Come e quando nasce la musica
Venerdì 8 settembre
Sessionmen e studi di registrazione
Dove nasce la musica
Venerdì 22 settembre
Etichette, edizioni musicali, distribuzione
Come ci arriva la musica
Il tutto al
Raindogs House, Piazza Rebagliati 1 - Savona.
Ingresso up to you.
Dalle 19 alle 21.
Info: raindogshouse@gmail.com
NOT MOVING LTD live
Venerdì 15 settembre : Isola d’Elba Festival
Sabato 23 settembre: Festa Privata Imperia
Sabato 7 ottobre: Poviglio (Reggio Emilia) “Caseificio La Rosa”
Venerdì 20 ottobre: Bologna “Skeggia”
Venerdì 27 ottobre: La Spezia “Shake”
Sabato 28 ottobre : Como “Joshua"
Venerdì 24 novembre: Piacenza “Kelly’s”
Sabato 25 novembre: Lonate Ceppino (VA) “Black Inside"
Venerdì 1 dicembre: Pisa “Caracol”
Sabato 2 dicembre: Rubiera (Reggio Emilia) “Condor”
Domenica 3 dicembre: Torino "Blah Blah" ore 18
giovedì, agosto 31, 2023
mercoledì, agosto 30, 2023
Bill Withers
Speciale BILL WITHERS.
Una carriera breve, durata meno di 15 anni, quando, nel 1985, decise di abbandonare per sempre la carriera musicale, disgustato dai compromessi necessari per incidere dischi e dalle pressioni dei discografici. Ha lasciato otto album in studio e un live.
E' morto nel 2020 a 81 anni.
Just ad I am (1971)
Capolavoro assoluto di soul funk che spesso vira nella canzone d'autore e a influenze folk.
Lo stupendo funk di "Harlem" ad aprire, il nerissimo gospel blues funk di "Grandma's hands" (ripreso più tardi da Gil Scott Heron), due versioni funk blues di "Let it be" e della celeberrima "Everybody's talkin" e una serie di altri splendidi brani sorretti dalla chitarra acustica del nostro, dall'organo di Booker T (anche produttore), la chitarra di Stephen Stills, la batteria del Beatlesiano Jim Keltner e di Al Jackson Jr (una delle colonne della Stax Records), il basso di Duck Dunn anche lui degli MG's.
Grandissimo.
Still Bill (1972)
Secondo album dopo il fulminante esordio.
“Still Bill” si addentra nel soul funk più nero, nel southern soul con classici come “Use me” e “Lean on me”, nel duro e minimale soul blues di “I don’t want you on my mind”, nella ritmatissima e ipnotica “Lonely town, lonely street”.
Un vero e proprio gioiello di black music all’ennesima potenza.
Live at Carnegie Hall (1973)
Sicuramente da annoverare tra i migliori live di soul music di sempre.
Bill intrattiene e coinvolge il pubblico, dilata le canzoni, colora il tutto con una pennellata in più di funk, rende l'atmosfera sensuale, fascinosa, groovy, con un finale di medley di 14 minuti di "Harlem" e "Cold Baloney".
Ad accompagnarlo una band di eccellenze, tra cui assi come Ray Jackson al piano (poi con le Staple Singers), Melvin Dunlap al basso e James Gadson che troviamo come turnisti in un gran numero di album soul.
Album strepitoso.
+'Justments (1974)
Spesso colpevolmente trascurato dopo i primi tre gioielli, +'Justments prosegue invece sulla strada da poco tracciata con brani più funk oriented e una serie di nuove canzoni di eccelsa qualità in perfetta linea con i lavori precedenti. Lo smooth soul orchestrale di "We can pretend" è arricchito dalla maestria della chitarra acustica di José Feliciano, gli oltre sei minuti della conclusiva "Railroad Man" sono un torrido funk in odore di Curtis Mayfield.
Un altro eccellente lavoro.
Making music (1975)
Naked & warm (1976)
Menagerie (1977)
'Bout Love (1979)
Watching you, watching me (1985)
La successiva carriera di Bill Withers scivola progressivamente verso un manierismo impersonale (soprattutto negli ultimi due album) che rendono difficile il ritrovare tracce della genialità e bellezza dei primi lavori.
Non mancano momenti validi e dignitosi ma il tono generale rimane dimesso e mai incisivo.
Una carriera breve, durata meno di 15 anni, quando, nel 1985, decise di abbandonare per sempre la carriera musicale, disgustato dai compromessi necessari per incidere dischi e dalle pressioni dei discografici. Ha lasciato otto album in studio e un live.
E' morto nel 2020 a 81 anni.
Just ad I am (1971)
Capolavoro assoluto di soul funk che spesso vira nella canzone d'autore e a influenze folk.
Lo stupendo funk di "Harlem" ad aprire, il nerissimo gospel blues funk di "Grandma's hands" (ripreso più tardi da Gil Scott Heron), due versioni funk blues di "Let it be" e della celeberrima "Everybody's talkin" e una serie di altri splendidi brani sorretti dalla chitarra acustica del nostro, dall'organo di Booker T (anche produttore), la chitarra di Stephen Stills, la batteria del Beatlesiano Jim Keltner e di Al Jackson Jr (una delle colonne della Stax Records), il basso di Duck Dunn anche lui degli MG's.
Grandissimo.
Still Bill (1972)
Secondo album dopo il fulminante esordio.
“Still Bill” si addentra nel soul funk più nero, nel southern soul con classici come “Use me” e “Lean on me”, nel duro e minimale soul blues di “I don’t want you on my mind”, nella ritmatissima e ipnotica “Lonely town, lonely street”.
Un vero e proprio gioiello di black music all’ennesima potenza.
Live at Carnegie Hall (1973)
Sicuramente da annoverare tra i migliori live di soul music di sempre.
Bill intrattiene e coinvolge il pubblico, dilata le canzoni, colora il tutto con una pennellata in più di funk, rende l'atmosfera sensuale, fascinosa, groovy, con un finale di medley di 14 minuti di "Harlem" e "Cold Baloney".
Ad accompagnarlo una band di eccellenze, tra cui assi come Ray Jackson al piano (poi con le Staple Singers), Melvin Dunlap al basso e James Gadson che troviamo come turnisti in un gran numero di album soul.
Album strepitoso.
+'Justments (1974)
Spesso colpevolmente trascurato dopo i primi tre gioielli, +'Justments prosegue invece sulla strada da poco tracciata con brani più funk oriented e una serie di nuove canzoni di eccelsa qualità in perfetta linea con i lavori precedenti. Lo smooth soul orchestrale di "We can pretend" è arricchito dalla maestria della chitarra acustica di José Feliciano, gli oltre sei minuti della conclusiva "Railroad Man" sono un torrido funk in odore di Curtis Mayfield.
Un altro eccellente lavoro.
Making music (1975)
Naked & warm (1976)
Menagerie (1977)
'Bout Love (1979)
Watching you, watching me (1985)
La successiva carriera di Bill Withers scivola progressivamente verso un manierismo impersonale (soprattutto negli ultimi due album) che rendono difficile il ritrovare tracce della genialità e bellezza dei primi lavori.
Non mancano momenti validi e dignitosi ma il tono generale rimane dimesso e mai incisivo.
lunedì, agosto 28, 2023
Ted Gioia - Musica. Una storia sovversiva
Un libro interessantissimo, ricchissimo di informazioni, riferimenti inaspettati (talvolta imprevedibili e improbabili), elementi stimolanti per un'ulteriore ricerca in merito.
Da affrontare prescindendo i rigidi postulati che fanno da filo conduttore e ricorrono frequentemente.
Dal discutibile concetto che la musica nasca e si basi da sempre sui due pilastri di sesso e violenza (teoria peraltro facilmente smontabile) e che la sua storia sia stata in qualche modo gestita e indirizzata da "poteri forti" (dalla Chiesa ai governi) per depotenziarne il ruolo sovversivo.
"La musica è sempre stata collegata al sesso e alla violenza.
I primi strumenti grondavano sangue. Le prime canzoni promuovevano la fertilità, la caccia, la guerra e simili. Quasi tutta la storia della musica serve a oscurare questi rapporti ed eliminare gli elementi giudicati vergognosi o indegni dai posteri."
Molto interessante e condivisibile invece la tesi, che rinnova attraverso diversi esempi reiterati nel corso dei secoli, sul ruolo della canzone/canto "sovversivo", puntualmente normalizzato dal "sistema":
E' il meccanismo il base al quale queste disturbanti intrusioni musicali nell'ordine sociale entrano nel sistema e diventano mainstream. Il pericoloso ribelle viene trasformato, dopo qualche anno o decennio, in un riverito anziano della tribù".
Di nuovo l'autore sottilinea come dalle linee più arretrate della società nasca la musica nuova e il sistema dei potenti se ne impossessi (vedi il caso dei Trovatori nel Medioevo):
L'estraneo disprezzato crea un modo nuovo di cantare, poi i potenti del sistema si fiondano ad assumere il controllo di questo provocatorio stile musicale. E spesso se ne prendono il merito. Poi arriva l'inevitabile insabbiamento, con idocumenti storici ufficiali che negano che questa transazione culturale sia mai avvenuta.
E infine la sottolineatura di una costante che ricorre nei secoli
Due tipi di lavoratrice più strettamente associati al canto in Occidente erano le suore e le prostitute...le canzoni delle donne erano o seduzioni peccaminose o qualcos'altro chiuso a doppia mandata in un chiostro dove poteva essere udito solo da Dio e non da machi infoiati.
La conclusione che ci porta ai nostri giorni è una sorta di consiglio visionario:
Ogni volta che la cultura musicale diventa troppo facile e affabile, mettetevi a guardare l'orizzonte in cerca di una rivoluzione in arrivo.
In questo senso ci ricorda che "sarebbe stata la popolazione nera delle Americhe, quasi tutti discendenti di schiavi, a reinventare la musica popolare del Ventesimo Secolo...prima con ragtime e blues poi con il primo jazz e lo swing, i primi vagiti del rhythm and blues, poi ancora con soul, reggae, samba, boogie woogie,, doo wop,, bebop,, calypso, funk,, salsa, hip hop".
Da leggere, approfondire, con le dovute "cautele" sulle teorie dell'autore, perché ricchissimo di informazioni fondamentali per capire meglio l'evoluzione della musica attraverso le sue anime più sovversive e ribelli.
Ted Gioia
Musica. Una storia sovversiva
Shake Edizoni
423 pagine
23 euro
Da affrontare prescindendo i rigidi postulati che fanno da filo conduttore e ricorrono frequentemente.
Dal discutibile concetto che la musica nasca e si basi da sempre sui due pilastri di sesso e violenza (teoria peraltro facilmente smontabile) e che la sua storia sia stata in qualche modo gestita e indirizzata da "poteri forti" (dalla Chiesa ai governi) per depotenziarne il ruolo sovversivo.
"La musica è sempre stata collegata al sesso e alla violenza.
I primi strumenti grondavano sangue. Le prime canzoni promuovevano la fertilità, la caccia, la guerra e simili. Quasi tutta la storia della musica serve a oscurare questi rapporti ed eliminare gli elementi giudicati vergognosi o indegni dai posteri."
Molto interessante e condivisibile invece la tesi, che rinnova attraverso diversi esempi reiterati nel corso dei secoli, sul ruolo della canzone/canto "sovversivo", puntualmente normalizzato dal "sistema":
E' il meccanismo il base al quale queste disturbanti intrusioni musicali nell'ordine sociale entrano nel sistema e diventano mainstream. Il pericoloso ribelle viene trasformato, dopo qualche anno o decennio, in un riverito anziano della tribù".
Di nuovo l'autore sottilinea come dalle linee più arretrate della società nasca la musica nuova e il sistema dei potenti se ne impossessi (vedi il caso dei Trovatori nel Medioevo):
L'estraneo disprezzato crea un modo nuovo di cantare, poi i potenti del sistema si fiondano ad assumere il controllo di questo provocatorio stile musicale. E spesso se ne prendono il merito. Poi arriva l'inevitabile insabbiamento, con idocumenti storici ufficiali che negano che questa transazione culturale sia mai avvenuta.
E infine la sottolineatura di una costante che ricorre nei secoli
Due tipi di lavoratrice più strettamente associati al canto in Occidente erano le suore e le prostitute...le canzoni delle donne erano o seduzioni peccaminose o qualcos'altro chiuso a doppia mandata in un chiostro dove poteva essere udito solo da Dio e non da machi infoiati.
La conclusione che ci porta ai nostri giorni è una sorta di consiglio visionario:
Ogni volta che la cultura musicale diventa troppo facile e affabile, mettetevi a guardare l'orizzonte in cerca di una rivoluzione in arrivo.
In questo senso ci ricorda che "sarebbe stata la popolazione nera delle Americhe, quasi tutti discendenti di schiavi, a reinventare la musica popolare del Ventesimo Secolo...prima con ragtime e blues poi con il primo jazz e lo swing, i primi vagiti del rhythm and blues, poi ancora con soul, reggae, samba, boogie woogie,, doo wop,, bebop,, calypso, funk,, salsa, hip hop".
Da leggere, approfondire, con le dovute "cautele" sulle teorie dell'autore, perché ricchissimo di informazioni fondamentali per capire meglio l'evoluzione della musica attraverso le sue anime più sovversive e ribelli.
Ted Gioia
Musica. Una storia sovversiva
Shake Edizoni
423 pagine
23 euro
mercoledì, agosto 23, 2023
OLD CREW - Radici e Controcultura Urbana #1
Dopo un introduttivo numero zero, parte l'avventura della rivista/fanzine romana che viaggia nel mondo delle sottoculture e controculture, tra musica, calcio, storia, fumetti, con un filo rosso che lega il tutto secondo lo "spirit of '69".
Il nuovo numero è zeppo di interviste e articoli interessanti e unici, dall'intervista a Gaz Mayall dei Trojans e agli Old Reggae Friends, quattro pagine di fumetti di Zero Calcare, un pezzo sui Redskins e del loro concerto a Umbertide nel 1986, un intervento di Riccardo Pedrini (Nabat e tanto altro), recensioni e perfino una pagina di cucina.
Support!
Si trova qui:
https://nuttystore.com/books/old-crew-radici-e-controcultura-urbana-1/
Il nuovo numero è zeppo di interviste e articoli interessanti e unici, dall'intervista a Gaz Mayall dei Trojans e agli Old Reggae Friends, quattro pagine di fumetti di Zero Calcare, un pezzo sui Redskins e del loro concerto a Umbertide nel 1986, un intervento di Riccardo Pedrini (Nabat e tanto altro), recensioni e perfino una pagina di cucina.
Support!
Si trova qui:
https://nuttystore.com/books/old-crew-radici-e-controcultura-urbana-1/
martedì, agosto 22, 2023
Nel cuore della musica - Raindogs di Savona
Tornano a settembre le mie "lezioni" di musica al "Raindogs" di Savona.
Gli otto appuntamenti dello scorso anno, dedicati a una sorta di storia della musica pop/rock, furono un successo (qui un resoconto: https://tonyface.blogspot.com/2022/10/parliamo-di-musica.html), corroborati da un pubblico sempre folto e attento.
Questa volta il programma è più ridotto ma cambierà obiettivo, andando "NEL CUORE DELLA MUSICA" ovvero parlando della sua struttura, dai compositori ai produttori, dai sessionmen e studi di registrazione a etichette, editori musicali, distribuzione.
IL PROGRAMMA
Venerdì 1 settembre
Compositori e produttori.
Come e quando nasce la musica
Venerdì 8 settembre
Sessionmen e studi di registrazione
Dove nasce la musica
Venerdì 22 settembre
Etichette, edizioni musicali, distribuzione
Come ci arriva la musica
Il tutto al
Raindogs House, Piazza Rebagliati 1 - Savona.
Ingresso up to you.
Dalle 19 alle 21.
Info: raindogshouse@gmail.com
Gli otto appuntamenti dello scorso anno, dedicati a una sorta di storia della musica pop/rock, furono un successo (qui un resoconto: https://tonyface.blogspot.com/2022/10/parliamo-di-musica.html), corroborati da un pubblico sempre folto e attento.
Questa volta il programma è più ridotto ma cambierà obiettivo, andando "NEL CUORE DELLA MUSICA" ovvero parlando della sua struttura, dai compositori ai produttori, dai sessionmen e studi di registrazione a etichette, editori musicali, distribuzione.
IL PROGRAMMA
Venerdì 1 settembre
Compositori e produttori.
Come e quando nasce la musica
Venerdì 8 settembre
Sessionmen e studi di registrazione
Dove nasce la musica
Venerdì 22 settembre
Etichette, edizioni musicali, distribuzione
Come ci arriva la musica
Il tutto al
Raindogs House, Piazza Rebagliati 1 - Savona.
Ingresso up to you.
Dalle 19 alle 21.
Info: raindogshouse@gmail.com
lunedì, agosto 21, 2023
Roberto Paravagna - Quattro anelli tra le dita. Vita di Ringo Starr
Prima biografia italiana di Ringo Starr, in cui viene ripercorsa la vita prima, durante e dopo i Beatles, indulgendo forse più sulla vita privata, cinematografica e mondana del Nostro che sul ruolo di musicista.
I contributi di musicisti come Pino Di Santo, Gianni Dall'Aglio, Alfredo Vandresi aggiungono elementi al suo gusto e spessore di batterista.
Il libro è un compendio adatto a chi vuole approfondire la figura abitualmente meno trattata dei Beatles ma che non aggiunge molto per i Beatlesiani più accorti e accaniti che sulle vicende di Ringo hanno sicuramente ampiamente approfondito.
Nè perdoneranno certi errori come "With a little help" (dimenticando costantemente il resto del titolo "from my friends") e "Hard day's night" (senza la A iniziale) tradotto "Una dura giornata...notte!".
Roberto Paravagna
Quattro anelli tra le dita. Vita di Ringo Starr
155 pagine
Arcana
15 euro
venerdì, agosto 18, 2023
Questlove - Musica è storia
Ahmir Questlove Thompson è compositore e batterista dei Roots, produttore (D’Angelo, Elvis Costello, Common, Jill Scott, Erykah Badu, Bilal, Jay-Z, Nikka Costa, Booker T. Jones, Al Green, Amy Winehouse, John Legend.), session man, DJ regista del capolavoro "Summer Of Soul", Oscar per il miglior documentario nel 2022.), giornalista e scrittore.
In quest'ultima veste pubblica un libro molto intrigante, tradotto perfettamente (immagino con enorme difficoltà, vista la modalità di scrittura piena di ironia, doppi sensi, battute, definizioni difficili da riportare in italiano) dal giornalista Alessandro Besselva Averame, in cui passa in rassegna trentuno anni, dal 1971 al 2001, di musica, dischi, eventi che intersecano discografia e musicisti con la storia corrente del periodo.
Il fulcro è prevalentemente e ovviamente incentrato sulla black music nelle sue varie accezioni e varianti.
Il libro ha il pregio e il difetto di mettere insieme una mole impressionante di dati, date, titoli, artisti, dischi, brani che rende il tutto allo stesso tempo stimolante e dispersivo.
Una pubblicazione da sfogliare periodicamente per scovare quel titolo sconosciuto o riprendere quel disco dimenticato (a sua volta connesso, talvolta sorprendentemente, con altri impensabili).
Questlove
Musica è storia
Jimenez Edizioni
384 pagine
24 euro
In quest'ultima veste pubblica un libro molto intrigante, tradotto perfettamente (immagino con enorme difficoltà, vista la modalità di scrittura piena di ironia, doppi sensi, battute, definizioni difficili da riportare in italiano) dal giornalista Alessandro Besselva Averame, in cui passa in rassegna trentuno anni, dal 1971 al 2001, di musica, dischi, eventi che intersecano discografia e musicisti con la storia corrente del periodo.
Il fulcro è prevalentemente e ovviamente incentrato sulla black music nelle sue varie accezioni e varianti.
Il libro ha il pregio e il difetto di mettere insieme una mole impressionante di dati, date, titoli, artisti, dischi, brani che rende il tutto allo stesso tempo stimolante e dispersivo.
Una pubblicazione da sfogliare periodicamente per scovare quel titolo sconosciuto o riprendere quel disco dimenticato (a sua volta connesso, talvolta sorprendentemente, con altri impensabili).
Questlove
Musica è storia
Jimenez Edizioni
384 pagine
24 euro
giovedì, agosto 17, 2023
Garageland #3
Uscito il numero 3 della rivista/fanzine GARAGELAND, prezioso mezzo per esplorare i meandri più nascosti del mondo cosiddetto mondo "sottoculturale".
84 pagine piene di foto, disegni, interviste, approfondimenti che abitualmente non si trovano da nessuna altra parte.
Con l'amico e collaboratore Michele Savini ho dato il mio contributo con una lunga e dettagliata intervista a IRISH JACK LYONS, original mod, amico di Pete Townshend e diretto ispiratore del protagonista dell'opera rock QUADROPHENIA, che svela particolari poco conosciuti della scena mod dei Sessanta e tanto altro.
La lista dei contenuti è ricchissima, varia e interessantissima:
* Educazione skinhead di Mattia Dossi, 31° episodio
* Essere intelligenti senza contare niente: 10 foto di Gavin Watson, di Flavio Frezza
* Joe Mansano, il boss di Brixton, di Alessandro Aloe
* Who are you? Un’intervista con Irish Jack, di Michele Savini e Antonio Bacciocchi
* Breve guida al bovver rock, di Paolo Sedazzari con illustrazioni di Paul McCaffrey
* Anita Berber – Il corpo come arma, di Letizia Lucangeli
* Skateboarding e punk hardcore negli anni ’80, di Riccardo Santi
* Senza via d’uscita: il naufragio di Malcolm Owen, di Path
* Margini – La vendetta della provincia, di Flavio Frezza
* Don’t call it punk: un’intervista con Matteo Torcinovich, di Roberto Calabrò
* Alex Vargiu: come sopravvivere senza elemosinare a Roma, di Simone Lucciola
* Domenico Agostini, rovesciate a suon di musica, di Pierpaolo De Julis
* Acciaierie, di Fabrizio Barile
* E inoltre contributi artistici e fotografici di Alo e Alexandra Czmil.
Foto di copertina di Gavin Watson. Formato 20,5×28 su carta di alta qualità (130 gr.), 84 pp., costo 15 €.
Info e ordini:
https://blog.crombiemedia.com/prodotto/garageland-3-2023/
oppure
https://www.facebook.com/roberto.gagliardi.9828
84 pagine piene di foto, disegni, interviste, approfondimenti che abitualmente non si trovano da nessuna altra parte.
Con l'amico e collaboratore Michele Savini ho dato il mio contributo con una lunga e dettagliata intervista a IRISH JACK LYONS, original mod, amico di Pete Townshend e diretto ispiratore del protagonista dell'opera rock QUADROPHENIA, che svela particolari poco conosciuti della scena mod dei Sessanta e tanto altro.
La lista dei contenuti è ricchissima, varia e interessantissima:
* Educazione skinhead di Mattia Dossi, 31° episodio
* Essere intelligenti senza contare niente: 10 foto di Gavin Watson, di Flavio Frezza
* Joe Mansano, il boss di Brixton, di Alessandro Aloe
* Who are you? Un’intervista con Irish Jack, di Michele Savini e Antonio Bacciocchi
* Breve guida al bovver rock, di Paolo Sedazzari con illustrazioni di Paul McCaffrey
* Anita Berber – Il corpo come arma, di Letizia Lucangeli
* Skateboarding e punk hardcore negli anni ’80, di Riccardo Santi
* Senza via d’uscita: il naufragio di Malcolm Owen, di Path
* Margini – La vendetta della provincia, di Flavio Frezza
* Don’t call it punk: un’intervista con Matteo Torcinovich, di Roberto Calabrò
* Alex Vargiu: come sopravvivere senza elemosinare a Roma, di Simone Lucciola
* Domenico Agostini, rovesciate a suon di musica, di Pierpaolo De Julis
* Acciaierie, di Fabrizio Barile
* E inoltre contributi artistici e fotografici di Alo e Alexandra Czmil.
Foto di copertina di Gavin Watson. Formato 20,5×28 su carta di alta qualità (130 gr.), 84 pp., costo 15 €.
Info e ordini:
https://blog.crombiemedia.com/prodotto/garageland-3-2023/
oppure
https://www.facebook.com/roberto.gagliardi.9828
mercoledì, agosto 16, 2023
The Who 1965 - Battersea Dogs Home
Il 2 settembre 1965, agli esordi, il manager degli WHO, Kit Lambert, stanco di scarrozzarli con la sua Volkswagen, decise di comprare un furgone alla band. Il limitato budget a disposizione lo costrinse a scegliere un veicolo usato e piuttosto sgangherato tanto che lo stesso Lambert ricorda che “si leggeva ancora la scritta ‘Installiamo tavoli da biliardo nei vostri locali’ sotto a quella The Who”.
Ma quel van funzionava bene, anche se non poteva essere chiuso a chiave. Per questo i musicisti decisero di prendere un cane da lasciare sul furgone a fare la guardia.
Si recarono tutti insieme al Battersea Dogs Home, un canile della zona, per trovare il “guardiano” adatto.
Ma mentre erano all’interno del canile qualcuno rubò la strumentazione lasciata incustodita nel furgone, per un valore di 5.000 sterline.
Il furgone venne ritrovato a Grafton Square svuotato del contenuto ma metà della refurtiva venne recuperata un paio di giorni dopo a Norden.
Paradossalmente quell’evento cambiò la storia della band che abbandonò gli amplificatori Vox e scelse i Marshall, che fornì loro una serie di casse da 100 Watt per permettergli di suonare i concerti in programma. Townshend decise di impilarli, creando quel clamoroso muro di amplificatori con relativo impatto sonoro che rese famosa la band.
Ma quel van funzionava bene, anche se non poteva essere chiuso a chiave. Per questo i musicisti decisero di prendere un cane da lasciare sul furgone a fare la guardia.
Si recarono tutti insieme al Battersea Dogs Home, un canile della zona, per trovare il “guardiano” adatto.
Ma mentre erano all’interno del canile qualcuno rubò la strumentazione lasciata incustodita nel furgone, per un valore di 5.000 sterline.
Il furgone venne ritrovato a Grafton Square svuotato del contenuto ma metà della refurtiva venne recuperata un paio di giorni dopo a Norden.
Paradossalmente quell’evento cambiò la storia della band che abbandonò gli amplificatori Vox e scelse i Marshall, che fornì loro una serie di casse da 100 Watt per permettergli di suonare i concerti in programma. Townshend decise di impilarli, creando quel clamoroso muro di amplificatori con relativo impatto sonoro che rese famosa la band.
sabato, agosto 12, 2023
Not Moving LTD @Festa Rossa Lari (Pisa)
Alla vigilia di Ferragosto con i NOT MOVING LTD siamo always on the road in quel della Festa Rossa Lari.
Alle 22.
Not Moving LTD
https://www.facebook.com/profile.php?id=100051397366697
Festa Rossa
https://www.facebook.com/festarossa.lari
Poi si va avanti ancora fino alla fine dell'anno (e poi stop).
Alle 22.
Not Moving LTD
https://www.facebook.com/profile.php?id=100051397366697
Festa Rossa
https://www.facebook.com/festarossa.lari
Poi si va avanti ancora fino alla fine dell'anno (e poi stop).
venerdì, agosto 11, 2023
No Fixed Adress
Poco conosciuti dalle nostre parti i NO FIXED ADRESS sono (stati) una delle rare band composte esclusivamente da musicisti di origine Aborigena.
Una vita complicata sia per collocazione artistica ("Era molto difficile nel 1979, 1980 perché c'erano molte regole rigide su come si doveva suonare in Australia. A quel tempo, il circuito del pub rock era dominato dall'hard rock e suonare rock'n'roll puro era così noioso") che ideologica: uno dei loro brani più conosciuti si intitola "Pigs", intesi come i poliziotti.
"Ma questo non vuol dire che ogni uomo e donna in blu sia un completo bastardo" dice il batterista e leader della band, Bart Willoughby "Sì, ci sono dei bravi poliziotti là fuori ma non ne abbiamo ancora incontrato nessuno".
All'attivo un album "From my eyes" nel 1982 e una colonna sonora del film "Wrong Side of the Road" del 1981.
La band fece anche un tour in Inghilterra e addirittura in Unione Sovietica negli anni 80, supportando in patria Clash, Ian Dury and the Blockheads, Midnight Oil, Split Enz, tra i tanti.
Il loro sound è un reggae molto roots e grezzo, vicino allo stile di Clash e Police.
I No Fixed Adress sono stati la prima band aborigena a incidere e hanno aperto le porte per altri artisti come Warumpi Band, Yothu Yindi, Archie Roach e Kev Carmody.
Sono ancora in circolazione con sporadiche apparizioni.
E' uscito da poco la loro biografia 'No Fixed Address" a cura di Donald Robertson.
mercoledì, agosto 09, 2023
Original Dixieland Jazz Band
Prosegue la rubrica TALES FROM NEW YORK.
L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground", da quelle parti, allegando sue foto.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Tales%20from%20New%20York
La "Original Dixieland Jazz Band" fu il primo complesso a registrare a New York City il primo disco di musica jazz.
Il complesso di New Orleans composto da: Nick LaRocca, Eddie Edwards, Larry Shields, Henry Ragas e Tony Spargo ricevette il 29 gennaio 1917 una proposta per un'audizione dalla Columbia Graphophone Company.
La sessione ebbe luogo mercoledì 31 gennaio 1917 e il risultato del test venne scartato.
La jazz band il 26 febbraio 1917 ha poi registrato due lati presso gli studi della Victor Talking Machine Company, i brani furono "Livery Stable Blues" e "Dixieland Jass Band One-Step".
Questi titoli furono pubblicati come Victor 18255 nel maggio 1917 e rimase a catalogo fino al 1926.
Le registrazioni della band, inizialmente commercializzate come novità, furono un successo a sorpresa e diedero a molti americani il loro primo assaggio di jazz.
Il disco (78 r.p.m.) venne registrato con la Victor Talking Machine a New York City al 46 West 38th Street in Manhattan, l'edificio oggi non esiste piu.
lunedì, agosto 07, 2023
Smiths + Howard Devoto + SPK live at Lyceum - London 7 agosto 1983
In uno dei miei frequenti viaggi londinesi degli anni Ottanta, il 7 agosto 1983, esattamente 40 anni fa, mi diressi con amici verso il Lyceum per assistere al concerto di Howard Devoto ,ex Buzzcocks e Magazine, che presentava il suo primo (e unico) album solista, il discreto Jerky Versions of the Dream appena uscito.
Fu una discreta esibizione, supportata dagli "industriali" SPK con tanto di bidoni di catrame usati come percussioni.
Ma l'inconsapevole, ai tempi, particolarità saliente fu che ad aprire la serata c'era un gruppo ancora sconosciuto, tali THE SMITHS con all'attivo solo un 45 giri, pubblicato in maggio per Rough Trade, "Hand in glove" / "Handsome devil".
Mi piacquero parecchio, più dei due nomi successivi, mi intrigarono le linee chitarristiche di gusto Sixties (epoca esteticamente richiamata proprio dal caschetto del chitarrista che oltre tutto sfoggiava - se non ricordo male - una Rickenbacker di gusto Who/Jam) mentre il cantante si dava un gran daffare con un mazzo di fiori che lanciò ad uno a uno al pubblico e che si fece notare per una vocalità molto particolare.
Il giorno dopo andai da Rough Trade a comprare il 45 giri e ne seguii a lungo le gesta discografiche successive, stupendomi per la crescente popolarità di quella band che avevo visto per caso in quell'estate londinese.
La (scarsa) registrazione della serata:
https://www.youtube.com/watch?v=L57goOAEGjk&t=14s
La scaletta della mezzora dgli Smiths
You've Got Everything Now
Handsome Devil
What Difference Does It Make?
Reel Around The Fountain
These Things Take Time
I Don't Owe You Anything
Hand In Glove
Miserable Lie
Una recensione del concerto:
http://www.passionsjustlikemine.com/live/smiths-g830807.htm
Fu una discreta esibizione, supportata dagli "industriali" SPK con tanto di bidoni di catrame usati come percussioni.
Ma l'inconsapevole, ai tempi, particolarità saliente fu che ad aprire la serata c'era un gruppo ancora sconosciuto, tali THE SMITHS con all'attivo solo un 45 giri, pubblicato in maggio per Rough Trade, "Hand in glove" / "Handsome devil".
Mi piacquero parecchio, più dei due nomi successivi, mi intrigarono le linee chitarristiche di gusto Sixties (epoca esteticamente richiamata proprio dal caschetto del chitarrista che oltre tutto sfoggiava - se non ricordo male - una Rickenbacker di gusto Who/Jam) mentre il cantante si dava un gran daffare con un mazzo di fiori che lanciò ad uno a uno al pubblico e che si fece notare per una vocalità molto particolare.
Il giorno dopo andai da Rough Trade a comprare il 45 giri e ne seguii a lungo le gesta discografiche successive, stupendomi per la crescente popolarità di quella band che avevo visto per caso in quell'estate londinese.
La (scarsa) registrazione della serata:
https://www.youtube.com/watch?v=L57goOAEGjk&t=14s
La scaletta della mezzora dgli Smiths
You've Got Everything Now
Handsome Devil
What Difference Does It Make?
Reel Around The Fountain
These Things Take Time
I Don't Owe You Anything
Hand In Glove
Miserable Lie
Una recensione del concerto:
http://www.passionsjustlikemine.com/live/smiths-g830807.htm
sabato, agosto 05, 2023
100 dischi essenziali new wave e post punk italiani
E' uscita la guida di Rumore dedicata ai "100 dischi essenziali new wave e post punk italiani" a cura di Luca Frazzi (con l'aiuto di Michele Benetello) - a cui si aggiungono ulteriori 100 segnalazioni - con schede approfondite, foto, indicazioni discografiche, elenco di libri di riferimento.
Un lavoro complesso e certosino nel cercare un equilibrio tra completezza e corretta informazione, che passa ovviamente attraverso i gusti e le opinioni dell'autore, in base a criteri ben precisi elencati nell'introduzione. Ognuno di noi lo avrebbe fatto sicuramente meglio, come accade per ogni formazione della Nazionale di calcio o della squadra del cuore prima della partita, giusto?
Prevedibilmente la guida si è tirata addosso critiche di ogni tipo, spesso perché nemmeno è stata letta oppure solo sfogliata per verificare se c'era il proprio gruppo in cui si è suonato o che ci piace tanto e in che posto della classifica è stato posizionato.
Modalità ricorrente con cui ormai si "leggono" libri o articoli.
Ma tant'é.
La guida è invece preziosa, esaustiva, completa, e le sviste o piccole dimenticanze non inficiano il valore dell'opera.
venerdì, agosto 04, 2023
Kid Congo Powers
Riprendo l'articolo pubblicato sabato scorso nella pagine di "Alias" de "Il Manifesto".
La storia del rock non l'hanno fatta solo i grandi nomi, le rockstar sotto i riflettori, rilucenti e scintillanti.
I cultori di quello che una volta si chiamava underground sanno che nei loro incessanti scavi spuntano e sono spuntati centinaia di “eroi dimenticati” o semplicemente relegati dalla storia in spazi angusti, talvolta ai confini (se non negli abissi) dell'oblio.
Musicisti di talento o semplicemente comprimari comunque necessari a fissare il collante in situazioni magari precarie o conflittuali.
Personaggi che hanno avuto il privilegio di attraversare, quasi anonimi, generazioni di artisti, eventi, tendenze, di essere testimoni di cambiamenti epocali in ambito musicale, artistico, sociale.
Non saranno in molti a conoscere la storia e le vicende di Brian Tristan, ribattezzato con enfasi glam Kid Congo Powers.
All'uopo, alle soglie dei 65 anni, ha deciso lui stesso di dare voce alla sua storia con una vivace, divertente, quanto spesso drammatica, autobiografia (per ora solo in inglese), “Some new kind of kick”. Una vita estrema, furibonda, durante la quale si è concesso di tutto, combattendo demoni personali ma anche ostacoli insidiosi come il razzismo (di origine messicana “sono nato in California e perciò non sono mai stato abbastanza messicano ma per il colore della mia pelle e delle mie fattezze fisiche non sono mai stato sufficientemente americano”) o l'omofobia, essendo sempre stato dichiaratamente e palesemente omosessuale.
In mezzo a una tempesta di alcol, sostanze, ribellione, amori volatili e occasionali, Kid Congo ha creato con Jeffrey Lee Pierce (che lui definisce con sagacia unica un “Marylin Monroe from hell”) i Gun Club, è diventato parte di quella quasi setta religiosa e malefica che erano i Cramps (che decisero il suo nome d’arte), si è immerso nella palude di talento ed eroina che ha caratterizzato la sua militanza con Nick Cave & the Bad Seeds con cui ha registrato album di una bellezza indiscutibile come “Tender Prey” del 1988 in cui compare uno dei brani iconici dell’artista australiano, “Mercy Seat”.
In mezzo decine di altre esperienze sonore con gruppi minori e meno conosciuti ma spesso validi e stimolanti.
Un po' per lo stile di vita dissoluto, un po' perché suonare in certi giri, nonostante l'apparenza, soldi se ne vedono pochi, si è periodicamente adattato a lavorare in un negozio di dischi, di vestiti o a fare telemarketing.
“Ho conosciuto Kid Congo quando lavorava in un negozio di roba vintage a New York. Quando vide me e Meg ci riconobbe. Riconobbe NOI White Stripes, in un periodo in cui nessuno sapeva chi fossimo. Io e Meg uscimmo raggianti perché avevamo incontrato uno dei Gun Club. Un'anima serena in un oceano di ruvidi e incattiviti artisti, Kid porta una presenza spirituale e cool in qualsiasi progetto musicale sia coinvolto. E lui è stato in alcuni dei migliori di tutti i tempi” (Jack White).
La sua infanzia e adolescenza si muovono in un contesto conservatore ma accogliente e protettivo di una famiglia Chicana immigrata in California ma ben presto i concerti a cui assiste, a metà degli anni Settanta, da Frank Zappa ai New York Dolls alla musica glam che passa in radio il mitico Rodney Bingenheimer lo introduce a Bowie, Sparks e affini per arrivare al kraut rock e, sorpresa!, alla musica dei Goblin nella colonna sonora di “Suspiria”.
Un immaginario che viaggia tra lustrini, eccessi, glam, horror.
Quando scopre i Ramones si apre una nuova dimensione.
Fonda uno dei primi fan club a loro dedicati, già nel 1976, li segue ovunque possa, per poi dedicarsi all’oscuro quanto seminale gruppo degli Screamers, guidati dal genio (inespresso) di Tomata DuPlenty.
Entra nel giro punk di Los Angeles, assiste all’ultimo concerto dei Sex Pistols a San Francisco, arriva a New York dove conosce la scena NoWave di James Chance e Lydia Lunch, rimane estasiato di fronte a questo nuovo gruppo che incomincia a girare e ad accumulare fan, i Cramps.
Nel libro descrive alla perfezione la scena punk americana dei primordi, spesso idealizzata e romanticizzata, in realtà un gruppo di ragazzi e ragazze iconoclasti e perduti, dediti allo sballo più totale, alla costante ricerca di sostanze per stordirsi in una sorta di party 24 ore su 24.
In fila per un concerto incontra Jeffrey Lee Pierce, grande ammiratore di Debbie Harry e dei Blondie di cui aveva fondato un fan club, che lo invita a fondare un gruppo con lui, dopo aver scambiato qualche parola, aver trovato una comunione di intenti e una vibrazione comune.
Jeffrey gli insegna i rudimenti della chitarra, gli fa ascoltare Bo Diddley, oscuri brani blues e rock ‘n’ roll, lo introduce in un contesto a lui sconosciuto, le radici, le origini, il rock più primitivo.
“Provavamo e bevevamo, eravamo costantemente ubriachi. Sembra stupido ma è la verità. Prendevamo droghe e ci ubriacavamo di continuo”.
Un giorno Jeffrey annunciò alla band il loro primo concerto. “Suonavo la chitarra da solo un mese, ero terrorizzato. Non avremmo dovuto provare per un altro paio di anni prima di arrivare a questo passo?”.
Alla fine le cose andarono per il verso giusto, la spontaneità, urgenza e originalità dei neonati Gun Club, tra blues, country e rock classico, con un’attitudine punk, conquistò il pubblico.
La band incise il seminale album “Fire of love” in cui era inserito anche un sentito omaggio di Kid Congo a uno dei suoi idoli, Poison Ivy, chitarrista dei Cramps, un brano intitolato “For the love of Ivy”.
Probabilmente un motivo per il quale i Cramps, dopo poco tempo, lo convocarono per entrare nella band. La domanda di ammissione fu semplice:
“Cosa saresti disposto a sacrificare per entrare nei Cramps? Un dito, ad esempio?”
“Ci pensai un secondo.
In fondo ho dieci dita, uno lo posso pur sacrificare. E così diventai uno dei Cramps”.
Non una facile impresa.
Nel libro Kid Congo descrive in modo inquietante ma terribilmente realistico il mondo surreale della band:
"I Cramps pensavano di essere un entità magica. Che noi fossimo gli alieni sbarcati sulla Terra. Per Lux e Ivy qualunque anticonformista era visto come una persona magica...mi sentii completamente accettato, particolarmente da gay rocker. I Cramps abbracciavano la perversione in tutti i suoi aspetti e nel miglior modo possibile. Sapevo che era la mia gente, erano dei freaks come me."
Suonerà per un po’ con loro, verrà estromesso, tornerà brevemente ai Gun Club per approdare poi alla corte di Nick Cave.
Sarà un periodo di full immersion nel “vellutato” mondo dell’eroina, degli eccessi estremi, di situazioni terribili, alti, bassi, cadute, successo, debiti. “Mi sono ritrovato in mezzo al diavolo e al blu del mare più profondo, tra Jeffrey Lee Pierce e Nick Cave. Entrambi artisti di incredibile valore, entrambi estremamente “fucked up”.
Jeffrey non ce la farà, finirà in un abisso da cui non uscirà più, lasciando un enorme vuoto nella vita di Kid Congo.
Anche l’avventura con Nick Cave finisce, le cose proseguono con altre avventure artistiche, l’ultima delle quali si chiama Kid Congo and the Pink Monkey Birds, con cui continua a incidere e suonare. Mantenendo quello spirito con cui è partito quasi cinquant’anni fa:
“Eravamo la Blank Generation. Avevamo una attitudine separatista e militante. O eri con noi o contro di noi. Il nostro feeling era: fuck the system or stay the fuck away.”
Ora Kid Congo ha lasciato le cattive abitudini, mantenendo uno status di leggenda e dandoci finalmente la sua versione dei fatti, in un libro che ogni appassionato di un certo ambito troverà irresistibile.
Del libro di Kid Congo, "Some new kind of kick" avevo parlato qui:
https://tonyface.blogspot.com/2023/06/kid-congo-powers-some-new-kind-of-kick.html
La storia del rock non l'hanno fatta solo i grandi nomi, le rockstar sotto i riflettori, rilucenti e scintillanti.
I cultori di quello che una volta si chiamava underground sanno che nei loro incessanti scavi spuntano e sono spuntati centinaia di “eroi dimenticati” o semplicemente relegati dalla storia in spazi angusti, talvolta ai confini (se non negli abissi) dell'oblio.
Musicisti di talento o semplicemente comprimari comunque necessari a fissare il collante in situazioni magari precarie o conflittuali.
Personaggi che hanno avuto il privilegio di attraversare, quasi anonimi, generazioni di artisti, eventi, tendenze, di essere testimoni di cambiamenti epocali in ambito musicale, artistico, sociale.
Non saranno in molti a conoscere la storia e le vicende di Brian Tristan, ribattezzato con enfasi glam Kid Congo Powers.
All'uopo, alle soglie dei 65 anni, ha deciso lui stesso di dare voce alla sua storia con una vivace, divertente, quanto spesso drammatica, autobiografia (per ora solo in inglese), “Some new kind of kick”. Una vita estrema, furibonda, durante la quale si è concesso di tutto, combattendo demoni personali ma anche ostacoli insidiosi come il razzismo (di origine messicana “sono nato in California e perciò non sono mai stato abbastanza messicano ma per il colore della mia pelle e delle mie fattezze fisiche non sono mai stato sufficientemente americano”) o l'omofobia, essendo sempre stato dichiaratamente e palesemente omosessuale.
In mezzo a una tempesta di alcol, sostanze, ribellione, amori volatili e occasionali, Kid Congo ha creato con Jeffrey Lee Pierce (che lui definisce con sagacia unica un “Marylin Monroe from hell”) i Gun Club, è diventato parte di quella quasi setta religiosa e malefica che erano i Cramps (che decisero il suo nome d’arte), si è immerso nella palude di talento ed eroina che ha caratterizzato la sua militanza con Nick Cave & the Bad Seeds con cui ha registrato album di una bellezza indiscutibile come “Tender Prey” del 1988 in cui compare uno dei brani iconici dell’artista australiano, “Mercy Seat”.
In mezzo decine di altre esperienze sonore con gruppi minori e meno conosciuti ma spesso validi e stimolanti.
Un po' per lo stile di vita dissoluto, un po' perché suonare in certi giri, nonostante l'apparenza, soldi se ne vedono pochi, si è periodicamente adattato a lavorare in un negozio di dischi, di vestiti o a fare telemarketing.
“Ho conosciuto Kid Congo quando lavorava in un negozio di roba vintage a New York. Quando vide me e Meg ci riconobbe. Riconobbe NOI White Stripes, in un periodo in cui nessuno sapeva chi fossimo. Io e Meg uscimmo raggianti perché avevamo incontrato uno dei Gun Club. Un'anima serena in un oceano di ruvidi e incattiviti artisti, Kid porta una presenza spirituale e cool in qualsiasi progetto musicale sia coinvolto. E lui è stato in alcuni dei migliori di tutti i tempi” (Jack White).
La sua infanzia e adolescenza si muovono in un contesto conservatore ma accogliente e protettivo di una famiglia Chicana immigrata in California ma ben presto i concerti a cui assiste, a metà degli anni Settanta, da Frank Zappa ai New York Dolls alla musica glam che passa in radio il mitico Rodney Bingenheimer lo introduce a Bowie, Sparks e affini per arrivare al kraut rock e, sorpresa!, alla musica dei Goblin nella colonna sonora di “Suspiria”.
Un immaginario che viaggia tra lustrini, eccessi, glam, horror.
Quando scopre i Ramones si apre una nuova dimensione.
Fonda uno dei primi fan club a loro dedicati, già nel 1976, li segue ovunque possa, per poi dedicarsi all’oscuro quanto seminale gruppo degli Screamers, guidati dal genio (inespresso) di Tomata DuPlenty.
Entra nel giro punk di Los Angeles, assiste all’ultimo concerto dei Sex Pistols a San Francisco, arriva a New York dove conosce la scena NoWave di James Chance e Lydia Lunch, rimane estasiato di fronte a questo nuovo gruppo che incomincia a girare e ad accumulare fan, i Cramps.
Nel libro descrive alla perfezione la scena punk americana dei primordi, spesso idealizzata e romanticizzata, in realtà un gruppo di ragazzi e ragazze iconoclasti e perduti, dediti allo sballo più totale, alla costante ricerca di sostanze per stordirsi in una sorta di party 24 ore su 24.
In fila per un concerto incontra Jeffrey Lee Pierce, grande ammiratore di Debbie Harry e dei Blondie di cui aveva fondato un fan club, che lo invita a fondare un gruppo con lui, dopo aver scambiato qualche parola, aver trovato una comunione di intenti e una vibrazione comune.
Jeffrey gli insegna i rudimenti della chitarra, gli fa ascoltare Bo Diddley, oscuri brani blues e rock ‘n’ roll, lo introduce in un contesto a lui sconosciuto, le radici, le origini, il rock più primitivo.
“Provavamo e bevevamo, eravamo costantemente ubriachi. Sembra stupido ma è la verità. Prendevamo droghe e ci ubriacavamo di continuo”.
Un giorno Jeffrey annunciò alla band il loro primo concerto. “Suonavo la chitarra da solo un mese, ero terrorizzato. Non avremmo dovuto provare per un altro paio di anni prima di arrivare a questo passo?”.
Alla fine le cose andarono per il verso giusto, la spontaneità, urgenza e originalità dei neonati Gun Club, tra blues, country e rock classico, con un’attitudine punk, conquistò il pubblico.
La band incise il seminale album “Fire of love” in cui era inserito anche un sentito omaggio di Kid Congo a uno dei suoi idoli, Poison Ivy, chitarrista dei Cramps, un brano intitolato “For the love of Ivy”.
Probabilmente un motivo per il quale i Cramps, dopo poco tempo, lo convocarono per entrare nella band. La domanda di ammissione fu semplice:
“Cosa saresti disposto a sacrificare per entrare nei Cramps? Un dito, ad esempio?”
“Ci pensai un secondo.
In fondo ho dieci dita, uno lo posso pur sacrificare. E così diventai uno dei Cramps”.
Non una facile impresa.
Nel libro Kid Congo descrive in modo inquietante ma terribilmente realistico il mondo surreale della band:
"I Cramps pensavano di essere un entità magica. Che noi fossimo gli alieni sbarcati sulla Terra. Per Lux e Ivy qualunque anticonformista era visto come una persona magica...mi sentii completamente accettato, particolarmente da gay rocker. I Cramps abbracciavano la perversione in tutti i suoi aspetti e nel miglior modo possibile. Sapevo che era la mia gente, erano dei freaks come me."
Suonerà per un po’ con loro, verrà estromesso, tornerà brevemente ai Gun Club per approdare poi alla corte di Nick Cave.
Sarà un periodo di full immersion nel “vellutato” mondo dell’eroina, degli eccessi estremi, di situazioni terribili, alti, bassi, cadute, successo, debiti. “Mi sono ritrovato in mezzo al diavolo e al blu del mare più profondo, tra Jeffrey Lee Pierce e Nick Cave. Entrambi artisti di incredibile valore, entrambi estremamente “fucked up”.
Jeffrey non ce la farà, finirà in un abisso da cui non uscirà più, lasciando un enorme vuoto nella vita di Kid Congo.
Anche l’avventura con Nick Cave finisce, le cose proseguono con altre avventure artistiche, l’ultima delle quali si chiama Kid Congo and the Pink Monkey Birds, con cui continua a incidere e suonare. Mantenendo quello spirito con cui è partito quasi cinquant’anni fa:
“Eravamo la Blank Generation. Avevamo una attitudine separatista e militante. O eri con noi o contro di noi. Il nostro feeling era: fuck the system or stay the fuck away.”
Ora Kid Congo ha lasciato le cattive abitudini, mantenendo uno status di leggenda e dandoci finalmente la sua versione dei fatti, in un libro che ogni appassionato di un certo ambito troverà irresistibile.
Del libro di Kid Congo, "Some new kind of kick" avevo parlato qui:
https://tonyface.blogspot.com/2023/06/kid-congo-powers-some-new-kind-of-kick.html
mercoledì, agosto 02, 2023
L’ ultimo canto di Christy
L'amico MICHELE SAVINI, che vive da tempo a DUBLINO ci introduce a una serie di particolarità interessanti made in Irlanda, nella nuova rubrica The Auld Triangle: narrazioni dalla Repubblica d'Irlanda.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/The%20Auld%20Tringle%3A%20narrazioni%20dalla%20Repubblica%20d%27Irlanda
L’ Irlanda omaggia la scomparsa di Christy Dignam, eroe della classe operaia e voce di una generazione oppressa.
Lo scorso 13 Giugno, all’età di 63 anni, ci ha lasciati Christy Dignam, cantante della band Aslan, gruppo rock di Dublino e uno dei maggiori interpreti del pop rock Irlandese negli anni 80/90.
Gli Aslan sono stati il primordiale grido di angoscia della classe operaia in un decennio in cui l’ottimismo scarseggiava e Christy una delle voci irlandesi più dotate di sempre.
La sua carriera di quasi 45 anni è stata caratterizzata da un fascino scanzonato mescolato ad un’onestà disarmante che sfociava spesso in cinismo.
Era in cure palliative a casa dallo scorso dicembre, dopo che nel 2013 gli era stata diagnosticata una rara malattia del sangue associata ad alcuni tumori.
Nato nel maggio del 1960 nel proletario quartiere di Finglas nel Northside di Dublino è parte di una famiglia di ben sette fratelli. Fin da piccolo capisce che vuole fare il cantante "Da quando ho memoria, volevo solo cantare, è tutto ciò che ho sempre voluto fare.
Ricordo che all’età di 13 o 14 anni, mi sono reso conto che solo perché volevo essere un cantante non significava che sarei diventato un cantante. Dovevo farlo accadere”.
E l’ispirazione arriva dal gruppo rock inglese The Slade "Un giorno qualcuno mi ha detto: 'Sai, gli Slade vengono da un posto a Birmingham che è come Finglas'.
Fino a quel momento credevo che i dottori fossero nati dottori e le rock star fossero nate rock star. Pensavo che avessero ricevuto questo diritto divino”.
Inizia la sua carriera musicale nel 1980 con la band Meelah XVIII, prima di fondare gli Aslan nel 1982 con gli amici Joe Jewell, Billy McGuinness e Alan Downey, prendendo il nome dal leone immaginario nella serie di libri di Narnia, dello scrittore C.S. Lewis.
Nel 1988, registrarono il loro album di debutto, “Feel No Shame”, che raggiunge il primo posto nella classifica degli album irlandesi.
Nel giro di un paio di mesi viene certificato disco d’oro e la band parte per una lunga tournee americana godendosi il successo e la fama ottenuti, che pero li porterà allo scioglimento pochi mesi dopo anche a causa dei problemi di tossicodipendenza di Christy stesso.
Nel Luglio del 1993, un po' con riluttanza , fu convinto a partecipare ad un concerto di beneficenza nel suo quartiere di Finglas e a riunirsi con i suoi ex compagni di band, costringendo Dignam a ritirarsi dal suo voto di “non avere mai più niente a che fare con quei bastardi".
Migliaia di persone partecipano all’ evento e la reunion della band è finalmente ufficiale.
Reunion che li porta a firmare un nuovo contratto con la BMG per l’atteso secondo album.
“Goodbye Charlie Moonhead” arriva nel 1994, preceduto di qualche mese dal singolo di punta “Crazy World”, tutt’ ora la canzone più famosa e celebrata della band ed uno dei classici pop/rock irlandesi più ascoltati di sempre nelle radio dell’isola. Viene suonata in pub, discoteche a fine serata, matrimoni e a volte persino funerali, entrando di fatto in maniera indelebile dall’ eredita musicale del paese.
La vita personale di Christy è una lunghissima battaglia. Ha attraversato e sfidato anni bui e drammatici, incarnando la dolcezza necessaria per affrontare una vita ostile e difficile.
All’ età di sei anni subisce ripetute molestie sessuali da un vicino di casa, che come da lui stesso confermato, lo hanno portato poi alla sua dipendenza da droghe pesanti.
“Da quel momento in poi”, ha detto Dignam, “la mia vita è stata diversa. La prima volta che me ne sono sbarazzato da adulto è stato quando ho preso l'eroina”.
Le droghe hanno continuato a essere poste al centro della sua vita fino a quando è riuscito a liberarsene nel 2008, dopo un periodo di purificazione in un monastero in Thailandia, dove a lui e ad altri tossicodipendenti sono stati somministrati farmaci emetici.
"Era hard-core", ha ricordato. "Sentivo che se fosse stato troppo facile smettere ci sarei ricaduto di nuovo."
A questo aggiungiamo ovviamente una serie di debilitanti attacchi di depressione e la diagnosi della malattia nel 2013, che pero sembrano non aver mai attaccato la sua ironia e scanzonatezza, rivelando di essere quasi rimasto sorpreso di aver superato i 50 anni.
“Ho avuto un incidente aereo un paio di anni fa, ho lottato con la tossicodipendenza e ora questa cosa del cancro, quindi mi sento un po’ come “Lazzaro”, ma infin dei conti sono passate tre vite, me ne rimangono ancora sei …"
I funerali, svoltisi ovviamente nel suo quartiere nativo di Finglas, hanno attirato una folla mai vista prima in zona, quasi come se ogni persona del paese avesse voluto omaggiare la figura di questo personaggio.
Il presidente delle Repubblica d'Irlanda, Michael D Higgins ha detto che il signor Dignam e i suoi compagni di band degli Aslan avevano un "legame straordinario" con il loro pubblico.
“Negli ultimi 40 anni, Christy ei suoi compagni di band degli Aslan hanno dato un enorme contributo alla vita culturale della nostra nazione. Oltre che per i loro album, gli Aslan saranno ricordati in particolare per i loro spettacoli dal vivo e la loro straordinaria connessione con il pubblico. Penso che quasi tutte le persone in ogni città d’ Irlanda avranno per sempre ricordi legati a loro e si sentiranno come se avessero un legame personale con Christy “.
I Bohemian F.C., club di calcio del Northside di cui Christy era tifosissimo, hanno voluto dare il proprio omaggio scendendo in campo con una maglietta celebrativa speciale nel primo match dopo la sua dipartita, che guarda caso era proprio il derby contro gli acerrimi rivali degli Shamrock Rover.
I proventi raccolti dalla vendita della divisa da gioco sono stati donati al St. Francis Hospice, una struttura che fornisce cure palliative specialistiche alle persone del Northside della città, dove Christy trascorse i suoi ultimi giorni.
Invitati alla partita tutta la famiglia di Christy, inclusa la figlia anche lei cantante, che si è esibita prima del match con la famosissima “Crazy World”, facendo cantare tutto lo stadio di Dalymount Park, tifosi dei Rovers inclusi.
A proposito del match, dopo una prima parte disastrosa dove i Rovers vanno in vantaggio per due reti a zero, i Bohs con una prestazione eroica riescono ad agguantare il pareggio al minuto 86, lottando fino all’ ultimo secondo e cantando a squarciagola sugli spalti proprio come sarebbe piaciuto a Christy.
“ L'unico momento in cui mi sento vivo è quando canto. Tutte le cose che non puoi essere nella vita di tutti i giorni, puoi esserlo quando canti …”
CRAZY WORLD
https://www.youtube.com/watch?v=DPBn99kaqBg
TESTO:
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
Yeah, it's alright
I have fallen down so many times
Don't know why
Don't know where
Don't care less it's all the same
I have travelled through so many towns
Don't know why
Don't know where
Don't care less it's all the same
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
It's alright
Can you hear the sound of nothing, nothing?
Nothing's right, nothing's wrong
Don't care less it's all the same
Love is blind, love is real
Don't you know that love is what you feel?
It's alright
Yeah, it's alright
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
It's alright
When the talking's over
All the crowd has gone
Nothing left I can do
Am I ever gonna get through to you
It's alright
It's alright
This is a crazy world
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
Yeah, it's alright
How can I protect you when all the crowd have gone?
Now your party's over, all this world is wrong
It's alright
It's alright
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
Yeah, it's alright
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/The%20Auld%20Tringle%3A%20narrazioni%20dalla%20Repubblica%20d%27Irlanda
L’ Irlanda omaggia la scomparsa di Christy Dignam, eroe della classe operaia e voce di una generazione oppressa.
Lo scorso 13 Giugno, all’età di 63 anni, ci ha lasciati Christy Dignam, cantante della band Aslan, gruppo rock di Dublino e uno dei maggiori interpreti del pop rock Irlandese negli anni 80/90.
Gli Aslan sono stati il primordiale grido di angoscia della classe operaia in un decennio in cui l’ottimismo scarseggiava e Christy una delle voci irlandesi più dotate di sempre.
La sua carriera di quasi 45 anni è stata caratterizzata da un fascino scanzonato mescolato ad un’onestà disarmante che sfociava spesso in cinismo.
Era in cure palliative a casa dallo scorso dicembre, dopo che nel 2013 gli era stata diagnosticata una rara malattia del sangue associata ad alcuni tumori.
Nato nel maggio del 1960 nel proletario quartiere di Finglas nel Northside di Dublino è parte di una famiglia di ben sette fratelli. Fin da piccolo capisce che vuole fare il cantante "Da quando ho memoria, volevo solo cantare, è tutto ciò che ho sempre voluto fare.
Ricordo che all’età di 13 o 14 anni, mi sono reso conto che solo perché volevo essere un cantante non significava che sarei diventato un cantante. Dovevo farlo accadere”.
E l’ispirazione arriva dal gruppo rock inglese The Slade "Un giorno qualcuno mi ha detto: 'Sai, gli Slade vengono da un posto a Birmingham che è come Finglas'.
Fino a quel momento credevo che i dottori fossero nati dottori e le rock star fossero nate rock star. Pensavo che avessero ricevuto questo diritto divino”.
Inizia la sua carriera musicale nel 1980 con la band Meelah XVIII, prima di fondare gli Aslan nel 1982 con gli amici Joe Jewell, Billy McGuinness e Alan Downey, prendendo il nome dal leone immaginario nella serie di libri di Narnia, dello scrittore C.S. Lewis.
Nel 1988, registrarono il loro album di debutto, “Feel No Shame”, che raggiunge il primo posto nella classifica degli album irlandesi.
Nel giro di un paio di mesi viene certificato disco d’oro e la band parte per una lunga tournee americana godendosi il successo e la fama ottenuti, che pero li porterà allo scioglimento pochi mesi dopo anche a causa dei problemi di tossicodipendenza di Christy stesso.
Nel Luglio del 1993, un po' con riluttanza , fu convinto a partecipare ad un concerto di beneficenza nel suo quartiere di Finglas e a riunirsi con i suoi ex compagni di band, costringendo Dignam a ritirarsi dal suo voto di “non avere mai più niente a che fare con quei bastardi".
Migliaia di persone partecipano all’ evento e la reunion della band è finalmente ufficiale.
Reunion che li porta a firmare un nuovo contratto con la BMG per l’atteso secondo album.
“Goodbye Charlie Moonhead” arriva nel 1994, preceduto di qualche mese dal singolo di punta “Crazy World”, tutt’ ora la canzone più famosa e celebrata della band ed uno dei classici pop/rock irlandesi più ascoltati di sempre nelle radio dell’isola. Viene suonata in pub, discoteche a fine serata, matrimoni e a volte persino funerali, entrando di fatto in maniera indelebile dall’ eredita musicale del paese.
La vita personale di Christy è una lunghissima battaglia. Ha attraversato e sfidato anni bui e drammatici, incarnando la dolcezza necessaria per affrontare una vita ostile e difficile.
All’ età di sei anni subisce ripetute molestie sessuali da un vicino di casa, che come da lui stesso confermato, lo hanno portato poi alla sua dipendenza da droghe pesanti.
“Da quel momento in poi”, ha detto Dignam, “la mia vita è stata diversa. La prima volta che me ne sono sbarazzato da adulto è stato quando ho preso l'eroina”.
Le droghe hanno continuato a essere poste al centro della sua vita fino a quando è riuscito a liberarsene nel 2008, dopo un periodo di purificazione in un monastero in Thailandia, dove a lui e ad altri tossicodipendenti sono stati somministrati farmaci emetici.
"Era hard-core", ha ricordato. "Sentivo che se fosse stato troppo facile smettere ci sarei ricaduto di nuovo."
A questo aggiungiamo ovviamente una serie di debilitanti attacchi di depressione e la diagnosi della malattia nel 2013, che pero sembrano non aver mai attaccato la sua ironia e scanzonatezza, rivelando di essere quasi rimasto sorpreso di aver superato i 50 anni.
“Ho avuto un incidente aereo un paio di anni fa, ho lottato con la tossicodipendenza e ora questa cosa del cancro, quindi mi sento un po’ come “Lazzaro”, ma infin dei conti sono passate tre vite, me ne rimangono ancora sei …"
I funerali, svoltisi ovviamente nel suo quartiere nativo di Finglas, hanno attirato una folla mai vista prima in zona, quasi come se ogni persona del paese avesse voluto omaggiare la figura di questo personaggio.
Il presidente delle Repubblica d'Irlanda, Michael D Higgins ha detto che il signor Dignam e i suoi compagni di band degli Aslan avevano un "legame straordinario" con il loro pubblico.
“Negli ultimi 40 anni, Christy ei suoi compagni di band degli Aslan hanno dato un enorme contributo alla vita culturale della nostra nazione. Oltre che per i loro album, gli Aslan saranno ricordati in particolare per i loro spettacoli dal vivo e la loro straordinaria connessione con il pubblico. Penso che quasi tutte le persone in ogni città d’ Irlanda avranno per sempre ricordi legati a loro e si sentiranno come se avessero un legame personale con Christy “.
I Bohemian F.C., club di calcio del Northside di cui Christy era tifosissimo, hanno voluto dare il proprio omaggio scendendo in campo con una maglietta celebrativa speciale nel primo match dopo la sua dipartita, che guarda caso era proprio il derby contro gli acerrimi rivali degli Shamrock Rover.
I proventi raccolti dalla vendita della divisa da gioco sono stati donati al St. Francis Hospice, una struttura che fornisce cure palliative specialistiche alle persone del Northside della città, dove Christy trascorse i suoi ultimi giorni.
Invitati alla partita tutta la famiglia di Christy, inclusa la figlia anche lei cantante, che si è esibita prima del match con la famosissima “Crazy World”, facendo cantare tutto lo stadio di Dalymount Park, tifosi dei Rovers inclusi.
A proposito del match, dopo una prima parte disastrosa dove i Rovers vanno in vantaggio per due reti a zero, i Bohs con una prestazione eroica riescono ad agguantare il pareggio al minuto 86, lottando fino all’ ultimo secondo e cantando a squarciagola sugli spalti proprio come sarebbe piaciuto a Christy.
“ L'unico momento in cui mi sento vivo è quando canto. Tutte le cose che non puoi essere nella vita di tutti i giorni, puoi esserlo quando canti …”
CRAZY WORLD
https://www.youtube.com/watch?v=DPBn99kaqBg
TESTO:
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
Yeah, it's alright
I have fallen down so many times
Don't know why
Don't know where
Don't care less it's all the same
I have travelled through so many towns
Don't know why
Don't know where
Don't care less it's all the same
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
It's alright
Can you hear the sound of nothing, nothing?
Nothing's right, nothing's wrong
Don't care less it's all the same
Love is blind, love is real
Don't you know that love is what you feel?
It's alright
Yeah, it's alright
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
It's alright
When the talking's over
All the crowd has gone
Nothing left I can do
Am I ever gonna get through to you
It's alright
It's alright
This is a crazy world
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
Yeah, it's alright
How can I protect you when all the crowd have gone?
Now your party's over, all this world is wrong
It's alright
It's alright
How can I protect you in this
Crazy world?
It's alright
Yeah, it's alright