Speciale BILL WITHERS.
Una carriera breve, durata meno di 15 anni, quando, nel 1985, decise di abbandonare per sempre la carriera musicale, disgustato dai compromessi necessari per incidere dischi e dalle pressioni dei discografici.
Ha lasciato otto album in studio e un live.
E' morto nel 2020 a 81 anni.
Just ad I am (1971)
Capolavoro assoluto di soul funk che spesso vira nella canzone d'autore e a influenze folk.
Lo stupendo funk di "Harlem" ad aprire, il nerissimo gospel blues funk di "Grandma's hands" (ripreso più tardi da Gil Scott Heron), due versioni funk blues di "Let it be" e della celeberrima "Everybody's talkin" e una serie di altri splendidi brani sorretti dalla chitarra acustica del nostro, dall'organo di Booker T (anche produttore), la chitarra di Stephen Stills, la batteria del Beatlesiano Jim Keltner e di Al Jackson Jr (una delle colonne della Stax Records), il basso di Duck Dunn anche lui degli MG's.
Grandissimo.
Still Bill (1972)
Secondo album dopo il fulminante esordio.
“Still Bill” si addentra nel soul funk più nero, nel southern soul con classici come “Use me” e “Lean on me”, nel duro e minimale soul blues di “I don’t want you on my mind”, nella ritmatissima e ipnotica “Lonely town, lonely street”.
Un vero e proprio gioiello di black music all’ennesima potenza.
Live at Carnegie Hall (1973)
Sicuramente da annoverare tra i migliori live di soul music di sempre.
Bill intrattiene e coinvolge il pubblico, dilata le canzoni, colora il tutto con una pennellata in più di funk, rende l'atmosfera sensuale, fascinosa, groovy, con un finale di medley di 14 minuti di "Harlem" e "Cold Baloney".
Ad accompagnarlo una band di eccellenze, tra cui assi come Ray Jackson al piano (poi con le Staple Singers), Melvin Dunlap al basso e James Gadson che troviamo come turnisti in un gran numero di album soul.
Album strepitoso.
+'Justments (1974)
Spesso colpevolmente trascurato dopo i primi tre gioielli, +'Justments prosegue invece sulla strada da poco tracciata con brani più funk oriented e una serie di nuove canzoni di eccelsa qualità in perfetta linea con i lavori precedenti. Lo smooth soul orchestrale di "We can pretend" è arricchito dalla maestria della chitarra acustica di José Feliciano, gli oltre sei minuti della conclusiva "Railroad Man" sono un torrido funk in odore di Curtis Mayfield.
Un altro eccellente lavoro.
Making music (1975)
Naked & warm (1976)
Menagerie (1977)
'Bout Love (1979)
Watching you, watching me (1985)
La successiva carriera di Bill Withers scivola progressivamente verso un manierismo impersonale (soprattutto negli ultimi due album) che rendono difficile il ritrovare tracce della genialità e bellezza dei primi lavori.
Non mancano momenti validi e dignitosi ma il tono generale rimane dimesso e mai incisivo.
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