Riprendo l'articolo pubblicato sabato scorso nella pagine di "Alias" de "Il Manifesto".
La storia del rock non l'hanno fatta solo i grandi nomi, le rockstar sotto i riflettori, rilucenti e scintillanti.
I cultori di quello che una volta si chiamava underground sanno che nei loro incessanti scavi spuntano e sono spuntati centinaia di “eroi dimenticati” o semplicemente relegati dalla storia in spazi angusti, talvolta ai confini (se non negli abissi) dell'oblio.
Musicisti di talento o semplicemente comprimari comunque necessari a fissare il collante in situazioni magari precarie o conflittuali.
Personaggi che hanno avuto il privilegio di attraversare, quasi anonimi, generazioni di artisti, eventi, tendenze, di essere testimoni di cambiamenti epocali in ambito musicale, artistico, sociale.
Non saranno in molti a conoscere la storia e le vicende di Brian Tristan, ribattezzato con enfasi glam Kid Congo Powers.
All'uopo, alle soglie dei 65 anni, ha deciso lui stesso di dare voce alla sua storia con una vivace, divertente, quanto spesso drammatica, autobiografia (per ora solo in inglese), “Some new kind of kick”. Una vita estrema, furibonda, durante la quale si è concesso di tutto, combattendo demoni personali ma anche ostacoli insidiosi come il razzismo (di origine messicana “sono nato in California e perciò non sono mai stato abbastanza messicano ma per il colore della mia pelle e delle mie fattezze fisiche non sono mai stato sufficientemente americano”) o l'omofobia, essendo sempre stato dichiaratamente e palesemente omosessuale.
In mezzo a una tempesta di alcol, sostanze, ribellione, amori volatili e occasionali, Kid Congo ha creato con Jeffrey Lee Pierce (che lui definisce con sagacia unica un “Marylin Monroe from hell”) i Gun Club, è diventato parte di quella quasi setta religiosa e malefica che erano i Cramps (che decisero il suo nome d’arte), si è immerso nella palude di talento ed eroina che ha caratterizzato la sua militanza con Nick Cave & the Bad Seeds con cui ha registrato album di una bellezza indiscutibile come “Tender Prey” del 1988 in cui compare uno dei brani iconici dell’artista australiano, “Mercy Seat”.
In mezzo decine di altre esperienze sonore con gruppi minori e meno conosciuti ma spesso validi e stimolanti.
Un po' per lo stile di vita dissoluto, un po' perché suonare in certi giri, nonostante l'apparenza, soldi se ne vedono pochi, si è periodicamente adattato a lavorare in un negozio di dischi, di vestiti o a fare telemarketing.
“Ho conosciuto Kid Congo quando lavorava in un negozio di roba vintage a New York. Quando vide me e Meg ci riconobbe. Riconobbe NOI White Stripes, in un periodo in cui nessuno sapeva chi fossimo. Io e Meg uscimmo raggianti perché avevamo incontrato uno dei Gun Club. Un'anima serena in un oceano di ruvidi e incattiviti artisti, Kid porta una presenza spirituale e cool in qualsiasi progetto musicale sia coinvolto. E lui è stato in alcuni dei migliori di tutti i tempi” (Jack White).
La sua infanzia e adolescenza si muovono in un contesto conservatore ma accogliente e protettivo di una famiglia Chicana immigrata in California ma ben presto i concerti a cui assiste, a metà degli anni Settanta, da Frank Zappa ai New York Dolls alla musica glam che passa in radio il mitico Rodney Bingenheimer lo introduce a Bowie, Sparks e affini per arrivare al kraut rock e, sorpresa!, alla musica dei Goblin nella colonna sonora di “Suspiria”.
Un immaginario che viaggia tra lustrini, eccessi, glam, horror.
Quando scopre i Ramones si apre una nuova dimensione.
Fonda uno dei primi fan club a loro dedicati, già nel 1976, li segue ovunque possa, per poi dedicarsi all’oscuro quanto seminale gruppo degli Screamers, guidati dal genio (inespresso) di Tomata DuPlenty.
Entra nel giro punk di Los Angeles, assiste all’ultimo concerto dei Sex Pistols a San Francisco, arriva a New York dove conosce la scena NoWave di James Chance e Lydia Lunch, rimane estasiato di fronte a questo nuovo gruppo che incomincia a girare e ad accumulare fan, i Cramps.
Nel libro descrive alla perfezione la scena punk americana dei primordi, spesso idealizzata e romanticizzata, in realtà un gruppo di ragazzi e ragazze iconoclasti e perduti, dediti allo sballo più totale, alla costante ricerca di sostanze per stordirsi in una sorta di party 24 ore su 24.
In fila per un concerto incontra Jeffrey Lee Pierce, grande ammiratore di Debbie Harry e dei Blondie di cui aveva fondato un fan club, che lo invita a fondare un gruppo con lui, dopo aver scambiato qualche parola, aver trovato una comunione di intenti e una vibrazione comune.
Jeffrey gli insegna i rudimenti della chitarra, gli fa ascoltare Bo Diddley, oscuri brani blues e rock ‘n’ roll, lo introduce in un contesto a lui sconosciuto, le radici, le origini, il rock più primitivo.
“Provavamo e bevevamo, eravamo costantemente ubriachi. Sembra stupido ma è la verità. Prendevamo droghe e ci ubriacavamo di continuo”.
Un giorno Jeffrey annunciò alla band il loro primo concerto. “Suonavo la chitarra da solo un mese, ero terrorizzato. Non avremmo dovuto provare per un altro paio di anni prima di arrivare a questo passo?”.
Alla fine le cose andarono per il verso giusto, la spontaneità, urgenza e originalità dei neonati Gun Club, tra blues, country e rock classico, con un’attitudine punk, conquistò il pubblico.
La band incise il seminale album “Fire of love” in cui era inserito anche un sentito omaggio di Kid Congo a uno dei suoi idoli, Poison Ivy, chitarrista dei Cramps, un brano intitolato “For the love of Ivy”.
Probabilmente un motivo per il quale i Cramps, dopo poco tempo, lo convocarono per entrare nella band. La domanda di ammissione fu semplice:
“Cosa saresti disposto a sacrificare per entrare nei Cramps? Un dito, ad esempio?”
“Ci pensai un secondo.
In fondo ho dieci dita, uno lo posso pur sacrificare. E così diventai uno dei Cramps”.
Non una facile impresa.
Nel libro Kid Congo descrive in modo inquietante ma terribilmente realistico il mondo surreale della band:
"I Cramps pensavano di essere un entità magica. Che noi fossimo gli alieni sbarcati sulla Terra. Per Lux e Ivy qualunque anticonformista era visto come una persona magica...mi sentii completamente accettato, particolarmente da gay rocker. I Cramps abbracciavano la perversione in tutti i suoi aspetti e nel miglior modo possibile. Sapevo che era la mia gente, erano dei freaks come me."
Suonerà per un po’ con loro, verrà estromesso, tornerà brevemente ai Gun Club per approdare poi alla corte di Nick Cave.
Sarà un periodo di full immersion nel “vellutato” mondo dell’eroina, degli eccessi estremi, di situazioni terribili, alti, bassi, cadute, successo, debiti. “Mi sono ritrovato in mezzo al diavolo e al blu del mare più profondo, tra Jeffrey Lee Pierce e Nick Cave. Entrambi artisti di incredibile valore, entrambi estremamente “fucked up”.
Jeffrey non ce la farà, finirà in un abisso da cui non uscirà più, lasciando un enorme vuoto nella vita di Kid Congo.
Anche l’avventura con Nick Cave finisce, le cose proseguono con altre avventure artistiche, l’ultima delle quali si chiama Kid Congo and the Pink Monkey Birds, con cui continua a incidere e suonare. Mantenendo quello spirito con cui è partito quasi cinquant’anni fa:
“Eravamo la Blank Generation. Avevamo una attitudine separatista e militante. O eri con noi o contro di noi. Il nostro feeling era: fuck the system or stay the fuck away.”
Ora Kid Congo ha lasciato le cattive abitudini, mantenendo uno status di leggenda e dandoci finalmente la sua versione dei fatti, in un libro che ogni appassionato di un certo ambito troverà irresistibile.
Del libro di Kid Congo, "Some new kind of kick" avevo parlato qui:
https://tonyface.blogspot.com/2023/06/kid-congo-powers-some-new-kind-of-kick.html
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