giovedì, ottobre 31, 2024
mercoledì, ottobre 30, 2024
Ottobre 2024. Il meglio
A 3/4 dell'anno l'elenco di ottime uscite da segnalare si allunga ancora di più.
Dall'estero Judith Hill, Libertines, Prisoners, the X, Bella Brown and the Jealous Lovers, Dexy's, Jack White, The Heavy Heavy, Les Amazones d'Afrique, Sahra Halgan, Boulevards, Mdou Moctar, Paul Weller, Liam Gallagher & John Squire, Mooon, Black Crowes, Sharp Class, Mourning (A)Blkstar, Dandy Warhols, Michelle David & True Tones, Clairo, Big Boss Man, The Wreckery, Yard Act, Kula Shaker, Kim Gordon, Kamasi Washington, Real Estate, Lemon Twigs, Bad Nerves, Tibbs, Idles, Krypton Bulb, New Mastersounds, Mo Troper, Galileo 7, Fontaines DC e Popincourt, The Tambles, Grace Browers & the Hodege Plodge, Lady Blackbird.
Tra gli italiani Ossa di Cane, Peawees, The mads, Statuto, A Toys orchestra, Tre Allegri Ragazzi Morti, Manupuma, Rudy Bolo, Klasse Kriminale, Statuto, The Mads, Cesare Basile, Organ Squad, La Crus, The Devils, Enri Zavalloni, Any Other, Smalltown Tigers, Paolo Zangara, Pier Adduce, Paolo Benvegnù, Zolle, I Fenomeni, Lovesick, Newglads.
FANTASTIC NEGRITO - Son Of A Broken Man
L'artista californiano, al sesto album, si conferma di nuovo come una delle realtà più interessanti, vitali , propositive in circolazione. Innanzitutto in virtù di una personalità e di un sound immediatamente riconoscibili e per la capacità di miscelare ingredienti diversissimi alla perfezione. Blues, funk e soul sono alla base della pietanza ma non esita a infilarci Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Sly Stone. Non si tratta di revivalismo perché il tutto è moderno, fresco, eccitante. Un album di pura eccellenza. Come sempre.
STATUTO - Statuto Football Club
E' nota la vicinanza tra la storia degli STATUTO e la passione calcistica.
Dall'amore per la maglia granata del Torino (nel 1998 al videoclip del loro brano “Un Posto al Sole”, partecipò tutta la rosa della squadra, nel 2005 nel video di “Facci un goal” fu ospite Paolo Pulici, nel 2006 l'album "Toro" raccoglieva brani dedicati alla squadra del cuore, tra cui "Cuore Toro", inno ufficiale del Torino), a canzoni a tema calcistico meno specifiche.
Furono i primi nel 1988 a firmare un testo, “Ragazzo ultrà”, che descrive la tematica delle tifoserie organizzate, successivamente con Enrico Ruggeri hanno scritto nel 2010 il brano “Controcalcio”, omaggio al calcio d’altri tempi.
Inoltre oSKAr, è membro della Nazionale Italiana Cantanti dal 2017 con il ruolo di difensore.
Gli otto brani di "Statuto Football Club" alternano canzoni dedicate al calcio come "Notte magiche", "Una vita da mediano", "La leva calcistica del '68" e "La partita di pallone" a strumentali, sigle storiche televisive e radiofoniche di “Tutto il calcio minuto per minuto”, “Novantesimo Minuto”, “Domenica Sprint”,“Domenica Sportiva", come "A taste of honey" di Herb Alpert and Tijuana Brass o "Stadium" di Oscar Prudente con il baritonale coro "Viva viva il goleador".
Le versioni sono ovviamente caratteristiche dello stile degli Statuto tra ska, soul, rocksteady, soul funk, modern latin jazz (vedi "Pancho" di Jack Trobey che fu sigla di "90° minuto").
L'idea è vincente, l'album arrangiato e suonato benissimo oltre che decisamente originale e godibilissimo.
La storia continua.
THE MADS - Time By Time
I milanesi Mads, tra i primissimi in Italia ad abbracciare suoni ed estetica mod vissero poco tempo, dal 1979 al 1984, per incidere qualcosa, pur lasciando un fervido ricordo con travolgenti esibizioni dal vivo. Rinati nel 2012 con l'ottimo "The Orange Plane", bissano ora con il secondo splendido album, in cui converge tutto il meglio del mod sound, dai Jam, ai Chords, power pop, soul, ska, una splenmdida cover degli Action "Never Ever". Abbiamo dovuto aspettare tanto tempo ma l'attesa è stata felicemente ripagata da una band nel pieno dell'espressività e maturità artistica. Disco eccellente.
SHARP CLASS - Welcome To The Matinee Show (Of The End Of The World)
E' sempre più raro trovare una band che si definisca chiaramente Mod, tanto più se è di giovane età.
Gli Sharp Class firmano il secondo album e ci riportano nel più classico mondo dei primi Jam, quelli più aggressivi e scarni.
Le canzoni sono fatte molto bene, l'energia non manca di certo, il sound è quello giusto.
Revivalismo?
Può darsi.
Personalmente lo trovo un disco freschissimo, pulsante, elettrico, nervoso, semplicemente bello da ascoltare per gli amanti di certe cose.
Si astengano gli altri.
PAUL WELLER - Supplement 66
Nuovo ep con 4 inediti di grande classe, di stampo folk jazz che riporta immediatamente agli Style Council, in particolare in "That's What She Said" e "Change What You Can" con un ottimo lavoro della sezione fiati. Un pizzico di funk soul per "Earth In Your Feet", puro folk acustico dalle tinte jazzy nella conclusiva "So Quietly" con la voce della cantautrice Kathryn Williams. Ulteriori ospiti Max Beesley al vibrafono, Danny Thompson al contrabbasso e Steve Brookes alla chitarra.
Disco molto piacevole, autunnale, rilassato, che nella sua concisione trova il tratto più apprezzabile.
THE WINSTONS - Third
L'aspetto prevalente del mondo Winstons è il gusto continuo per il cambiamento, la sorpresa, la capacità di spaziare in mezzo a suoni di ogni tipo che possono essere facilmente collegabili a "generi" e ambiti sonori precisi, da cui però il trio rifugge subito, contestualizzandoli ad altri profili artistici.
Il terzo album della felice carriera cammina su sentieri riconducibili al primo prog a cavallo dei Sessanta e Settanta, ancora profondamente contaminato dalla psichedelia e da echi Beatlesiani. Ma in mezzo c'è un altro universo di riferimenti e influenze (dalla musica classica al rock, sperimentazione e pop) che rendono il loro sound immediatamente riconoscibile. Band di altissimo spessore internazionale, splendidi musicisti, compositori unici ed eccelsi.
AMYL AND THE SNIFFERS - Cartoon Darkness
Terzo capitolo per Amy Taylor e soci, formula consolidata di punk rock e hard tipicamente australiano (Ac/Dc e Rose Tattoo su tutti). E' sempre un buon sentire, divertente e coinvolgente. I testi si fanno socio politici tra cambiamento climatico e attivismo digitale.
SEUN KUTI & EGYPT 80 - Heavier Yet (Lays The Crownless Head)
Il figlio più giovane di Fela Kuti ne ha raccolto l'eredità musicale e sociale, portando avanti il progetto Egypt 80.
Al quinto album approda alla nostra Record Kicks con sei brani di afrobeat, soul, funk.
Prodotto da Lenny Kravitz, con ospiti del calibro di Damian Marley e Sampa The Great, sfodera un album di grandissima potenza emotiva e comunicativa, con testi che invitano al cambiamento sociale e all'emancipazione della sua gente. Sound perfetto, ritmi contagiosi, canzoni eccellenti.
EZRA COLLECTIVE - Dance, No One’s Watching
Il terzo album di una delle band di spicco della scena del nuovo British Jazz ne conferma le qualità esecutive e compositive, oltre all'innata propensione alla contaminazione e sperimentazione. A una concezione moderna di jazz si uniscono fusion, afrobeat, highlife, soul, funk, dub e tanto altro. La formula é stimolante e intrigante anche se incomincia a mostrare la corda, diventando nella sua (passata) innovazione ormai prevedibile.
KOKO-JEAN AND THE TONICS - Love Child
L'ex funambolica voce degli Excitements firma il secondo album con i suoi Tonics ed è l'esplosione di un grande soul e rhythm & blues party a base della gustosa pietanza che ben conosciamo.
Novella Tina Turner dei 60's inanella il classico e prevedibile repertorio tra ritmi infuocati e languide ballate.
Certo, non rivoluzionerà la storia della musica ma se quello che chiedete a un disco è divertimento, sudore, ritmo, intensità, non rimarrete insoddisfatti.
MYLES SANKO - Let It Unfold
Il cantante e musicista inglese è una garanzia di qualità.
Il nuovo lavoro ce lo conferma alle prese con un mix di soul, funk, retaggi afro, marcate influenze jazz, qualche cenno di hip hop.
Produzione eccelsa, Curtis Mayfield spesso in agguato.
Album di grande pregio, ricchissimo di groove e canzoni eccellenti.
THEE SACRED SOULS - Got A Story To Tell
Al secondo album la band di San Diego ribadisce l'amore per il vintage soul anni Sessanta, sia nei suoni che nella composizione.
I ritmi sono costantemente bassi, mellow, soft, bluesy, con un uso elegante di archi e fiati, tra Percy Sledge e il Marvin Gaye più dolciastro.
Per gli amanti di questo mood, un ascolto perfetto.
LEON BRIDGES - Leon
All'eleganza del pluri premiato soul man texano siamo abituati e il nuovo album ne è una felice conferma.
Tredici brani di soul melodico, caldo, raramente up tempo ("Panther City" è una bellissima eccezione), con tinte gospel blues e jazz.
Alla lunga i toni sono ripetitivi e il lavoro perde mordente ma l'ascolto rimane gradevole.
MT JONES - s/t
Ep d'esordio autoprodotto per il cantante inglese. Quattro ottimi brani mid-tempo intrisi di care buone vecchie influenze soul 60/70. Ottima voce e interpretazione di gran gusto. Da tenere d'occhio.
BOOM YEH - Near-Earth Objects
La band londinese arriva dal giro Jamiroquai, Brand New Heavies, Incognito e si cala in un gustoso e classico mix di soul, funk e jazz in chiave strumentale. Tanto ritmo e groove, una discreta dose di fusion e brani costruiti con classe, raffinatezza e tanta voglia e piacere di suonarli.
GALLIANO - Halfway somewhere
Dopo 30 anni di silenzio tornano i grandi esponenti della scena Acid Jazz inglese con un album di un'ora e 19 brani in cui convergono le loro classiche sonorità, soul, funk, hip hop, elettronica, dance, fusion, jazz. Un signor album, moderno, vario, ricchissimo di spunti e influenze, compositivamente di altissimo livello, con arrangiamenti e suoni perfetti.
LES HOMMES - Si, così
Tornano dopo sette anni di silenzio con undici brani lounge jazz dal consueto forte sapore cinematografico, un po' di elettronica distribuita con parsimonia e precisione, il consueto groove soft funk a condire la ritmica. Perfetto sottofondo per un cocktail.
FACES - At the BBC
Una delle band più particolari nella storia del rock, misto di blues, glam, rock 'n' roll, "black", folk inglese, country.
Ascoltare i Facesè semplicemente rilassante, corroborante, un piccolo lusso che ci si permette ogni tanto, prima di tornare alle "cose serie".
Lo conferma questo box che raccoglie tutte le esibizioni live alla BBC, le Peel Sessions etc. tra il 1970 e il 1973.
Quasi un centinaio di brani in otto CD (e un 150 euro più o meno di spesa) con tanto di libretto di 48 pagine.
Sgangherati al punto giusto ma musicisti pazzeschi, con la voce di Rod Stewart al top.
STEVE CROPPER -. Friendlytown
Steve Cropper sta per compiere 83 anni.
Ha composto "(Sittin on the) Dock of the bay", "In the midnight hour", "Knock on wood", è stato il chitarrista degli imperatori del groove, Booker T. and the Mg's, ha inciso non si sa quanti dischi per gli artisti della Stax Records, suonato con i Blues Brothers (partecipando anche al film), con Ringo e John, Jeff Beck, Neil Young, Elton John etc etc.
Il suo nuovo album è un energico mix di rock blues, rhythm and blues, soul rock, con l'aiuto di un po' di amici, da Steve Gibbons degli ZZ Top a Brian May a Roger C. Reale.
Non entrerà nella storia ma è un piacere ascoltarlo.
MC5 - Heavy Lifting
Un po'imbarazzante vedere accostato quel nome immortale a un disco super pompato di hard rock tamarro (con tanto di Tom Morello, Slash e Vernon Reid a impestare di assoli). Della mitica band c'è il solo Wayne Kramer e in un paio di brani Dennis Thompson (pace all'anima loro). Distruggono anche la bellissima "Twenty Five Miles" di Edwyn Starr.
Sacrilego tutto.
MOTORPSYCHO - Neigh!!
Siamo ormai a una trentina di album (esclusi live, compilation, singoli, collaborazioni etc) e non sempre è tutto perfettamente a fuoco. Il nuovo lavoro soffre di luci e ombre e alla fine passa senza colpo ferire, pur essendo sempre di buon livello.
KARATE - Make It Fit
Torna dopo 20 anni di silenzio la band di Geoff Farina, passata musicalmente tra post rock, sperimentazione, slow core, post punk. Il nuovo album sorprende spesso con una serie di brani punk rock 77, tra Clash, Jam, Boys, a cui affiancano momenti più jazz core e altri episodi più affini alla consuetudine (se così si può dire) a cui ci avevano abituati.
OKMONIKIS - Party fever
La band di Tucson non va praticamente mai oltre i due minuti per ognuno dei nove brani. Puro e semplice garage beat punk, tirato e nervoso. Bravi!
GOPHER & THE DEADLOCKS - Tropical riot
Spettacolare album che accosta con disinvoltura brani reggae (vedi la splendida "Cenere" in coppia con Neffa) e dub a furiosi punk rock, spesso sconfinanti nell'hardcore, una cover punk di "Concrete Jungle" degli Specials, non disdegnando intermezzi hip hop. Un mix intrigante ed eccitante di Clash, Rancid, Beastie Boys, Ruts, 2Tone Records. Il tutto eseguito (e composto) con un'energia travolgente e uno spirito rivoltoso e combattivo. Notevole.
https://gdeadlox.bandcamp.com/album/tropical-rio
CARNIVAL OF FOOLS – Complete discography 1989-1993
Una delle band più rappresentative della scena underground italiana a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, con una discografia mai ristampata nella sua completezza, trova ora il dovuto riconoscimento in due CD che includono i due album Religious Folk e Towards the Lighted Town, i singoli, brani sparsi su compilation e due live. Trentuno canzoni intrise di blues, punk, violenza, sofferenza, intimismo, “malattia”. Era il mondo del gruppo di Mauro Ermanno Giovanardi che dopo lo scioglimento, nel 1994, intraprese altre strade, sia soliste che con l’originalissima e unica avventura dei La Crus. Un capitolo essenziale per conoscere la scena italiana di quegli anni.
CUT - Annihilation Road
La Go Down Records ristampa (in vinile, da lungo tempo irreperibile) il quinto album della band bolognese pubblicato nel 2010, registrato a New York e prodotto da Matt Verta-Ray (già al lavoro con Ronnie Spector, Oblivians, Dirtbombs, Jon Spencer Blues Explosion). Il marchio di fabbrica è da tempo già definito e inciso a fuoco sulla carne dei loro adepti: garage, punk, rock 'n' roll, rhythm and blues malatissimo, elettricità, nervosismo quasi nevrotico, violenza sonora. Uno dei tanti gioielli dei Cut da riscoprire.
MASTICA - (12) Treize cigarettes
In occasione del ventennale della prima pubblicazione, rivive in vinile l'eccellente album della band veneta, ristampato e rimasterizzato da Go Down Record. Splendida miscela di hard rock, rock blues, garage punk, proto prog, psichedelia, cantata in italiano, suonata a livelli di pura eccellenza e suoni perfettamente confacenti alle origini del sound.
COSMIC ROOM 99 - s/t
La band trevigiana, attiva da un paio di anni, firma un ottimo esordio a base di una miscela sonora dai retaggi "antichi" e nobili: dai Velvet Underground alle sognanti e psichedeliche visioni di Syd Barrett, fino alle più recenti esperienze di Jesus and Mary Chain, della scena shoegaze (Swervedriver in particolare, senza trascurare le melodie alla Teenage Fanclub) e un gusto new wave a corredare il tutto. Ottimi i suoni, gli arrangiamenti e la produzione, molto azzeccate le composizioni. Un piccolo gioiello, dal respiro internazionale.
RIP OFF – 1982…non voglio polizia
I bolognesi Rip Off sono stati tra i primi interpreti di un violento e rauco Oi! Street Punk nei primi anni Ottanta. Incisero una cassetta insieme ai mitici Nabat (massimi interpreti di quell’ambito) uscita nel marzo 1982. L’anno successivo pubblicarono un’ulteriore cassetta. HellNation ristampa su vinile formato LP, in tiratura limitata, le canzoni della prima tape, con allegato un libretto di quattro pagine con interviste, foto, testi, ritagli, fanzine. I sei brani sono una cruda testimonianza di quell’epoca pionieristica, con tutte le ingenuità ma soprattutto la spontaneità, irruenza e urgenza di una giovanisisma band, mantenendo l’immediatezza dell’approccio e dell’attitudine. Un recupero più che benvenuto per i cultori di un certo suono.
ASCOLTATO ANCHE:
SOUL ASYLUM (per chi ama il "rock robusto" tipicamente americano, questo è un buon album), LINDA LINDAS (pop punk rock molto carino ma di consistenza altrettanto scarsa), ASHLEY HENRY (soul jazz raffinato di alto livello), DINNER PARTY (jazz, hip hop, nu soul, funk. Un mix molto sofisticato), MAXIMO PARK (pop rock piuttsoto anonimo e incolore), OFFSPRING (fatto benissimo, ovviamente, prevedibilissomo, altrettanto ovviamente, pop hardcore senza anima)
LETTO
Ron Bailey - Squatter. La vera storia degli occupanti di case di Londra
La Camera ha approvato gli emendamenti al DDL Sicurezza, con l’introduzione di una nuova fattispecie di reato nel Codice Penale per chi occupa abusivamente case private.
L’articolo 634-bis andrà infatti a punire chi si macchia di occupazione abusiva di un immobile destinato al domicilio altrui, prevedendo dai 2 ai 7 anni di reclusione.
Ultimo tassello di una sempre più feroce guerra contro i poveri e i deboli (immigrati in particolare ma italiani soprattutto)di cui questo governo è il portabandiera.
Interessante andarsi a leggere il libro "Squatter" di Ron Bailey che racconta le lotte di chi aveva perso la casa, nell'Inghilterra di fine anni Sessanta che non era solo Beatles, psichedelia e minigonne ma celava una realtà aspra in cui i " ricchi avevano improvvisamente investito nell’edilizia, demolendo i quartieri storici e scacciando dalle abitazioni migliaia di famiglie operaie, pensionati, giovani coppie e immigrati giamaicani di prima generazione."
Le lotte per le occupazioni di case sfitte e inutilizzate furono terribili, con scontri, dolore, repressione ma anche con tante vittorie.
Ron Bailey, coordinatore della London Squatters’ Campaign rivive quei periodi con una prosa cruda ma anche spesso divertente e (auto) ironica.
"L'azione di massa da parte della gente comune (i milioni che soffrono per la carenza di case) non era solo una tattica rivoluzionaria che peroravo ma il solo modo per queste persone di sperare di avere abitazioni decenti".
"I membri del gruppo di squatter cambiavano di continuo. Da un certo punto di vista era positivo, dall'altro una continua fonte di difficoltà. Era positivo perché evitava che si formasse una elite che si autoperpetuasse. Era fonte di difficoltà perché, nel caso in oggetto, la discrezione e la segretezza erano fondamentali e più persone nuove apparivano sulla scena più il problema della sicurezza si aggravava".
Include anche:
2 interviste a Ken Loach sulla necessità delle occupazioni oggi;
“Lotta Continua” e Lea Melandri: Milano 1971. L’occupazione di via Tibaldi;
Roma 2001-2016: Action per le occupazioni
Alessandro Gandino - Il bancone è oggettivo. Storie inutili da bar
Per chi vive o ha vissuto la provincia, le storie da bar sono una componente essenziale della quotidianità.
Purtroppo la triste stagione dei social ha deviato altrove l'inventiva spontanea, grezza, crudele, in cui il cosiddetto politically correct non ha mai avuto casa, sostituendola con la malsana fantasia e le ossessioni del web.
I banconi del bar hanno sono stati testimoni di milioni di questi racconti.
Come dice l'autore: raccogliere questi racconti, se sai riconoscere la lingua dei banconi, è fondamentale.
Aggiunge: tutte le storie sono frutto di fantasia. O forse no. Ma è così importante?
No, non è importante perché è molto facile riconoscersi in questi racconti, molto "emiliani" (ma non solo).
Ognuno dei quali con un titolo di una canzone ben identificativa del contenuto.
Alcuni agghiaccianti ("All you fascists" Billy Bragg/Wilco non mi ha fatto dormire la notte), altri molto divertenti, altri ancora malinconici e commoventi, tutti decisamente realisti.
La scrittura è ironica, "ruspante" e schietta, esattamente come un racconto da bancone da bar.
VISTO
Nel nostro cielo un rombo di tuono di Riccardo Milani
Un racconto commovente e appassionato, dall'infanzia drammatica alla vecchiaia solitaria, della roboante carriera di GIGI RIVA, che riuscì ad andare oltre la figura del calciatore, diventando simbolo (eterno) e riscatto sociale per la "sua" Sardegna, grazie allo scudetto del Cagliari del 1969/70.
Una carriera sfortunata, funestata da tre terribili incidenti di gioco, l'ultimo dei quali, nel febbraio del 1976, sancì l'addio al calcio giocato.
Oltre due ore di filmati, interviste, ricostruzioni, intermezzi, testimonianze (forse eccessive e talvolta troppo enfatiche) a descrivere un personaggio anomalo e unico nelle abituali modalità del mondo calcistico.
Gigi Riva realizzò 156 gol in 289 presenze in Serie e 35 reti in 42 gare disputate con la maglia azzurra (media realizzativa di 0,83 gol per partita), restando tutt'ora il capocannoniere della Nazionale.
Il tratto dominante del docu film è la costante vena malinconica che ha permeato la sua vita, il suo sguardo, la storia recente della Sardegna, costantemente sfruttata e dimenticata.
Un documento esaustivo sul calciatore più affascinante della storia sportiva italiana.
La ragazza del punk innamorato (How to Talk to Girls at Parties) di John Cameron Mitchell
Uno dei film più bizzarri che abbia mai visto, a metà tra un viaggio super psichedelico/techno/punk, un'opera musical rock anni 70 e una fesseria incomprensibile, con punk nel 1977 (finalmente non caricaturizzati ma più che realisti), alieni, viaggi lisergici.
Ma alla fine davvero divertente, ironico, originale, particolare.
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
Dall'estero Judith Hill, Libertines, Prisoners, the X, Bella Brown and the Jealous Lovers, Dexy's, Jack White, The Heavy Heavy, Les Amazones d'Afrique, Sahra Halgan, Boulevards, Mdou Moctar, Paul Weller, Liam Gallagher & John Squire, Mooon, Black Crowes, Sharp Class, Mourning (A)Blkstar, Dandy Warhols, Michelle David & True Tones, Clairo, Big Boss Man, The Wreckery, Yard Act, Kula Shaker, Kim Gordon, Kamasi Washington, Real Estate, Lemon Twigs, Bad Nerves, Tibbs, Idles, Krypton Bulb, New Mastersounds, Mo Troper, Galileo 7, Fontaines DC e Popincourt, The Tambles, Grace Browers & the Hodege Plodge, Lady Blackbird.
Tra gli italiani Ossa di Cane, Peawees, The mads, Statuto, A Toys orchestra, Tre Allegri Ragazzi Morti, Manupuma, Rudy Bolo, Klasse Kriminale, Statuto, The Mads, Cesare Basile, Organ Squad, La Crus, The Devils, Enri Zavalloni, Any Other, Smalltown Tigers, Paolo Zangara, Pier Adduce, Paolo Benvegnù, Zolle, I Fenomeni, Lovesick, Newglads.
FANTASTIC NEGRITO - Son Of A Broken Man
L'artista californiano, al sesto album, si conferma di nuovo come una delle realtà più interessanti, vitali , propositive in circolazione. Innanzitutto in virtù di una personalità e di un sound immediatamente riconoscibili e per la capacità di miscelare ingredienti diversissimi alla perfezione. Blues, funk e soul sono alla base della pietanza ma non esita a infilarci Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Sly Stone. Non si tratta di revivalismo perché il tutto è moderno, fresco, eccitante. Un album di pura eccellenza. Come sempre.
STATUTO - Statuto Football Club
E' nota la vicinanza tra la storia degli STATUTO e la passione calcistica.
Dall'amore per la maglia granata del Torino (nel 1998 al videoclip del loro brano “Un Posto al Sole”, partecipò tutta la rosa della squadra, nel 2005 nel video di “Facci un goal” fu ospite Paolo Pulici, nel 2006 l'album "Toro" raccoglieva brani dedicati alla squadra del cuore, tra cui "Cuore Toro", inno ufficiale del Torino), a canzoni a tema calcistico meno specifiche.
Furono i primi nel 1988 a firmare un testo, “Ragazzo ultrà”, che descrive la tematica delle tifoserie organizzate, successivamente con Enrico Ruggeri hanno scritto nel 2010 il brano “Controcalcio”, omaggio al calcio d’altri tempi.
Inoltre oSKAr, è membro della Nazionale Italiana Cantanti dal 2017 con il ruolo di difensore.
Gli otto brani di "Statuto Football Club" alternano canzoni dedicate al calcio come "Notte magiche", "Una vita da mediano", "La leva calcistica del '68" e "La partita di pallone" a strumentali, sigle storiche televisive e radiofoniche di “Tutto il calcio minuto per minuto”, “Novantesimo Minuto”, “Domenica Sprint”,“Domenica Sportiva", come "A taste of honey" di Herb Alpert and Tijuana Brass o "Stadium" di Oscar Prudente con il baritonale coro "Viva viva il goleador".
Le versioni sono ovviamente caratteristiche dello stile degli Statuto tra ska, soul, rocksteady, soul funk, modern latin jazz (vedi "Pancho" di Jack Trobey che fu sigla di "90° minuto").
L'idea è vincente, l'album arrangiato e suonato benissimo oltre che decisamente originale e godibilissimo.
La storia continua.
THE MADS - Time By Time
I milanesi Mads, tra i primissimi in Italia ad abbracciare suoni ed estetica mod vissero poco tempo, dal 1979 al 1984, per incidere qualcosa, pur lasciando un fervido ricordo con travolgenti esibizioni dal vivo. Rinati nel 2012 con l'ottimo "The Orange Plane", bissano ora con il secondo splendido album, in cui converge tutto il meglio del mod sound, dai Jam, ai Chords, power pop, soul, ska, una splenmdida cover degli Action "Never Ever". Abbiamo dovuto aspettare tanto tempo ma l'attesa è stata felicemente ripagata da una band nel pieno dell'espressività e maturità artistica. Disco eccellente.
SHARP CLASS - Welcome To The Matinee Show (Of The End Of The World)
E' sempre più raro trovare una band che si definisca chiaramente Mod, tanto più se è di giovane età.
Gli Sharp Class firmano il secondo album e ci riportano nel più classico mondo dei primi Jam, quelli più aggressivi e scarni.
Le canzoni sono fatte molto bene, l'energia non manca di certo, il sound è quello giusto.
Revivalismo?
Può darsi.
Personalmente lo trovo un disco freschissimo, pulsante, elettrico, nervoso, semplicemente bello da ascoltare per gli amanti di certe cose.
Si astengano gli altri.
PAUL WELLER - Supplement 66
Nuovo ep con 4 inediti di grande classe, di stampo folk jazz che riporta immediatamente agli Style Council, in particolare in "That's What She Said" e "Change What You Can" con un ottimo lavoro della sezione fiati. Un pizzico di funk soul per "Earth In Your Feet", puro folk acustico dalle tinte jazzy nella conclusiva "So Quietly" con la voce della cantautrice Kathryn Williams. Ulteriori ospiti Max Beesley al vibrafono, Danny Thompson al contrabbasso e Steve Brookes alla chitarra.
Disco molto piacevole, autunnale, rilassato, che nella sua concisione trova il tratto più apprezzabile.
THE WINSTONS - Third
L'aspetto prevalente del mondo Winstons è il gusto continuo per il cambiamento, la sorpresa, la capacità di spaziare in mezzo a suoni di ogni tipo che possono essere facilmente collegabili a "generi" e ambiti sonori precisi, da cui però il trio rifugge subito, contestualizzandoli ad altri profili artistici.
Il terzo album della felice carriera cammina su sentieri riconducibili al primo prog a cavallo dei Sessanta e Settanta, ancora profondamente contaminato dalla psichedelia e da echi Beatlesiani. Ma in mezzo c'è un altro universo di riferimenti e influenze (dalla musica classica al rock, sperimentazione e pop) che rendono il loro sound immediatamente riconoscibile. Band di altissimo spessore internazionale, splendidi musicisti, compositori unici ed eccelsi.
AMYL AND THE SNIFFERS - Cartoon Darkness
Terzo capitolo per Amy Taylor e soci, formula consolidata di punk rock e hard tipicamente australiano (Ac/Dc e Rose Tattoo su tutti). E' sempre un buon sentire, divertente e coinvolgente. I testi si fanno socio politici tra cambiamento climatico e attivismo digitale.
SEUN KUTI & EGYPT 80 - Heavier Yet (Lays The Crownless Head)
Il figlio più giovane di Fela Kuti ne ha raccolto l'eredità musicale e sociale, portando avanti il progetto Egypt 80.
Al quinto album approda alla nostra Record Kicks con sei brani di afrobeat, soul, funk.
Prodotto da Lenny Kravitz, con ospiti del calibro di Damian Marley e Sampa The Great, sfodera un album di grandissima potenza emotiva e comunicativa, con testi che invitano al cambiamento sociale e all'emancipazione della sua gente. Sound perfetto, ritmi contagiosi, canzoni eccellenti.
EZRA COLLECTIVE - Dance, No One’s Watching
Il terzo album di una delle band di spicco della scena del nuovo British Jazz ne conferma le qualità esecutive e compositive, oltre all'innata propensione alla contaminazione e sperimentazione. A una concezione moderna di jazz si uniscono fusion, afrobeat, highlife, soul, funk, dub e tanto altro. La formula é stimolante e intrigante anche se incomincia a mostrare la corda, diventando nella sua (passata) innovazione ormai prevedibile.
KOKO-JEAN AND THE TONICS - Love Child
L'ex funambolica voce degli Excitements firma il secondo album con i suoi Tonics ed è l'esplosione di un grande soul e rhythm & blues party a base della gustosa pietanza che ben conosciamo.
Novella Tina Turner dei 60's inanella il classico e prevedibile repertorio tra ritmi infuocati e languide ballate.
Certo, non rivoluzionerà la storia della musica ma se quello che chiedete a un disco è divertimento, sudore, ritmo, intensità, non rimarrete insoddisfatti.
MYLES SANKO - Let It Unfold
Il cantante e musicista inglese è una garanzia di qualità.
Il nuovo lavoro ce lo conferma alle prese con un mix di soul, funk, retaggi afro, marcate influenze jazz, qualche cenno di hip hop.
Produzione eccelsa, Curtis Mayfield spesso in agguato.
Album di grande pregio, ricchissimo di groove e canzoni eccellenti.
THEE SACRED SOULS - Got A Story To Tell
Al secondo album la band di San Diego ribadisce l'amore per il vintage soul anni Sessanta, sia nei suoni che nella composizione.
I ritmi sono costantemente bassi, mellow, soft, bluesy, con un uso elegante di archi e fiati, tra Percy Sledge e il Marvin Gaye più dolciastro.
Per gli amanti di questo mood, un ascolto perfetto.
LEON BRIDGES - Leon
All'eleganza del pluri premiato soul man texano siamo abituati e il nuovo album ne è una felice conferma.
Tredici brani di soul melodico, caldo, raramente up tempo ("Panther City" è una bellissima eccezione), con tinte gospel blues e jazz.
Alla lunga i toni sono ripetitivi e il lavoro perde mordente ma l'ascolto rimane gradevole.
MT JONES - s/t
Ep d'esordio autoprodotto per il cantante inglese. Quattro ottimi brani mid-tempo intrisi di care buone vecchie influenze soul 60/70. Ottima voce e interpretazione di gran gusto. Da tenere d'occhio.
BOOM YEH - Near-Earth Objects
La band londinese arriva dal giro Jamiroquai, Brand New Heavies, Incognito e si cala in un gustoso e classico mix di soul, funk e jazz in chiave strumentale. Tanto ritmo e groove, una discreta dose di fusion e brani costruiti con classe, raffinatezza e tanta voglia e piacere di suonarli.
GALLIANO - Halfway somewhere
Dopo 30 anni di silenzio tornano i grandi esponenti della scena Acid Jazz inglese con un album di un'ora e 19 brani in cui convergono le loro classiche sonorità, soul, funk, hip hop, elettronica, dance, fusion, jazz. Un signor album, moderno, vario, ricchissimo di spunti e influenze, compositivamente di altissimo livello, con arrangiamenti e suoni perfetti.
LES HOMMES - Si, così
Tornano dopo sette anni di silenzio con undici brani lounge jazz dal consueto forte sapore cinematografico, un po' di elettronica distribuita con parsimonia e precisione, il consueto groove soft funk a condire la ritmica. Perfetto sottofondo per un cocktail.
FACES - At the BBC
Una delle band più particolari nella storia del rock, misto di blues, glam, rock 'n' roll, "black", folk inglese, country.
Ascoltare i Facesè semplicemente rilassante, corroborante, un piccolo lusso che ci si permette ogni tanto, prima di tornare alle "cose serie".
Lo conferma questo box che raccoglie tutte le esibizioni live alla BBC, le Peel Sessions etc. tra il 1970 e il 1973.
Quasi un centinaio di brani in otto CD (e un 150 euro più o meno di spesa) con tanto di libretto di 48 pagine.
Sgangherati al punto giusto ma musicisti pazzeschi, con la voce di Rod Stewart al top.
STEVE CROPPER -. Friendlytown
Steve Cropper sta per compiere 83 anni.
Ha composto "(Sittin on the) Dock of the bay", "In the midnight hour", "Knock on wood", è stato il chitarrista degli imperatori del groove, Booker T. and the Mg's, ha inciso non si sa quanti dischi per gli artisti della Stax Records, suonato con i Blues Brothers (partecipando anche al film), con Ringo e John, Jeff Beck, Neil Young, Elton John etc etc.
Il suo nuovo album è un energico mix di rock blues, rhythm and blues, soul rock, con l'aiuto di un po' di amici, da Steve Gibbons degli ZZ Top a Brian May a Roger C. Reale.
Non entrerà nella storia ma è un piacere ascoltarlo.
MC5 - Heavy Lifting
Un po'imbarazzante vedere accostato quel nome immortale a un disco super pompato di hard rock tamarro (con tanto di Tom Morello, Slash e Vernon Reid a impestare di assoli). Della mitica band c'è il solo Wayne Kramer e in un paio di brani Dennis Thompson (pace all'anima loro). Distruggono anche la bellissima "Twenty Five Miles" di Edwyn Starr.
Sacrilego tutto.
MOTORPSYCHO - Neigh!!
Siamo ormai a una trentina di album (esclusi live, compilation, singoli, collaborazioni etc) e non sempre è tutto perfettamente a fuoco. Il nuovo lavoro soffre di luci e ombre e alla fine passa senza colpo ferire, pur essendo sempre di buon livello.
KARATE - Make It Fit
Torna dopo 20 anni di silenzio la band di Geoff Farina, passata musicalmente tra post rock, sperimentazione, slow core, post punk. Il nuovo album sorprende spesso con una serie di brani punk rock 77, tra Clash, Jam, Boys, a cui affiancano momenti più jazz core e altri episodi più affini alla consuetudine (se così si può dire) a cui ci avevano abituati.
OKMONIKIS - Party fever
La band di Tucson non va praticamente mai oltre i due minuti per ognuno dei nove brani. Puro e semplice garage beat punk, tirato e nervoso. Bravi!
GOPHER & THE DEADLOCKS - Tropical riot
Spettacolare album che accosta con disinvoltura brani reggae (vedi la splendida "Cenere" in coppia con Neffa) e dub a furiosi punk rock, spesso sconfinanti nell'hardcore, una cover punk di "Concrete Jungle" degli Specials, non disdegnando intermezzi hip hop. Un mix intrigante ed eccitante di Clash, Rancid, Beastie Boys, Ruts, 2Tone Records. Il tutto eseguito (e composto) con un'energia travolgente e uno spirito rivoltoso e combattivo. Notevole.
https://gdeadlox.bandcamp.com/album/tropical-rio
CARNIVAL OF FOOLS – Complete discography 1989-1993
Una delle band più rappresentative della scena underground italiana a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, con una discografia mai ristampata nella sua completezza, trova ora il dovuto riconoscimento in due CD che includono i due album Religious Folk e Towards the Lighted Town, i singoli, brani sparsi su compilation e due live. Trentuno canzoni intrise di blues, punk, violenza, sofferenza, intimismo, “malattia”. Era il mondo del gruppo di Mauro Ermanno Giovanardi che dopo lo scioglimento, nel 1994, intraprese altre strade, sia soliste che con l’originalissima e unica avventura dei La Crus. Un capitolo essenziale per conoscere la scena italiana di quegli anni.
CUT - Annihilation Road
La Go Down Records ristampa (in vinile, da lungo tempo irreperibile) il quinto album della band bolognese pubblicato nel 2010, registrato a New York e prodotto da Matt Verta-Ray (già al lavoro con Ronnie Spector, Oblivians, Dirtbombs, Jon Spencer Blues Explosion). Il marchio di fabbrica è da tempo già definito e inciso a fuoco sulla carne dei loro adepti: garage, punk, rock 'n' roll, rhythm and blues malatissimo, elettricità, nervosismo quasi nevrotico, violenza sonora. Uno dei tanti gioielli dei Cut da riscoprire.
MASTICA - (12) Treize cigarettes
In occasione del ventennale della prima pubblicazione, rivive in vinile l'eccellente album della band veneta, ristampato e rimasterizzato da Go Down Record. Splendida miscela di hard rock, rock blues, garage punk, proto prog, psichedelia, cantata in italiano, suonata a livelli di pura eccellenza e suoni perfettamente confacenti alle origini del sound.
COSMIC ROOM 99 - s/t
La band trevigiana, attiva da un paio di anni, firma un ottimo esordio a base di una miscela sonora dai retaggi "antichi" e nobili: dai Velvet Underground alle sognanti e psichedeliche visioni di Syd Barrett, fino alle più recenti esperienze di Jesus and Mary Chain, della scena shoegaze (Swervedriver in particolare, senza trascurare le melodie alla Teenage Fanclub) e un gusto new wave a corredare il tutto. Ottimi i suoni, gli arrangiamenti e la produzione, molto azzeccate le composizioni. Un piccolo gioiello, dal respiro internazionale.
RIP OFF – 1982…non voglio polizia
I bolognesi Rip Off sono stati tra i primi interpreti di un violento e rauco Oi! Street Punk nei primi anni Ottanta. Incisero una cassetta insieme ai mitici Nabat (massimi interpreti di quell’ambito) uscita nel marzo 1982. L’anno successivo pubblicarono un’ulteriore cassetta. HellNation ristampa su vinile formato LP, in tiratura limitata, le canzoni della prima tape, con allegato un libretto di quattro pagine con interviste, foto, testi, ritagli, fanzine. I sei brani sono una cruda testimonianza di quell’epoca pionieristica, con tutte le ingenuità ma soprattutto la spontaneità, irruenza e urgenza di una giovanisisma band, mantenendo l’immediatezza dell’approccio e dell’attitudine. Un recupero più che benvenuto per i cultori di un certo suono.
ASCOLTATO ANCHE:
SOUL ASYLUM (per chi ama il "rock robusto" tipicamente americano, questo è un buon album), LINDA LINDAS (pop punk rock molto carino ma di consistenza altrettanto scarsa), ASHLEY HENRY (soul jazz raffinato di alto livello), DINNER PARTY (jazz, hip hop, nu soul, funk. Un mix molto sofisticato), MAXIMO PARK (pop rock piuttsoto anonimo e incolore), OFFSPRING (fatto benissimo, ovviamente, prevedibilissomo, altrettanto ovviamente, pop hardcore senza anima)
LETTO
Ron Bailey - Squatter. La vera storia degli occupanti di case di Londra
La Camera ha approvato gli emendamenti al DDL Sicurezza, con l’introduzione di una nuova fattispecie di reato nel Codice Penale per chi occupa abusivamente case private.
L’articolo 634-bis andrà infatti a punire chi si macchia di occupazione abusiva di un immobile destinato al domicilio altrui, prevedendo dai 2 ai 7 anni di reclusione.
Ultimo tassello di una sempre più feroce guerra contro i poveri e i deboli (immigrati in particolare ma italiani soprattutto)di cui questo governo è il portabandiera.
Interessante andarsi a leggere il libro "Squatter" di Ron Bailey che racconta le lotte di chi aveva perso la casa, nell'Inghilterra di fine anni Sessanta che non era solo Beatles, psichedelia e minigonne ma celava una realtà aspra in cui i " ricchi avevano improvvisamente investito nell’edilizia, demolendo i quartieri storici e scacciando dalle abitazioni migliaia di famiglie operaie, pensionati, giovani coppie e immigrati giamaicani di prima generazione."
Le lotte per le occupazioni di case sfitte e inutilizzate furono terribili, con scontri, dolore, repressione ma anche con tante vittorie.
Ron Bailey, coordinatore della London Squatters’ Campaign rivive quei periodi con una prosa cruda ma anche spesso divertente e (auto) ironica.
"L'azione di massa da parte della gente comune (i milioni che soffrono per la carenza di case) non era solo una tattica rivoluzionaria che peroravo ma il solo modo per queste persone di sperare di avere abitazioni decenti".
"I membri del gruppo di squatter cambiavano di continuo. Da un certo punto di vista era positivo, dall'altro una continua fonte di difficoltà. Era positivo perché evitava che si formasse una elite che si autoperpetuasse. Era fonte di difficoltà perché, nel caso in oggetto, la discrezione e la segretezza erano fondamentali e più persone nuove apparivano sulla scena più il problema della sicurezza si aggravava".
Include anche:
2 interviste a Ken Loach sulla necessità delle occupazioni oggi;
“Lotta Continua” e Lea Melandri: Milano 1971. L’occupazione di via Tibaldi;
Roma 2001-2016: Action per le occupazioni
Alessandro Gandino - Il bancone è oggettivo. Storie inutili da bar
Per chi vive o ha vissuto la provincia, le storie da bar sono una componente essenziale della quotidianità.
Purtroppo la triste stagione dei social ha deviato altrove l'inventiva spontanea, grezza, crudele, in cui il cosiddetto politically correct non ha mai avuto casa, sostituendola con la malsana fantasia e le ossessioni del web.
I banconi del bar hanno sono stati testimoni di milioni di questi racconti.
Come dice l'autore: raccogliere questi racconti, se sai riconoscere la lingua dei banconi, è fondamentale.
Aggiunge: tutte le storie sono frutto di fantasia. O forse no. Ma è così importante?
No, non è importante perché è molto facile riconoscersi in questi racconti, molto "emiliani" (ma non solo).
Ognuno dei quali con un titolo di una canzone ben identificativa del contenuto.
Alcuni agghiaccianti ("All you fascists" Billy Bragg/Wilco non mi ha fatto dormire la notte), altri molto divertenti, altri ancora malinconici e commoventi, tutti decisamente realisti.
La scrittura è ironica, "ruspante" e schietta, esattamente come un racconto da bancone da bar.
VISTO
Nel nostro cielo un rombo di tuono di Riccardo Milani
Un racconto commovente e appassionato, dall'infanzia drammatica alla vecchiaia solitaria, della roboante carriera di GIGI RIVA, che riuscì ad andare oltre la figura del calciatore, diventando simbolo (eterno) e riscatto sociale per la "sua" Sardegna, grazie allo scudetto del Cagliari del 1969/70.
Una carriera sfortunata, funestata da tre terribili incidenti di gioco, l'ultimo dei quali, nel febbraio del 1976, sancì l'addio al calcio giocato.
Oltre due ore di filmati, interviste, ricostruzioni, intermezzi, testimonianze (forse eccessive e talvolta troppo enfatiche) a descrivere un personaggio anomalo e unico nelle abituali modalità del mondo calcistico.
Gigi Riva realizzò 156 gol in 289 presenze in Serie e 35 reti in 42 gare disputate con la maglia azzurra (media realizzativa di 0,83 gol per partita), restando tutt'ora il capocannoniere della Nazionale.
Il tratto dominante del docu film è la costante vena malinconica che ha permeato la sua vita, il suo sguardo, la storia recente della Sardegna, costantemente sfruttata e dimenticata.
Un documento esaustivo sul calciatore più affascinante della storia sportiva italiana.
La ragazza del punk innamorato (How to Talk to Girls at Parties) di John Cameron Mitchell
Uno dei film più bizzarri che abbia mai visto, a metà tra un viaggio super psichedelico/techno/punk, un'opera musical rock anni 70 e una fesseria incomprensibile, con punk nel 1977 (finalmente non caricaturizzati ma più che realisti), alieni, viaggi lisergici.
Ma alla fine davvero divertente, ironico, originale, particolare.
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Sulle riviste/zines "GIMME DANGER" e "GARAGELAND"
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
martedì, ottobre 29, 2024
Alessandro Gandino - Il bancone è oggettivo. Storie inutili da bar
Per chi vive o ha vissuto la provincia, le storie da bar sono una componente essenziale della quotidianità.
Purtroppo la triste stagione dei social ha deviato altrove l'inventiva spontanea, grezza, crudele, in cui il cosiddetto politically correct non ha mai avuto casa, sostituendola con la malsana fantasia e le ossessioni del web.
I banconi del bar hanno sono stati testimoni di milioni di questi racconti.
Come dice l'autore: raccogliere questi racconti, se sai riconoscere la lingua dei banconi, è fondamentale.
Aggiunge: tutte le storie sono frutto di fantasia. O forse no. Ma è così importante?
No, non è importante perché è molto facile riconoscersi in questi racconti, molto "emiliani" (ma non solo).
Ognuno dei quali con un titolo di una canzone ben identificativa del contenuto.
Alcuni agghiaccianti ("All you fascists" Billy Bragg/Wilco non mi ha fatto dormire la notte), altri molto divertenti, altri ancora malinconici e commoventi, tutti decisamente realisti.
La scrittura è ironica, "ruspante" e schietta, esattamente come un racconto da bancone da bar.
Alessandro Gandino
Il bancone è oggettivo. Storie inutili da bar
Autoprodotto
114 pagine
euro 10.40
https://www.facebook.com/alessandro.gandino
Purtroppo la triste stagione dei social ha deviato altrove l'inventiva spontanea, grezza, crudele, in cui il cosiddetto politically correct non ha mai avuto casa, sostituendola con la malsana fantasia e le ossessioni del web.
I banconi del bar hanno sono stati testimoni di milioni di questi racconti.
Come dice l'autore: raccogliere questi racconti, se sai riconoscere la lingua dei banconi, è fondamentale.
Aggiunge: tutte le storie sono frutto di fantasia. O forse no. Ma è così importante?
No, non è importante perché è molto facile riconoscersi in questi racconti, molto "emiliani" (ma non solo).
Ognuno dei quali con un titolo di una canzone ben identificativa del contenuto.
Alcuni agghiaccianti ("All you fascists" Billy Bragg/Wilco non mi ha fatto dormire la notte), altri molto divertenti, altri ancora malinconici e commoventi, tutti decisamente realisti.
La scrittura è ironica, "ruspante" e schietta, esattamente come un racconto da bancone da bar.
Alessandro Gandino
Il bancone è oggettivo. Storie inutili da bar
Autoprodotto
114 pagine
euro 10.40
https://www.facebook.com/alessandro.gandino
lunedì, ottobre 28, 2024
The Untouchables
La recente scomparsa dell'unico membro originale rimasto nella band, il cantante Jerry Miller, ha riportato i riflettori sugli UNTOUCHABLES, band californiana molto amata dalla scena mod locale.
Erroneamente sempre inserita nella scena ska quando in realtà all'ambito dedicarono solo pochi brani (inizialmente a parte), spaziando invece tra soul, funk, reggae, pop e addirittura rap.
Ottennero un discreto successo con "Free Yourself" e la cover di "I spy for the FBI" di Jamo Thomas nel 1985, contenuti nel primo album "Wild Thing" dello stesso anno.
Tornarono nelle retrovie successivamente, incidendo altri tre album e continuando l'attività live (fino ai nostri giorni), cambiando circa 40 membri della band. Wild Child (1985)
Tanto soul, tra la title track, "Free Yourself" e "I spy for the FBI" ma anche il sorprendente rap funk di "Freak in the streets", il reggae di "What's gone wrong" e "Lasershow", il disco funk di "Piece of your love" e "Soul together", lo ska di "Mandingo", il pop rock di "Lovers again", il garage beat della conclusiva "City Gent".
Un album estremamente composito, dalle mille influenze, lontano da facili etichette.
Molto americano.
Agent 00 Soul (1988)
Tre anni dopo il precedente lavoro, la band si sposta verso atmosfere più fruibili, funk, easy soul, quasi disco in certi momenti.
Nella versione di "Under the boardwalk" dei Drifters vanno invece di un irresistibile groove ska mentre nella successiva "Cold city" il ritmo in levare è tinto di soul.
"Shama Lama" è swing soul.
Parentesi finale puramente reggae in "Sudden attack" e "Education". A decade of dance Live (1990)
del concerto Ottimo live con il meglio della loro discografia.
Suonano da paura, precisi, diretti, eleganti.
Gran finale con "Steppin' stone" dei Monkees. Greatest & Latest: Ghetto Stout (2000)
Album pregevole in cui una delle tante line up della band riprende vecchie canzoni, riarrangiate con classe e raffinatezza.
Aggiunge tre nuove composizioni, privilegiando il mondo ska e reggae.
Non mancano funk e momenti più rock ma il groove prevalente è quello in levare e colorato in "black".
Sarà ristampato con il titolo "Free Yourself - Ska Hits".
Erroneamente sempre inserita nella scena ska quando in realtà all'ambito dedicarono solo pochi brani (inizialmente a parte), spaziando invece tra soul, funk, reggae, pop e addirittura rap.
Ottennero un discreto successo con "Free Yourself" e la cover di "I spy for the FBI" di Jamo Thomas nel 1985, contenuti nel primo album "Wild Thing" dello stesso anno.
Tornarono nelle retrovie successivamente, incidendo altri tre album e continuando l'attività live (fino ai nostri giorni), cambiando circa 40 membri della band. Wild Child (1985)
Tanto soul, tra la title track, "Free Yourself" e "I spy for the FBI" ma anche il sorprendente rap funk di "Freak in the streets", il reggae di "What's gone wrong" e "Lasershow", il disco funk di "Piece of your love" e "Soul together", lo ska di "Mandingo", il pop rock di "Lovers again", il garage beat della conclusiva "City Gent".
Un album estremamente composito, dalle mille influenze, lontano da facili etichette.
Molto americano.
Agent 00 Soul (1988)
Tre anni dopo il precedente lavoro, la band si sposta verso atmosfere più fruibili, funk, easy soul, quasi disco in certi momenti.
Nella versione di "Under the boardwalk" dei Drifters vanno invece di un irresistibile groove ska mentre nella successiva "Cold city" il ritmo in levare è tinto di soul.
"Shama Lama" è swing soul.
Parentesi finale puramente reggae in "Sudden attack" e "Education". A decade of dance Live (1990)
del concerto Ottimo live con il meglio della loro discografia.
Suonano da paura, precisi, diretti, eleganti.
Gran finale con "Steppin' stone" dei Monkees. Greatest & Latest: Ghetto Stout (2000)
Album pregevole in cui una delle tante line up della band riprende vecchie canzoni, riarrangiate con classe e raffinatezza.
Aggiunge tre nuove composizioni, privilegiando il mondo ska e reggae.
Non mancano funk e momenti più rock ma il groove prevalente è quello in levare e colorato in "black".
Sarà ristampato con il titolo "Free Yourself - Ska Hits".
venerdì, ottobre 25, 2024
Jean Jacques Burnel - Euroman Cometh
Esordio solista (aprile 1979) del bassista degli Stranglers , registrato nelle pause delle session di registrazione del loro terzo lavoro "Black And White".
"Euroman cometh" è un album molto trascurato e non di rado stroncato.
Burnel lavora su ritmiche elettroniche, mutuate dall'amore per i Kraftwerk e i Can e atmosfere ipnotiche e ripetitive, groove alla Moroder, su cui ovviamente il suo basso (non così imperioso come nella band madre) è protagonista.
Fa eccezione la versione punk di "Pretty face" dei Beat Merchants ("L'ho fatta perché mi piaeva il pezzo ma non c'entra niente con l'album").
Talvolta è evidente il tratto un po' approssimativo, minimale ed elementare a livello compositivo ma nel suo complesso è un disco così anomalo, personale e originale da meritare ascolto e apprezzamento.
In particolare un brano come "Do the European" poteva avere chances di successo.
Ad aiutarlo Peter Howells dei Drones, Brian James dei Damned (guitar), Lew Lewis e Carey Fortune dei Chelsea.
L'album è un concept sull'Europa Unita vista in un'ottica un po' confusa ma che prelude a tematiche che di lì a poco diventeranno attuali.
All'interno della copertina la scritta:
"Un' Europa intrisa di valori americani e sovversione sovietica è una vecchia prostituta adulatrice e malata: un' Europa forte, unita e indipendente è figlia del futuro".
"È stato un esperimento e un modo per passare il tempo di notte (in quel periodo Jean Jacques non aveva casa e approfittava dello studio per dormire e lavorare al suo progetto). Era anche un po' un manifesto.
Ero un grande fan del concetto di un'Europa unita. Penso ancora che sia una delle grandi idee dei nostri tempi, ma sono diffidente nei confronti della burocrazia e dei suoi elementi negativi, ma come concetto puro è un grande concetto". (2015)
Do the European
https://www.youtube.com/watch?v=Va3D0SfX47k
Nel 2008 facemmo una cover di "Pretty Face" con Lilith and the Sinnersaints nell'album "The Black Lady And The Sinner Saints (The Crusade Of The Lost Souls)".
Le altre puntate de I (dischi) sottovalutati qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Sottovalutati
"Euroman cometh" è un album molto trascurato e non di rado stroncato.
Burnel lavora su ritmiche elettroniche, mutuate dall'amore per i Kraftwerk e i Can e atmosfere ipnotiche e ripetitive, groove alla Moroder, su cui ovviamente il suo basso (non così imperioso come nella band madre) è protagonista.
Fa eccezione la versione punk di "Pretty face" dei Beat Merchants ("L'ho fatta perché mi piaeva il pezzo ma non c'entra niente con l'album").
Talvolta è evidente il tratto un po' approssimativo, minimale ed elementare a livello compositivo ma nel suo complesso è un disco così anomalo, personale e originale da meritare ascolto e apprezzamento.
In particolare un brano come "Do the European" poteva avere chances di successo.
Ad aiutarlo Peter Howells dei Drones, Brian James dei Damned (guitar), Lew Lewis e Carey Fortune dei Chelsea.
L'album è un concept sull'Europa Unita vista in un'ottica un po' confusa ma che prelude a tematiche che di lì a poco diventeranno attuali.
All'interno della copertina la scritta:
"Un' Europa intrisa di valori americani e sovversione sovietica è una vecchia prostituta adulatrice e malata: un' Europa forte, unita e indipendente è figlia del futuro".
"È stato un esperimento e un modo per passare il tempo di notte (in quel periodo Jean Jacques non aveva casa e approfittava dello studio per dormire e lavorare al suo progetto). Era anche un po' un manifesto.
Ero un grande fan del concetto di un'Europa unita. Penso ancora che sia una delle grandi idee dei nostri tempi, ma sono diffidente nei confronti della burocrazia e dei suoi elementi negativi, ma come concetto puro è un grande concetto". (2015)
Do the European
https://www.youtube.com/watch?v=Va3D0SfX47k
Nel 2008 facemmo una cover di "Pretty Face" con Lilith and the Sinnersaints nell'album "The Black Lady And The Sinner Saints (The Crusade Of The Lost Souls)".
Le altre puntate de I (dischi) sottovalutati qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Sottovalutati
giovedì, ottobre 24, 2024
Nel nostro cielo un rombo di tuono di Riccardo Milani
Un racconto commovente e appassionato, dall'infanzia drammatica alla vecchiaia solitaria, della roboante carriera di GIGI RIVA, che riuscì ad andare oltre la figura del calciatore, diventando simbolo (eterno) e riscatto sociale per la "sua" Sardegna, grazie allo scudetto del Cagliari del 1969/70.
Una carriera sfortunata, funestata da tre terribili incidenti di gioco, l'ultimo dei quali, nel febbraio del 1976, sancì l'addio al calcio giocato.
Oltre due ore di filmati, interviste, ricostruzioni, intermezzi, testimonianze (forse eccessive e talvolta troppo enfatiche) a descrivere un personaggio anomalo e unico nelle abituali modalità del mondo calcistico.
Gigi Riva realizzò 156 gol in 289 presenze in Serie e 35 reti in 42 gare disputate con la maglia azzurra (media realizzativa di 0,83 gol per partita), restando tutt'ora il capocannoniere della Nazionale.
Il tratto dominante del docu film è la costante vena malinconica che ha permeato la sua vita, il suo sguardo, la storia recente della Sardegna, costantemente sfruttata e dimenticata.
Un documento esaustivo sul calciatore più affascinante della storia sportiva italiana.
Disponibile su Netflix.
Una carriera sfortunata, funestata da tre terribili incidenti di gioco, l'ultimo dei quali, nel febbraio del 1976, sancì l'addio al calcio giocato.
Oltre due ore di filmati, interviste, ricostruzioni, intermezzi, testimonianze (forse eccessive e talvolta troppo enfatiche) a descrivere un personaggio anomalo e unico nelle abituali modalità del mondo calcistico.
Gigi Riva realizzò 156 gol in 289 presenze in Serie e 35 reti in 42 gare disputate con la maglia azzurra (media realizzativa di 0,83 gol per partita), restando tutt'ora il capocannoniere della Nazionale.
Il tratto dominante del docu film è la costante vena malinconica che ha permeato la sua vita, il suo sguardo, la storia recente della Sardegna, costantemente sfruttata e dimenticata.
Un documento esaustivo sul calciatore più affascinante della storia sportiva italiana.
Disponibile su Netflix.
mercoledì, ottobre 23, 2024
I “numeri uno” dello Yacht Rock #2
L'amico LEANDRO GIOVANNINI prosegue la rubrica dedicata allo YACHT ROCK, ambito musicale spesso vituperato ma che nasconde piccole gemme degne di essere scoperte.
Le puntate precedenti qua: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Yacht%20Rock
I “numeri uno” dello Yacht Rock. Parte 1.
La data di nascita dello Yacht Rock è indefinibile, sfuggente proprio come il genere stesso.
Possiamo però indicare la metà degli anni 70 come periodo di origine, quando il classico sound della West Coast del decennio precedente inizia a svanire e a fondersi con sonorità black da un lato e con il rock suonato dalle stazioni FM americane dall’altro.
Tuttavia, è tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli ‘80 che lo YR raggiunge il suo apice, lasciando un’impronta indelibile nella storia della musica con album che, in alcuni casi, scalarono le classifiche fino al vertice.
Anche dove il successo commerciale non arrivò, vennero pubblicati dischi che definirono l’ossatura del genere e che restano ancora oggi imprescindibili.
In questo post parlerò dei “numeri uno” dello YR, per ciascun artista fornirò una breve scheda descrittiva e consiglierò tre dischi tra quelli che mi sono piaciuti, facilmente reperibili sia sulle piattaforme streaming che in formato fisico.
Steely Dan
Spesso si tende ad escludere gli Steely Dan dal genere Yacht Rock, forse a causa del loro intellettualismo, espresso in testi ironici e taglienti.
Tuttavia, ne fanno parte a pieno titolo, se non altro per la loro perfezione in studio, che rasenta la maniacalità. Fagen e Becker hanno portato lo Yacht Rock a livelli mai più raggiunti, con un mix di jazz, fusion, funk e pop realizzato con una meticolosità assoluta, dove ogni singolo suono è calibrato al millesimo.
I loro album brillano di una lucentezza rarefatta e di una perfezione totale, una musica che scorre in modo così fluido da risultare quasi impenetrabile.
Dischi consigliati:
“The Royal Scam” - (1976, ABC)
“Aja” - (1977, ABC)
“Gaucho” - (1980, MCA)
Marc Jordan
Il cantautore canadese Marc Jordan è uno dei pilastri fondamentali dello Yacht Rock.
Nonostante la sua musica non abbia ottenuto grandi successi commerciali, la qualità delle sue opere è indiscutibile. Autore di rara raffinatezza, Jordan incarna perfettamente l'essenza di questo genere, a partire dal capolavoro "Mannequin", prodotto da Gary Katz, fino a "Blue Desert", realizzato con la produzione di Jay Graydon, uno dei tesori più sottovalutati dello YR dal grande pubblico.
Jordan è un maestro della semplicità, capace di trasmettere un'intensa delicatezza emotiva senza mai eccedere. Il suo stile minimalista lascia il groove e il funk sullo sfondo, privilegiando un equilibrio impeccabile.
I suoi testi, delicati ma incisivi, rivelano un’anima malinconica nascosta dietro il glamour patinato del genere, rendendo la sua musica un'esperienza unica e profonda.
Dischi consigliati:
“Mannequin” - (1978, Warner Bros)
“Blue Desert” - (1979, Warner Bros)
“A Hole in The Wall - (1983, Sound Design)
Rupert Holmes
Rupert Holmes è uno dei pochi artisti dello Yacht Rock ad aver raggiunto un successo mondiale con la celebre "Escape (The Pina Colada Song)". Prima di questo exploit, tuttavia, aveva già pubblicato tre straordinari album di cantautorato pop americano con radici nel jazz, sotto l'etichetta Epic.
Holmes si distingue innanzitutto come un autore pop di altissimo livello, capace di raccontare storie quotidiane con un tocco leggero ma allo stesso tempo caustico, soprattutto nella descrizione delle relazioni umane.
Se stilisticamente solo "Partners in Crime" può essere pienamente ascritto allo YR, nei suoi album precedenti e successivi, pur contenendo brani influenzati dal genere, prevale un sofisticato cantautorato pop che richiede un ascolto attento e non superficiale. Holmes rimane uno dei miei artisti preferiti in assoluto.
Dischi consigliati:
“Pursuit of Happiness” - (1978, Private Stock)
“Partners in Crime” - (1979, Infinity)
“Full Circle” - (1981, Elektra)
Stephen Bishop
Stephen Bishop è l'emblema della morbidezza, uno di quei nomi che sembrano nati per lo Yacht Rock: elegante, raffinato e con una vena romantica che attraversa ogni sua canzone.
La sua carriera si è estesa per diversi decenni, ma il suo apice resta negli anni '70 e '80, quando, con la sua voce vellutata e le melodie delicate, ha contribuito a definire il lato più pop del genere.
Il suo brano più celebre, "On and On", è un perfetto mix di pop sofisticato e malinconico, che racconta di amori perduti e sogni svaniti. Amatissimo dai fan dello YR, Bishop ha scritto anche per grandi artisti come Barbra Streisand ed Eric Clapton, confermando il suo talento sia come cantautore che come autore per altri.
Dischi consigliati:
“Careless” - (1976, ABC)
“Bish” - (1978, ABC)
“Red Cab To Manhattan” - (1980, Warner Bros)
David Pack
Una delle voci più belle in assoluto dello Yacht Rock, David Pack è noto soprattutto come cantante e chitarrista degli Ambrosia, una delle band simbolo del genere nella sua declinazione soft-rock.
Il suo timbro morbido e carico di emozione ha dato vita a brani iconici come "Biggest Part of Me" e "How Much I Feel", esempi perfetti del sound lussuoso e sofisticato dello Yacht Rock. Il suo stile unico combina melodie raffinate con una sensibilità pop e un tocco di soul, rendendolo uno degli interpreti più riconoscibili e apprezzati del genere.
Con gli Ambrosia ha realizzato quello che considero uno dei capolavori del soft-rock, “Life Beyond L.A.”, un album che va ben oltre i soliti riff, offrendo una fusione di generi che spaziano dal rock progressivo in stile americano, al jazz, al pop, senza mai perdere lo stile tipico dello YR.
Questo disco rappresenta un perfetto equilibrio tra complessità musicale e accessibilità, confermando David Pack come una delle figure chiave del movimento, capace di mantenere eleganza e profondità in ogni sua opera.
Dischi consigliati:
Con gli Ambrosia
“Life Beyond L.A.” - (1978, Warner Bros)
“One Eighty” - (1980, Warner Bros)
Da Solista
“Anywhere You Go” - (1985, Warner Bros)
Toto
Quando si parla di Yacht Rock è impossibile ignorare i Toto, una delle band più tecnicamente dotate e influenti del genere.
Nati dalla collaborazione di alcuni dei migliori turnisti di Los Angeles, molti dei quali hanno suonato in numerosi album dello YR, i Toto hanno rappresentato la quintessenza del perfezionismo sonoro, combinando pop, rock e soul in un mix che ha ridefinito il soft-rock negli anni ‘70 e ‘80. È importante, però, non cadere nell’errore di considerare i Toto una band rock tradizionale, come fecero alcuni DJ negli anni ’80. Non lo sono mai stati e non hanno mai avuto la pretesa di esserlo.
La loro peculiarità risiede nella capacità di fondere melodie orecchiabili con strutture complesse, mantenendo un appeal che ha saputo conquistare un pubblico ampio e trasversale, ben oltre i confini del genere.
Dischi consigliati:
“Toto” - (1978, Columbia)
“Hydra” - (1979, Columbia)
“Toto IV” - (1982, Columbia)
Cristopher Cross
Ed eccoci a Christopher Cross, il nome che viene spesso tirato in ballo per denigrare lo Yacht Rock, come se lui rappresentasse da solo l'intero genere.
Ma non è così. Cross è stato l'autore di uno degli album di Yacht Rock di maggior successo commerciale, in cui si avverte chiaramente il tocco del produttore Michael Omartian.
Questo disco predilige le ballad, con l'eccezione di "Ride Like The Wind", uno dei pochi brani più energici. È un album così bello e perfetto nel suo stile che Cross non è mai riuscito a replicare quel successo.
Ascoltandolo senza pregiudizi, si scopre un autore capace di creare brani di raffinato pop losangelino, orecchiabili e resi celebri anche grazie ai talentuosi musicisti che vi parteciparono. Cross, a mio avviso, non merita le critiche che spesso riceve da chi ascolta esclusivamente rock.
In questo album non mancano né le idee né la sostanza: Cross ha saputo catturare il lato più romantico dello YR, una musica che, più di ogni altra, invita a lasciarsi cullare da melodie senza frizioni.
Dischi consigliati:
“Cristopher Cross” - (1979, Warner Bros)
“Another Page” - (1983, Warner Bros)
“Rendezvous” - (1991, Polystar)
Le puntate precedenti qua: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Yacht%20Rock
I “numeri uno” dello Yacht Rock. Parte 1.
La data di nascita dello Yacht Rock è indefinibile, sfuggente proprio come il genere stesso.
Possiamo però indicare la metà degli anni 70 come periodo di origine, quando il classico sound della West Coast del decennio precedente inizia a svanire e a fondersi con sonorità black da un lato e con il rock suonato dalle stazioni FM americane dall’altro.
Tuttavia, è tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli ‘80 che lo YR raggiunge il suo apice, lasciando un’impronta indelibile nella storia della musica con album che, in alcuni casi, scalarono le classifiche fino al vertice.
Anche dove il successo commerciale non arrivò, vennero pubblicati dischi che definirono l’ossatura del genere e che restano ancora oggi imprescindibili.
In questo post parlerò dei “numeri uno” dello YR, per ciascun artista fornirò una breve scheda descrittiva e consiglierò tre dischi tra quelli che mi sono piaciuti, facilmente reperibili sia sulle piattaforme streaming che in formato fisico.
Steely Dan
Spesso si tende ad escludere gli Steely Dan dal genere Yacht Rock, forse a causa del loro intellettualismo, espresso in testi ironici e taglienti.
Tuttavia, ne fanno parte a pieno titolo, se non altro per la loro perfezione in studio, che rasenta la maniacalità. Fagen e Becker hanno portato lo Yacht Rock a livelli mai più raggiunti, con un mix di jazz, fusion, funk e pop realizzato con una meticolosità assoluta, dove ogni singolo suono è calibrato al millesimo.
I loro album brillano di una lucentezza rarefatta e di una perfezione totale, una musica che scorre in modo così fluido da risultare quasi impenetrabile.
Dischi consigliati:
“The Royal Scam” - (1976, ABC)
“Aja” - (1977, ABC)
“Gaucho” - (1980, MCA)
Marc Jordan
Il cantautore canadese Marc Jordan è uno dei pilastri fondamentali dello Yacht Rock.
Nonostante la sua musica non abbia ottenuto grandi successi commerciali, la qualità delle sue opere è indiscutibile. Autore di rara raffinatezza, Jordan incarna perfettamente l'essenza di questo genere, a partire dal capolavoro "Mannequin", prodotto da Gary Katz, fino a "Blue Desert", realizzato con la produzione di Jay Graydon, uno dei tesori più sottovalutati dello YR dal grande pubblico.
Jordan è un maestro della semplicità, capace di trasmettere un'intensa delicatezza emotiva senza mai eccedere. Il suo stile minimalista lascia il groove e il funk sullo sfondo, privilegiando un equilibrio impeccabile.
I suoi testi, delicati ma incisivi, rivelano un’anima malinconica nascosta dietro il glamour patinato del genere, rendendo la sua musica un'esperienza unica e profonda.
Dischi consigliati:
“Mannequin” - (1978, Warner Bros)
“Blue Desert” - (1979, Warner Bros)
“A Hole in The Wall - (1983, Sound Design)
Rupert Holmes
Rupert Holmes è uno dei pochi artisti dello Yacht Rock ad aver raggiunto un successo mondiale con la celebre "Escape (The Pina Colada Song)". Prima di questo exploit, tuttavia, aveva già pubblicato tre straordinari album di cantautorato pop americano con radici nel jazz, sotto l'etichetta Epic.
Holmes si distingue innanzitutto come un autore pop di altissimo livello, capace di raccontare storie quotidiane con un tocco leggero ma allo stesso tempo caustico, soprattutto nella descrizione delle relazioni umane.
Se stilisticamente solo "Partners in Crime" può essere pienamente ascritto allo YR, nei suoi album precedenti e successivi, pur contenendo brani influenzati dal genere, prevale un sofisticato cantautorato pop che richiede un ascolto attento e non superficiale. Holmes rimane uno dei miei artisti preferiti in assoluto.
Dischi consigliati:
“Pursuit of Happiness” - (1978, Private Stock)
“Partners in Crime” - (1979, Infinity)
“Full Circle” - (1981, Elektra)
Stephen Bishop
Stephen Bishop è l'emblema della morbidezza, uno di quei nomi che sembrano nati per lo Yacht Rock: elegante, raffinato e con una vena romantica che attraversa ogni sua canzone.
La sua carriera si è estesa per diversi decenni, ma il suo apice resta negli anni '70 e '80, quando, con la sua voce vellutata e le melodie delicate, ha contribuito a definire il lato più pop del genere.
Il suo brano più celebre, "On and On", è un perfetto mix di pop sofisticato e malinconico, che racconta di amori perduti e sogni svaniti. Amatissimo dai fan dello YR, Bishop ha scritto anche per grandi artisti come Barbra Streisand ed Eric Clapton, confermando il suo talento sia come cantautore che come autore per altri.
Dischi consigliati:
“Careless” - (1976, ABC)
“Bish” - (1978, ABC)
“Red Cab To Manhattan” - (1980, Warner Bros)
David Pack
Una delle voci più belle in assoluto dello Yacht Rock, David Pack è noto soprattutto come cantante e chitarrista degli Ambrosia, una delle band simbolo del genere nella sua declinazione soft-rock.
Il suo timbro morbido e carico di emozione ha dato vita a brani iconici come "Biggest Part of Me" e "How Much I Feel", esempi perfetti del sound lussuoso e sofisticato dello Yacht Rock. Il suo stile unico combina melodie raffinate con una sensibilità pop e un tocco di soul, rendendolo uno degli interpreti più riconoscibili e apprezzati del genere.
Con gli Ambrosia ha realizzato quello che considero uno dei capolavori del soft-rock, “Life Beyond L.A.”, un album che va ben oltre i soliti riff, offrendo una fusione di generi che spaziano dal rock progressivo in stile americano, al jazz, al pop, senza mai perdere lo stile tipico dello YR.
Questo disco rappresenta un perfetto equilibrio tra complessità musicale e accessibilità, confermando David Pack come una delle figure chiave del movimento, capace di mantenere eleganza e profondità in ogni sua opera.
Dischi consigliati:
Con gli Ambrosia
“Life Beyond L.A.” - (1978, Warner Bros)
“One Eighty” - (1980, Warner Bros)
Da Solista
“Anywhere You Go” - (1985, Warner Bros)
Toto
Quando si parla di Yacht Rock è impossibile ignorare i Toto, una delle band più tecnicamente dotate e influenti del genere.
Nati dalla collaborazione di alcuni dei migliori turnisti di Los Angeles, molti dei quali hanno suonato in numerosi album dello YR, i Toto hanno rappresentato la quintessenza del perfezionismo sonoro, combinando pop, rock e soul in un mix che ha ridefinito il soft-rock negli anni ‘70 e ‘80. È importante, però, non cadere nell’errore di considerare i Toto una band rock tradizionale, come fecero alcuni DJ negli anni ’80. Non lo sono mai stati e non hanno mai avuto la pretesa di esserlo.
La loro peculiarità risiede nella capacità di fondere melodie orecchiabili con strutture complesse, mantenendo un appeal che ha saputo conquistare un pubblico ampio e trasversale, ben oltre i confini del genere.
Dischi consigliati:
“Toto” - (1978, Columbia)
“Hydra” - (1979, Columbia)
“Toto IV” - (1982, Columbia)
Cristopher Cross
Ed eccoci a Christopher Cross, il nome che viene spesso tirato in ballo per denigrare lo Yacht Rock, come se lui rappresentasse da solo l'intero genere.
Ma non è così. Cross è stato l'autore di uno degli album di Yacht Rock di maggior successo commerciale, in cui si avverte chiaramente il tocco del produttore Michael Omartian.
Questo disco predilige le ballad, con l'eccezione di "Ride Like The Wind", uno dei pochi brani più energici. È un album così bello e perfetto nel suo stile che Cross non è mai riuscito a replicare quel successo.
Ascoltandolo senza pregiudizi, si scopre un autore capace di creare brani di raffinato pop losangelino, orecchiabili e resi celebri anche grazie ai talentuosi musicisti che vi parteciparono. Cross, a mio avviso, non merita le critiche che spesso riceve da chi ascolta esclusivamente rock.
In questo album non mancano né le idee né la sostanza: Cross ha saputo catturare il lato più romantico dello YR, una musica che, più di ogni altra, invita a lasciarsi cullare da melodie senza frizioni.
Dischi consigliati:
“Cristopher Cross” - (1979, Warner Bros)
“Another Page” - (1983, Warner Bros)
“Rendezvous” - (1991, Polystar)
martedì, ottobre 22, 2024
I “numeri uno” dello Yacht Rock #1
L'amico LEANDRO GIOVANNINI prosegue la rubrica dedicata allo YACHT ROCK, ambito musicale spesso vituperato ma che nasconde piccole gemme degne di essere scoperte.
Le puntate precedenti qua: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Yacht%20Rock
I “numeri uno” dello Yacht Rock. Parte 1.
La data di nascita dello Yacht Rock è indefinibile, sfuggente proprio come il genere stesso.
Possiamo però indicare la metà degli anni 70 come periodo di origine, quando il classico sound della West Coast del decennio precedente inizia a svanire e a fondersi con sonorità black da un lato e con il rock suonato dalle stazioni FM americane dall’altro.
Tuttavia, è tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli ‘80 che lo YR raggiunge il suo apice, lasciando un’impronta indelibile nella storia della musica con album che, in alcuni casi, scalarono le classifiche fino al vertice.
Anche dove il successo commerciale non arrivò, vennero pubblicati dischi che definirono l’ossatura del genere e che restano ancora oggi imprescindibili.
In questo post parlerò dei “numeri uno” dello YR, per ciascun artista fornirò una breve scheda descrittiva e consiglierò tre dischi tra quelli che mi sono piaciuti, facilmente reperibili sia sulle piattaforme streaming che in formato fisico.
Ned Doheny
Non un numero uno in fatto di vendite, ma un numero uno in termini di qualità.
Ned Doheny è l'artista che consiglio a chi non ha familiarità con il genere, soprattutto a coloro che già frequentavano i territori della West Coast tradizionale. Figlio di un petroliere americano e californiano doc, Doheny, interprete e autore, (ha scritto per la Average White Band e George Benson) è stato un pioniere dello Yacht Rock con il suo primo album, pubblicato nel 1973.
In quell'opera, accanto al suono tipico della West Coast, si avvertivano già i primi accenni di quella fusione tra sonorità soul e pop che avrebbe caratterizzato il genere.
Nel suo secondo album, prodotto da Steve Cropper e con la partecipazione ai fiati dei Tower of Power, si definisce il sound su cui in futuro si baseranno molti altri artisti, contribuendo a stabilire lo stile inconfondibile dello Yacht Rock.
Dischi consigliati:
“Ned Doheny” - (1973, Asylum)
“Hard Candy” - (1976, Columbia)
“Prone” - (1978, Columbia)
Michael Franks
Se vuoi musica che scivoli dentro le tue orecchie come seta, si inizia da qui.
Franks ha incarnato al meglio la fusione tra YR e jazz, le sue canzoni fluttuano tra morbidezze musicali ed atmosfere da lounge esotico, evocando evasioni oniriche.
I suoi album sono il simbolo di quel raffinato cosmopolitismo che attraversa tutto lo YR, creato per offrire un rifugio sonoro al caos sociale degli anni 70.
Dischi consigliati:
“The Art of Tea” - (Reprise, 1976)
“Sleeping Gipsy” - (Warner Bros, 1977)
“Passionfruit” - (Warner Bros, 1983)
Bobby Caldwell
Bobby Caldwell rappresenta il punto di intersezione tra lo YR e il soul bianco.
Il suo brano più celebre, “What You Won’t Do For Love” è l’apoteosi di un pop sofisticato che ha saputo imporsi nelle charts R’n’B americane, ed ha ispirato molte cover e campionamenti.
Caldwell con la sua voce suadente ed espressiva, ha saputo attingere all’eleganza del soul e combinarla con i tratti distintivi del pop e in alcuni pezzi si avverte l’influenza della disco music meno cialtrona del filone “Miami Soul”.
Dischi consigliati:
“Bobby Caldwell” (TK/Clouds, 1978)
“Cat in The Hat” (TK/Clouds), 1980)
“Carry On” (Polydor, 1982)
Boz Scaggs
Boz Scaggs ha giocato un ruolo chiave nel definire il sound di fine anni 70. Il suo album “Silk Degrees” è uno dei manifesti e uno dei punti più alti dello YR, dove soft rock, R’n’B e blues si incontrano in un insieme di sofisticazione che solo pochi riescono a raggiungere senza cadere nel kitsch.
“Lowdown” fu il pezzo che scardinò le classifiche, dal giro di basso e dall’intro inconfondibile, combinando una ritmica raffinata con linee melodiche eleganti dimostrando come fosse possibile creare una canzone stilisticamente perfetta e accessibile a tutti.
Dischi Consigliati:
“Silk Degrees” - (1976, Columbia)
“Down Two Then Left” - (1977, Columbia)
“Middle Man” - (1980, Columbia)
Gino Vannelli
Gino Vannelli, di origini italo-canadesi, ha saputo portare lo Yacht Rock in un viaggio musicale fatto di "discese ardite e risalite" di note, un vero e proprio ottovolante sonoro. La sua vocalità, a tratti drammatica, riesce a trasformare l'atmosfera dei suoi brani mantenendo sempre un controllo sorprendente.
I suoi album, fino al 1981, sono ancora oggi oggetti di culto da chi apprezza la fusione tra generi.
Con l'aiuto dei fratelli Joe e Ross, Vannelli ha saputo combinare con maestria jazz, funk e pop, creando un mix che trascina l'ascoltatore in un vortice di emozioni curate in ogni dettaglio.
Dischi consigliati:
“Storm At Sunup” - (1975, A&M)
“Brother to Brother” - (1978, A&M)
“Nightwalker” - (1981, Arista)
Doobie Brothers & Michael McDonald
Con l'arrivo di Michael McDonald, i Doobie Brothers accentuarono il lato soul e pop della loro musica, riuscendo a integrare il groove nel soft rock. In pratica, McDonald trasformò radicalmente la band, non solo grazie alla sua straordinaria voce dalle inflessioni soul, ma anche attraverso composizioni come "What a Fool Believes" e "Livin' On The Fault Line".
Si può affermare senza esitazioni che la collaborazione di McDonald con gli Steely Dan fu un catalizzatore per scuotere una scena pop/rock stagnante, e grazie al suo ingresso nei Doobies contribuì alla nascita e allo sviluppo dello stile Yacht Rock.
Dischi consigliati:
“Takin it To The Street” - (1976, Warner Bros)
“Livin’ On The Fault Line” - (1977, Warner Bros)
“Minute By Minute” - (1978, Warner Bros)
Bill LaBounty
Meno conosciuto rispetto agli altri protagonisti, LaBounty incarna una visione più intimista dello YR, ed è il tipo di artista che non cercherete mai volontariamente su Spotify, ma basta una canzone come “Livin’ It Up” per farvi cambiare idea e capire di trovarsi di fronte ad un genio del sottobosco del pop.
Nulla di rivoluzionario, intendiamoci, solo melodie impeccabili che si imprimono nella mente. LaBounty si muove su quel confine sottile tra il sound più radiofonico dello YR e un songwriting sofisticato, pensato per un pubblico adulto.
Dischi consigliati:
“This Night Won’t Last Forever” - (1978, Curb)
“Rain in My Life” - (1979, Curb)
“Bill LaBounty” - (1982, Curb)
Le puntate precedenti qua: https://tonyface.blogspot.com/search/label/Yacht%20Rock
I “numeri uno” dello Yacht Rock. Parte 1.
La data di nascita dello Yacht Rock è indefinibile, sfuggente proprio come il genere stesso.
Possiamo però indicare la metà degli anni 70 come periodo di origine, quando il classico sound della West Coast del decennio precedente inizia a svanire e a fondersi con sonorità black da un lato e con il rock suonato dalle stazioni FM americane dall’altro.
Tuttavia, è tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli ‘80 che lo YR raggiunge il suo apice, lasciando un’impronta indelibile nella storia della musica con album che, in alcuni casi, scalarono le classifiche fino al vertice.
Anche dove il successo commerciale non arrivò, vennero pubblicati dischi che definirono l’ossatura del genere e che restano ancora oggi imprescindibili.
In questo post parlerò dei “numeri uno” dello YR, per ciascun artista fornirò una breve scheda descrittiva e consiglierò tre dischi tra quelli che mi sono piaciuti, facilmente reperibili sia sulle piattaforme streaming che in formato fisico.
Ned Doheny
Non un numero uno in fatto di vendite, ma un numero uno in termini di qualità.
Ned Doheny è l'artista che consiglio a chi non ha familiarità con il genere, soprattutto a coloro che già frequentavano i territori della West Coast tradizionale. Figlio di un petroliere americano e californiano doc, Doheny, interprete e autore, (ha scritto per la Average White Band e George Benson) è stato un pioniere dello Yacht Rock con il suo primo album, pubblicato nel 1973.
In quell'opera, accanto al suono tipico della West Coast, si avvertivano già i primi accenni di quella fusione tra sonorità soul e pop che avrebbe caratterizzato il genere.
Nel suo secondo album, prodotto da Steve Cropper e con la partecipazione ai fiati dei Tower of Power, si definisce il sound su cui in futuro si baseranno molti altri artisti, contribuendo a stabilire lo stile inconfondibile dello Yacht Rock.
Dischi consigliati:
“Ned Doheny” - (1973, Asylum)
“Hard Candy” - (1976, Columbia)
“Prone” - (1978, Columbia)
Michael Franks
Se vuoi musica che scivoli dentro le tue orecchie come seta, si inizia da qui.
Franks ha incarnato al meglio la fusione tra YR e jazz, le sue canzoni fluttuano tra morbidezze musicali ed atmosfere da lounge esotico, evocando evasioni oniriche.
I suoi album sono il simbolo di quel raffinato cosmopolitismo che attraversa tutto lo YR, creato per offrire un rifugio sonoro al caos sociale degli anni 70.
Dischi consigliati:
“The Art of Tea” - (Reprise, 1976)
“Sleeping Gipsy” - (Warner Bros, 1977)
“Passionfruit” - (Warner Bros, 1983)
Bobby Caldwell
Bobby Caldwell rappresenta il punto di intersezione tra lo YR e il soul bianco.
Il suo brano più celebre, “What You Won’t Do For Love” è l’apoteosi di un pop sofisticato che ha saputo imporsi nelle charts R’n’B americane, ed ha ispirato molte cover e campionamenti.
Caldwell con la sua voce suadente ed espressiva, ha saputo attingere all’eleganza del soul e combinarla con i tratti distintivi del pop e in alcuni pezzi si avverte l’influenza della disco music meno cialtrona del filone “Miami Soul”.
Dischi consigliati:
“Bobby Caldwell” (TK/Clouds, 1978)
“Cat in The Hat” (TK/Clouds), 1980)
“Carry On” (Polydor, 1982)
Boz Scaggs
Boz Scaggs ha giocato un ruolo chiave nel definire il sound di fine anni 70. Il suo album “Silk Degrees” è uno dei manifesti e uno dei punti più alti dello YR, dove soft rock, R’n’B e blues si incontrano in un insieme di sofisticazione che solo pochi riescono a raggiungere senza cadere nel kitsch.
“Lowdown” fu il pezzo che scardinò le classifiche, dal giro di basso e dall’intro inconfondibile, combinando una ritmica raffinata con linee melodiche eleganti dimostrando come fosse possibile creare una canzone stilisticamente perfetta e accessibile a tutti.
Dischi Consigliati:
“Silk Degrees” - (1976, Columbia)
“Down Two Then Left” - (1977, Columbia)
“Middle Man” - (1980, Columbia)
Gino Vannelli
Gino Vannelli, di origini italo-canadesi, ha saputo portare lo Yacht Rock in un viaggio musicale fatto di "discese ardite e risalite" di note, un vero e proprio ottovolante sonoro. La sua vocalità, a tratti drammatica, riesce a trasformare l'atmosfera dei suoi brani mantenendo sempre un controllo sorprendente.
I suoi album, fino al 1981, sono ancora oggi oggetti di culto da chi apprezza la fusione tra generi.
Con l'aiuto dei fratelli Joe e Ross, Vannelli ha saputo combinare con maestria jazz, funk e pop, creando un mix che trascina l'ascoltatore in un vortice di emozioni curate in ogni dettaglio.
Dischi consigliati:
“Storm At Sunup” - (1975, A&M)
“Brother to Brother” - (1978, A&M)
“Nightwalker” - (1981, Arista)
Doobie Brothers & Michael McDonald
Con l'arrivo di Michael McDonald, i Doobie Brothers accentuarono il lato soul e pop della loro musica, riuscendo a integrare il groove nel soft rock. In pratica, McDonald trasformò radicalmente la band, non solo grazie alla sua straordinaria voce dalle inflessioni soul, ma anche attraverso composizioni come "What a Fool Believes" e "Livin' On The Fault Line".
Si può affermare senza esitazioni che la collaborazione di McDonald con gli Steely Dan fu un catalizzatore per scuotere una scena pop/rock stagnante, e grazie al suo ingresso nei Doobies contribuì alla nascita e allo sviluppo dello stile Yacht Rock.
Dischi consigliati:
“Takin it To The Street” - (1976, Warner Bros)
“Livin’ On The Fault Line” - (1977, Warner Bros)
“Minute By Minute” - (1978, Warner Bros)
Bill LaBounty
Meno conosciuto rispetto agli altri protagonisti, LaBounty incarna una visione più intimista dello YR, ed è il tipo di artista che non cercherete mai volontariamente su Spotify, ma basta una canzone come “Livin’ It Up” per farvi cambiare idea e capire di trovarsi di fronte ad un genio del sottobosco del pop.
Nulla di rivoluzionario, intendiamoci, solo melodie impeccabili che si imprimono nella mente. LaBounty si muove su quel confine sottile tra il sound più radiofonico dello YR e un songwriting sofisticato, pensato per un pubblico adulto.
Dischi consigliati:
“This Night Won’t Last Forever” - (1978, Curb)
“Rain in My Life” - (1979, Curb)
“Bill LaBounty” - (1982, Curb)
lunedì, ottobre 21, 2024
Ron Bailey - Squatter. La vera storia degli occupanti di case di Londra
La Camera ha approvato gli emendamenti al DDL Sicurezza, con l’introduzione di una nuova fattispecie di reato nel Codice Penale per chi occupa abusivamente case private.
L’articolo 634-bis andrà infatti a punire chi si macchia di occupazione abusiva di un immobile destinato al domicilio altrui, prevedendo dai 2 ai 7 anni di reclusione.
Ultimo tassello di una sempre più feroce guerra contro i poveri e i deboli (immigrati in particolare ma italiani soprattutto)di cui questo governo è il portabandiera.
Interessante andarsi a leggere il libro "Squatter" di Ron Bailey che racconta le lotte di chi aveva perso la casa, nell'Inghilterra di fine anni Sessanta che non era solo Beatles, psichedelia e minigonne ma celava una realtà aspra in cui i " ricchi avevano improvvisamente investito nell’edilizia, demolendo i quartieri storici e scacciando dalle abitazioni migliaia di famiglie operaie, pensionati, giovani coppie e immigrati giamaicani di prima generazione."
Le lotte per le occupazioni di case sfitte e inutilizzate furono terribili, con scontri, dolore, repressione ma anche con tante vittorie.
Ron Bailey, coordinatore della London Squatters’ Campaign rivive quei periodi con una prosa cruda ma anche spesso divertente e (auto) ironica.
"L'azione di massa da parte della gente comune (i milioni che soffrono per la carenza di case) non era solo una tattica rivoluzionaria che peroravo ma il solo modo per queste persone di sperare di avere abitazioni decenti".
"I membri del gruppo di squatter cambiavano di continuo. Da un certo punto di vista era positivo, dall'altro una continua fonte di difficoltà. Era positivo perché evitava che si formasse una elite che si autoperpetuasse. Era fonte di difficoltà perché, nel caso in oggetto, la discrezione e la segretezza erano fondamentali e più persone nuove apparivano sulla scena più il problema della sicurezza si aggravava".
Include anche:
2 interviste a Ken Loach sulla necessità delle occupazioni oggi;
“Lotta Continua” e Lea Melandri: Milano 1971. L’occupazione di via Tibaldi;
Roma 2001-2016: Action per le occupazioni
A cura di: E. "Gomma" Guarneri
Traduzione: Serena Zonca
Pagine: 254 pp
Collana: Underground
Prezzo: € 15,00
L’articolo 634-bis andrà infatti a punire chi si macchia di occupazione abusiva di un immobile destinato al domicilio altrui, prevedendo dai 2 ai 7 anni di reclusione.
Ultimo tassello di una sempre più feroce guerra contro i poveri e i deboli (immigrati in particolare ma italiani soprattutto)di cui questo governo è il portabandiera.
Interessante andarsi a leggere il libro "Squatter" di Ron Bailey che racconta le lotte di chi aveva perso la casa, nell'Inghilterra di fine anni Sessanta che non era solo Beatles, psichedelia e minigonne ma celava una realtà aspra in cui i " ricchi avevano improvvisamente investito nell’edilizia, demolendo i quartieri storici e scacciando dalle abitazioni migliaia di famiglie operaie, pensionati, giovani coppie e immigrati giamaicani di prima generazione."
Le lotte per le occupazioni di case sfitte e inutilizzate furono terribili, con scontri, dolore, repressione ma anche con tante vittorie.
Ron Bailey, coordinatore della London Squatters’ Campaign rivive quei periodi con una prosa cruda ma anche spesso divertente e (auto) ironica.
"L'azione di massa da parte della gente comune (i milioni che soffrono per la carenza di case) non era solo una tattica rivoluzionaria che peroravo ma il solo modo per queste persone di sperare di avere abitazioni decenti".
"I membri del gruppo di squatter cambiavano di continuo. Da un certo punto di vista era positivo, dall'altro una continua fonte di difficoltà. Era positivo perché evitava che si formasse una elite che si autoperpetuasse. Era fonte di difficoltà perché, nel caso in oggetto, la discrezione e la segretezza erano fondamentali e più persone nuove apparivano sulla scena più il problema della sicurezza si aggravava".
Include anche:
2 interviste a Ken Loach sulla necessità delle occupazioni oggi;
“Lotta Continua” e Lea Melandri: Milano 1971. L’occupazione di via Tibaldi;
Roma 2001-2016: Action per le occupazioni
A cura di: E. "Gomma" Guarneri
Traduzione: Serena Zonca
Pagine: 254 pp
Collana: Underground
Prezzo: € 15,00
sabato, ottobre 19, 2024
“Sub Culture Festival ” 1/2/3 novembre 2024 - Ferrara
SUB CULTURE FESTIVAL - 1/2/3 novembre 2024
Esposizioni-Cineforum–Concerti-Vinyl Djset–Dibattiti–Vintage Market
30 ANNI IN 3 GIORNI TRA PASSATO E PRESENTE IMMAGINANDO IL FUTURO
Dal 1 al 3 novembre 2024 Factory Grisù ospita il Sub Culture Festival, un’esplorazione dell’universo delle culture giovanili della second metà del Novecento. È dalla fine degli anni ’50 in poi che “i giovani” acquistano una propria specificità connotando e differenziandosi tra di loro facendosi portatori di visioni esistenziali, nuove mode e stili.
L’espressione subculture, o sottoculture, giovanili, designa quei movimenti insieme sociali e musicali come i mod, i rocker, gli skinhead, i punk, che hanno segnato la storia della popular music del mondo occidentale nel suo complesso.
Tra le presenze al Festival: Oderso Rubini, fondatore, tra le altre cose, dell’Italian Records, etichetta musicale che ha pubblicato molti dei più importanti gruppi della scena alternativa italiana; Fabrizio Barile, fotografo e testimone della scena punk e skin europea e voce autorevole della genuina anima contestatrice di quegli anni, ospite assieme a Marco Biancardi; il fotografo Stefano Guindani, che, assieme a Luca Buonaguidi, presenterà in anteprima il progetto Freedom, un affresco della scena underground italiana dagli anni ’60 ad oggi. Il Festival è organizzato dal collettivo Beat Boat con la collaborazione di Fctory Grisù e di Hangar Birrerie. “Di fronte all'indebolimento delle identità di classe, le subculture rappresentano nuove forme di identificazione collettiva, che esprimono quella resistenza simbolica nei confronti della cultura dominante e sviluppano “soluzioni immaginarie” ai problemi strutturali.” Dicono gli organizzatori, “Il Festival propone un viaggio/studio, socio/antropologico pensato e guidato dall'esperienza accumulata, in quasi 50 anni, dai promotori e da ospiti di spicco della scena underground nazionale”.
Non poteva mancare la musica, infatti: i tre giorni vedranno i concerti di The Bang!, band ferrarese che miscela beat, garage, soul e sixties, e di Beat Boat Combo, band nata dagli Strike e naturale conseguenza del progetto Beat Boat. Ma anche un nutrito gruppo di Dj’s on tour: Marco Fiorini, Renato Traffano, Giorgio Giovannini, Andrea Benedetti, Silvia Saraceni, Stefano Panzera e Giampolo Martelli. Evento speciale è l’allestimento site specific della mostra “Moro’s not dead”, possibile grazie all’archivio e alla conoscenza di Fabrizio Barile. “Abbiamo cercato di portare uno sguardo altro, o meglio, un’inedita prospettiva utile a scardinare la vulgata dei “mitici” anni ’80. Un periodo che, forse, dovrebbe essere riletto come un illusorio e feroce arco temporale pre-globalizzatore”. I pomeriggi del 2 e del 3 novembre sono dedicati ai film, utili a calarsi nell’atmosfera: “Northern Soul” di Elaine Constantine, che racconta la nascita di uno stile musicale ma anche di danza che, partendo dall’Inghilterra, dagli anni ’60 in poi, ha invaso il mondo. Il 3 novembre “24 Hour Party People”, di Michael Winterbottom (2002) racconta la Manchester degli anni ’70 e ’80, la scena musicale e i prodromi della rave culture.
Il 2 novembre, inoltre, alle 11.00 di mattina il Festival diventa il palcoscenico per il Palestine Cinema Days Around the World ‘24, iniziativa promossa da Aflamuna, un’organizzazione di artisti e filmmaker impegnati contro la disumanizzazione dei civili vittime della guerra e realizzata in collaborazione con Emergency Ferrara.
Completano la proposta: le azioni performative di Two Tone, impegnati ogni giorno con le sessioni di live painting del Collettivo 0532; la selezione musicale dei Dj’s around Festival, la realizzazione live del film / corto ducumentrio sul festival a cura di Pulled Pork Prodaction; il Vintage market, con la mostra mercato dedicata di vinili, abiti e libri; il Barber Saloon di Barbieri a mano libera la domenica mattina.
Un ringraziamento speciale alle matite di Osvaldo Casanova per aver concepito il manifesto del Festival.
“Un palinsesto ricco e necessario. È importante riallacciare i fili verso tutte quelle forme in cui si è espressa la “materia prima dell’esistenza sociale”, con l’intento di liberare quell’aura, luminosa e creativa, che avvolge l’adolescenza” concludono gli organizzatori, “la scommessa è quella di creare uno spazio di confronto condiviso che possa coinvolgere, attraverso l’esperienza artistica, culture, correnti e generazioni diverse. 30 anni in 3 giorni!”.
ven. 01/11 – LA RIVOLTA DELLO STILE
SALA MERCATO dalle ore 10:00 “MORO'S NOT DEAD”
- Punk/Post-punk e contro-cultura in Italia 1977 – 1993 -
Esposizione di grafica, editoria, documenti e ricordi dalla I linea del fronte occidentaletratta dall'archivio Sonic Reducer di Fabrizio Barile
HANGAR ore 18:00 incontro con FABRIZIO BARILE e MARCO BIANCARDI di SonicReducer
SALA MACCHINE dalle ore 19:00 “INTERNATIONAL JET SET”
controllano i piatti MAGIC K (Beat Boat Crew) + HAMMERS (Carpi) Concerto: BEAT BOAT sturm und drang COMBO (ex Strike)
sab. 02/11 – RETROMANIA
SALA MERCATO dalle ore 10:00 “MORO'S NOT DEAD”
- Punk/Post-punk e contro-cultura in Italia 1977 – 1993 -
Esposizione di grafica, editoria, documenti e ricordi dalla I linea del fronte occidentaletratta dall'archivio Sonic Reducer di Fabrizio Barile
SALA CONVITTO ore 11:00 proiezione del documentario “Naila and the Uprising” regia di Julia Bacha - ore 16:00 proiezione di “Northern soul” regia di Elaine Constantin (2014)
HANGAR ore 18:00 incontro con ODERSO RUBINI + presentazione del libro “The Great Complotto” - L'Antologia definitiva della straordinaria scena punk di Pordenone (Shake Edizioni)
SALA MACCHINE dalle ore 19:00 “SOUL NITE KLUB”
girano i dischi FIORO (The Kids are United) + RENA (Genova) Concerto: THE BANG (Fe), miscela di beat/garage/soul/sixties
dom. 03/11 – MUSE INQUIETANTI
SALA MERCATO dalle ore 10:00 “MORO'S NOT DEAD”
- Punk/Post-punk e contro-cultura in Italia 1977 – 1993 -
Esposizione di grafica, editoria, documenti e ricordi dalla I linea del fronte occidentaletratta dall'archivio Sonic Reducer di Fabrizio Barile
SALA CONVITTO ore 16:00 “24 Hour Party People” regia di Michael Winterbottom (2002)
HANGAR ore 18:00 incontro con STEFANO GUINDANI e LUCA BUONAGUIDI per presentare il progetto FREEDOM dedicato alle sottoculture in Italia SALA MACCHINE dalle ore 19:00 “POPSCENE”
dj's MR ART CLUSO' (Beat Boat Crew) + STEREO SILVA (Ravenna) Visual Art & Madchester a cura di Stefano'DEDO'Panzera (I.DEPT)
EXTRA
SUPPORT LOCAL TEAM : HANGAR sab. 2 novembre ore 15:00 diretta televisiva di Ternana - SPAL
VINTAGE MARKET : sab.2 e dom.3 novembre dalle ore 11:00 sarà attiva la mostra mercato del vinile usato e da collezione, abiti vintage, libri e info shop. BARBER SALOON : HANGAR dom.3 novembre dalle ore 11 barba e capelli a cura di BARBIERI A MANO LIBERA
TWO TONE : azione di live painting con la giovane ciurma COLLETTIVO 0532
DJ'S AROUND FESTIVAL : CHIARA LOUIE (Dark Wave), ELODUB (Boss Sound), KLAUS (Psichedelia/Garage), STEP (Beat/Rock), MARCI LEE (Jazz/Rocksteady)
PALESTINE CINEMA DAYS AROUND the WORLD : SALA CONVITTO sab. 2 novembre ore 11:00 proiezione del documentario “Naila and the Uprising” regia Julia Bacha
+ intervento del regista, scrittore e volontario Franco Ferioli
COURT MéTRAGE : realizzazione di un cortometraggio/documentario/clip del Festival a cura di PULLED PORK PRODACTION
Esposizioni-Cineforum–Concerti-Vinyl Djset–Dibattiti–Vintage Market
30 ANNI IN 3 GIORNI TRA PASSATO E PRESENTE IMMAGINANDO IL FUTURO
Dal 1 al 3 novembre 2024 Factory Grisù ospita il Sub Culture Festival, un’esplorazione dell’universo delle culture giovanili della second metà del Novecento. È dalla fine degli anni ’50 in poi che “i giovani” acquistano una propria specificità connotando e differenziandosi tra di loro facendosi portatori di visioni esistenziali, nuove mode e stili.
L’espressione subculture, o sottoculture, giovanili, designa quei movimenti insieme sociali e musicali come i mod, i rocker, gli skinhead, i punk, che hanno segnato la storia della popular music del mondo occidentale nel suo complesso.
Tra le presenze al Festival: Oderso Rubini, fondatore, tra le altre cose, dell’Italian Records, etichetta musicale che ha pubblicato molti dei più importanti gruppi della scena alternativa italiana; Fabrizio Barile, fotografo e testimone della scena punk e skin europea e voce autorevole della genuina anima contestatrice di quegli anni, ospite assieme a Marco Biancardi; il fotografo Stefano Guindani, che, assieme a Luca Buonaguidi, presenterà in anteprima il progetto Freedom, un affresco della scena underground italiana dagli anni ’60 ad oggi. Il Festival è organizzato dal collettivo Beat Boat con la collaborazione di Fctory Grisù e di Hangar Birrerie. “Di fronte all'indebolimento delle identità di classe, le subculture rappresentano nuove forme di identificazione collettiva, che esprimono quella resistenza simbolica nei confronti della cultura dominante e sviluppano “soluzioni immaginarie” ai problemi strutturali.” Dicono gli organizzatori, “Il Festival propone un viaggio/studio, socio/antropologico pensato e guidato dall'esperienza accumulata, in quasi 50 anni, dai promotori e da ospiti di spicco della scena underground nazionale”.
Non poteva mancare la musica, infatti: i tre giorni vedranno i concerti di The Bang!, band ferrarese che miscela beat, garage, soul e sixties, e di Beat Boat Combo, band nata dagli Strike e naturale conseguenza del progetto Beat Boat. Ma anche un nutrito gruppo di Dj’s on tour: Marco Fiorini, Renato Traffano, Giorgio Giovannini, Andrea Benedetti, Silvia Saraceni, Stefano Panzera e Giampolo Martelli. Evento speciale è l’allestimento site specific della mostra “Moro’s not dead”, possibile grazie all’archivio e alla conoscenza di Fabrizio Barile. “Abbiamo cercato di portare uno sguardo altro, o meglio, un’inedita prospettiva utile a scardinare la vulgata dei “mitici” anni ’80. Un periodo che, forse, dovrebbe essere riletto come un illusorio e feroce arco temporale pre-globalizzatore”. I pomeriggi del 2 e del 3 novembre sono dedicati ai film, utili a calarsi nell’atmosfera: “Northern Soul” di Elaine Constantine, che racconta la nascita di uno stile musicale ma anche di danza che, partendo dall’Inghilterra, dagli anni ’60 in poi, ha invaso il mondo. Il 3 novembre “24 Hour Party People”, di Michael Winterbottom (2002) racconta la Manchester degli anni ’70 e ’80, la scena musicale e i prodromi della rave culture.
Il 2 novembre, inoltre, alle 11.00 di mattina il Festival diventa il palcoscenico per il Palestine Cinema Days Around the World ‘24, iniziativa promossa da Aflamuna, un’organizzazione di artisti e filmmaker impegnati contro la disumanizzazione dei civili vittime della guerra e realizzata in collaborazione con Emergency Ferrara.
Completano la proposta: le azioni performative di Two Tone, impegnati ogni giorno con le sessioni di live painting del Collettivo 0532; la selezione musicale dei Dj’s around Festival, la realizzazione live del film / corto ducumentrio sul festival a cura di Pulled Pork Prodaction; il Vintage market, con la mostra mercato dedicata di vinili, abiti e libri; il Barber Saloon di Barbieri a mano libera la domenica mattina.
Un ringraziamento speciale alle matite di Osvaldo Casanova per aver concepito il manifesto del Festival.
“Un palinsesto ricco e necessario. È importante riallacciare i fili verso tutte quelle forme in cui si è espressa la “materia prima dell’esistenza sociale”, con l’intento di liberare quell’aura, luminosa e creativa, che avvolge l’adolescenza” concludono gli organizzatori, “la scommessa è quella di creare uno spazio di confronto condiviso che possa coinvolgere, attraverso l’esperienza artistica, culture, correnti e generazioni diverse. 30 anni in 3 giorni!”.
ven. 01/11 – LA RIVOLTA DELLO STILE
SALA MERCATO dalle ore 10:00 “MORO'S NOT DEAD”
- Punk/Post-punk e contro-cultura in Italia 1977 – 1993 -
Esposizione di grafica, editoria, documenti e ricordi dalla I linea del fronte occidentaletratta dall'archivio Sonic Reducer di Fabrizio Barile
HANGAR ore 18:00 incontro con FABRIZIO BARILE e MARCO BIANCARDI di SonicReducer
SALA MACCHINE dalle ore 19:00 “INTERNATIONAL JET SET”
controllano i piatti MAGIC K (Beat Boat Crew) + HAMMERS (Carpi) Concerto: BEAT BOAT sturm und drang COMBO (ex Strike)
sab. 02/11 – RETROMANIA
SALA MERCATO dalle ore 10:00 “MORO'S NOT DEAD”
- Punk/Post-punk e contro-cultura in Italia 1977 – 1993 -
Esposizione di grafica, editoria, documenti e ricordi dalla I linea del fronte occidentaletratta dall'archivio Sonic Reducer di Fabrizio Barile
SALA CONVITTO ore 11:00 proiezione del documentario “Naila and the Uprising” regia di Julia Bacha - ore 16:00 proiezione di “Northern soul” regia di Elaine Constantin (2014)
HANGAR ore 18:00 incontro con ODERSO RUBINI + presentazione del libro “The Great Complotto” - L'Antologia definitiva della straordinaria scena punk di Pordenone (Shake Edizioni)
SALA MACCHINE dalle ore 19:00 “SOUL NITE KLUB”
girano i dischi FIORO (The Kids are United) + RENA (Genova) Concerto: THE BANG (Fe), miscela di beat/garage/soul/sixties
dom. 03/11 – MUSE INQUIETANTI
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- Punk/Post-punk e contro-cultura in Italia 1977 – 1993 -
Esposizione di grafica, editoria, documenti e ricordi dalla I linea del fronte occidentaletratta dall'archivio Sonic Reducer di Fabrizio Barile
SALA CONVITTO ore 16:00 “24 Hour Party People” regia di Michael Winterbottom (2002)
HANGAR ore 18:00 incontro con STEFANO GUINDANI e LUCA BUONAGUIDI per presentare il progetto FREEDOM dedicato alle sottoculture in Italia SALA MACCHINE dalle ore 19:00 “POPSCENE”
dj's MR ART CLUSO' (Beat Boat Crew) + STEREO SILVA (Ravenna) Visual Art & Madchester a cura di Stefano'DEDO'Panzera (I.DEPT)
EXTRA
SUPPORT LOCAL TEAM : HANGAR sab. 2 novembre ore 15:00 diretta televisiva di Ternana - SPAL
VINTAGE MARKET : sab.2 e dom.3 novembre dalle ore 11:00 sarà attiva la mostra mercato del vinile usato e da collezione, abiti vintage, libri e info shop. BARBER SALOON : HANGAR dom.3 novembre dalle ore 11 barba e capelli a cura di BARBIERI A MANO LIBERA
TWO TONE : azione di live painting con la giovane ciurma COLLETTIVO 0532
DJ'S AROUND FESTIVAL : CHIARA LOUIE (Dark Wave), ELODUB (Boss Sound), KLAUS (Psichedelia/Garage), STEP (Beat/Rock), MARCI LEE (Jazz/Rocksteady)
PALESTINE CINEMA DAYS AROUND the WORLD : SALA CONVITTO sab. 2 novembre ore 11:00 proiezione del documentario “Naila and the Uprising” regia Julia Bacha
+ intervento del regista, scrittore e volontario Franco Ferioli
COURT MéTRAGE : realizzazione di un cortometraggio/documentario/clip del Festival a cura di PULLED PORK PRODACTION
venerdì, ottobre 18, 2024
The Mads - Time by Time
La prima scena mod italiana è stata a lungo fonte di eccellenti band e corrispettivi album di primissima qualità, che potevano tranquillamente rivaleggiare con i ben più blasonati colleghi inglesi, per competenza, capacità compositiva ed esecutiva, profilo artistico.
Dai Four By Art agli Underground Arrows, Statuto, alla meteora Blind Alley, abbiamo di che vantarci.
Purtroppo rimasero fuori i milanesi Mads, peraltro pionieri in Italia ad abbracciare questi suoni ed estetica.
Vissero troppo poco tempo, dal 1979 al 1984, e non riuscirono a suggellare testimonianze sonore su vinile o cassetta, pur lasciando un fervido ricordo con travolgenti esibizioni dal vivo.
Rinati nel 2012 con l'ottimo The Orange Plane, bissano ora con il secondo splendido album, in cui converge tutto il meglio del mod sound, dai Jam, ai Chords, power pop, soul, ska, una splendida cover di Never Ever degli Action. Abbiamo dovuto aspettare tanto tempo ma l'attesa è stata felicemente ripagata da una band nel pieno dell'espressività e maturità artistica.
Disco eccellente.
Dai Four By Art agli Underground Arrows, Statuto, alla meteora Blind Alley, abbiamo di che vantarci.
Purtroppo rimasero fuori i milanesi Mads, peraltro pionieri in Italia ad abbracciare questi suoni ed estetica.
Vissero troppo poco tempo, dal 1979 al 1984, e non riuscirono a suggellare testimonianze sonore su vinile o cassetta, pur lasciando un fervido ricordo con travolgenti esibizioni dal vivo.
Rinati nel 2012 con l'ottimo The Orange Plane, bissano ora con il secondo splendido album, in cui converge tutto il meglio del mod sound, dai Jam, ai Chords, power pop, soul, ska, una splendida cover di Never Ever degli Action. Abbiamo dovuto aspettare tanto tempo ma l'attesa è stata felicemente ripagata da una band nel pieno dell'espressività e maturità artistica.
Disco eccellente.
giovedì, ottobre 17, 2024
I libri che le persone fingono di avere letto
Tra le classifiche più curiose c'è anche quella dei LIBRI CHE LE PERSONE MILLANTANO di AVER LETTO.
Da varie verifiche (avevo fatto un post al riguardo nel 2016) si confermano i soliti titoli.
Alice nel Paese Delle Meraviglie di Lewis Carroll
1984 di George Orwell
Il Signore degli Anelli di JRR Tolkien
Guerra e Pace di Lev Tolstoj
Anna Karenina di Lev Tolstoj
Il diario di Anna Frank di Anna Frank
Romeo e Giulietta di William Shakespeare
Harry Potter e la pietra filosofale di J. K. Rowling
Nelle classifiche anche "Il Giovane Holden" di Salinger, la "Bibbia", "Moby Dick" di Melville e "Ulisse" di Joyce.
In Italia invece Vice ha verificato che i titoli "più letti" (ma in realtà nemmeno mai aperti) sono:
I malavoglia di Giovanni Verga
Infinite Jest di David Forster Wallace
L'amica geniale di Elena Ferrante
Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini
Anna Karenina di Lev Tolstoj
Molto gettonati anche "La Bibbia" e "Guerra e pace".
Da varie verifiche (avevo fatto un post al riguardo nel 2016) si confermano i soliti titoli.
Alice nel Paese Delle Meraviglie di Lewis Carroll
1984 di George Orwell
Il Signore degli Anelli di JRR Tolkien
Guerra e Pace di Lev Tolstoj
Anna Karenina di Lev Tolstoj
Il diario di Anna Frank di Anna Frank
Romeo e Giulietta di William Shakespeare
Harry Potter e la pietra filosofale di J. K. Rowling
Nelle classifiche anche "Il Giovane Holden" di Salinger, la "Bibbia", "Moby Dick" di Melville e "Ulisse" di Joyce.
In Italia invece Vice ha verificato che i titoli "più letti" (ma in realtà nemmeno mai aperti) sono:
I malavoglia di Giovanni Verga
Infinite Jest di David Forster Wallace
L'amica geniale di Elena Ferrante
Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini
Anna Karenina di Lev Tolstoj
Molto gettonati anche "La Bibbia" e "Guerra e pace".
mercoledì, ottobre 16, 2024
Calcio e Musica
Riprendo l'articolo che ho pubblicato lo scorso sabato per "Il Manifesto", attingendo ovviamente spesso e volentieri dal libro scritto con Alberto Galletti, "Rock 'n' Goal".
Il connubio calcio e musica è andato per tantissimo tempo a braccetto nell'immaginario della working class e del proletariato, come elemento salvifico da una vita in fabbrica o dedita a lavori “umili” e sfiancanti (molto spesso sottopagati sotto la soglia dello sfruttamento).
Il successo o il semplice accesso in uno di questi ambiti portava, abbinata a una certa dose di talento, a una vita agiata o comunque decisamente diversa.
Ma è solo in tempi relativamente recenti che le due entità si sono unite in un vero e proprio abbraccio.
Basti pensare che Brian Epstein proibì categoricamente ai quattro Beatles di esternare una qualsivoglia preferenza calcistica per non inimicarsi le tifoserie avversarie.
Non fu difficile, vista la tiepidissima passione di John e Ringo per il Liverpool e il totale disinteresse di George:
“Nella mia città ci sono tre squadre di calcio: il Liverpool, l'Everton e il Tranmere Rovers. Io tifo per la quarta”.
Solo Paul è sempre stato un acceso fan dell'Everton (trascinò John a una finale di FA Cup nel 1966 ma il chitarrista ne uscì annoiato e indifferente).
Ian McCulloch, voce degli Echo & The Bunnymen, sfegatato tifoso del Liverpool, ricorda come negli anni Ottanta nell'ambiente punk/new wave fosse sconsigliatissimo esternare le proprie passioni calcistiche, per non incorrere nel biasimo dei colleghi e dei fan.
Più chiaro è Pete Wyle (ex membro della new wave band Wah! Heat):
“Nessuno parlava di calcio, eri considerato un musicista part-time se ammettevi che ti piaceva il calcio, l’idea che a qualcuno potessero piacere due cose contemporaneamente era piuttosto bizzarra all’epoca. Il calcio era working class e sebbene lo fossimo anche noi, volevamo essere meno classisti , non volevamo essere etichettati ed eravamo già oltre queste definizioni. Avevo amici che erano dichiaratamente gay e non era un problema, ma dovevo nascondermi come appassionato di calcio”.
Ne sanno qualcosa i Cockney Rejects, punk rock band che ebbe la malaugurata idea di apparire alla trasmissione “Top Of The Pops” nel 1980, cantando la loro versione di “Forever Blowing Bubbles”, inno del West Ham, con tanto di maglietta della squadra.
Nel giro di pochissimo tempo furono costretti a sospendere l'attività concertistica a causa dei continui attacchi da parte dei tifosi delle squadre avversarie, con risse, distruzioni dei locali, feriti.
Nel corso degli anni il calcio è stato finalmente sdoganato, il dichiararsi tifosi non è più discriminante, anzi, è diventato un aspetto identitario molto apprezzato da chi condivide la stessa passione calcistica, tranquillamente tollerato dalle opposte fazioni.
Rivalità stemperate e diluite, con il musicista tifoso che acquisisce anzi una sorta di fascino in più, riportandolo a una dimensione più vicina alla quotidianità dei fan.
Il Manchester City ad esempio gioca le partite di Champions con una nuova maglia, disegnata da Noel Gallagher, ispirata al primo album degli Oasis.
I due fratelli sono sempre stati esplicitamente fan di quella che una volta era la squadra “minore” della città, oscurata dai successi dello United e non disdegnano frequenti apparizioni allo stadio.
Passione che non hanno mai nascosto, anzi costantemente ostentato, tanto quanto l'amore per altri divertimenti: nel pieno e più genuino spirito working class.
Sempre il City aveva realizzato qualche anno fa la terza maglia con strisce giallo nere che omaggiavano lo storico club della città, l'Hacienda, dove transitarono, tra gli Ottanta e Novanta, gruppi e DJ storici della new wave.
Il Manchester United invece, per non essere da meno dei rivali, inserì nel suo merchandisng una shirt calcistica che riprendeva la copertina del primo album degli Stone Roses.
Ancora più affascinante e specifico il riferimento del Coventry City (“serie B” inglese) che festeggiò i quaranta anni dell'etichetta cittadina 2Tone, protagonista dello ska revival nel 1979 con Specials, Selecter, The Beat, vestendo i giocatori con una bellissima maglia a scacchi bianchi e neri con il logo e una scritta ben rappresentativa della label, contro razzismo e discriminazione.
Tornando agli Oasis, quando Noel Gallagher fu ospite da Fabio Fazio, Alessandro Del Piero incaricò il cantante degli Statuto, Oscar Giammarinaro (presente in studio), di portargli la sua maglia, che il chitarrista desiderava ardentemente.
Gli Statuto sono però sempre stati sfegatati fan del Torino, a cui nel 2005 dedicarono l'album “Toro”, con tanto di inno ufficiale della squadra e nove canzoni scritte specificatamente per i granata e molto spesso autori di canzoni iconiche come “Ragazzo Ultrà” o “Facci un gol” dedicato a Paolo Pulici che volle partecipare anche al video del brano.
Gli Statuto tornano alla loro passione sportiva proprio in questi giorni, con un nuovo lavoro, “Statuto Football Club”, una divertente e riuscita raccolta di canzoni e sigle radio-tv a tema calcistico, riarrangiate con il loro tipico stile ska-soul-pop.
La lista dei musicisti appassionati di calcio è lunga e variegata e c'è solo l'imbarazzo della scelta per trovarne testimonianze più o meno curiose.
Scegliendo tra le più significative ricordiamo quella su Fabrizio De Andrè, dichiaratamente Genoano, che considerava il calcio una specie di fede laica e di auto affermazione per immedesimazione nei colori della squadra.“Il tifo è il bisogno di schierarsi in un partito, simbolizzato magari da un colore ma che si pretende essere sostenuto da una tradizione o da una cultura diversa da quella degli altri.
Il tifo nasce da un bisogno forse infantile di identificarsi in un gruppo che ha come obiettivo la lotta per la vittoria contro altri gruppi”. Famosa la sua frase ad un concerto a Genova, “Ho una malattia”, a cui il pubblico reagì trattenendo il fiato. Invece appoggiò la chitarra, tirò fuori la sciarpa del Genoa:”Questa è la mia malattia, si chiama Genoa”.
Il musicista e poeta Gil Scott Heron, definito il padre dell’hip hop, era figlio della “Black Arrow” del Celtic Glasgow, Giles Heron, il primo calciatore di colore a giocare in Scozia nei primi anni Cinquanta, ma non mancava di sottolineare la sua passione, però, per i rivali storici, i Rangers. Divertente la sua usanza di suonare in Scozia con la sciarpa del Celtic e il cappello dei Rangers.
Elvis Costello, supporter del Liverpool, ricevette una pesante contestazione prima di un suo concerto nel maggio 2005, perché impegnato a seguire in diretta tv la finale della Coppa dei Campioni tra la sua squadra contro il Milan, che si fece rimontare tre gol dai Reds. Il lIverpool vinse il trofeo ai rigori, facendo durare il match oltre due ore.
I Pink Floyd sono sempre stati tifosissimi dell'Arsenal ma amavano anche giocare a calcio, tanto da fondare il Pink Floyd Football Club, composto dai quattro membri della band, fonici e roadie. Giocarono contro squadre di giornalisti e simili compagini.
Roger Waters, ovviamente, nella sua innata modestia, ha sempre sostenuto di essere stato il migliore in campo.
Nota la passione per il pallone anche di Bob Marley. Come i Pink Floyd fondò una squadra di musicisti e tecnici del suono, la The House Of Dread F.C, arrivando anche a giocare una partita con i neo campioni di Francia del Nantes, nel 1980, cinque contro cinque, persa di misura 4 a 3.
Rod Stewart è notoriamente un grande appassionato e da giovane provò anche la carriera di calciatore facendo un provino per le giovanili della squadra di Terza Divisione del Brentford (la stessa con cui aveva provato, con scarsissimi risultati, pure Keith Richards), alla fine degli anni Cinquanta ma abbandonando presto per dedicarsi alla musica.
“Avevo sedici anni e mi stavo contemporaneamente appassionando anche alla musica. Andai al provino, che durò una settimana, più per fare un piacere a mio padre che sperava che almeno uno dei suoi tre figli diventasse calciatore. Curiosamente mi interessa giocare più adesso di allora, non credo comunque che avrei fatto strada. Ad ogni modo ho giocato con giocatori professionisti in partite di beneficenza ad Hampden Park, con i miei idoli, come Denis Law e Kenny Dalglish e a Wembley sei volte, cosa che la quasi totalità dei calciatori non riesce a fare. Ho giocato in un sacco di grossi stadi, con tanti grandi giocatori, senza dovermi sacrificare per allenarmi o cose del genere".
Elton John per non perdere tanto tempo si comprò, nel 1976, invece una squadra, il Watford, di cui è sempre stato tifoso fin da bambino.
Ne divenne presidente e dalla Quarta Divisione salirono, per la prima volta, in Premier League nel 1982, per centrare un clamoroso secondo posto nella stagione successiva, andando anche in finale della FA Cup, persa per 2-0 contro l'Everton. Successivamente ha lasciato la proprietà, rientrando un paio di volte per sistemare la situazione finanziaria precaria (suonando anche alcuni concerti nello stadio per devolvere i fondi al club). Ne è rimasto presidente onorario, detiene ancora importanti quote di proprietà e gli è stata dedicata la tribuna “Sir Elton John”.
Anche se Morrissey si è sempre dichiarato fan dello United, pare che ne sapesse ben poco di calcio.
Più circostanziato l'ex chitarrista degli Smiths, Johnny Marr, fan del City: Gli allenatori di calcio verso la fine degli anni Settanta non vedevano di buon occhio i ragazzi che avevano connessioni col mondo musicale. Fui scartato dall’allenatore delle giovanili del City a un provino per via delle mie inclinazioni musicali, ero sicuramente bravo a sufficienza per le giovanili del Manchester City , ma ero l’unico che si truccava gli occhi. Metà dei giocatori della partita preferirono girarmi al largo, l’altra metà cercò di colpirmi ininterrottamente, continuai a provocarli, la mia carriera calcistica era destinata a durare poco in ogni caso.
Vale la pena di ricordare “The man don’t give a fuck” del 1996 dei Super Furry Animals, dedicata a Robin Friday, scomparso nel Dicembre 1990 a 38 anni, leggenda del Cardiff City, squadra della loro città.
Calciatore dotato di un eccezionale talento, ebbe una carriera sfavillante nelle divisioni inferiori inglesi, costellata però da eccessi di ogni genere, alcool, droghe, donne, risse e follie in campo e fuori.
Uno dei più famosi DJ radiofonici, John Peel, era anche un grande tifoso del Liverpool (tanto da chiamare i figli Shankly e Dalglish, cognomi di due grandi esponenti della squadra).
Interessante la sua comparazione di calcio e musica, quando, negli anni Novanta, il business cominciò ad entrare prepotentemente nel calcio, quando tracciò un parallelismo con l’industria musicale dichiarando:
”Sebbene entrambi siano condotti da gente volgare e rozza che non ha a cuore altro che il cliente pagante, il prodotto, in entrambi i casi, mantiene una capacità di partecipazione emotiva che va oltre la comprensione dei suddetti rozzi e volgari.” Molte squadre hanno adottato canzoni come inno delle curve o da usare all'inizio delle partite. Uno dei primi esempi fu “The Liquidator” di Harry J Allstars del 1969, un classico della famosa etichetta Trojan, brano ska strumentale molto popolare nelle curve inglesi anni Settanta. I tifosi del Chelsea ne rivendicano l’uso in anteprima già dall’anno di uscita, sebbene siano in concorrenza con i colleghi di West Bromwich Albion, Wolverhampton Wanderers, Northampton Town , Wycombe Wanderers e St. Johnstone (Scozia).
Ma non sono solo i musicisti ad essere appassionati di calcio.
Più rari ma anche parecchi calciatori hanno esternato gusti musicali molto particolari e interessanti.
Evitando accuratamente le prove canore di molti di loro, che si sono dedicati alla realizzazione di canzoni o addirittura album con risultati pressoché totalmente imbarazzanti.
Fa eccezione la leggenda Pelé, che nel 2006 esordì con l'album “Ginga”, con 12 brani autografi, arrangiato dal jazzista Ruria Duprat, in equilibrio tra atmosfere tipicamente brasiliane, bossa nova e samba, con spruzzate di jazz con solo alcuni brani con tematiche a sfondo calcistico.
Anche Socrates (il “filosofo” o “Dottor Guevara del football” che fu con Fiorentina, Santos, Flamengo, Corinthias e 60 volte in Nazionale) incise il LP “Casa de Cabloco” con musica tradizionale sertaneja che vendette velocemente 50.000 copie e partecipò nel 1982 alle registrazioni dell’album “Aquarela” di Toquinho nel brano "Corinthians do Meu Coração" (dedicata alla squadra in cui stava giocando ai tempi e di cui il grande cantautore brasiliano è sempre stato tifoso).
Stuart Pierce (ex West Ham, City, Nottingham Forest, Newcastle, allenatore dell' Inghilterra Olimpica, detto anche “Psycho Pearce”) ha dichiarato in un’intervista le sue origini punk rock: "Quando avevo 14 anni, dopo la scuola, andavo dritto alla camera da letto per ascoltarmi i miei dischi. Le pareti avevano manifesti di tutte le band che mi piacevano: Clash, Stranglers, Stiff Little Fingers, Bowie. Avevo anche un enorme poster di 'Holidays in the Sun' dei Sex Pistols. Non avevo idea di quello che volevo fare allora - non ce l’ho nemmeno ora - ero solo dentro la musica. Non mi interessava ascoltare canzoni lente o le ballate, volevo solo qualcosa di veloce e forte che potevo cantare saltando su e giù sul letto con una mazza da baseball come un idiota. 'Complete control' dei Clash era la canzone più dura che avevo, tutto quello che volevo era in quel pezzo. Mi sparavo 'White Riot' dei Clash prima di andare a giocare, soprattutto quando ero nel Forest.”
I Rolling Stones sono sempre stati appassionatissimi di cricket (il solo Bill Wyman è folle per il Crystal Palace ma soprattutto tifa contro il Millwall per cui non esita usare parole di vero e proprio odio) ma Mick Jagger, cuore Arsenal, ama tantissimo anche il calcio, soprattutto le partite della Nazionale.
Anche se la fama che lo accompagna non è delle migliori.
Immancabilmente la sua presenza sugli spalti coincide con una sconfitta (Mondiali, Europei, competizioni internazionali) della compagine inglese.
Robert Plant, ex voce dei Led Zeppelin, è un accanito fan del Wolwerhampton.
L'elenco è pressoché infinito e coinvolge personaggi insospettabili, intellettuali che ci hanno regalato canzoni epiche, ricche di concetti sociali, politici, introversione, riflessioni profonde sul senso della vita ma che di fronte alla passione per una squadra o al colore della maglia di riferimento, ritrovano il gusto per quello che è il divertimento popolare per eccellenza, che trascende collocazioni socio economiche o posizioni politiche.
Purtroppo, come è ben noto, il “sistema calcio” sta andando sempre di più verso una dimensione puramente utilitaristica, dove il guadagno o la possibilità di utilizzare le squadre per questioni fiscali o affini hanno attirato holding finanziarie, fondi opachi, sceicchi e magnati di dubbia provenienza, che nulla hanno a che fare con l'amore per la maglia.
Curiosamente ma non troppo anche la musica e la discografia hanno intrapreso strade simili, vanificando progressivamente due mondi che hanno rappresentato un sogno per milioni di persone in tutto il mondo.
The dream is over cantava John Lennon, che di calcio non capiva niente.
Il connubio calcio e musica è andato per tantissimo tempo a braccetto nell'immaginario della working class e del proletariato, come elemento salvifico da una vita in fabbrica o dedita a lavori “umili” e sfiancanti (molto spesso sottopagati sotto la soglia dello sfruttamento).
Il successo o il semplice accesso in uno di questi ambiti portava, abbinata a una certa dose di talento, a una vita agiata o comunque decisamente diversa.
Ma è solo in tempi relativamente recenti che le due entità si sono unite in un vero e proprio abbraccio.
Basti pensare che Brian Epstein proibì categoricamente ai quattro Beatles di esternare una qualsivoglia preferenza calcistica per non inimicarsi le tifoserie avversarie.
Non fu difficile, vista la tiepidissima passione di John e Ringo per il Liverpool e il totale disinteresse di George:
“Nella mia città ci sono tre squadre di calcio: il Liverpool, l'Everton e il Tranmere Rovers. Io tifo per la quarta”.
Solo Paul è sempre stato un acceso fan dell'Everton (trascinò John a una finale di FA Cup nel 1966 ma il chitarrista ne uscì annoiato e indifferente).
Ian McCulloch, voce degli Echo & The Bunnymen, sfegatato tifoso del Liverpool, ricorda come negli anni Ottanta nell'ambiente punk/new wave fosse sconsigliatissimo esternare le proprie passioni calcistiche, per non incorrere nel biasimo dei colleghi e dei fan.
Più chiaro è Pete Wyle (ex membro della new wave band Wah! Heat):
“Nessuno parlava di calcio, eri considerato un musicista part-time se ammettevi che ti piaceva il calcio, l’idea che a qualcuno potessero piacere due cose contemporaneamente era piuttosto bizzarra all’epoca. Il calcio era working class e sebbene lo fossimo anche noi, volevamo essere meno classisti , non volevamo essere etichettati ed eravamo già oltre queste definizioni. Avevo amici che erano dichiaratamente gay e non era un problema, ma dovevo nascondermi come appassionato di calcio”.
Ne sanno qualcosa i Cockney Rejects, punk rock band che ebbe la malaugurata idea di apparire alla trasmissione “Top Of The Pops” nel 1980, cantando la loro versione di “Forever Blowing Bubbles”, inno del West Ham, con tanto di maglietta della squadra.
Nel giro di pochissimo tempo furono costretti a sospendere l'attività concertistica a causa dei continui attacchi da parte dei tifosi delle squadre avversarie, con risse, distruzioni dei locali, feriti.
Nel corso degli anni il calcio è stato finalmente sdoganato, il dichiararsi tifosi non è più discriminante, anzi, è diventato un aspetto identitario molto apprezzato da chi condivide la stessa passione calcistica, tranquillamente tollerato dalle opposte fazioni.
Rivalità stemperate e diluite, con il musicista tifoso che acquisisce anzi una sorta di fascino in più, riportandolo a una dimensione più vicina alla quotidianità dei fan.
Il Manchester City ad esempio gioca le partite di Champions con una nuova maglia, disegnata da Noel Gallagher, ispirata al primo album degli Oasis.
I due fratelli sono sempre stati esplicitamente fan di quella che una volta era la squadra “minore” della città, oscurata dai successi dello United e non disdegnano frequenti apparizioni allo stadio.
Passione che non hanno mai nascosto, anzi costantemente ostentato, tanto quanto l'amore per altri divertimenti: nel pieno e più genuino spirito working class.
Sempre il City aveva realizzato qualche anno fa la terza maglia con strisce giallo nere che omaggiavano lo storico club della città, l'Hacienda, dove transitarono, tra gli Ottanta e Novanta, gruppi e DJ storici della new wave.
Il Manchester United invece, per non essere da meno dei rivali, inserì nel suo merchandisng una shirt calcistica che riprendeva la copertina del primo album degli Stone Roses.
Ancora più affascinante e specifico il riferimento del Coventry City (“serie B” inglese) che festeggiò i quaranta anni dell'etichetta cittadina 2Tone, protagonista dello ska revival nel 1979 con Specials, Selecter, The Beat, vestendo i giocatori con una bellissima maglia a scacchi bianchi e neri con il logo e una scritta ben rappresentativa della label, contro razzismo e discriminazione.
Tornando agli Oasis, quando Noel Gallagher fu ospite da Fabio Fazio, Alessandro Del Piero incaricò il cantante degli Statuto, Oscar Giammarinaro (presente in studio), di portargli la sua maglia, che il chitarrista desiderava ardentemente.
Gli Statuto sono però sempre stati sfegatati fan del Torino, a cui nel 2005 dedicarono l'album “Toro”, con tanto di inno ufficiale della squadra e nove canzoni scritte specificatamente per i granata e molto spesso autori di canzoni iconiche come “Ragazzo Ultrà” o “Facci un gol” dedicato a Paolo Pulici che volle partecipare anche al video del brano.
Gli Statuto tornano alla loro passione sportiva proprio in questi giorni, con un nuovo lavoro, “Statuto Football Club”, una divertente e riuscita raccolta di canzoni e sigle radio-tv a tema calcistico, riarrangiate con il loro tipico stile ska-soul-pop.
La lista dei musicisti appassionati di calcio è lunga e variegata e c'è solo l'imbarazzo della scelta per trovarne testimonianze più o meno curiose.
Scegliendo tra le più significative ricordiamo quella su Fabrizio De Andrè, dichiaratamente Genoano, che considerava il calcio una specie di fede laica e di auto affermazione per immedesimazione nei colori della squadra.“Il tifo è il bisogno di schierarsi in un partito, simbolizzato magari da un colore ma che si pretende essere sostenuto da una tradizione o da una cultura diversa da quella degli altri.
Il tifo nasce da un bisogno forse infantile di identificarsi in un gruppo che ha come obiettivo la lotta per la vittoria contro altri gruppi”. Famosa la sua frase ad un concerto a Genova, “Ho una malattia”, a cui il pubblico reagì trattenendo il fiato. Invece appoggiò la chitarra, tirò fuori la sciarpa del Genoa:”Questa è la mia malattia, si chiama Genoa”.
Il musicista e poeta Gil Scott Heron, definito il padre dell’hip hop, era figlio della “Black Arrow” del Celtic Glasgow, Giles Heron, il primo calciatore di colore a giocare in Scozia nei primi anni Cinquanta, ma non mancava di sottolineare la sua passione, però, per i rivali storici, i Rangers. Divertente la sua usanza di suonare in Scozia con la sciarpa del Celtic e il cappello dei Rangers.
Elvis Costello, supporter del Liverpool, ricevette una pesante contestazione prima di un suo concerto nel maggio 2005, perché impegnato a seguire in diretta tv la finale della Coppa dei Campioni tra la sua squadra contro il Milan, che si fece rimontare tre gol dai Reds. Il lIverpool vinse il trofeo ai rigori, facendo durare il match oltre due ore.
I Pink Floyd sono sempre stati tifosissimi dell'Arsenal ma amavano anche giocare a calcio, tanto da fondare il Pink Floyd Football Club, composto dai quattro membri della band, fonici e roadie. Giocarono contro squadre di giornalisti e simili compagini.
Roger Waters, ovviamente, nella sua innata modestia, ha sempre sostenuto di essere stato il migliore in campo.
Nota la passione per il pallone anche di Bob Marley. Come i Pink Floyd fondò una squadra di musicisti e tecnici del suono, la The House Of Dread F.C, arrivando anche a giocare una partita con i neo campioni di Francia del Nantes, nel 1980, cinque contro cinque, persa di misura 4 a 3.
Rod Stewart è notoriamente un grande appassionato e da giovane provò anche la carriera di calciatore facendo un provino per le giovanili della squadra di Terza Divisione del Brentford (la stessa con cui aveva provato, con scarsissimi risultati, pure Keith Richards), alla fine degli anni Cinquanta ma abbandonando presto per dedicarsi alla musica.
“Avevo sedici anni e mi stavo contemporaneamente appassionando anche alla musica. Andai al provino, che durò una settimana, più per fare un piacere a mio padre che sperava che almeno uno dei suoi tre figli diventasse calciatore. Curiosamente mi interessa giocare più adesso di allora, non credo comunque che avrei fatto strada. Ad ogni modo ho giocato con giocatori professionisti in partite di beneficenza ad Hampden Park, con i miei idoli, come Denis Law e Kenny Dalglish e a Wembley sei volte, cosa che la quasi totalità dei calciatori non riesce a fare. Ho giocato in un sacco di grossi stadi, con tanti grandi giocatori, senza dovermi sacrificare per allenarmi o cose del genere".
Elton John per non perdere tanto tempo si comprò, nel 1976, invece una squadra, il Watford, di cui è sempre stato tifoso fin da bambino.
Ne divenne presidente e dalla Quarta Divisione salirono, per la prima volta, in Premier League nel 1982, per centrare un clamoroso secondo posto nella stagione successiva, andando anche in finale della FA Cup, persa per 2-0 contro l'Everton. Successivamente ha lasciato la proprietà, rientrando un paio di volte per sistemare la situazione finanziaria precaria (suonando anche alcuni concerti nello stadio per devolvere i fondi al club). Ne è rimasto presidente onorario, detiene ancora importanti quote di proprietà e gli è stata dedicata la tribuna “Sir Elton John”.
Anche se Morrissey si è sempre dichiarato fan dello United, pare che ne sapesse ben poco di calcio.
Più circostanziato l'ex chitarrista degli Smiths, Johnny Marr, fan del City: Gli allenatori di calcio verso la fine degli anni Settanta non vedevano di buon occhio i ragazzi che avevano connessioni col mondo musicale. Fui scartato dall’allenatore delle giovanili del City a un provino per via delle mie inclinazioni musicali, ero sicuramente bravo a sufficienza per le giovanili del Manchester City , ma ero l’unico che si truccava gli occhi. Metà dei giocatori della partita preferirono girarmi al largo, l’altra metà cercò di colpirmi ininterrottamente, continuai a provocarli, la mia carriera calcistica era destinata a durare poco in ogni caso.
Vale la pena di ricordare “The man don’t give a fuck” del 1996 dei Super Furry Animals, dedicata a Robin Friday, scomparso nel Dicembre 1990 a 38 anni, leggenda del Cardiff City, squadra della loro città.
Calciatore dotato di un eccezionale talento, ebbe una carriera sfavillante nelle divisioni inferiori inglesi, costellata però da eccessi di ogni genere, alcool, droghe, donne, risse e follie in campo e fuori.
Uno dei più famosi DJ radiofonici, John Peel, era anche un grande tifoso del Liverpool (tanto da chiamare i figli Shankly e Dalglish, cognomi di due grandi esponenti della squadra).
Interessante la sua comparazione di calcio e musica, quando, negli anni Novanta, il business cominciò ad entrare prepotentemente nel calcio, quando tracciò un parallelismo con l’industria musicale dichiarando:
”Sebbene entrambi siano condotti da gente volgare e rozza che non ha a cuore altro che il cliente pagante, il prodotto, in entrambi i casi, mantiene una capacità di partecipazione emotiva che va oltre la comprensione dei suddetti rozzi e volgari.” Molte squadre hanno adottato canzoni come inno delle curve o da usare all'inizio delle partite. Uno dei primi esempi fu “The Liquidator” di Harry J Allstars del 1969, un classico della famosa etichetta Trojan, brano ska strumentale molto popolare nelle curve inglesi anni Settanta. I tifosi del Chelsea ne rivendicano l’uso in anteprima già dall’anno di uscita, sebbene siano in concorrenza con i colleghi di West Bromwich Albion, Wolverhampton Wanderers, Northampton Town , Wycombe Wanderers e St. Johnstone (Scozia).
Ma non sono solo i musicisti ad essere appassionati di calcio.
Più rari ma anche parecchi calciatori hanno esternato gusti musicali molto particolari e interessanti.
Evitando accuratamente le prove canore di molti di loro, che si sono dedicati alla realizzazione di canzoni o addirittura album con risultati pressoché totalmente imbarazzanti.
Fa eccezione la leggenda Pelé, che nel 2006 esordì con l'album “Ginga”, con 12 brani autografi, arrangiato dal jazzista Ruria Duprat, in equilibrio tra atmosfere tipicamente brasiliane, bossa nova e samba, con spruzzate di jazz con solo alcuni brani con tematiche a sfondo calcistico.
Anche Socrates (il “filosofo” o “Dottor Guevara del football” che fu con Fiorentina, Santos, Flamengo, Corinthias e 60 volte in Nazionale) incise il LP “Casa de Cabloco” con musica tradizionale sertaneja che vendette velocemente 50.000 copie e partecipò nel 1982 alle registrazioni dell’album “Aquarela” di Toquinho nel brano "Corinthians do Meu Coração" (dedicata alla squadra in cui stava giocando ai tempi e di cui il grande cantautore brasiliano è sempre stato tifoso).
Stuart Pierce (ex West Ham, City, Nottingham Forest, Newcastle, allenatore dell' Inghilterra Olimpica, detto anche “Psycho Pearce”) ha dichiarato in un’intervista le sue origini punk rock: "Quando avevo 14 anni, dopo la scuola, andavo dritto alla camera da letto per ascoltarmi i miei dischi. Le pareti avevano manifesti di tutte le band che mi piacevano: Clash, Stranglers, Stiff Little Fingers, Bowie. Avevo anche un enorme poster di 'Holidays in the Sun' dei Sex Pistols. Non avevo idea di quello che volevo fare allora - non ce l’ho nemmeno ora - ero solo dentro la musica. Non mi interessava ascoltare canzoni lente o le ballate, volevo solo qualcosa di veloce e forte che potevo cantare saltando su e giù sul letto con una mazza da baseball come un idiota. 'Complete control' dei Clash era la canzone più dura che avevo, tutto quello che volevo era in quel pezzo. Mi sparavo 'White Riot' dei Clash prima di andare a giocare, soprattutto quando ero nel Forest.”
I Rolling Stones sono sempre stati appassionatissimi di cricket (il solo Bill Wyman è folle per il Crystal Palace ma soprattutto tifa contro il Millwall per cui non esita usare parole di vero e proprio odio) ma Mick Jagger, cuore Arsenal, ama tantissimo anche il calcio, soprattutto le partite della Nazionale.
Anche se la fama che lo accompagna non è delle migliori.
Immancabilmente la sua presenza sugli spalti coincide con una sconfitta (Mondiali, Europei, competizioni internazionali) della compagine inglese.
Robert Plant, ex voce dei Led Zeppelin, è un accanito fan del Wolwerhampton.
L'elenco è pressoché infinito e coinvolge personaggi insospettabili, intellettuali che ci hanno regalato canzoni epiche, ricche di concetti sociali, politici, introversione, riflessioni profonde sul senso della vita ma che di fronte alla passione per una squadra o al colore della maglia di riferimento, ritrovano il gusto per quello che è il divertimento popolare per eccellenza, che trascende collocazioni socio economiche o posizioni politiche.
Purtroppo, come è ben noto, il “sistema calcio” sta andando sempre di più verso una dimensione puramente utilitaristica, dove il guadagno o la possibilità di utilizzare le squadre per questioni fiscali o affini hanno attirato holding finanziarie, fondi opachi, sceicchi e magnati di dubbia provenienza, che nulla hanno a che fare con l'amore per la maglia.
Curiosamente ma non troppo anche la musica e la discografia hanno intrapreso strade simili, vanificando progressivamente due mondi che hanno rappresentato un sogno per milioni di persone in tutto il mondo.
The dream is over cantava John Lennon, che di calcio non capiva niente.