Nel nuovo numeor di CLASSIC ROCK intervisto HUGO RACE e i CMON TIGRE.
Recensisco Feeder, Bebaloncar, Pier Adduce, CMon Tigre, A Temporary Lie, The Linda Lindas, The Blokes, Tin Woodman, Pale Dawn, Lary Campbell & Teresa Williams, "Be my guru", libro di Federico Guglielmi.
Stasera a Fontanafredda (Pordenone) prosegue il "Love Beat" tour dei NOT MOVING LTD
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sabato, aprile 30, 2022
venerdì, aprile 29, 2022
Aprile 2022. Il meglio del mese
A un terzo dell'anno buone cose con gli album di Graham Day, Miles Kane, Hoodoo Gurus, Spiritualized, Yard Act, Elvis Costello, JP Bimeni and the Black Belts, Shirley davis and the Silverbcaks, Lazy Eyes, Dedicated Men of Zion, Electric Stars, St.Paul and the Broken Bones, Abiodun Oyewole, York e Diasonics
Mentre tra gli italiani Bebaloncar, Sacromud, Temporary Lie-Cesare Malfatti e Georgeanne Kalweit, Bastard Sons of Dioniso, Organ Squad, Dear, Bebaloncar, White Seed, Tin Woodman, Alternative Station, Massimo Zamboni, Dear, Agape e Path
JACK WHITE - Fear of the dawn
Ho avuto per lungo tempo una totale adorazione per l'ex White Stripes. Che rimane un genietto della scena rock con un sound personale e immediatamente riconoscibile. Al quarto album solista conferma tutta la bontà del suo percorso artistico anche se è diventato un po' risaputo e prevedibile.
Un buon album, grande competenza nella scelta dei suoni, composizioni originali, sempre in bilico tra potenziale mainstream e alternative.
SPIRITUALIZED - Everything Was Beautiful
Il precedente "And nothing hurt" era finito tra i miei preferiti del 2018. Potrebbe farcela anche questo nuovo lavoro. Che non esprime nulla in più di quanto sapessimo dell'arte di Jason Pierce ma lo dice sempre talmente bene che rimani incantato. Volute psichedeliche, Rollingstoniane, shoegaze, blues, rock, un sound ipnotico e sognante (anche quando si trasforma in incubo), antico e allo stesso tempo attuale.
THE LAZY EYES – SongBook
Niente di eclatante ma la band australiana ha inciso un album gradevolissimo.
Nuova psichedelia che guarda spesso ai connazionali King Gizzard & the Lizard Wizard ma anche a kraut rock, Tame Impala e tanti altri gusti 60's psych. Le canzoni sono belle, loro giovanissimi, tanta competenza e l'album merita tanta attenzione.
THE BASTARD SONS OF DIONISO - Dove sono finiti tutti?
Il trio trentino firma l'ottavo album di una carriera prestigiosa e ricca di soddisfazioni, confermandosi ancora una volta tra i migliori gruppi rock italiani. Il loro power pop melodico, con una buona dose di grunge, che si avvale di linee vocali di pura eccellenza, occhieggia non di rado ai troppo poco considerati Knack con quell'intreccio di chitarre, potenza ritmica e irresistibili richiami Beatlesiani. Un ulteriore plauso per la durata dell'album (meno di mezzora), il tempo perfetto per un disco rock.
SACROMUD - s/t
Eccellente nuovo capitolo del progetto che ruota intorno al chitarrista-compositore Maurizio Pugno. Dodici brani di fangoso blues che attinge dalle atmosfere minacciose dei peggiori luoghi di New Orleans ma anche dal cuore profondo dell'America sonora in cui si fondono soul, funk, gospel, rhythm and blues. In perfetto equilibrio tra Jack White e Fantastic Negrito con Dr.John a benedire. Album spettacolare!
YORK - The Vintage Funk Vol.1
Il polistrumentista tedesco realizza un album di particolare effciacia, tra funk, soul, hip hop soul, con un groove e una cura dei suoni di primissima qualità. Anche le canzoni sono a livello di eccellenza. Super!
FONTAINES D.C. - Skinty Fia
Attesissimo, il terzo album della band irlandese ha trovato fin da subito un unanime plauso di critica e pubblico. Meritato, in quanto prosecuzione di un percorso già fin dall'inizio di ottima qualità e che ora si dimostra maturo e in progress.
Ma che sembra avere perso la fiamma e la brillantezza, il piglio urticante e sorprendente e si sia "normalizzato". Pur ponendosi artisticamente sempre a livelli altissimi.
TANIKA CHARLES - Papillon de nuit
Il terzo album della grande vocalist canadese, sempre targato dal scintillante marchio Record Kicks, ce la conferma in grande forma artistica e compositiva con il suo classico soul, dalle movenze sensuali e forte vena pop, sorta di moderna Aretha Franklin con una pennellata vellutata di Dionne Warwick.
Una garanzia.
WET LEG - Wet leg
Esordio super frizzante per il duo inglese che rievoca le saltellanti note di band come Elastica o Breeders, un pizzico di Go Go's e qualche asperità qua e là. Molto divertenti e coinvolgenti.
MAMAS GUN - Cure the Jones
La band inglese si affida a un soul mellifluo e romantico, suadente e sensuale. Fatto molto bene, voce in falsetto, echi di Curtis Mayfield, Stevie Wonder, Marvin Gaye e un ascolto gradevolissimo.
SAULT - Air
Il collettivo inglese ci aveva abituati ad album intrisi di soul, funk, elettronica, blackness. Il nuovo capitolo sorprende con una inaspettata deviazione orchestrale e quasi sinfonica. Interessante pur se eccessiva e ridondante.
SURE FIRE SOUL ENSEMBLE - Step Down
Funk strumentale intriso di umori ethio jazz.
Suonano alla grande, suoni moderni ma dal gusto vintage, sezione fiati che accompagna al meglio, un bel disco.
SOUL REVIVERS - Gone are the days
Grande album di reggae soul, pubblicato dalla Acid Jazz, con alcune leggende come Ernest Ranglin, Ken Boothe, Earl 16, Devon Russell e rappresentanti della nuova scena jazz inglese come Ms. Maurice già con Kokoroko e Nubya Garcia) e la cantante Alexia Coley.
BIG MOUNTAIN COUNTY - Klaus
Torna la favolosa band romana con un ep nuovo di zecca, intensamente psichedelico. Tre brani (e due remix) che ci accompagnano in vortici lisergici che vanno da "Tomorrow never knows" dei Beatles a certi voli dei Primal Scream in un 'ottica mai revivalista ma totalmente moderna. Ennesima conferma di un talento di rara efficacia.
KAE TEMPEST - The line is a curve
Intenso e originale, il nuovo album di Kae Tempest riesce a a mettere insieme armonicamente un mood esplicitamente rap/hip hop e spoken word con un apporto sonoro che si muove tra elettronica, sperimentazione, afflati soul e pop.
Tra le proposte più interessanti e personali in circolazione.
RED HOT CHILI PEPPERS - Unlimited love
Il miglior album da lungo tempo della band. La miscela è consolidata: funk, rock, ballate intense, suoni pazzeschi (Rick Rubin) e ottimi brani. Diciasette brani sono eccessivi e rendono l'album un po' prolisso ma comunque riuscito.
THE UNCLAIMED - Primordial Ooze Flavored
Ristampa in vinile in 300 copie del mitico mini LP del 1983 con l'aggiunta di du ebrani incisi su 45 giri per la rivista nostrana "Lost Trails". Gatefold sleeve, inserti, articoli, dichiarazioni di stima di vari noti fan. Garage punk nella sua accezione più selvaggia e ruvida.
BACKDOOR SOCIETY - This is nowhere
Secondo album per la band piacentina e furioso, sparatissimo e ruvidissimo attacco garage punk/rhythm and blues. Ci sono grandi riferimenti, oltre all'amato 60's beat olandese, dai Pretty Things e Downliners Sect, ai primi Stones fino al garage punk americano di Sonics e Monks e al quel sottobosco di nomi oscuri che troviamo nelle compilation "Peebles" e "Back From The Grave". Un album "cattivo" e abrasivo, entro i limiti dell'eccellenza per chi ama il genere.
PARTNERS IN CRIME - Chain Breakers
Simone Di Maggio, leader della Rock’n’Roll band “The Astrophonix” e considerato uno dei migliori chitarristi europei, e Angelo Castiglione, leader della “Shame Blues Band”, apprezzato come uno dei più cristallini talenti dell’ armonica blues, sono insieme in questo progetto dal 2014 e hanno accumulato una lunga serie di esperienze discografiche e concertistiche.
Il nuovo lavoro segue le caratteristiche consolidate del loro sound, tra rockabilly (Stray Cats in primis, vedi "Cheatin little baby"), swing, jive, blues, rock blues, doo wop.
Il tutto con una classe e una maestria di primo livello.
ACID JACK FLASHED - The devil's charm
Non c'era da dubitarne ma il nuovo album del duo lombardo è un vero e proprio gioiello di sapiente unione di ispirazione psichedelica tardo 60's, prog folk, un costante gusto beatlesiano (con sguardi generosi a Kinks, Who e Small Faces) ma capace di flirtare con un approccio moderno e di deviare a piacimento in un brano punk rock o in uno country. Ben fatto, suoni perfetti, arrangiamenti sempre efficaci.
WUNDERKAMMER - Tic Tac Drin Drin
Alle spalle un 45 giri e una carriera interrotta, il progetto di Nik Maffi, funambolico agitatore culturale, musicista e tanto altro, prosegue con un CD dichiaratamente Dadaista (vedi anche i testi in cui è stata spesso usata la tecnica del cut up) che raccoglie l'eredità di un gruppo troppo frequentemente dimenticato e sottovalutato, i Residents (a cui affianca l'attitudine dei primi Devo). La strumentazione usata comprende tastiere giocattolo Casio vintage, risalenti agli anni ’80 e ’90 oltre ad un sintetizzatore Casio. Il risultato è curioso e bizzarro ma soprattutto creativo e originalissimo.
UMBERTO PALAZZO - Belvedere Orientale
Umberto Palazzo ha alle spalle una lunga carriera artistica con nomi di primo piano della scena “indie” italiana (dai Massimo Volume ai Santo Niente). L’ultima incarnazione lo vede vestire i panni cantautorali (spaziando da Lucio Battisti ad Alan Sorrenti) ma con una vena soul/funk/disco che riporta alla scena inglese degli anni 80 (Style Council, Orange Juice e paraggi). Come sempre, siamo dalle parti dell’eccellenza.
TENEBRA - Moongazer
Secondo album per la band bolognese che sforna un rovente gioiello di eccellenza hard n heavy. Radici piantate nel classico (dai Black Sabbath ai Blue Cheer, Hawkwind al rock blues a cavallo tra i 60 e 70) ma sguardo in avanti, piedi, cuore e testa nel presente. Grandi suoni, attitudine perfetta per un album suonato con estrema competenza, voce potentissima, canzoni di primissima qualità.
ASCOLTATO ANCHE:
ALDOUS HARDING (cantautorato articolato e di buona originalità),
LETTO
GIORGIO RIMONDI - L’invasione degli Afronauti
Un lavoro curioso ma allo stesso tempo colmo di suggestioni, stimoli, particolarità semi sconosciute che approfondisce, in modo dettagliato, colto, accademico e mai banale, il rapporto tra la cultura afroamericana, la tecnologia e la fantascienza.
Passando da Duke Ellington ("considero lo Sputnik un'opera d'arte nello stesso tempo in cui osservo un grande dipinto, leggo una grande poesia, ascolto una grande opera musicale") a Janelle Monae, da Ornette Coleman a Sun Ra, attraverso i Parliament/Funkadelic di George Clinton ma anche Toni Morrison, lo splendido e oscuro "Mumbo Jumbo" di Ishmael Reed, il pionieristico "The comet" di DuBois, si viaggia (rigorosamente in astronave) tra una visione storica lucida e concreta (dalla tratta degli schiavi ai giorni nostri), analisi filosofiche della creatività afroamericana (da sempre restia ad abbracciare il mondo science fiction) e riflessioni interessantissime.
A corredo un'ampia bibliografia e fonti dettagliatissime.
Basilare per i cultori della black music & culture.
VICTORIA MARY CALRKE / SHAME MCGOWAN - Una pinta con Shane McGowan
Ci sono musicisti che, nonostante una carriera più che dignitosa, vengono ricordati quasi esclusivamente per la loro immagine, il personaggio che si sono creati, che ha abbondantemente superato la qualità artistica del loro operato. Tanto più se la fama deriva da comportamenti eccessivi e sopra le righe.
L'epitome è sicuramente Ozzy Osbourne, voce dei Black Sabbath, protagonista di mille episodi all'insegna delle più svariate esagerazioni ma l'elenco è lungo, non solo nella storia del rock.
Anche nel jazz, soul, country e nella musica leggera non mancano liste di episodi epici.
Il caso di Shane McGowan, cantante degli irlandesi Pogues, è abbastanza simile.
Alcolista all'ennesima potenza, con una lunga confidenza con ogni tipo di droga, gioventù da teppista violento, iniziato alla birra e whisky fino dalla tenera età, grande amicizia con il gioco d'azzardo e con (brevi) periodi in gattabuia, incline alla rissa e al naso rotto, qualche mese perfino in manicomio.
Nonostante l'idea di creare una band che mischiasse la musica folk irlandese, già di per sé piuttosto frizzante, con punk, rock, blues, country, rhythm and blues, sia stata geniale e abbia creato un vero e proprio genere, seguito da decine di gruppi in tutto il mondo e che gli ha procurato fama, successo ed eccellenti dischi, viene puntualmente ricordato per le sbronze colossali, l'aspetto che definire trasandato è un eufemismo (soprattutto la sua celebre dentatura letteralmente a pezzi), il comportamento costantemente al limite che, non poche volte, lo ha portato vicino alla morte.
Esce ora per Tsunami Edizioni una particolare autobiografia, intitolata significativamente “Una pinta con Shane McGowan” in cui il protagonista si racconta attraverso 400 pagine di intervista fattagli dalla (pazientissima, al limite della santità) scrittrice e giornalista, nonché moglie, Victoria Mary Clarke.
Domande che abbracciano tutta la sua vita, dall'infanzia in poi, lo guidano attraverso la sua mente un po' confusa che salta spesso di palo in frasca ma che ricuce alla perfezione una vicenda non solo curiosa e interessante ma unica.
Shane sa essere provocatoriamente ironico (“Non mi piacciono i bambini, mi danno i brividi. Se ne avessi uno gli insegnerei come si fa a fumare il crack”) ma anche profondo e lucido nella visione della vita, della società e della politica. Cresce nelle selvatiche campagne irlandesi, assimilandone le tradizioni, la cultura, l'avversione per gli inglesi.
“Penso che l'odio per gli inglesi sia stato alimentato dai vecchi di casa ma è stato rafforzato dal fatto che si sono rivelati un branco di bastardi, proprio come me li avevano descritti”.
Sono gli anni (i Sessanta) in cui la repressione nei confronti dei separatisti dell'Irlanda del Nord è feroce e l'appoggio ai ribelli e terroristi dell'IRA quasi unanime da parte del popolo irlandese.
Sperimenterà sulla sua pelle questa atavica divisione quando si trasferirà con i genitori a Brighton, subendo spesso i dileggi e le discriminazioni dei coetanei inglesi che lo chiamano dispregiativamente “paddy”.
Un po' studia (è un piccolo genio della letteratura), un po' lavora ma la sua occupazione preferita è mettersi nei guai.
“Credevamo nelle droghe pesanti, nel rock 'n' roll a tutto volume e nei capelli ragionevolmente lunghi. Eravamo i classici soul boys, alternativi e selvaggi, uno shock per i genitori dei nostri conoscenti, indossavamo giubbotti di pelle, jeans e pantaloni di pelle, ascoltavamo Stooges, Small Faces, MC5, Black Sabbath, Led Zeppelin, Roxy Music”.
Sarà una logica conseguenza che Shane finisse nella primissima scena punk londinese, dove si trova perfettamente a suo agio, tra gli eccessi e la violenza (indotta) dall'estetica e dal comportamento dei suoi aderenti.
E' costantemente presente ai principali concerti dell'epoca (spesso ripreso da fotografi e telecamere) e fonda una band, i Nipple Erectors, poi Nips, prodotti anche da Paul Weller, con cui realizza alcuni 45 giri, senza particolare successo.
“La società pensava che fossimo feccia, la polizia pensava che tutti i giovani fossero feccia, il governo pensava che tutte le persone fossero feccia. Ed è ancora così, la democrazia non esiste, nessuno otterrà mai un trattamento equo perché ha protestato contro qualcosa o perchè ha combattuto una guerra. La vita è una merda. Ai tempi non c'era lavoro, l'unico modo per fare soldi era rubare o inventarsi qualcosa: fare vestiti, lavorare in un sexy shop o in un negozio di dischi. Oppure fare una band. Ecco perché c'erano così tanti gruppi, la gente cercava solo di fare soldi”.
Il punk cambia radicalmente il suo modo di essere e lo introduce in una nuova dimensione.
“Abbiamo infranto tutte le inibizioni che avevano cercato di inculcarci. Siamo andati oltre quei condizionamenti. Tra noi c'erano omosessuali, bisessuali, lesbiche, asessuali, eterosessuali, monogami, poligami. Non c'erano regole sul sesso, nessuna morale. Se ti fa sentire bene, fallo. Questa era la nostra morale”.
Da questa scena prende la forza per iniziare a fare sul serio con la musica e, nel 1982, fonda una nuova band originariamente chiamata in gaelico Pogue Mahone (“Baciami il ...”), poi contratta in Pogues.
“Volevo fare una musica pura che potesse essere di qualsiasi epoca, volevo rendere il tempo irrilevante, rendere irrilevanti decenni e generazioni. Non volevo fingere di essere un intellettuale.
Volevo che la musica non parlasse di angoscia e di quanto sia terribile starsene nella propria camera da letto a farsi di eroina o stronzate del genere. Non volevo parlare di quanto fosse brutto bere, volevo celebrare l'uso di droghe, il bere e la vita.
Volevo celebrare il lato squallido della vita che piace a me. Mi piacciono i pub, la droga e il sesso. Detestavo la tendenza all'apatia degli anni Ottanta e i musicisti che si comportavano bene”.
Il gruppo decolla velocemente. Con la produzione di Elvis Costello piazzano un colpo vincente con l'album ”Rum, Sodomy and Lash” nel 1985, seguito dal grande successo di “I should fall from Grace with God” nel 1988.
La loro vita diventa un continuo party in giro per il mondo tra sbronze senza fine, concerti travolgenti, un ritmo dissipato che lascia per strada parecchi componenti e crea continui problemi alla stabilità della band, soprattutto a causa della totale inaffidabilità di Shane, spesso incapace di salire sul palco.
Nel 1991 viene licenziato e il suo posto in tour preso nientemeno che dall'ex Clash Joe Strummer.
I Pogues proseguono per un po' ma con un declino costante di popolarità, Shane si ricicla con i discreti Popes. La band si riunirà nel 2001 suonando periodicamente dal vivo per brevi tour che faranno riemergere vecchie cicatrici e antichi conflitti.
L'ultimo concerto è datato 2014, dopo di che la carriera del gruppo viene dichiarata conclusa.
Shane è ricomparso raramente sulla scena per qualche concerto come ospite anche a causa di una salute sempre più precaria, conseguenza della vita eccessiva condotta.
Ha recentemente dichiarato di essere per la prima volta sobrio dall'età di otto anni (in cui incominciò a bere Guinness che gli davano i nonni per farlo dormire...).
Rimane un inguaribile nazionalista, come sempre eccessivo nelle sue dichiarazioni, abbastanza incomprensibili per un italiano (e non solo):
“I Pogues non sarebbero mai esistiti se non fossi stato irlandese. L'Irlanda significa tutto per me. Mi sono sempre sentito in colpa di non avere dato la vita per l'Irlanda, non che avrei potuto cambiare le cose ma mi sono vergognato di non avere avuto il coraggio di unirmi all'IRA. I Pogues sono stati il modo per superare quel senso di colpa. E ripensandoci forse ho fatto la scelta giusta. L'Irlanda è la più grande nazione del mondo e gli irlandesi il popolo più importante del mondo”.
Il classico personaggio da amare o odiare, sicuramente con cui è sconsigliato (perlomeno fino a poco tempo fa) trascorrere più di cinque minuti, a meno che di essere ubriachi fradici. Non è stato mai un esempio, anzi, il perfetto “cattivo maestro” da cui guardarsi, ma che ha saputo lasciare un'eredità artistica unica e a cui si continua a guardare con affetto.
Lunga vita, Shane!
BRUNO CASINI - Frequenze Fiorentine – Firenze Anni ‘80
Torna il libreria in versione ampliata il volume di Bruno Casini dedicato al fermento culturale della Firenze anni '80.
A quasi venti anni dalla prima, introvabile, edizione nuovamente disponibile ‘Frequenze Fiorentine’, libro illustrato sulle culture giovanili della Firenze degli anni Ottanta. La nuova versione è riveduta, corretta e remixata con capitoli inediti e l’impaginazione di Matteo Torcinovich.
La Firenze che prese una strada a sè rispetto ai vari fuochi che bruciavano ovunque in Italia.
Fu un mix di new wave, sperimentazione, arte, spettacolo, moda, contaminazioni.
Locali come Banana Moon, Tenax, Manila, Rokkoteca Brighton, Casablanca, Salt Peanuts, la radio Controradio come portavoce, nomi come Litfiba, Diaframma, Neon, Moda, ma anche Cafè Caracas o Dennis & the Jets e loro varie diramazioni e incroci a guidare musicalmente le fila.
BR> Nel libro sono raccolte decine di testimonianze dirette da parte de protagonisti, ricostruendo in maniera fedele e accurata quel (relativamente) breve periodo di creatività, pulsione, novità, originalità pressoché unica, in Italia.
DONATO ZOPPO - Un nastro rosa ad Abbey Road
Donato Zoppo, scrittore e giornalista, riprende due suoi testi precedentemente pubblicati e ora aggiornati e arrichiti da nuovi contributi.
L'uno dedicato all'immortale "Something" di George Harrison & the Beatles, del 1969, l'altro a "Un nastro rosa" di Lucio Battisti, di dieci anni dopo.
Due analisi approfondite di due brani iconici e, a modo lro, rappresentativi delle rispettive epoche e autori.
Partecipano anche Alberto Fortis, Michelangelo Iossa, Paolo Morlando, Ernesto Assante, Maurizio Baiata, Massimo Bonelli, Gino Castaldo, Valerio Corzani, Rolando Giambelli, Mario Giammetti, Federico Guglielmi, Roberto Manfredi, Carla Ronga, John Vignola.
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà"
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Nel sito www.goodmorninggenova.org curo settimanalmente una rubrica di calcio "minore".
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
IN CANTIERE
E' uscito il nuovo album dei NOT MOVING LTD "Love Beat" per Area Pirata con otto inediti e una cover
Si trova nei negozi, ai nostri concerti e qui:
http://www.areapirata.com/dettaglio.php?cod=5490
Prossimi concerti NOT MOVING LTD
Sabato 30 aprile: Fontanafredda (Pordenone) “Astro Club”
Venerdì 26 maggio: Poggibonsi (Siena) "Bottega 26"
Giovedì 16 giugno: Cesena “Rocca Malatestiana” + Amyl & the Sniffers
Venerdì 1 luglio: Sesto Fiorentino (Firenze) “Limonaia”
Sabato 9 luglio: Salsomaggiore (Parma) “Festival Beat”
Sabato 3 settembre: Bologna “Frida”
E' uscito in tutte le librerie il libro "Soul. La musica dell'anima" per Diarkos.
Qui i dettagli: https://tonyface.blogspot.com/2022/01/antonio-bacciocchi-soul-la-musica.html
Presentazioni:
Venerdì 13 maggio: Bologna "Circolo della Pace" via del Pratello
Sabato 14 maggio : Rovereto (Trento)
Venerdì 8 luglio: Salsomaggiore (PR) "Festival Beat"
Venerdì 22 luglio: "Porretta Soul Festival"
Dal 28 maggio nel Comune AltaValTidone (Piacenza) la Rassegna musicale/letteraria ROCK AROUND THE BOOK.
giovedì, aprile 28, 2022
Get Back. Dischi da (ri)scoprire
Omaggio a Chris Bailey, leader dei SAINTS, recentemente scomparso.
THE SAINTS
I'm stranded (1977)
Esordio fulminante, tra le pietre miliari del punk rock, tra i dieci album migliori del genere.
Brani come "I'm stranded", "No time", la cover di "Kissin cousins" sono classici punk senza età. Bailey fu sempre piuttosto critico nei confronti di questo lavoro, considerato non rappresentativo della band.
Eternally yours (1978)
Album spesso discusso perché si evolveva in maniera appartentemente drastica dalla rozzezza e immediatezza dell'esordio. In realtà è più raffinato e rifinito ma conserva energia, elettricità e potenza. Siamo ad altissimi livelli.
Prehistoric Sounds (1978)
La svolta soul precede l'addio di Ed Kuepper, ottimo compositore, che mal tollera la direzione più "commerciale" della band. Un buon disco, ancora vicino alle origini garge punk ma che guarda verso altri orizzonti.
The Monkey Puzzle (1981)
Casablanca (1982)
A Little Madness to Be Free (1984)
All Fools Day (1986)
Prodigal son (1988)
Bailey diventa il leader incontrastato della band (che cambia nel frattempo componenenti a ripetizione) e produce una serie di buoni album all'insegna di un ottimo power pop, più o meno ispirato, ma sempre di buona fattura, energico e con numerosi spunti di interesse.
Successivamente a nome Saints escono nuovi album tra cui segnalo "King of the Sun" del 2012, un buon concept di folk rock molto suggestivo.
Altrettanto dignitosa la carriera solista con buoni lavori, alcuni affini al blues più crudo, altri più folk, altri ancora più inclini al pop.
mercoledì, aprile 27, 2022
Michael Dressel
Michael Dressel nasce a Berlino Est, cerca di fuggire e scavalcare il muro ma viene mandato in prigione per due anni.
Dopo varie esperienze approda a Hollywood e incomincia il suo lavoro di fotografo che immortala chi è arrivato nella città dei sogni e non ce l'ha fatta: mendicanti, indigenti, homeless, aspiranti attori, un sottobosco disperato, costantemente alla ricerca del "sogno".
“La realtà che si incontra per strada ha ben poco a che fare con le immagini che vengono proiettate nel mondo. Questa discrepanza mi ricorda la mia giovinezza nella Germania dell'Est, dove la differenza tra propaganda e realtà era altrettanto grande'
"Sono interessato alle persone che sono venute a Hollywood piene di sogni e speranze che non si sono mai materializzati e che ora vivono duramente nell'ombra delle "fabbriche dei sogni" senza poter sfuggire al loro campo di gravità"
martedì, aprile 26, 2022
Victoria Mary Clarke / Shane McGowan - Una pinta con Shane McGowan
Riprendo l'articolo uscito domenica su "Libertà" domenica scorsa.
Ci sono musicisti che, nonostante una carriera più che dignitosa, vengono ricordati quasi esclusivamente per la loro immagine, il personaggio che si sono creati, che ha abbondantemente superato la qualità artistica del loro operato. Tanto più se la fama deriva da comportamenti eccessivi e sopra le righe.
L'epitome è sicuramente Ozzy Osbourne, voce dei Black Sabbath, protagonista di mille episodi all'insegna delle più svariate esagerazioni ma l'elenco è lungo, non solo nella storia del rock.
Anche nel jazz, soul, country e nella musica leggera non mancano liste di episodi epici.
Il caso di Shane McGowan, cantante degli irlandesi Pogues, è abbastanza simile.
Alcolista all'ennesima potenza, con una lunga confidenza con ogni tipo di droga, gioventù da teppista violento, iniziato alla birra e whisky fino dalla tenera età, grande amicizia con il gioco d'azzardo e con (brevi) periodi in gattabuia, incline alla rissa e al naso rotto, qualche mese perfino in manicomio.
Nonostante l'idea di creare una band che mischiasse la musica folk irlandese, già di per sé piuttosto frizzante, con punk, rock, blues, country, rhythm and blues, sia stata geniale e abbia creato un vero e proprio genere, seguito da decine di gruppi in tutto il mondo e che gli ha procurato fama, successo ed eccellenti dischi, viene puntualmente ricordato per le sbronze colossali, l'aspetto che definire trasandato è un eufemismo (soprattutto la sua celebre dentatura letteralmente a pezzi), il comportamento costantemente al limite che, non poche volte, lo ha portato vicino alla morte.
Esce ora per Tsunami Edizioni una particolare autobiografia, intitolata significativamente “Una pinta con Shane McGowan” in cui il protagonista si racconta attraverso 400 pagine di intervista fattagli dalla (pazientissima, al limite della santità) scrittrice e giornalista, nonché moglie, Victoria Mary Clarke.
Domande che abbracciano tutta la sua vita, dall'infanzia in poi, lo guidano attraverso la sua mente un po' confusa che salta spesso di palo in frasca ma che ricuce alla perfezione una vicenda non solo curiosa e interessante ma unica.
Shane sa essere provocatoriamente ironico (“Non mi piacciono i bambini, mi danno i brividi. Se ne avessi uno gli insegnerei come si fa a fumare il crack”) ma anche profondo e lucido nella visione della vita, della società e della politica. Cresce nelle selvatiche campagne irlandesi, assimilandone le tradizioni, la cultura, l'avversione per gli inglesi.
“Penso che l'odio per gli inglesi sia stato alimentato dai vecchi di casa ma è stato rafforzato dal fatto che si sono rivelati un branco di bastardi, proprio come me li avevano descritti”.
Sono gli anni (i Sessanta) in cui la repressione nei confronti dei separatisti dell'Irlanda del Nord è feroce e l'appoggio ai ribelli e terroristi dell'IRA quasi unanime da parte del popolo irlandese.
Sperimenterà sulla sua pelle questa atavica divisione quando si trasferirà con i genitori a Brighton, subendo spesso i dileggi e le discriminazioni dei coetanei inglesi che lo chiamano dispregiativamente “paddy”.
Un po' studia (è un piccolo genio della letteratura), un po' lavora ma la sua occupazione preferita è mettersi nei guai.
“Credevamo nelle droghe pesanti, nel rock 'n' roll a tutto volume e nei capelli ragionevolmente lunghi. Eravamo i classici soul boys, alternativi e selvaggi, uno shock per i genitori dei nostri conoscenti, indossavamo giubbotti di pelle, jeans e pantaloni di pelle, ascoltavamo Stooges, Small Faces, MC5, Black Sabbath, Led Zeppelin, Roxy Music”.
Sarà una logica conseguenza che Shane finisse nella primissima scena punk londinese, dove si trova perfettamente a suo agio, tra gli eccessi e la violenza (indotta) dall'estetica e dal comportamento dei suoi aderenti.
E' costantemente presente ai principali concerti dell'epoca (spesso ripreso da fotografi e telecamere) e fonda una band, i Nipple Erectors, poi Nips, prodotti anche da Paul Weller, con cui realizza alcuni 45 giri, senza particolare successo.
“La società pensava che fossimo feccia, la polizia pensava che tutti i giovani fossero feccia, il governo pensava che tutte le persone fossero feccia. Ed è ancora così, la democrazia non esiste, nessuno otterrà mai un trattamento equo perché ha protestato contro qualcosa o perchè ha combattuto una guerra. La vita è una merda. Ai tempi non c'era lavoro, l'unico modo per fare soldi era rubare o inventarsi qualcosa: fare vestiti, lavorare in un sexy shop o in un negozio di dischi. Oppure fare una band. Ecco perché c'erano così tanti gruppi, la gente cercava solo di fare soldi”.
Il punk cambia radicalmente il suo modo di essere e lo introduce in una nuova dimensione.
“Abbiamo infranto tutte le inibizioni che avevano cercato di inculcarci. Siamo andati oltre quei condizionamenti. Tra noi c'erano omosessuali, bisessuali, lesbiche, asessuali, eterosessuali, monogami, poligami. Non c'erano regole sul sesso, nessuna morale. Se ti fa sentire bene, fallo. Questa era la nostra morale”.
Da questa scena prende la forza per iniziare a fare sul serio con la musica e, nel 1982, fonda una nuova band originariamente chiamata in gaelico Pogue Mahone (“Baciami il ...”), poi contratta in Pogues.
“Volevo fare una musica pura che potesse essere di qualsiasi epoca, volevo rendere il tempo irrilevante, rendere irrilevanti decenni e generazioni. Non volevo fingere di essere un intellettuale.
Volevo che la musica non parlasse di angoscia e di quanto sia terribile starsene nella propria camera da letto a farsi di eroina o stronzate del genere. Non volevo parlare di quanto fosse brutto bere, volevo celebrare l'uso di droghe, il bere e la vita.
Volevo celebrare il lato squallido della vita che piace a me. Mi piacciono i pub, la droga e il sesso. Detestavo la tendenza all'apatia degli anni Ottanta e i musicisti che si comportavano bene”.
Il gruppo decolla velocemente. Con la produzione di Elvis Costello piazzano un colpo vincente con l'album ”Rum, Sodomy and Lash” nel 1985, seguito dal grande successo di “I should fall from Grace with God” nel 1988.
La loro vita diventa un continuo party in giro per il mondo tra sbronze senza fine, concerti travolgenti, un ritmo dissipato che lascia per strada parecchi componenti e crea continui problemi alla stabilità della band, soprattutto a causa della totale inaffidabilità di Shane, spesso incapace di salire sul palco.
Nel 1991 viene licenziato e il suo posto in tour preso nientemeno che dall'ex Clash Joe Strummer.
I Pogues proseguono per un po' ma con un declino costante di popolarità, Shane si ricicla con i discreti Popes. La band si riunirà nel 2001 suonando periodicamente dal vivo per brevi tour che faranno riemergere vecchie cicatrici e antichi conflitti.
L'ultimo concerto è datato 2014, dopo di che la carriera del gruppo viene dichiarata conclusa.
Shane è ricomparso raramente sulla scena per qualche concerto come ospite anche a causa di una salute sempre più precaria, conseguenza della vita eccessiva condotta.
Ha recentemente dichiarato di essere per la prima volta sobrio dall'età di otto anni (in cui incominciò a bere Guinness che gli davano i nonni per farlo dormire...).
Rimane un inguaribile nazionalista, come sempre eccessivo nelle sue dichiarazioni, abbastanza incomprensibili per un italiano (e non solo):
“I Pogues non sarebbero mai esistiti se non fossi stato irlandese. L'Irlanda significa tutto per me. Mi sono sempre sentito in colpa di non avere dato la vita per l'Irlanda, non che avrei potuto cambiare le cose ma mi sono vergognato di non avere avuto il coraggio di unirmi all'IRA. I Pogues sono stati il modo per superare quel senso di colpa. E ripensandoci forse ho fatto la scelta giusta. L'Irlanda è la più grande nazione del mondo e gli irlandesi il popolo più importante del mondo”.
Il classico personaggio da amare o odiare, sicuramente con cui è sconsigliato (perlomeno fino a poco tempo fa) trascorrere più di cinque minuti, a meno che di essere ubriachi fradici. Non è stato mai un esempio, anzi, il perfetto “cattivo maestro” da cui guardarsi, ma che ha saputo lasciare un'eredità artistica unica e a cui si continua a guardare con affetto.
Lunga vita, Shane!
Victoria Mary Clarke / Shane McGowan
Una pinta con Shane McGowan
Tsunami Edizioni
340 pagine
23 euro
lunedì, aprile 25, 2022
25 aprile 2022
Continuiamo a ricordare.
Nel mio comune, Gragnano Trebbiense, provincia di Piacenza, è stata dedicata, da pochi giorni, una targa all'angolo della via che porta il suo nome, al giovane Giuseppe Nespi ucciso, a tradimento, da miliziani nazifascisti, a Castelbosco.
Tra gli assalitori alcuni conoscenti Gragnanesi.
Sulla targa l"ammonimento di Piero Calamandrei:
"Dovunque é morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità andate lì, o giovani, con il pensiero perché lì è nata la Costituzione"
domenica, aprile 24, 2022
Crocodile Rock + Not Moving LTD
Martedì, 26 aprile (ore 19) a GERMI (via Cicco Simonetta, 14/a) MILANO - presentazione in musica di "CROCODILE ROCK, storie, aneddoti e curiosità e tutto ciò che unisce musica e animali" (Hoepli).
Sul palco, EZIO GUAITAMACCHIm ANTONIO BACCIOCCHI, ANDREA MIRO' e BRUNELLA BOSCHETTI.
Con i Not Moving LTD torniamo in pista la prossima settimana all'astro Club di Fontanafredda (Pordenone).
https://www.facebook.com/events/359044542787719
venerdì, aprile 22, 2022
Bruno Casini - Frequenze Fiorentine – Firenze Anni ‘80
Torna il libreria in versione ampliata il volume di Bruno Casini dedicato al fermento culturale della Firenze anni '80.
A quasi venti anni dalla prima, introvabile, edizione nuovamente disponibile ‘Frequenze Fiorentine’, libro illustrato sulle culture giovanili della Firenze degli anni Ottanta. La nuova versione è riveduta, corretta e remixata con capitoli inediti e l’impaginazione di Matteo Torcinovich.
La Firenze che prese una strada a sè rispetto ai vari fuochi che bruciavano ovunque in Italia.
Fu un mix di new wave, sperimentazione, arte, spettacolo, moda, contaminazioni.
Locali come Banana Moon, Tenax, Manila, Rokkoteca Brighton, Casablanca, Salt Peanuts, la radio Controradio come portavoce, nomi come Litfiba, Diaframma, Neon, Moda, ma anche Cafè Caracas o Dennis & the Jets e loro varie diramazioni e incroci a guidare musicalmente le fila.
"Ballavamo tutti felici, al ritmo di queste musiche che parevano essere solamente nostre" (Nicola Vannini)
"Complicità più che amicizia, complicità più che progetti comuni, complicità più che organizzazione e obiettivi" (Lorenzo Pallini)
Nel libro sono raccolte decine di testimonianze dirette da parte de protagonisti, ricostruendo in maniera fedele e accurata quel (relativamente) breve periodo di creatività, pulsione, novità, originalità pressoché unica, in Italia.
"Gli anni 80 a Firenze sono stati una cosa importante che non si è mai più ripetuta da nessuna altra parte. Il pubblico era sempre numeroso e strabordava, non c'erano locali abbastanza spaziosi per contenerlo". (Antonio Aiazzi - Litfiba).
"Firenze era aperta e inclusiva, circolava un sacco di gente, si parlava, venivano fuori cose, si discutevano. Probabilmente anche quella sorta di allontanamento dalla politica, che poteva sembrare brutto o strano, contribuì a rendere le cose più semplici per l'area creativa.
L'accusa che si fa spesso a quegli anni è il disimpegno, gli anni 80 sono giudicati superficiali, edonisti ma la creatività deve essere anche un po' svincolata da modelli. Eravamo puri, puri creativi" (Lina Mugnai).
Bruno Casini - Frequenze Fiorentine – Firenze Anni ‘80
Goodfellas Edizioni/ Spittle
25 euro
288 pagine
Disponibile da aprile con un inedito vinile 7" dei Neon allegato (con i brani 'Last Dance' e 'Lobotomy')
giovedì, aprile 21, 2022
Bob Dylan a New York
Prosegue la rubrica TALES FROM NEW YORK.
L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground", da quelle parti, allegando sue foto.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Tales%20from%20New%20York
Per gli amanti di Bob Dylan la nostra rubrica si occupa di qualche luogo frequentato dall'artista di Duluth a New York City.
Dylan arrivato a NYC nel 1961 si trasferi nel Greenwich Village (uno dei quartieri piu belli di Manatthan) al 161 West 4th Street.
In Jones Street (a due passi da casa sua) nel 1963 il fotografo Don Hunstein scatto' la foto finita sulla copertina del secondo album "The Freewheelin' Bob Dylan" con in copertina Dylan che cammina con sottobraccio Suze Rotolo appena tornata dall'Italia.
Spostandosi poco piu ad est verso Washington Square Park troviamo il Cafe Wha? (ancora aperto) al 115 MacDougal Street dove debutto' il 24 gennaio del 1961.
Al 11 West 4th Street si trovava il Gerde's Folk City (edificio non piu' esistente) dove l'11 Aprile del 1961 suono' il suo primo concerto da professionista aprendo per John Lee Hooker.
Al numero 4 Gramercy Park West, dove Daniel Kramer scatto' nel 1965 la foto finita sulla copertina di "Highway 61 Revisited" sesto album, che ritrae Dylan seduto sui gradini davanti all'appartamento del suo manager Albert Grossman, con alle spalle Bob Neuwirth.
mercoledì, aprile 20, 2022
Racconti dall'ex Urss - Ucraina marzo 2022
L'amico SOULFUL JULES, abituale frequentatore, per motivi di lavoro, dell'ex Urss, ci introduce nel clima di alcune zone, tristemente famose in questi giorni.
Ci aiuta a capire e ad approfondire, al di fuori di divisioni ideologiche, polarizzazioni, supposizioni.
Le precedenti puntate qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-ucraina-febbraio.html
e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-parte-1.html
e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-ucraina-maggio-2014.html
e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/03/racconti-dallex-urss-febbraio-2022.html
e qui:
https://tonyface.blogspot.com/2022/04/ucrainarussia-ieri-e-oggi.html
Marzo 2022
Vibrazione… Messaggio Whatsapp - Kirill Kharkov
Gli ho scritto due giorni fa, quando hanno iniziato a bombardare Kharkov.
Un missile ha colpito un palazzo governativo in Piazza della Libertà, una delle più grandi in Europa.
Nella tradizione occidentale, l’agorà greca e il foro romano sono aree urbane in cui si esercitano la politica e il commercio, si intrecciano relazioni sociali e questa funzione è rimasta fino ai giorni nostri.
Al contrario, molte piazze progettate in epoca sovietica sono semplici spazi rettangolari, concepiti per parate, manifestazioni e comizi. Al centro una statua di Lenin.
Sono luoghi impersonali, hanno una funzione simbolica e teatrale.
Plosha Svobody è un ibrido tra simbolo e armonia, ha la forma di una goccia, o di una lacrima.
Una spianata di cemento si allarga in un cerchio diviso in sezioni geometriche di verde urbano che circondano una fontana incassata nell’asfalto.
Tutto intorno si alzano ordinatamente edifici amministrativi e fabbricati dell’università di Kharkov, una delle principali nel paese. Fondata nel 1804, è la più vecchia dell’Ucraina dopo quella di Lvov.
“Ciao Kirill. Mi dispiace moltissimo per tutti voi. Spero che tu e i tuoi cari stiate bene. Vi penso.”
Kirill è il titolare dell’azienda di Kharkov con cui collaboriamo da una decina d’anni.
Fino a qualche tempo fa la gestivano i suoi genitori, Lina e Leonid.
Ora si godono la pensione dopo aver passato le consegne all’unico figlio che continua ad amministrare l’attività di famiglia con pugno di ferro.
In occidente si parla di ambiente di lavoro inclusivo, spazi e atteggiamenti che favoriscono l’interazione tra colleghi.
Un’atmosfera positiva e serena favorisce la produttività e migliora il posizionamento del brand, è un aspetto consolidato del capitalismo moderno.
Conviene.
Vale anche per altri settori, come la scuola, dove l’insegnamento negli ultimi vent’anni è cambiato, sempre più rivolto ad un approccio inclusivo dello studente.
Se l’insegnante grida e terrorizza un ragazzino, difficilmente questo imparerà qualcosa.
In molte aziende dell’ex Urss vale l’opposto.
Nelle imprese di medie e piccole dimensioni, spesso vige una struttura piramidale per cui uno comanda e gli altri eseguono senza discutere.
In Russia e nell’Europa orientale il mercato del lavoro è comparso trent’anni fa.
Prima la gente nasceva, studiava e il partito trovava loro un lavoro, generalmente in linea con gli studi fatti.
Ora è diverso, una studia, chessò, ingegneria aeronautica e poi si trova a gestire un negozio di ferramenta o un centro assistenza di telefonia mobile per volontà o perché il caso lo ha portato lì.
Fino al crollo dell’Urss un ingegnere aeronautico avrebbe lavorato in una fabbrica di Tupolev.
Un poeta non poteva pubblicare un libro se non era membro dell’Unione degli scrittori, era tutto normatizzato e predefinito.
L’azienda di Kirill è di vecchio stampo, a partire dalla sede un po’ trascurata, un parallelepipedo giallo ocra degli anni sessanta, a un paio di chilometri da Plosha Svobody.
Nei mesi più freddi i dipendenti lavorano col giaccone e i guanti di lana, il riscaldamento tenuto al minimo.
Nelle grosse città e nelle aziende più grandi, soprattutto in quelle che hanno legami stretti con l’occidente o che operano nei settori più innovativi, si tende a favorire un approccio orizzontale a base di open space e relazioni informali.
Da Kirill si muovono tutti come formiche operaie, col proprio ruolo.
Non c’è rispetto per quelli che sono a tutti gli effetti dei sottoposti, c’è un clima di intimidazione favorito da una scala gerarchica molto rigida, chi sta nel gradino superiore fa valere il proprio grado anche nelle piccole cose, la richiesta di un caffè o di un’informazione.
Kirill è un ragazzone grande e grosso, cresciuto senza preoccupazioni e con una sicurezza economica garantita per lui e i suoi figli, cosa non scontata in un paese dove la maggior parte della gente ha risparmi per tirare avanti un paio di settimane, spesso neanche quelli.
Ha due figli piccoli, abita a 40 km dal confine russo e, mentre bombardano la sua città, deve gestire un’azienda e una sessantina di persone che dipendono materialmente da lui.
Il suo messaggio di risposta su Whatsapp contiene due meme.
Il primo è una vignetta in quattro sezioni.
Una mano esce dall’acqua, sotto c’è la scritta UKRAINE.
Ha le dita allargate, chiede aiuto.
Nel riquadro successivo compare un’altra mano sulla sinistra, indicata come THE WORLD.
Nella terza vignetta il mondo batte il cinque all’Ucraina con l’augurio STAY SAFE.
Nell’ultima immagine la mano-Ucraina affoga.
Il secondo meme è dello stesso tenore.
La metà superiore mostra una zona di guerra: un soldato identificato come UKRAINE chiede supporto aereo.
Nella sezione inferiore compare un velivolo di piccole dimensioni che tira un banner su cui c’è scritto “State andando alla grande”.
Da una settimana il presidente Zelenskij invoca una no fly-zone o un aiuto militare concreto dalla Nato.
Forse Kirill si aspetta che la situazione si sblocchi con questo messaggio.
O forse vuole litigare.
Mi infastidisce, lo ignoro e vado a dormire.
La mattina successiva mi manda una serie di foto, mostrano un palazzo residenziale colpito da un missile a Kiev.
Questa volta scrive:
“Giulio per favore, smettete di lavorare con la Russia e la Bielorussia. Bisogna che tutto il mondo si unisca contro questo oltraggio”
Ho già visto quelle immagini su Telegram, per alcuni è opera dei caccia russi, per altri un errore della contraerea ucraina.
Non credo sia interessato a punti di vista alternativi, provo a rispondere nel merito, non è così semplice.
“Noi lavoriamo con aziende private e persone normali.
Sono tutti sotto shock e molti hanno parenti in Ucraina.
Non ho intenzione di affrontare razionalmente questa cosa mentre voi siete sotto le bombe e io faccio colazione con la mia famiglia.
In nessun modo giustifico quello che sta succedendo.
Voglio solo dire che mi dispiace e sono molto preoccupato per tutti voi.
Dieci giorni fa ho comprato il biglietto per Kiev, dovevamo incontrarci e parlare.
Quando dico che vi ho in mente, penso realmente a persone che si preoccupano per i propri figli e i propri cari. Spero siate tutti vivi e sani.”
In questi giorni ho sentito qualche decina di persone sotto le bombe, ho inviato messaggi. Cosa scrivi, quali sono le parole giuste per chi sta sotto le bombe?
Hanno risposto con dignità, speravano in una rapida conclusione del conflitto e mi hanno ringraziato per averli pensati.
Eppure… mandare un messaggio in cui ti auguri che i destinatari siano vivi ti fa sentire un po’ un imbecille.
Dopo un paio d’ore Kirill mi invia di nuovo il meme del velivolo con la scritta “State andando alla grande”, accompagnato da un commento.
Voi siete questi.
Segue un vocale pieno di rancore, ho presente come sbarra gli occhi quando si incazza con i dipendenti.
“Bisogna far capire ai russi che il loro è un governo criminale, dovete smettere di lavorare con loro! le cose che scrivi sono tutte cazzate!” “Eto vsjo khujnjà!” Это все хуйня, parla in russo, non conosce l’ucraino.
Affonda sull’aspirata di khujnjà con gusto, lo fa per colpirmi e ci riesce.
Evito di entrare in una rissa a distanza.
“Non voglio litigare con te al telefono. Capisco la tua posizione. In bocca al lupo.”
Kharkov si trova a circa trecento km da Luhansk, città teatro di scontri e bombardamenti tra esercito ucraino e separatisti filorussi da otto anni.
Secondo le stime ufficiali, la guerra nel Donbass dal 2014 a febbraio 2022 ha causato circa quattordicimila morti, equamente ripartiti tra civili, militari ucraini e separatisti filorussi.
Una media di cinque morti al giorno, ogni giorno, per duemila e novecento giorni di fila.
Negli ultimi anni, quando chiedevo notizie del Donbass, Kirill faceva spallucce, non sapeva, aveva smesso di interessarsi.
Di fatto nessuno parlava più di guerra che in russo si dice “vojnà” война, in ucraino “vijni” війни.
Sono termini derivanti dal sostantivo “voj” вой, che significa ululato e non è difficile coglierne il legame.
All’inizio del conflitto, nel 2014, una grossa fetta della popolazione maschile era disposta ad arruolarsi nell’esercito per difendere il paese “sotto attacco”.
Dopo un anno esatto il sentimento era cambiato, l’esigenza era fermare la guerra, non vincerla.
Il crollo di produzione nel Donbass aveva acuito la crisi economica, era rimasto l’obbligo del visto per entrare in Europa, la corruzione endemica non era scomparsa col nuovo presidente Poroshenko, aveva cambiato casacca.
Nel 2015 la “guerra” era sparita dai principali media ucraini, aveva perso la forma delle esplosioni, delle case sventrate, non si sentiva più la puzza di bruciato e l’odore del sangue.
Adesso si parlava del “problema”, проблема sia in ucraino che in russo.
La soluzione era la “pace” che però non era rappresentata e percepita come un processo strutturale, attivo e costante ma semplicemente come la fine del “problema”, un aspetto burocratico, la firma di un accordo.
Pace in ucraino e russo si traduce “Mir” e si scrive nella stessa maniera, мир.
È una parola ambivalente, usata in entrambe le lingue per indicare sia la pace che il mondo, il globo terrestre.
Ricalca il termine greco Kosmos, che esprime l’armonia degli elementi e quindi il mondo che noi conosciamo, contrapposto al caos.
Anch’io all’inizio mi ero interessato alla guerra nel Donbass, leggevo, non pensavo ad altro, scrivevo.
Poi, lentamente, mi ero adeguato al clima, mi ero assuefatto alla tragedia quotidiana e quando chiedevo com’era la situazione a Donetsk o Lugansk mi rispondevano “Streljajut”, sparano.
C’era un certo fatalismo, quasi fosse un evento naturale su cui non puoi influire, come dire “piove”.
Qua non piove da tre mesi, guardo le Dolomiti fuori dalla finestra del mio ufficio e telefono ai clienti russi, per sentire come stanno.
Parlo con Lena di Voronezh, a San Pietroburgo risponde Masha e chiacchiero a lungo con Natasha di Rostov sul Don.
Natasha, come le sue colleghe, gestisce la filiale del nostro grossista nella sua città, ci conosciamo e lavoriamo insieme da anni.
È originaria del Caucaso, minuta di corporatura, ha un caschetto nero pece e la pelle olivastra.
È meticolosa, responsabile e tratta i dipendenti con rispetto. È poco più giovane di me ma ha una figlia che va all’università, si è sposata presto e separata poco dopo.
Come Masha e Lena, è una persona indipendente, realizzata nel lavoro, da quando ha preso in mano la filiale pochi anni fa, ha raddoppiato il fatturato.
In molti paesi dell’ex Urss è abbastanza comune trovare donne capaci e rigorose che occupano posizioni di un certo rilievo nelle aziende.
Vero, difficilmente sono ai vertici ma ricoprono spesso ruoli strategici che garantiscono il corretto svolgimento delle attività principali: acquisti, logistica, amministrazione, raramente nelle vendite.
Nell’Unione Sovietica le donne hanno ottenuto il diritto di voto e l’uguaglianza giuridica nel 1917, l’aborto è stato legalizzato nel 1920, l’accesso al lavoro nei settori industriali ha offerto opportunità di istruzione ed emancipazione anche nei paesi in cui era molto forte l’influenza della cultura musulmana.
Altri diritti civili come il congedo di maternità e il divorzio erano già acquisiti a metà degli anni venti del secolo scorso.
Pur considerando tutti i limiti di una società maschilista e la sospensione temporanea di alcune conquiste durante l’era staliniana, le donne hanno comunque beneficiato di una serie di opportunità che in molti paesi occidentali sono comparse soltanto quarant’anni dopo.
Lena, Masha e Natasha sono felicissime di parlare, accolgono la mia chiamata come un gesto importante, la volontà di restare in contatto, di essere ancora amici, partner, persone.
Nonostante tutto.
Forse perché siamo al telefono ma nessuno usa la parola “vojnà”, guerra. Si parla di “situatsja” ситуация, è una circostanza più ampia, riguarda e condiziona tutti, non solo chi si trova sotto le bombe.
L
a “situatsja” è complessa, speriamo si risolva presto.
Il termine deriva dal latino situare, collocare in un determinato punto. Son trascorse poche settimane dall’ultima volta che ci siamo sentiti e nel frattempo il mondo è cambiato, la nostra condizione è diversa.
I russi domandano sempre:
“Cosa dicono da voi?”
Il sottinteso non è tanto cosa dicono della “situatsja”, quanto Cosa dicono di noi?
Nel 2022 uno che vuole informarsi può farlo a prescindere dai media governativi, anche in Russia, ci sono moltissime fonti disponibili.
La domanda è esistenziale. Abbiamo bisogno di essere riconosciuti per esistere.
Se una parte di mondo ti taglia fuori, ti cancella, ti blocca, tu non esisti più.
Certo continui a vivere, a sentire, a muoverti ma in misura ridotta, manca un riferimento con cui confrontarti, uno specchio.
Stili di vita, comportamenti, successi e fallimenti sono definiti dalla percezione degli altri e dal confronto costante con il diverso. Lo specchio ci ritorna la nostra immagine e non è sempre facile guardare il riflesso.
“Cosa vuoi che dicano, che siete il male nel mondo, la vergogna più infame degli ultimi settant’anni o giù di lì. Vi odiano tutti, voi, i vostri avi e i vostri figli, probabilmente anche i vostri nipoti.
E se qualcuno prova a fare dei distinguo, a portare altri punti di vista, a dialogare, odiano anche lui per cui meglio lasciar perdere.”
Questo dicono da noi, più o meno. Ma non lo sentirai da me.
“Cosa vuoi che dicano, da noi dicono quello che da voi non dicono e da voi dicono quello che da noi non dicono. La realtà è complessa”
“Eh già è vero, dispiace per tutti civili che non hanno colpe.
Speriamo che la situazione si risolva presto.”
La realtà è complessa, ogni giorno una rogna diversa.
Le banche russe fanno fatica a reperire valuta straniera, le banche italiane effettuano controlli asfissianti, l’UE ha già promulgato il secondo pacchetto di sanzioni che vanno a colpire l’export europeo verso la Russia, che a sua volta ha risposto con misure simmetriche.
Il mio settore, quello dei componenti, non è stato ancora toccato, Mosca ha bandito le materie prime e i prodotti finiti da parte degli “stati ostili”, se vendessi cucine o soggiorni sarei senza lavoro.
Con la temporanea sospensione delle attività da parte di alcune grosse catene straniere, la domanda di mobili presso i produttori russi è schizzata, stanno tutti lavorando a pieno ritmo.
Le mie prospettive sono meno sfavorevoli rispetto a una settimana fa ma ogni giorno il quadro può peggiorare o sparire del tutto, non riesco a immaginare il mese di giugno in termini lavorativi, faccio fatica a visualizzare la mia routine quotidiana, telefonate, mail, la scrivania con i fogli in disordine o la scrivania del cliente con me seduto dall’altra parte.
C’è chi non ha più una scrivania e passa le giornate in cantina o nella stazione della metro, prova a scambiare le prospettive e dimmi cosa vedi.
Ho vissuto uno stato di incertezza simile a marzo 2020, all’inizio della pandemia. Non sapevo se avrei mai più fatto il mio lavoro, se sarei ritornato a Mosca o se sarei mai uscito di casa.
Quando qualcuno mi chiede “come va?” rispondo sempre alla stessa maniera, sorridendo.
“Sull’orlo del precipizio”
Anche quando sono al telefono, accompagno queste parole con un movimento preciso, sposto le punte dei piedi con cautela, come fossi in bilico sul cornicione di un palazzo.
È una mimica presa a prestito da uno dei miei eroi personali, Gil-Scott Heron.
Un artista capace di esprimersi attraverso jazz, poesia, cronaca sociale e politica attingendo dalla tradizione orale afro-americana. Illuminato da uno sguardo satirico e pungente, ha anticipato l’hip hop di almeno una decina d’anni e rimane ad oggi una voce unica e inimitabile.
Una sera di maggio 2010, quasi per caso, mi sono trovato a pochi chilometri da casa, a pochi metri dal palco, a godermi l’esibizione di uno dei più grandi esponenti della cultura black.
Prima del concerto, Gil Scott-Heron aveva ripercorso i momenti rocamboleschi nei giorni successivi all’eruzione del vulcano finlandese Eyjafjallajökull.
Prova a dirlo con la bocca piena di noccioline.
Gil raccontava che le ultime tappe del tour erano state segnate dall’incertezza, ovunque suonassero, la nuvoletta nera li inseguiva minacciando voli aerei e date programmate.
Alto e secco, con una coppola in testa, si spostava con agilità attorno agli strumenti in punta di piedi, le mani tese verso il pavimento per mantenere l’equilibrio.
Segnava un tragitto immaginario per rendere l’idea dei rischi e degli ostacoli aggirati ad un pubblico che capiva poco e niente di quella voce profonda ma che coglieva in pieno il senso di quei movimenti.
Aveva fatto ridere tutto il teatro senza dire una parola in italiano.
Poi si era seduto alla tastiera Fender Rhodes e aveva attaccato We Almost Lost Detroit, che parla del disastro sfiorato nel 1966 alla centrale nucleare Enrico Fermi, nello stato del Michigan.
A proposito di centrali, si combatte in prossimità dei reattori nucleari di Chernobyl e Zaporozhya, un missile poco intelligente manca il bersaglio e la “situatsja” è risolta per sempre.
A pochi chilometri di distanza, Maksim, il cliente di Kiev, è ancora rintanato in cantina.
Una villa a poche centinaia di metri da casa sua è stata bombardata. Mi manda le foto dell’edificio con il tetto sfondato e lo screenshot di Google Maps che indica la vicinanza all’esplosione.
Unica nota positiva, dopo aver fatto tappa in Austria, la moglie e i figli sono finalmente arrivati in Italia a Parma, dove abita la madre di Maksim. Tra pochi giorni il grande inizia la scuola.
Mio figlio più grande fa la quinta elementare, deve fare una ricerca sulla battaglia di Maratona.
Nel 490 AC Dario, re dei Persiani, invade l’Attica col suo esercito, considerato all’epoca invincibile, per risolvere a modo suo la questione delle colonie elleniche insofferenti al dominio persiano.
Erodoto racconta che i Persiani sbarcano nella baia di Maratona, a quaranta chilometri da Atene.
La pianura è collegata alla capitale da strade ed è ricca di corsi d’acqua potabile, elementi fondamentali per la logistica ed il sostentamento delle truppe e dei cavalli.
Gli Ateniesi sono indecisi sulla tattica da seguire, affrontare gli invasori nella pianura o farli avanzare fino ad Atene per difendersi tra le mura della città.
Il giorno della battaglia, l’esercito ateniese, numericamente inferiore ma ben addestrato ed equipaggiato, attacca in movimento gli invasori.
I persiani sfondano nel settore centrale ma le ali dei greci sono meglio disposte ai lati e circondano il nemico per poi ricacciare verso il mare l’esercito Persiano che subisce gravi perdite, anche in termini di equipaggiamento e imbarcazioni.
Per molti storici la vittoria dei Greci è significativa per la nascita della democrazia ateniese, un momento fondamentale per lo sviluppo della civiltà occidentale.
Non è così difficile da imparare, eppure mio figlio fa fatica, non si concentra, si blocca.
Perdo la pazienza, alzo la voce.
Sono nervoso. Sarà per la ginnastica che faccio al mattino.
Nei paesi dell’ ex Urss, Ucraina compresa, la festa della donna è un giorno di vacanza.
L’8 marzo mi chiama Oleksandr, il capo di Maksim.
È poco più giovane di me, ci conosciamo da una decina d’anni ma abbiamo iniziato a ingranare soltanto negli ultimi mesi. Oleksandr ha lasciato Kiev allo scoppio della guerra e si è spostato a L’vov, al confine con la Polonia.
Vorrei chiedergli cosa ha pensato quando ha chiuso la porta di casa l’ultima volta, cosa è riuscito a portare via con le mani e con gli occhi prima di girare la chiave nella toppa.
Ha mandato la famiglia in Polonia, adesso lui è ospite da alcuni parenti.
“Stiamo in quattro in una stanza ma abbiamo da mangiare e non manca niente” È euforico, su di giri.
“Vinceremo. Ormai la guerra sta finendo, hanno quasi esaurito le bombe. Poi arriveranno un sacco di soldi dei piani di ricostruzione, ci sarà un boom economico”
Abbasso la testa sulla scrivania, guardo la venatura artificiale del piano in melamina, sembra legno vero.
Faccio fatica a trovare parole, non riesco a dirgli cosa penso o quello che vorrebbe sentirsi dire.
“Speriamo che finisca presto”.
Parliamo dei suoi concorrenti, gli racconto di Kirill di Kharkov, della guerra che per otto anni era vicina a casa sua e adesso gli è entrata in salotto.
Oleksandr mi interrompe.
“Il Donbass è l’origine di quello che sta succedendo adesso. Per anni ho vissuto la mia vita senza pensare che c’erano persone come me che morivano a poche centinaia di chilometri da casa mia. Per anni sono andato a dormire la sera dando per scontato di stare nel mio letto e di svegliarmi il giorno dopo”.
Se fai particolare attenzione, se passi l’unghia sulla venatura, si sente che non è legno vero.
martedì, aprile 19, 2022
Post pandemic stereo blues
E' solo un'impressione, piacevole e corroborante.
Le prime sette date del tour dei Not Moving LTD (che hanno toccato luoghi lontani e diversi tra loro, Milano, Torino, Pisa, La Spezia, Varese, Roma, Napoli) hanno evidenziato come la tabula rasa seguita alla pandemia abbia, in qualche modo, compattato chi ha saputo e potuto resistere: locali, organizzatori, pubblico, musicisti.
Che si sia creata una nuova energia che ha rafforzato e in qualche modo ricreato quella che abitualmente chiamiamo "scena".
Impressione suffragata da un inaspettato contorno di (anche molto) giovani, appassionati, curiosi e partecipi.
La Vecchiaia mi ha reso ancora più graniticamente razionale, ascetico, algido e distaccato (che neanche un burocrate della DDR...) ma avverto una gradevolissima "vibrazione" nell'aria che profuma di "arte", di fresco, di forza, come da tempo non si sentiva.
Un sentito grazie a chi c'era e ancora c'è e a chi è appena arrivato o sta arrivando.
I'll salute the New Wave
And I hope nobody escapes
(The Clash)
lunedì, aprile 18, 2022
School of Rock
School of Rock è una trasmissione dedicata alla rock music in onda ogni due mercoledì alle 21 sulle frequenze di Radio Melody Valtidone.
In replica al venerdì alle 17, al lunedì alle 23 e al mercoledì successivo alle 21.
Il tutto condotto dalla passione di Dennis Bramante Mezzadri.
https://www.radiomelody.it/
venerdì, aprile 15, 2022
Not Moving LTD On the road
Oggi io e Rita partiamo all'alba da Piacenza per raggiungere Navacchio, vicino a Pisa, caricare Dome e Iride, stiparci con chitarre, ampli, pezzi di batteria, borse, merchandising sulla mia Dacia e volare con i NOT MOVING LTD a Roma dove a Saxa Rubra alle 14 ci aspetta John Vignola in RAI per registrare una puntata della trasmissione Radio1 Music Club (in onda dal lunedì al venerdì alle 23.05 su radio Rai 1).
Si parlerà e suonerà live in studio.
Da lì a ROMA al Trenta Formiche per suonare in serata con anche le Cleopatras
https://www.facebook.com/events/683782102773507
Sabato si "scende" a Pomigliano d'Arco (NAPOLI) al First Floor Club
https://www.facebook.com/events/459665662565817.
Il giorno di pasqua, della resurrezione etc etc lo trascorreremo in autostrada risalendo la penisola e gustando i favolosi panini dell'autogrill, più cari del sangue e della benzina.
giovedì, aprile 14, 2022
Syd Shelton
Syd Shelton è un fotografo e grafico. All'inizio degli anni '70 ha iniziato la sua attività fotografica in Australia, lavorando come fotoreporter freelance per giornali. Nel 1975 ha tenuto la sua prima mostra fotografica personale "Working Class Heroes" alla Sydney Filmmakers Cooperative.
Nel 1976 Syd tornò a Londra e fondò la partnership di design e fotografia Hot Pink Heart/Red Wedge Graphics che si è evoluta nella sua attuale azienda Graphicsi.
Syd diventa uno degli attivisti chiave del movimento Rock Against Racism (RAR).
Era un fotografo e uno dei designer della rivista RAR Temporary Hoarding (dal 1976 al 1981).
Negli anni '80 ha prodotto fotografie per la stampa, grafica per il settore pubblico e privato.
È stato anche co-editor e art director di una serie di libri fotografici che includevano il premiato Day in the Life of London, and Ireland: A Week nella vita di una nazione. Nel 2015 un libro di fotografie associate a RAR di Syd è stato pubblicato , Syd Shelton: Rock Against Racism e accompagnato dall'omonima mostra itinerante.
http://www.sydshelton.net/