mercoledì, agosto 31, 2022
Agosto 2022. Il meglio del mese
A due terzi dell'anno buone cose con gli album di Fantastic Negrito, Ben Harper, Lazy Eyes, Graham Day, Miles Kane, Hoodoo Gurus, Liam Gallagher, Martin Courtney, Viagra Boys, Tambles, Black Midi, Spiritualized, Yard Act, Elvis Costello, JP Bimeni and the Black Belts, Shirley Davis and the Silverbcaks, Dedicated Men of Zion, Electric Stars, St.Paul and the Broken Bones, Abiodun Oyewole, York, PM Warson, Joe Tatton Trio, Jamie T.
Mentre tra gli italiani Bebaloncar, Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, Sacromud, Assalti Frontali, Temporary Lie-Cesare Malfatti e Georgeanne Kalweit, Bastard Sons of Dioniso, Organ Squad, The Cleopatras, Dear, White Seed, Tin Woodman, Alternative Station, Massimo Zamboni, Dear, Agape, Almamegretta e Path.
KOKOROKO - Could we be more
Esordio per la band londinese di nu jazz. Che assembla un'incredibile miscela di riferimenti sonori, dall'afro beat, al funk, reggae, soul, ethiojazz, ritmi e influenze caraibiche (calypso in particolare) ma anche rumba congolese, highlife e tanto altro.
Il sound è pulsante, pieno di groove, sperimentazione, contaminazione, colonna sonora di quella parte di società occidentale che è cambiata e rappresenta la modernità.
JAMES TAYLOR QUARTET - Man in the hot seat
Un ottimo ritorno alle classiche atmosfere cinematografiche che ne avevano caratterizzato gli esordi. Con il prezioso condimento di una dimensione orchestrale che ci porta nel classico James Bond Movie style. Tanta classe, molto groove e sicuro godimento per i cultori del genere.
THEE SACRED SOULS - s/t
La band americani non inventano nulla.
Suonano un soft&mellow SOUL di matrice 60's, con un gusto particolare per i sapori doo wop e gospel.
Brani lenti e suadenti, rilassanti e avvolgenti.
Non male.
PANDA BEAR & SONIC BOOM - Reset
Amici da lungo tempo, già collaboratori, trovano finalmente l'opportunità di unire le forze in un album cofirmato, prendendo spunto esclusivamente da doo wop, rock 'n' roll e beat degli anni 50 e 60 di Sonic Boom. L'effetto è gradevolissimo e potrebbe essere tranquillamente un lost album dei Beach Boys di metà anni Sessanta. Loro si saranno divertiti un mondo ma anche per noi l'ascolto è più che gustoso.
JIMI TENOR - Multiversum
Il fiatista e polistriumentista finlandese prosegue il suo tortuoso cammino artistico con un nuovo lavoro che assimila buona parte delle influenze che ne hanno caratterizzato la lunga e intensa carriera. Basi elettroniche, dubstep, drum n bass, techno, su cui si dipana un cool jazz pieno di groove che guarda ora ad atmosfere classiche e subito dopo al jazz orchestrale, movenze be bop, suggestioni bossa e tanto altro. Un disco “aperto” e in progress, moderno, sperimentale, innovativo.
THE INTERRUPTERS - In the wild
Quarto album della band ska punk californiana, grande impatto, freschezza e uno stuolo di ospiti di prima grandezza da Tim Armstrong dei Rancid a Rhoda Dakar. Green Day, Clash, Rancid, punk rock, ska, reggae, tanto impeto, ritmi frizzanti, ritornelli contagiosi, un grande gusto per il divertimento. Va bene così.
RUSTY - The resurrection of rust
Elvis Costello resuscita un progetto dei suoi esordi nel 1972 con il chitarrista Allan Mayes che non ebbe mai seguito. Sei brani di Nick Lowe, Neil Young, Jim Ford e un inedito, gustosissimi, tra pub rock, un'impronta souleggiante, tanta voglia di divertirsi. Davvero piacevole.
KASABIAN - The Alchemist's Euphoria Alla voce, per la prima volta, Pizzorno, il settimo album della band inglese lascia parecchie perplessità. Giocano con echi brit pop ed elettronica ma il risultato è di scarso spessore compositivo e scarsa ispirazione.
Peccato
TY SEGALL - "Hello, Hi"
Ennesimo tassello nella sterminata discografia del cantautore americano, questa volta alle prese con un album casalingo in cui sfodera il consueto vasto repertorio di influenze, dal garage, alla psichedelia, da Barrett a Bolan, tra episodi fascinosi e altri meno riusciti.
JAYNE COUNTY & the ELECTRIC CHAIRS - Rock 'n' Roll Resurrection
Poco dopo la trasformazione da Wayne (uomo) a Jayne (donna), una delle più iconiche rappresentanti della scena punk/underground new yorkese festeggiò con un concerto a Toronto, a cavallo tra il 1979 e il 1980, con i suoi Electric Chairs. Questa ristampa è un calderone oltraggioso, intriso di rock 'n' roll primordiale e punk rock minimale. Disco che fotografa al meglio il periodo.
JACK McDUFF - Live at Parnell's
Agli amanti del cool & modern jazz consiglio questo inedito live di JACK McDUFF, maestro dell'Hammond, in uscita tra un paio di giorni.
Registrato nel 1982 a Seattle, "Live At Parnell's" è un gioiello di groove, swing, tecnica strumentale mozzafiato, radici moderniste.
Tra i titoli "Killer Joe", "Walking the dog" , "Take the A train", "A night in Tunisia".
Basti l'iniziale, anfetaminica "Make it good" di Duke Pearson per amare questo album.
Band spaziale con Danny Wollinski al sax, Henry Johnson alla chitarra (già con Ramsey Lewis e i Whispers), Garrick King alla batteria.
Boom! Italian Jazz Soundtracks (1959-1969)
E' nota la qualità compositiva e artistica delle colonne sonore della cinematografia italiana negli anni Sessanta, affidata spesso a nomi di pura eccellenza (anche a livello esecutivo).
Questa compilation (Lp e CD) di 33 brani (di cui 11 inediti, tratti dagli archivi CAM Sugar), è un piccolo gioiello introduttivo all'ambito, con estratti a cura di Ennio Morricone, Piero Umiliani, Armando Trovajoli, Piero Piccioni, Riz Ortolani, Luis Bacalov.
Tra i musicisti Chet Baker, Nora Orlandi (la brevissima "Agente 077" di Carlo Savina con i suoi "4+4" è semplicemente spettacolare!), Gato Barbieri.
Il sound è un cool jazz strumentale, orchestrale, be bop, cinematico, bluesy, ora avvolgente e sensuale, ora di sapore latino, ora atrrembante e frenetico.
Una colonna sonora spettacolare!!
Gotta Get A Good Thing Goin’ – The Music Of Black Britain In The Sixties
Cofanetto con quattro CD (115 brani!) che documenta splendidamente la black music britannica dei 60's. Parallelamente al successo della scena beat si sviluppò un giro di artisti neri inglesi e immigrati che, nonostante un limitato successo, produsse una serie di brani di pura eccellenza.
I primi due CD (57 brani) sono relativi al sound più soul e rhythm and blues (da Geno Washington a una splendida "I'm so clean" di Ronnie Jones a una "Waterfall" di un giovane Jimmy Cliff in pieno stile Northern). C'è anche uno psichedelico Caleb (Quaye) che ritroveremo poi alla corte di Paul Mccartney, Elton John, Pete Townshend e tanto altro materiale oscuro ma godibilissimo. Spazio a ska, reggae e rocksteady nel terzo CD con Laurel Aitken, Mille, Black Velvet, Ambrose Campbell & All Stars con una surreale versione rocksteady di "Hey Jude" e 29 brani.
L'ultimo Cd, quello meno convincente, esplora invece un ambito meno definito, tra pop (Shirley Bass e una bellissima "Sunshine" orchestrale), funk soul (Maxine Nightingale con "Spinning wheel" dei Blood Sweat and Tears), blues classico (Otis Spann e Champion Jack Dupree), follia rhythm and blues (Screamin Jay Hawkins in "All night"), una strana versione semi jazz psichedelica di "Green onions" di Shake Keane.
Mr BRICKS - Learning How To Play
Mr. Bricks nome d’arte del cantautore pugliese Dario Mattoni, ci delizia con un energico, divertente, frizzante, tiratissimo album. Rock 'n' roll di stampo 50's (con una travolgente versione rockabilly di "Beggin'") con sapienti incursioni nel voodoo sound di new Orleans ("You gotta be"), nel garage beat, in atmosfere tex mex Tarantiniane, nel surf, nel mambo. Il tutto giocato con una grande ironia alla Screamin Jay Hawkins, sorta di Tonino Carotone rock 'n' roll. Fresco, allegro, suonato benissimo. Perfetto.
DALILA KAYROS - Animami
Un album (il terzo per la cantante, questa volta con il musicista elettronico Danilo Casti) ostico, solenne, dai tratti apocalittici, sperimentale. Elettronica spinta, accompagnata da un tribalismo vocale che pone il lavoro in un ipotetico equilibrio tra Diamanda Galas, Laurie Anderson e una versione estremizzata della prima Bjork. Notevole.
ASCOLTATO ANCHE:
BEACH BUNNY (simpatico bubblegum grunge), BREATHLESS (atmosfere eteree e sospese, risultato non di rado stucchevole), SOUL MESSENGERS (soft soul/disco, piacevole), FRED (modern deep funk dal Portogallo)
LETTO
Piergiorgio Di Cara - L'anima in spalla
Piergiorgio Di Cara è Vice Questore della Polizia di Stato a Palermo.
Uno sbirro.
"...è come la febbre dell'oro, è un duello di intelletti: da una parte lo sbirro, dall'altra il mondo intero".
Un romanzo feroce, acre, duro, che inquadra un'operazione di polizia, poco tempo dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, nel 1992, per la cattura di un pericoloso latitante.
Il libero viaggia con estrema intensità e costante suspence, tra attese, scontri di potere, ansia, pericolo.
Di Cara sa bene di cosa parla e scrive e non ci risparmia niente.
Un poliziesco/reality che ci tiene incollati al libro fino all'ultima riga.
"Non basta scoprire o capire i meccanismi attraverso i quali un reato si compie, né è sufficinete individuare i responsabili.
Già perché verità investigativa e verità processuale non sempre coincidono per assurdo che possa sembrare. E non basta che l'investigatore abbia la certezza della colpevolezza, quello che conta e ciò che si riesce a dimostrare in aula. Per questo l'informativa della polizia giudiziaria è il momento della verità ed è per questa ragione che bisogna fare in modo che le carte appttino, come si dice.
Che tutti i puzzle coincidano e si trasformino in prova davanti al giudice del dibattimento".
Gennaro Shamano - L’ asfalto sulla pelle. Storie dal sottosuolo
Gennaro Shamano è stato una figura centrale o comunque sempre presente nella Napoli antagonista degli anni novanta.
Hardcore, centri sociali, ribellione, manifestazioni, anarchismo.
Soprattutto vita di strada, quella vera, che dallo sballo goliardico frana nell'eroina.
Una vita estrema, difficile, insopportabile, le dosi a Scampia, le overdose, la lunga lista di amici morti o distrutti.
Il libro è un viaggio all'inferno, sempre lucidissimo, mai auto indulgente o sensazionalista, politicamente, socilamente, sociologicamente, conscio della scure che ci è caduta in testa in questi ultimi decenni.
Ho conosciuto Gennaro qualche mese fa a Pomigliano d'Arco e ne sono rimasto, in quei pochi minuti, affascinato, tanto più dopo questa lettura. Cercate il libro e leggetelo.
Lorenzo Berardi - Radiocronache, storia delle emittenti italofone d'oltrecortina
Fenomeno da tempo decaduto, per ovvie ragioni storiche, e altrettanto dimenticato. Per decenni, dalla cosiddetta “Oltre cortina” ovvero le nazioni di quello che era denominato “blocco sovietico” una serie di radio trasmetteva in lingua italiana (ma non solo, se ne contavano a decine, dall'inglese, all'arabo, tedesco, francese, parsi) programmi e notiziari, finalizzati alla propaganda in territorio “ostile”, di quanto il socialismo reale fosse migliore e più avanzato.
Le radio rappresentarono l'etereogenità delle diverse, talvolta profonde, differenze politiche del “blocco”. Dalle specificità storica e culturale di ogni singola nazione, all'ortodossia nei confronti della linea sovietica, dal rigore autarchico di Radio Tirana, alle posizioni autonome di Radio Belgrado e Radio Capodistria, la voce più italiana in terra Yugoslava.
Il PCI fu spesso coinvolto, fornendo aiuti anche economici, redattori, monitorando le trasmissioni, a cui parteciparono centinaia di connazionali, emigrati per scelte ideologiche o come fuoriusciti politici, spesso invece inviati dal partito.
Le radio avevano migliaia di affezzionati ascoltatori che interagivano con frequenza con le redazioni, spedendo lettere di approvazione, critica, volontà di collaborazione. Ricevendo puntualmente risposte e anche omaggi.
Radio Mosca, Radio Praga, Radio Tirana Radio Budapest, Radio Varsavia, Radio Berlino Internazionale, Radio Bucarest, Radio Sofia.
Un tassello di una modalità informativa che cercava altrove un'alternativa al grigiore della radiofonia italiana.
A fianco delle classiche Radio Montecarlo, Radio Lussemburgo o le trasmissioni della BBC che nel periodo antecedente al fenomeno delle radio libere portavano nuove musiche e avanguardia, si inseriva questo mondo lontano e misterioso, polarizzante tra chi lo riteneva fonte di luce e sole dell'avvenire e chi lo considerava semplicemente una voce nemica.
Comunque affascinante e interessante.
In quest'ottica la radiofonia odierna si è omologata ovunque sulle stesse modalità comunicative e artistiche e diventa difficile distinguerne la collocazione geografica e culturale in un'omogeneità che riporta ai toni grigi e uniformi da cui si fuggiva cinquanta anni fa.
Il libro ripercorre, con dovizia di particolari, nomi, date, citazioni e ampi dettagli, la storia, spesso incredibile e rocambolesca, di queste radio (le cui trasmissioni iniziarono negli anni Trenta e si protrassero fino a qualche anno successivo, primi Novanta, alla caduta del Muro di Berlino) che vissero periodi di pericolosa clandestinità, durante la seconda guerra mondiale, diventando spesso la voce delle varie Resistenze, subirono dolorose censure da parte del potere comunista nel dopoguerra, epurazioni e chiusure, furono testimoni di cambiamenti epocali.
Fabio Ruta - Rolling Stones, Sessanta leccate di Rock 'n' Roll
Fabio Ruta si addentra con evidente entusiasmo da grande fan nella sessentennale storia degli Stones con un doppio volume.
"La macchina del tempo degli Stones" ne analizza storia, album, testi, la ricchissima filmografia, la sterminata discografia (inclusi e episodi solisti e migliori bootleg), le esibizioni italiane e tante altre curiosità.
"Talking about the band" raccoglie invece una serie di interviste a giornalisti, musicisti, esperti, semplici fan che ci raccontano le loro esperienze e pareri con gli Stones.
Fabio Treves, Pau, Ezio Guaitamacchi, Mauro Zambellini, Oliviero Toscani, Pino Scotto, Michele Anelli, Il Metius, tra i tanti.
I fan di Mick e compagni troveranno un'ulteriore interessante appendice agli omaggi tributati alla "più grande rock 'n' roll band del mondo".
Illustrazioni di Simone Lucciola.
Paolo Mazzucchelli - I vestiti della musica
Non so cosa possano essere le copertine dei dischi per i ragazzi di oggi, so però che qualche decennio fa (nel millennio scorso!) erano la porta che apriva quel magico universo sonoroche ha accompagnato le avventure di almeno una generazione, quella più votata al cambiamento, politico e sociale sì, ma anche interiore.
E in questo senso le molteplici vie insite nella grafica che accompagnava il vinile erano sentieri che ognuno poteva intraprendere alla propria maniera.
L'introduzione a questo interessantissimo viaggio nella storia della musica rock ( base di uno spettacolo che l'autore porta in giro da tempo) attraverso l'evoluzione e/o i cambiamenti nelle grafiche delle copertine dei dischi riassume alla perfezione il contenuto del libro.
Che analizza, in modo molto agile e veloce, l'affascinante storia di quel pezzo di carta così importante e rilevante che è sempre stata la copertina di un disco.
Incluse le numerose censure a cui furono sottoposti certi lavori (da "Electric ladyland" di Hendrix ai Roxy Music di "Country life").
Da quando, nel 1939, si incomincia a produrre dischi con un'illustrazione e qualche nota (https://tonyface.blogspot.com/2019/05/la-prima-copertina-di-un-disco.html) alle mille variazioni che ci hanno condotti ai nostri giorni.
Libro veloce ed essenziale che approfondisce un ambito mai troppo analizzato nella sua importanza per apprezzare al meglio il contenuo del disco stesso.
Molto interessante e illuminante, soprattuto in un'epoca in cui la grafica è diventata appendice secondaria del prodotto sonoro.
Paolo Mazzucchelli - L'altra metà del pop.
Un viaggio personale, molto particolare, alla scoperta di come il ruolo della donna (a partire dagli anni 40 ad oggi) sia cambiato attraverso la sua rappresentazione nelle copertine dei dischi. Dalle immagini "accessorie", pudiche, prone a una "normalità" omologata e rassicurante, a quelle che nel corso degli anni hanno affermato sempre di più un ruolo da protagonista, passando anche attraverso l'orgogliosa esibizione del proprio corpo (talvolta sfruttato come mero ed esplicito oggetto sessuale). Interessante il capitolo delle fotografe che hanno segnato l'epopea del rock, da Annie Leibovitz a Pennie Smith.
Biagio Bagini - Swinging Stravinskij
Biagio Bagini, autore radiofonico per Rai2, scrittore di libri per l’infanzia questa volta si dedica a una pubblicazione per adulti, con una conoscenza molto specifica.
Immagina un incontro tra Igor Strawinsky e Benny Goodman, in uno (splendido) connubio tra musica classica e la nascente esplosione del jazz.
Il tutto corredato da note ed eventi perfettamente storicizzati.
Il libro è davvero gradevole, gustoso e pieno di riferimenti azzeccatissimi.
Nicolas Merli - Your attention please. Storia e musica degli Afghan Wigs
"Il motto sesso droga e rock n roll viene riletto da Greg Dulli in chiave melanconica, consapevole, autolesionistica.
Il machismo che impregnava l'hair rock anni Ottanta viene triturato e sublimato, preso a pretesto per un'autoanalisi, un viaggio dentro a sé stessi non sempre illuminante ma di certo lacerante..,la sua genialità sta nel metterti davanti tutti i suoi limiti, sviscerarli in maniera sincera ma continuamente strizzandoti l'occhio per farti capire che in realtà sta recitando una parte, perché nulla al mondo potrà mai fare a meno di essere quello che é".
Una esaustiva biografia degli Afghan Wigs, entrati nel variegato calderone grunge con un sound però distintivo che faceva diretto riferimento alla black music, introducendo spesso e volentieri elementi soul e funk.
Ci sono gli esordi stentati, le crisi, l'amore per gli eccessi, i cambi di formazione, i lunghi stop, le esperienze parallele della mente della band, Greg Dulli, con i Twilight Sisters e i Gutter Twins con Mark Lanegan, fino alla collaborazione con Manuel Agnelli e gli Afterhours.
Uno sguardo interessante su una band sempre originale, tormentata, sottovalutata.
VISTO
TULLIO DE PISCOPO QUINTET - Rivergaro, Piacenza 2 agosto
De Piscopo hs dato un'ennesima prova di classe ed eleganza. Un concerto di un'ora e mezzo in cui coniuga sapientemente (nel senso che sa cosa e quanto dare a una piazza) "mainstream" ("Stop Bajon" e "Andamento lento" in versione fusion funk che si lasciano mooolto apprezzare anche da chi non è avvezzo alle facili hit di classifica), momenti colti (Elvin Jones, "Moanin" di Art Blakey in chiave funk) e la capacità di coinvolgere centinaia di persone con un mash up di "Cantaloupe Island" di Herbie Hancock con "O sarracino" di Renato Carosone o una versione jazz di "Quando" dell'amico Pino Daniele. Guascone e piacione, anche troppo, ma va bene così. Batterista eccelso, non potrebbe mai essere stato un Bill Bruford, un Phil Collins, un Steve Gadd. Perché in ogni suo loop c'é il MEDITERRANEO, Napoli, il Nord Africa, il Medioriente. E' un valore aggiunto. Di cui non ci rendiamo conto. Bravo Tullio "Bellu guaglione / Tutt''e ffemmene fa 'nnammurà".
PEPPE SERVILLO TRIO - Pecorara, Piacenza 5 agosto
Ho a lungo trascurato Lucio Dalla per sciocche ragioni, lo sto progressivamente recuperando all'approssimarsi della vecchiaia, assaporandone splendidi album e grandi canzoni. La cui bellezza e sofisticata costruzione compositiva risaltano ancora di più quando vengono completamente riarrangiate nello spettacolo "L'anno che verrà" di PEPPE SERVILLO, di scena ieri sera a Pecorara (Piacenza).
Brani scarnificati, con il solo accompagnamento di pianoforte di Natalio Mangalavite (peraltro vocalist di pura eccellenza) e i sax di Xavier Girotto. L'interpretazione teatrale di Servillo rinnova in toto classici ed episodi meno noti di Dalla, crea nuove canzoni sulle melodie conosciute, il tutto con ampie tinte di jazz, blues, sapori argentini e tanto altro. Consigliatissimo.
TIM GARLAND /MICHELE DI TORO TRIO - Gragnano, Piacenza 3 agosto
Buona serata jazz all'interno del Val Tidone Festival.
Di scena il saxofonista TIM GARLAND (già con Chick Corea e Bill Bruford, tra i tanti), accompagnato dal Michele Di Toro Trio.
Tanta tecnica, gusto spiccato per la melodia, atmosfere dilatate e soft.
ROY PACI - Fol in Fest Ferriere, Piacenza, 29 agosto
Concerto solista (nella chiesa locale a cause delle avverse condizioni meteo) particolarmente ostico.
Loop di frasi di tromba, substrato elettronico, ritmiche a tratti dub step, sperimentazione, avanguardia, rumori, letture.
A tratti un'impressione di eccessiva autoreferenzialità pur se interessante e originale.
COSE VARIE
° Ogni giorno mie recensioni italiane su www.radiocoop.it (per cui curo ogni settimana un TG video musicale - vedi pagina FB https://www.facebook.com/RadiocoopTV/).
° Ogni domenica "La musica ribelle", una pagina sul quotidiano "Libertà"
° Ogni mese varie su CLASSIC ROCK.
° Ogni sabato un video con aggiornamenti musicali sul portale https://www.facebook.com/goodmorninggenova
° Nel sito www.goodmorninggenova.org curo settimanalmente una rubrica di calcio "minore".
° Periodicamente su "Il Manifesto" e "Vinile".
IN CANTIERE
A settembre e ottobre terrò una serie di "corsi" sulla storia della musica pop/rock.
Otto appuntamenti, con ospiti, proiezioni, ascolti in cui si cercherà di contestualizzare tutto ciò che è accaduto dal blues alla trap, evidenziando i momenti salienti ma anche quelli più oscuri e meno noti.
Il tutto al
Raindogs House, Piazza Rebagliati 1 - Savona.
Ingresso gratuito.
Dalle 19 alle 21.
Info: raindogshouse@gmail.com
Il programma:
- MERCOLEDI 7 settembre : Le origini. Dal blues a Elvis. Ospite: Paolo Bonfanti
- SABATO 10 settembre: Gli anni Sessanta, dai Beatles a Bob Dylan. Ospite: Carlo Bordone
- MERCOLEDI' 14 settembre: Gli anni 70. Dal prog all'hard rock al metal. Ospite: Teo Segale
- SABATO 17 settembre: Punk e new wave. Ospite: Lilith Rita Oberti e Lucia Marchiò
- MERCOLEDI' 21 settembre: Il rock nel mondo (Australia, Asia, Africa, America latina, Italia)
- MERCOLEDI' 28 settembre: Black music, Soul & Funk.
- SABATO 1 ottobre: Elettronica, rap, house, trap, hip hop, new jazz. Ospiti: Black Stax ( Live from Seattle )
- MERCOLEDI' 12 ottobre: L'apparato produttivo della musica rock. Ospite: Stefano Senardi
Un ennesimo, personale, "assalto al cielo"!
E' uscito il nuovo album dei NOT MOVING LTD "Love Beat" per Area Pirata con otto inediti e una cover
Si trova nei negozi, ai nostri concerti e qui:
http://www.areapirata.com/dettaglio.php?cod=5490
Prossimi concerti NOT MOVING LTD
Sabato 3 settembre: Bologna “Frida”
Venerdì 23 settembre: Frosinone
Dal 28 maggio nel Comune AltaValTidone (Piacenza) la Rassegna musicale/letteraria ROCK AROUND THE BOOK.
Il programma:
https://tonyface.blogspot.com/2022/05/rock-around-book.html
Il nuovo, quarto, volume di COMETA ROSSA EDIZIONI è a cura di ROBERTO CALABRO' (scrittore e giornalista) e dedicato a "Exile on main street" dei ROLLING STONES nel 50° anniversario dell'uscita.
Ogni uscita di Cometa Rossa coincide con una ricorrenza precisa.
Il libro ricostruisce nel dettaglio la genesi del capolavoro degli Stones, dai brani lasciati fuori dai dischi precedenti all'irripetibile magia di Villa Nellcôte fino alle session finali a Los Angeles.
Contiene un'intervista esclusiva a MICK TAYLOR, recensioni originali dell'epoca (inglesi, americane, italiane), contributi di Dome La Muerte, Ferruccio Quercetti, Paolo Barone, Fabio Redaelli, il sottoscritto.
Di nuovo nella collana 100 CLUB (100 copie numerate e autografate di libri che non saranno mai più ristampati).
Il libro si troverà esclusivamente (non chiedetene copie a me, non ne ho!) presso la distribuzione di HellNation.
hellnation64@gmail.com
https://www.facebook.com/roberto.gagliardi.9828
martedì, agosto 30, 2022
Get back. Dischi da (ri)scoprire
Ogni mese la rubrica GET BACK ripropone alcuni dischi persi nel tempo e meritevoli di una riscoperta.
Le altre riscoperte sono qui:
http://tonyface.blogspot.it/search/label/Get%20Back
Speciale dedicato alla carriera solista, extra Gun Club, di JEFFREY LEE PIERCE.
JEFFREY LEE PIERCE - Wildweed (1985)
Nel 1985, Jeffrey Lee Pierce ferma i Gun Club e si dedica al primo dei suoi due album solisti.
Album sorprendente all'epoca con le ritmiche e le chitarre che guardano al funk, un sound che sembra addolcirsi, raffinarsi, togliere le asperità a cui eravamo abituati grazie al basso di John MacKenzie dei Roxy Music e la batteria di Andy Anderson dei Cure.
Ci sono ovviamente retaggi della band madre (vedi "Sex killer", il country punk di "Hey Juana", "Cleopytra dreams on").
Ma la disperazione che lo pervade toglie il fiato.
La voce è il consueto quasi falsetto, lamentoso, straziante, su accordi ripetitivi, ipnotici.
Un album lacerante e bellissimo.
JEFFREY LEE PIERCE - Flamingo (1985)
Un ep bizzarro che contiene la tirata, ins tile Gun Club, "Get away" e una serie di sperimentazioni, da una caotica e free versione di "Fire" di Hendrix, un remix quasi dub in "No more fire", i rumorismi di "Flamingo 1 e 2", 9 minuti di extended mix di "Love and desperation" da "Wildweed".
RAMBLIN’ JEFFREY LEE & CYPRESS GROVE WITH WILLIE LOVE – Ramblin’ Jeffrey Lee & Cypress Grove with Willie Love (1995)
Registrato nel 1992 ma pubblicato solo tre anni dopo è un omaggio al blues più sapido e profondo. Sette cover (da Skip James a Cahrlie Patton) e due originali che evidenziano un approccio lontano dagli esordi punk e ruvidi, a favore di una dimensione più matura e convenzionale ma che con la tinta vocale di Jeffrey assume la consueta personalità e originalità.
JEFFREY LEE PIERCE - Six sermon string (2013)
Registrazioni in acustico, chitarra e voce, tra il 1980 e 81, precedenti all'esordio dei Gun Club (su cui ne ritroveremo alcuni), in cui Jeffrey omaggia il suo amore per il blues tradizionale. Per completisti (stampato in 1000 copie in vinile) ma intenso e crudo.
lunedì, agosto 29, 2022
Lorenzo Berardi - Radiocronache, storia delle emittenti italofone d'oltrecortina
Fenomeno da tempo decaduto, per ovvie ragioni storiche, e altrettanto dimenticato.
Per decenni, dalla cosiddetta “Oltre cortina” ovvero le nazioni di quello che era denominato “blocco sovietico” una serie di radio trasmetteva in lingua italiana (ma non solo, se ne contavano a decine, dall'inglese, all'arabo, tedesco, francese, parsi) programmi e notiziari, finalizzati alla propaganda in territorio “ostile”, di quanto il socialismo reale fosse migliore e più avanzato.
Le radio rappresentarono l'etereogenità delle diverse, talvolta profonde, differenze politiche del “blocco”. Dalle specificità storica e culturale di ogni singola nazione, all'ortodossia nei confronti della linea sovietica, dal rigore autarchico di Radio Tirana, alle posizioni autonome di Radio Belgrado e Radio Capodistria, la voce più italiana in terra Yugoslava.
Il PCI fu spesso coinvolto, fornendo aiuti anche economici, redattori, monitorando le trasmissioni, a cui parteciparono centinaia di connazionali, emigrati per scelte ideologiche o come fuoriusciti politici, spesso invece inviati dal partito. Le radio avevano migliaia di affezzionati ascoltatori che interagivano con frequenza con le redazioni, spedendo lettere di approvazione, critica, volontà di collaborazione. Ricevendo puntualmente risposte e anche omaggi.
Radio Mosca, Radio Praga, Radio Tirana Radio Budapest, Radio Varsavia, Radio Berlino Internazionale, Radio Bucarest, Radio Sofia.
Un tassello di una modalità informativa che cercava altrove un'alternativa al grigiore della radiofonia italiana.
A fianco delle classiche Radio Montecarlo, Radio Lussemburgo o le trasmissioni della BBC che nel periodo antecedente al fenomeno delle radio libere portavano nuove musiche e avanguardia, si inseriva questo mondo lontano e misterioso, polarizzante tra chi lo riteneva fonte di luce e sole dell'avvenire e chi lo considerava semplicemente una voce nemica.
Comunque affascinante e interessante.
In quest'ottica la radiofonia odierna si è omologata ovunque sulle stesse modalità comunicative e artistiche e diventa difficile distinguerne la collocazione geografica e culturale in un'omogeneità che riporta ai toni grigi e uniformi da cui si fuggiva cinquanta anni fa.
Il libro ripercorre, con dovizia di particolari, nomi, date, citazioni e ampi dettagli, la storia, spesso incredibile e rocambolesca, di queste radio (le cui trasmissioni iniziarono negli anni Trenta e si protrassero fino a qualche anno successivo, primi Novanta, alla caduta del Muro di Berlino) che vissero periodi di pericolosa clandestinità, durante la seconda guerra mondiale, diventando spesso la voce delle varie Resistenze, subirono dolorose censure da parte del potere comunista nel dopoguerra, epurazioni e chiusure, furono testimoni di cambiamenti epocali.
Lorenzo Berardi
Radiocronache, storia delle emittenti italofone d'oltrecortina
Prospero Editore
468 pagine
20 euro
domenica, agosto 28, 2022
Parliamo di musica
A settembre e ottobre terrò una serie di "corsi" sulla storia della musica pop/rock.
Otto appuntamenti, con ospiti, proiezioni, ascolti in cui si cercherà di contestualizzare tutto ciò che è accaduto dal blues alla trap, evidenziando i momenti salienti ma anche quelli più oscuri e meno noti.
Il tutto al
Raindogs House, Piazza Rebagliati 1 - Savona.
Ingresso gratuito.
Dalle 19 alle 21.
Info: raindogshouse@gmail.com
Il programma:
- MERCOLEDI 7 settembre : Le origini. Dal blues a Elvis. Ospite: Paolo Bonfanti
- SABATO 10 settembre: Gli anni Sessanta, dai Beatles a Bob Dylan. Ospite: Carlo Bordone
- MERCOLEDI' 14 settembre: Gli anni 70. Dal prog all'hard rock al metal. Ospite: Teo Segale
- SABATO 17 settembre: Punk e new wave. Ospite: Lilith Rita Oberti e Lucia Marchiò
- MERCOLEDI' 21 settembre: Il rock nel mondo (Australia, Asia, Africa, America latina, Italia)
- MERCOLEDI' 28 settembre: Black music, Soul & Funk.
- SABATO 1 ottobre: Elettronica, rap, house, trap, hip hop, new jazz. Ospiti: Black Stax ( Live from Seattle )
- MERCOLEDI' 12 ottobre: L'apparato produttivo della musica rock. Ospite: Stefano Senardi
Un ennesimo, personale, "assalto al cielo"!
venerdì, agosto 26, 2022
Not Moving LTD @PSYCHOBOSCO Bosconegro, Morciano
PSYCHOBOSCO
27 Agosto 2022 h 18:00
◉ 𝙏𝙃𝙀 𝙇𝙐 𝙎𝙄𝙇𝙑𝙀𝙍 𝙎𝙏𝙍𝙄𝙉𝙂 𝘽𝘼𝙉𝘿
in concerto ore 19:30
◉ 𝙉𝙊𝙏 𝙈𝙊𝙑𝙄𝙉𝙂
in concerto ore 22.30
Dj set 𝘿𝙐𝘽𝘼 / 𝙂𝙀𝙍𝘽𝙊 / 𝙊𝙇𝙇𝙄
https://www.facebook.com/events/1375665166292373
Sabato 3 settembre a Bologna a Frida nel Parco dentro al Parco della Montagnola.
Frida Sugarhill | Underground music peepshow. Not Moving live. Ore 21.
https://www.facebook.com/events/934590751268342
Il video di "Love Beat"
https://www.youtube.com/watch?v=j2nN9zpE1sQ
Afro Psych – Journeys Into Psychedelic Africa 1972 to 1977
Interessantissima compilation che abbraccia gli anni Settanta africani in cui molte band affiancavano funk, rock psichedelico, afrobeat, afro jazz e mille altre influenze.
Splendido l'ipnotico psycho funk dei nigeriani Saxon Lee & The Shadows Internationa, l'arrembante, grezzo e crudo soul funk del camerunense Lucas Tala, il raro singolo "Graceful bird" dei conterranei War-Head Constriction.
Non è psichedelia nella tradizionale accezione del termine ma l'album merita un ascolto più che attento.
giovedì, agosto 25, 2022
Malcolm X
Prosegue la rubrica TALES FROM NEW YORK.
L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground", da quelle parti, allegando sue foto.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Tales%20from%20New%20York
Al civico 3940 Broadway sulla 165th strada nel quartiere di Washington Heights in Manhattan, si trova l'Audubon Theater dove il 21 febbraio del 1965 venne assassinato Malcolm X.
L'edificio è ancora intatto e all'interno nel salone dove è avvenuta la sparatoria è fisso un memoriale aperto al pubblico, lo spazio viene usato per convegni a favore della comunita' Afro-Americana.
mercoledì, agosto 24, 2022
Intervista a JP Bimeni
Riprendo l'articolo e intervista a JP Bimeni che ho scritto per Il Manifesto lo scorso sabato.
Tra i migliori e più freschi esponenti della scena new soul, grazie a un sound che attinge dallo scibile della black music (lui lo definisce “Afro soul conun filo di funk”), in veste cosiddetta “vintage”, ovvero affine ai suoni delle origini, tra anni Sessanta e Settanta, Jp Bimeni vanta due eccellenti album (“Free me” e “Give me hope”) che lo hanno proiettato ai vertici della scena, Italia inclusa, dove ha un seguito fedele e appassionato.
Lo ha confermato con un recente travolgente live a al Porretta Soul Festival dove ha sfoderato classe, freschezza, una somiglianza impressionante alla voce di Otis Redding, accompagnato dagli spagnoli Blackbelts, band di rara efficacia e precisione.
JP Bimeni, oltre a una contagiosa simpatia, emana passione e sincerità, urgenza e maturità artistica. Ha una storia molto particolare che aggiunge ancora più fascino (per quanto drammatico) alla sua biografia.
Hai una storia molto speciale, che ti ha portato dal Burundi in Inghilterra in circostanze drammatiche. Puoi raccontarci il tuo ricordo di quell'esperienza?
È stato un cambiamento molto grande e un'avventura con così tante incognite. Sono fuggito dal Burundi durante la guerra civile del 1990 e sopravvissuto a tre tentativi di omicidio.
Sono stato ferito e finito in ospedale, in fin di vita a Nairobi, Dal Kenya, grazie a una borsa di studio, sono finito in Galles e poi a Londra. Nonostante fossi giovane, solo 18 anni, senza nessuno che conoscessi e dovendo andare in un luogo per me totalmente sconosciuto (con il mio inglese terribile, quasi inesistente), cibo diverso, clima culturale ecc, direi è stato un cambiamento radicale ma ero pieno di speranza che sarebbe stato in meglio per la mia vita. E, alla fine, così è stato.
C'è qualche eredità sonora o culturale della tua esperienza africana nella tua musica?
In questo momento, non ancora, ma immagino che prima o poi incomincerò a incorporare le mie radici africane nella musica che sto facendo. Qualcosa che arrivi dalla mia cultura originale. Questo è sicuro.
Come sei entrato nella soul music? E in generale che tipo di musica ascolti?
Penso che si tratti di una seduzione incrementata e cresciuta nel corso degli anni e che i valori che la musica soul aveva abbiano e spero continueranno ad avere come qualcosa di distintivo. In Burundi, puoi ascoltare tutti i tipi di musica e il Soul ne fa e ne faceva parte.
Quando arrivai nel Regno Unito comprai i miei primi dischi (Otis Redding, Sam Cooke, Marvin Gaye, Ray Charles, Bob Marley ecc.).
Non mi limito a qualche tipo di musica, ascolto buona musica per la mia anima e che può spaziare dall afro, al reggae, funk, jazz, classica, rockabilly e di altre culture.
Quando e come hai iniziato a suonare e cantare? Raccontaci delle tue prime esperienze musicali e di come sei arrivato a registrare il primo album 'Free Me'.
Ho imbracciato la mia prima chitarra a circa dicasette/diciotto anni in Burundi, una chitarra che mi è stata regalata da mia zia Angelique Ntibarufata.
Ai tempi non avevo idea di cosa fosse una chitarra, accordi o note ecc, ma ero solo felice di averne una anche se le mancavano due corde. Alcuni musicisti del Congo che vivono in Burundi, in particolare Emmanuel Kitambala della zona di Bwiza nella capitale Bujumbura, mi ha insegnato alcuni accordi. Poi ho incominciato a scrivere dei testi e a jammare, ma in modo molto amatoriale. Poi in Galles, mentre frequentavo l'Atlantic College, ho avuto le mie prime lezioni di chitarra ma non ci ho capito molto. Così ho continuato a cercare ad imparare da solo a un ritmo lento.
Quando mi sono trasferito a Londra ho provato a prendere qualche lezione più intensamente. Durante l'università, alla University of Central Lancashire Preston, ho avuto la mia prima esperienza dal vivo sul palco, suonando e cantando. Me ne sono completamente innamorato. Ho registrato “Free me” dopo essere stato scoperto dalla Tucxone Records ad Aviles, in Spagna, al La Grapa Festival, mentre cantavo come cantante ospite per una band funk e soul britannica, gli Speedometer.
Sono stato invitato a far partire un progetto che è diventato JpBimeni & The Blackbelts e il resto è storia.
Quali differenze possiamo trovare tra 'Free Me' e il nuovo album 'Give Me Hope'?
Penso che "Free me" sia fortemente puro soul classico mentre "Give me hope" ha sfumature di altri generi musicali ma ancora al servizio della musica soul. Ha alcune influenze rock, psichedeliche, afro e pop.
Sei sempre stato accolto calorosamente in Italia. Cosa ricordi del tuo concerto al Jova Beach Party davanti a 100.000 persone?
Oohhh waaaaooo Devo dire che è stato il concerto più grande che abbia mai fatto ed è stata un'esperienza meravigliosa e tutto ciò grazie al fatto che Jovanotti è l'essere magico che è. Jovanotti mi ha fatto sentire accolto, amato e accudito, ci siamo sentiti di appartenere l'uno all'altro. Per questo sarò per sempre grato a Jovanotti per avermi introdotto a un'esperienza del genere.
Ci ha invitato anche quest'anno, a due dei suoi Jova Beach Party il 2 e 10 settembre, a Viareggio e Milano. Non vediamo l'ora di provare la magia che crea con la sua enorme squadra. È semplicemente surreale hahahaa e amo il suo spirito come essere umano. È semplicemente meraviglioso e un regalo per il mondo.
Hai anche avuto la possibilità di incontrare e cantare con Amy Winehouse. Cosa ne pensi di un'artista così grande, che abbiamo perso troppo presto?
Ho quasi avuto l'opportunità di cantare / jammare con Amy. Era la prima volta che cantavo in questo prestigioso locale musicale a Londra, il Jazz Cafe.
All'epoca cantavo con una band chiamata "Mantilla" e il Jazz Cafè era un buon ritrovo per scoprire nuova musica e incontrare tutti i tipi di persone dell'industria musicale. Tutto quello che ricordo è che ha ballato tutta la sera in prima fila, apprezzando la nostra musica, poi è venuta proprio vicino al palco per chiedermi se poteva salire e suonare con noi, ma era la nostra ultima canzone e il locale ha dovuto chiudere.
Era delusa e ha lasciato il suo numero per una prossima volta, ma sfortunatamente non c'è stata la prossima volta perché è diventata troppo grande e poi c'è stata la sua sfortunata perdita in giovane età. Molto triste quello che è successo ad Amy, ma ha lasciato un segno enorme sulla scena musicale. Possa la sua anima continuare a riposare in pace.
In un'intervista hai dichiarato che se fossi un personaggio storico vorresti essere Nelson Mandela.
Come sai arrivo da un paese africano, il Burundi, con una disastrosa storia di guerre civili.
Mandela fu tra coloro che fece da mediatore tra le parti in guerra e portò la pace. Ma purtroppo la nostra regione è sempre in tumulto.
E in quale gruppo ti piacerebbe aver suonato?
Bob Marley and the Wailers senza dubbio, non mi stanco mai di guardare i loro video. E' qualcosa di così potente e ogni volta immagino di potere essere lì con loro. E' potere, misticismo e la spinta per qualcosa di più grande.
Ci sono almeno cinque o sei suoi album che portrei sempre con me. Poi ovviamente nella band di Otis Redding (Jp Bimeni suonò a lungo cona tribute band di Redding all'inizio carriera).
Invece se c'è una canzone che avrei voluto comporre, anche se pecco un po' di presunzione, è “You do something to me” di Paul Weller.
Naturalmente vogliamo conoscere i vostri progetti futuri.
Hahahaa il mio progetto futuro è il mio progetto attuale, poter viaggiare in l'Europa, America, Asia e Africa.
Sarebbe un risultato incredibile e speriamo davvero che come squadra riusciremo a raggiungerlo. Quindi, imploriamo tutti gli auguri da tutte le anime buone.
martedì, agosto 23, 2022
Biagio Bagini - Swinging Stravinskij
Biagio Bagini, autore radiofonico per Rai2, scrittore di libri per l’infanzia questa volta si dedica a una pubblicazione per adulti, con una conoscenza molto specifica.
Immagina un incontro tra Igor Strawinsky e Benny Goodman, in uno (splendido) connubio tra musica classica e la nascente esplosione del jazz.
Il tutto corredato da note ed eventi perfettamente storicizzati.
Il libro è davvero gradevole, gustoso e pieno di riferimenti azzeccatissimi.
«Questa storia è nata trent’anni fa come nascono le operazioni creative, cioè per la volontà di scrivere a partire da una pista iniziale.
Mi sono lasciato sedurre dal fascino della complessità dei linguaggi musicali, dall’altisonanza dei nomi e dalla prospettiva, che trovavo stimolante, di mettere a confronto mondi apparentemente lontani per trovare un punto di fusione. E ho trovato, lì nel mezzo delle partiture musicali, una figura diabolica e insieme umana, che cercava disperatamente di fare da deus ex machina.»
Biagio Biagini
Swinging Stravinskij
Oligo Editore
euro 16.90
pagine 192
lunedì, agosto 22, 2022
Lamont Dozier
Riprendo l'articolo che ho scritto sabato per Il Manifesto in ricordo della recente scomparsa di Lamont Dozier.
La recente scomparsa di Lamont Dozier (all'età di 81 anni) mette fine (pur se da lunghissimo tempo non collaboravano più) a uno dei più importanti sodalizi compositivi nella storia della musica soul e più genericamente pop.
Il trio Holland-Dozier-Holland, dei fratelli Brian e Eddie Holland e di Dozier, ha firmato decine di brani che hanno impazzato nelle classifiche soul degli anni Sessanta, raggiungendo ripetutamente i primi posti.
Furono tra gli artefici di quella perfetta e organizzatissima macchina produttiva, finalizzata alla creazione di progetti musicali, con cura maniacale per ogni dettaglio, che caratterizzò la soul music dell'epoca (in particolare le principali etichette come Motown, per cui lavoravano, Stax, Atlantic).
Compositori, produttori, sapienti management, etichette dalle altissime capacità, edizioni musicali, talent scout alla costante ricerca di nuovi nomi, appositi studi di registrazione con tanto di band di musicisti di spessore tecnico e creativo di altissimo livello, che suonavano a ciclo continuo per artisti che sfornavano brani a ritmo industriale.
Non di rado costruiti a tavolino per soddisfare le esigenze commerciali di un pubblico che, dalla fine degli anni Cinquanta in poi, si fece sempre più vasto.
Se in certi casi l'industrializzazione creativa e compositiva è evidente, la qualità dei prodotti ascrivibili all'ambito genericamente definito Soul è talmente alta che rende l'operazione sicuramente riuscita.
Come rimarca lo scrittore George Nelson nel libro “Where Did Our Love Go?” del 1985, sulla storia della Motown:
“Questi ragazzi avevano una visione reale del gusto del pubblico acquirente, un dono innato per la melodia, una sensibilità per i testi delle canzoni e la capacità di creare strutture vocali e strumentali che si incastravano alla perfezione. Brian, Eddie e Lamont adoravano quello che stavano facendo e hanno lavorato 24 ore su 24, facendo musica come il vecchio Ford faceva le automobili".
La firma Holland-Dozier-Holland divenne ricorrente e immancabile nei maggiori classici della Motown Records, tra il 1962 e il 1967, soprattutto nelle maggiori hit di Supremes, Martha And The Vandellas e Four Tops non dimenticando Marvin Gaye, Isley Brothers, i Miracles di Smokey Robinson.
I loro brani erano all'insegna di un pop molto melodico, di facile ascolto e dal ritmo ballabile e coinvolgente, con arrangiamenti di archi e orchestrazioni raffinate, che facevano da base a testi di immediata presa, relativi a problemi sentimentali prevalentemente diretti a un pubblico adolescenziale.
Inizialmente già al lavoro singolarmente (Brian Holland firmò Please Mr.Postman delle Marvelettes che trovò grande successo quando fu ripresa dai Beatles nel 1963 nel loro secondo album With The Beatles).
Tra i tanti brani portati al succeso dal trio, Heatwave e Nowhere To Run di Martha and the Vandellas, Baby Love, You Keep Hanging On e Stop! In The Name Of Love delle Supremes, How Sweet Is (To Be Loved By You) e Baby
Don't You Do It di Marvin Gaye.
Successivamente molti di questi brani hanno trovato nuova vita in rifacimenti di gruppi rock (dagli Who agli Small Faces, Hollies, Animals, Stray Cats etc). Lamont ricorda: “La Motown ti lasciava la massima libertà. Berry Gordy (il boss e fondatore dell'etichetta) ti lasciava fare tutto quello che volevi. Non dovevi chiedere nessun permesso che non fosse “voglio andare in studio a registrare questo brano”. Quando lo avevi finito glielo portavi ad ascoltare e se gli piaceva si incideva, se non gli piaceva, finiva nella spazzatura”.
Lamont Dozier curava anche la produzione artistica e le modalità di registrazione dei brani delle Supremes.
Nel libro “Motown” di Gerald Posner rivela che siccome la voce di Diana Ross era molto sottile e dolce mentre quelle delle coriste Flo Ballard e Mary Wilson ben più potenti, era costretto ad allontanarle dai microfoni per non coprire e inibire quella della leader. Da molti analisti, paradossalmente, considerata l'anello debole della band.
Nel 1968 il trio si scioglie lasciandosi alle spalle una lunga causa legale con Berry Gordy, a causa di percentuali sui diritti, che gli impedisce perfino di utilizzare il loro stesso nome per firmare nuovi brani.
I fratelli Holland lavoreranno comunque in coppia per Michael Jackson e le superstiti Supremes (senza Diana Ross, avviata alla carriera solista) mentre Dozier ha proseguito da solo, collaborando anche, nel 1988, con Phil Collins nella canzone “Two hearts” per il film “Buster”, vincendo un Golden Globe e un Grammy Award. Ha affiancato anche musicisti della nuova scena musicale inglese degli anni Ottanta, da Alison Moyet e Mick Hucknall dei Simply Red ed è entrato nel 1980, con i fratelli Holland, nella Rock n Roll Hall of fame.
Si sono riuniti una sola volta nel 2009 per comporre ventidue nuovi brani per il musical The First Wives Club.
L'impronta leggera e raffinata di musica e testi creò un sound, “The sound of Young America” (così lo pubblicizzò la Motown) che permise alla black music di penetrare il mercato bianco, forzando i limiti in cui era ristretta.
Allo stesso modo rimase quasi sempre impermeabile all'impegno sociale più diretto che caratterizzava altre componenti della scena soul, fino a quando, a fine anni Sessanta, la guerra in Vietnam e le richieste dei diritti per gli afro americani, la fecero aprire più frequentemente a canzoni impegnate.
Che però rimasero sempre lontane dalla scrittura di Holland-Dozier-Holland.
Come è spesso accaduto le carriere dei compositori soul si sono mischiate con quelle di cantanti e interpreti.
Tra i casi più eclatanti quelli di Isaac Hayes e Smokey Robinson, assurti al ruolo di pop star dopo una carriera dietro le quinte a scrivere per altri.
Lamont Dozier si era innamorato della musica a un concerto a cui lo aveva portato il padre e in cui si trovò al cospetto di Count Basie, Ella Fitzgerald e Nat King Cole. Ci aveva provato a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta con il nome di Lamont Anthony (dopo alcune esperienze andate male con Romeos e Voice Masters) ma con scarsi risultati, senza che i suoi dischi raggiungessero mai le classifiche.
L'unione con i fratelli Holland cambiò la sua vita.
Dopo lo scioglimento del trio tornò a incidere dischi solisti che, seppur di scarso successo, conservano un ottimo stile in chiave mellow soul, con influenze disco e funk, caratterizzati da una voce a dir poco stupenda, vellutata e allo stesso tempo potente.
Che si sublima nel suo secondo album solista del 1974, dal pretenzioso titolo “Black Bach”, purtroppo dimenticato e sottovalutato, in cui si diverte con una super produzione orchestrale, a cui affianca brani di country soul e intense ballate intrise di malinconia.
Altrettanto trascurato il suo addio discografico del 2018 ma consigliatissimo ai cultori della miglior soul music.
In “Reimagination” Dozier riprende dodici suoi famosi brani e li reimmagina, appunto, in chiave attuale con l'aiuto di qualche prestigioso amico, da Graham Nash a Gregory Porter, Cliff Richard, Todd Rundgren, Lee Ann Womack. Le nuove versioni sono prevalentemente in chiave di ballad pianistica (anche quelli più ritmati di Supremes e Martha and the Vandellas), spesso intrise di gospel, la voce è ancora tremendamente efficace, la qualità compositiva dei brani eccelsa, anche in queste nuove vesti.
Nelle sue memorie Lamont Dozier ha lasciato il segreto del suo incessante lavoro: "Metti sempre la canzone davanti al tuo ego. Il blocco dello scrittore esiste solo nella tua mente e se lo lasci a te stesso, paralizzerà la tua capacità di funzionare come persona creativa. La risposta al cosiddetto blocco dello scrittore è fare il lavoro”.
venerdì, agosto 19, 2022
Parliamo di musica
A settembre e ottobre terrò una serie di "corsi" sulla storia della musica pop/rock.
Otto appuntamenti, con ospiti, proiezioni, ascolti in cui si cercherà di contestualizzare tutto ciò che è accaduto dal blues alla trap, evidenziando i momenti salienti ma anche quelli più oscuri e meno noti.
Il tutto al
Raindogs House, Piazza Rebagliati 1 - Savona.
Ingresso gratuito.
Dalle 19 alle 21.
Info: raindogshouse@gmail.com
Il programma:
- MERCOLEDI 7 settembre : Le origini. Dal blues a Elvis. Ospite: Paolo Bonfanti
- SABATO 10 settembre: Gli anni Sessanta, dai Beatles a Bob Dylan. Ospite: Carlo Bordone
- MERCOLEDI' 14 settembre: Gli anni 70. Dal prog all'hard rock al metal. Ospite: Teo Segale
- SABATO 17 settembre: Punk e new wave. Ospite: Lilith Rita Oberti e Lucia Marchiò
- MERCOLEDI' 21 settembre: Il rock nel mondo (Australia, Asia, Africa, America latina, Italia)
- MERCOLEDI' 28 settembre: Black music, Soul & Funk.
- SABATO 1 ottobre: Elettronica, rap, house, trap, hip hop, new jazz. Ospiti: Black Stax ( Live from Seattle )
- MERCOLEDI' 12 ottobre: L'apparato produttivo della musica rock. Ospite: Stefano Senardi
Un ennesimo, personale, "assalto al cielo"!
giovedì, agosto 18, 2022
Intervista a Jimi Tenor
Ho intervistato per "Il Manifesto" JIMI TENOR
Intervista pubblicata nell'inserto "Alias" sabato scorso.
Piccolo genio di quell'intreccio di influenze che ha unito, dagli anni Novanta in poi, jazz, sperimentazione, lounge, elettronica, funk, il saxofonista, flautista e polistrumentista finlandese Jimi Tenor ha saputo crescere progressivamente sia a livello creativo che da un punto di vista della notorietà, con dischi di culto, collaborazioni di prestigio (da Tony Allen a Nicole Willis) e una discografia sterminata che supera la cinquantina di album.
E' recentemente tornato con un nuovo progetto musicale, l'album “Multiversum” e il libro fotografico (attività parallela che lo occupa fin dall'adolescenza) “Omniverse – Sounds, Sights and Stories”. Jimi Tenor rimane un personaggio poco conosciuto in Italia, seppure con un piccolo stuolo di fedeli fan, ma dallo spessore elevatissimo e con una creatività e una personalità di stampo pressoché uniche.
Hai iniziato con la musica in tenera età, giusto? Quali sono stati i musicisti che più ti hanno influenzato in questo periodo?
-All'inizio ero molto interessato alla musica post punk finlandese. Ma ho incominciato ad ascoltare Fela Kuti intorno ai sedici anni e cose come Japan, Joy Division, Yellow Magic Orchestra. Penso che Fela e James White abbiano avuto la più grande influenza nel mio modo di suonare il sax. Nel flauto mi piacevano Hubert Laws e Ian Anderson. In quei giorni ho iniziato a seguire anche David Bowie, Iggy Pop e Talking Heads.
Adesso quando sono a casa ascolto molta exotica e un po' di musica da hippies. Ma anche un sacco di musica pop in voga adesso, grazie ai miei figli. Così almeno rimango aggiornato su chi sono tutti questi nuovi artisti.
Sei conosciuto come sassofonista ma in realtà suoni molti altri strumenti. Con quale ti esprimi meglio?
- Il mio strumento numero uno è il flauto. Studio e suono flauto e sassofono tutti i giorni. Non pratico affatto le tastiere, a meno che non abbia un compito specifico. Compongo abbastanza spesso con pianoforte o sintetizzatori, quindi quelli sono una parte importante della mia musica. Ma in fondo sono un suonatore di flauto.
Gran parte della mia musica è fatta con drum machine e sequencer. Faccio un sacco di jamming con l'elettronica. In questi giorni molto con il sistema modulare.
Hai avuto dei limiti nella tua carriera partendo da un paese come la Finlandia, al di fuori dei soliti percorsi principali della musica?
Anche a livello linguistico.
- Oh certo. La lingua è un grosso ostacolo. Scrivo testi in inglese perché è la moderna “Lingua franca”.
Ma a volte è dura per me. Mi ha aiutato il fatto di lavorare con musicisti africani. L'idea che la cosa principale sia di essere capiti. Quando ho iniziato, la Finlandia era piuttosto isolata.
Non c'era quasi nessuno al di fuori della musica classica che avesse successo a livello internazionale. Abbiamo iniziato a livello basico. Andando nei club di Berlino e cercando di trovare concerti.
A poco a poco tutto ha cominciato a funzionare. La musica elettronica è stata per me la chiave per un vero riconoscimento.
In seguito ho anche ampliato la mia musica a una dimensione più acustica. Nella mia vita mi sono sempre mosso molto, spinto da una specie di costante irrequietezza da Barcellona a New York, da Londra a Berlino. Ma ora preferisco muovermi meno. Sono un po' stanco di continuare a viaggiare e a cambiare. Forse ho esagerato un po'. Ad esempio ho lasciato i dischi e i libri che avevo da giovane in giro per mezzo mondo. Quando ti muovi tanto non puoi portarteli con te e finisci per lasciarli da qualche parte in giro per il mondo, insieme ai mobili. E' una cosa un po' strana.
“Continuavo a scattare foto e a girare film super 8. Ero un grande fan di Andy Warhol e mi interessava molto anche la serigrafia”. Puoi parlarci della tua attività di fotografo che troviamo documentata in Omniverse?
- Per molto tempo non riuscivo a decidere se fare il fotografo o il musicista. Ero dentro a entrambe le cose! Quindi trasferirsi a New York è stato fantastico. Sembrava che le persone lì volessero fare cose.
E questo è quello che volevo di sicuro anch'io. Ma ottenere il lavoro di assistente fotografico è stato un po' più difficile di quanto pensassi. Non sono il tipo giusto. Inoltre avevo troppa ambizione. Ma fortunatamente ho ottenuto un lavoro come fotografo turistico e questo mi ha dato la possibilità di acquistare attrezzature musicali. Forse in fondo sapevo che la musica faceva per me.
Ma sono stato attivo anche nella fotografia. Ho realizzato molte copertine di album principalmente per le etichette Sähkö e Timmion.
La fotografia ha influenzato in qualche modo la tua musica e viceversa?
Hmm, tutta l'arte è impigliata nella mia mente. Trovo che tutto si influenzi a vicenda.
Per me la musica è più vibrazioni nell'aria che teoria musicale. Sicuramente c'è un posto per la teoria musicale, proprio come la chimica è pratica anche se alla fine tutta la chimica può essere spiegata con la fisica.
Hai sempre lavorato con un'attitudine Do It Yourself, vero?
Beh, la maggior parte delle volte. E penso che la maggior parte del mio lavoro di successo sia stato fatto con lo stile DIY. Non mi sento a mio agio negli studi di registrazione e con i professionisti del ramo. Preferisco anche l'organo Farfisa all'Hammond B3. Il Farfisa mi dà la libertà di essere amatoriale nel mio stile. Voglio dire, cerco di mantenere la gioia e la libertà eterne del principiante nell'esprimermi.
Suono strumenti semplici e cerco di trovare un modo per fare composizioni con i limiti che mi impongono. Si potrebbe rimanere bloccati nella maledizione dei musicisti se si è troppo tecnici.
A livello compositivo prediligi l'improvvisazione o segui parametri predefiniti?
Mi piace molto l'improvvisazione, nel senso di improvvisazione libera.
Ma odio le jam session con gente che suona standard e groove prevedibili. Mi piace sentirmi libero sul palco. Ma devo conoscere molto bene il materiale o l'improvvisazione deve essere tale da sentirmi libero. Non chiedo quasi mai gli accordi quando devo improvvisare. Preferisco ascoltare la tonalità e poi improvvisare interagendo con gli altri musicisti.
Mi sforzo di rendere le mie composizioni facilmente suonabili per i musicisti con cui lavoro.
Ad esempio improvviso per gli arrangiamenti dei fiati così diventa tutto più musicale e groovy piuttosto che dovere seguire le note scritte su un pezzo di carta. Questo è il mio punto di vista.
Ma concretamente come ti muovi per comporre un brano di solito? Da cosa parti?
Quasi sempre faccio un demo con un sequencer o un multitraccia a casa, nel mio studio.
Poi trascrivo su carta le parti più difficili e le faccio ascoltare ai ragazzi della band. In pratica mi siedo con la mia attrezzatura Midi e inizio a costruire una traccia, normalmente partendo da una sequenza di accordi di synth o un loop di basso. Metto in sequenza gli altri strumenti e creo una seconda parte. Quando sono soddisfatto aggiungo voce, sax e il resto. Mi piace lavorare in questo modo. Faccio un premix e in questo modo tutti gli strumenti hanno il loro giusto equilibrio e il loro ruolo nel mix fin dall'inizio.
Preferisci la dimensione live o lavorare in studio?
Penso che il palcoscenico sia il mio vero posto nella musica.
Spero che le case discografiche falliscano tutte. E quando non ci saranno più etichette ci sarà comunque ancora la musica. La musica c'era prima di qualsiasi etichetta discografica. E le band erano anche più grandi. E avevano anche un sacco di lavoro. Sfortunatamente anche se fallissero rimarrebbero montagne di dischi da ascoltare. Non ci sarà mai un grande ritorno per la musica live.
Ma se nessuno ormai vende più dischi i musicisti devono guadagnare in qualche modo, no? E suonare dal vivo è l'unico modo per fare soldi. Almeno, io sopravvivo in questo modo al giorno d'oggi.
Ci puoi parlare del nuovo album “Multiversum”?
- Ho realizzato l'album per accompagnare il libro Omniverse. È realizzato nel mio stile da vecchia scuola. Uso la drum machine Oberheim DX e i sequencer hardware. Una specie di musica da one man band. Mi sono reso conto di avere questo Delay degli anni '90 che posso attivare con un sequencer modulare. Ho fatto dei loop con quel sistema mentre trascorrevo del tempo nella mia casa estiva durante l'isolamento per il covid.
Il tempo del Covid è stato abbastanza fruttuoso per me, devo dire. Strano ma vero. Ora tutti gli artisti stanno uscendo con i loro progetti Covid! Ahah! Ci sarà molta musica da seguire...
mercoledì, agosto 17, 2022
GG Allin in New York
Prosegue la rubrica TALES FROM NEW YORK.
L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground", da quelle parti, allegando sue foto.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Tales%20from%20New%20York
Foto: palazzina dove è morto
gas station al tempo
Al civico 28 Avenue B nell'Est Village in Manatthan si trova l'appartamento dove il 28 Giugno 1993 è morto per overdose di eroina GG Allin.
All'angolo di quella via Avenue B con E 2nd Street si trovava The Gas Station (conosciuto anche come 2B aperto tra l'86 e il 1995) dove qualche ora prima (il pomeriggio del 27 Giugno) aveva tenuto il suo ultimo concerto.
In rete si trova il video dell'ultimo live (2 canzoni) e la camminata nell'Est Village con la polizia che lo tiene d'occhio da lontano, sarebbe morto pochissime ore dopo.
https://www.youtube.com/watch?v=btA0o9AI9RI
martedì, agosto 16, 2022
Gennaro Shamano - L’ asfalto sulla pelle. Storie dal sottosuolo
Gennaro Shamano è stato una figura centrale o comunque sempre presente nella Napoli antagonista degli anni novanta.
Hardcore, centri sociali, ribellione, manifestazioni, anarchismo.
Soprattutto vita di strada, quella vera, che dallo sballo goliardico frana nell'eroina.
Una vita estrema, difficile, insopportabile, le dosi a Scampia, le overdose, la lunga lista di amici morti o distrutti.
Il libro è un viaggio all'inferno, sempre lucidissimo, mai auto indulgente o sensazionalista, politicamente, socilamente, sociologicamente, conscio della scure che ci è caduta in testa in questi ultimi decenni.
Ho conosciuto Gennaro qualche mese fa a Pomigliano d'Arco e ne sono rimasto, in quei pochi minuti, affascinato, tanto più dopo questa lettura.
Cercate il libro e leggetelo.
Gennaro Shamano
L’asfalto sulla pelle. Storie dal sottosuolo
Edizioni Monte Bove
Pagine 352
Euro 10
venerdì, agosto 12, 2022
Paolo Mazzucchelli - I vestiti della musica
Paolo Mazzucchelli - L'altra metà del pop
Paolo Mazzucchelli - I vestiti della musica
Non so cosa possano essere le copertine dei dischi per i ragazzi di oggi, so però che qualche decennio fa (nel millennio scorso!) erano la porta che apriva quel magico universo sonoroche ha accompagnato le avventure di almeno una generazione, quella più votata al cambiamento, politico e sociale sì, ma anche interiore.
E in questo senso le molteplici vie insite nella grafica che accompagnava il vinile erano sentieri che ognuno poteva intraprendere alla propria maniera.
L'introduzione a questo interessantissimo viaggio nella storia della musica rock ( base di uno spettacolo che l'autore porta in giro da tempo) attraverso l'evoluzione e/o i cambiamenti nelle grafiche delle copertine dei dischi riassume alla perfezione il contenuto del libro.
Che analizza, in modo molto agile e veloce, l'affascinante storia di quel pezzo di carta così importante e rilevante che è sempre stata la copertina di un disco.
Incluse le numerose censure a cui furono sottoposti certi lavori (da "Electric ladyland" di Hendrix ai Roxy Music di "Country life").
Da quando, nel 1939, si incomincia a produrre dischi con un'illustrazione e qualche nota (https://tonyface.blogspot.com/2019/05/la-prima-copertina-di-un-disco.html) alle mille variazioni che ci hanno condotti ai nostri giorni.
Libro veloce ed essenziale che approfondisce un ambito mai troppo analizzato nella sua importanza per apprezzare al meglio il contenuo del disco stesso.
Molto interessante e illuminante, soprattuto in un'epoca in cui la grafica è diventata appendice secondaria del prodotto sonoro.
Nel tempo il compito dei dischi e delle copertine è stato anche quello di “portare dentro” l’ascoltatore a mondi o situazioni, come ricordo, testimonianza di un qualcosa cui si era assistito o meno (è il caso dei dischi dal vivo) o come ulteriore suggestione emotiva.
La copertina più punk fra tutte, se non temporalmente quanto meno filosoficamente, vale a dire quella di The return of Durutti Column (1980) debutto della band di Manchester Durutti Column le cui prime 3.600 copie (assemblate dai membri della band con l’aiuto dei compagni di scuderia Joy Division e A Certain Ratio) furono realizzate con la busta in carta vetrata allo scopo di graffiare gli altri LP che vi sarebbero entrati in contatto.
Negli anni 90 le major decidono di puntare sul videoclip come nuovo strumento di promozione degli album e sulla nuova tecnologia per quanto riguarda i supporti, di fatto tagliando i fondi agli studi grafici e costringendoli a lavorare su una copertina più piccola di due terzi rispetto a quella del vinile.
Sono gli anni in cui il vinile diventa una sorta di ricordo da non rimpiangere, anzi da rimuovere; gli anni in cui le case discografiche cominciano a lucrare
Paolo Mazzucchelli
I vestiti della musica
Stampa Alernativa
123 pagine
Paolo Mazzucchelli
L'altra metà del pop.
Un viaggio personale, molto particolare, alla scoperta di come il ruolo della donna (a partire dagli anni 40 ad oggi) sia cambiato attraverso la sua rappresentazione nelle copertine dei dischi. Dalle immagini "accessorie", pudiche, prone a una "normalità" omologata e rassicurante, a quelle che nel corso degli anni hanno affermato sempre di più un ruolo da protagonista, passando anche attraverso l'orgogliosa esibizione del proprio corpo (talvolta sfruttato come mero ed esplicito oggetto sessuale). Interessante il capitolo delle fotografe che hanno segnato l'epopea del rock, da Annie Leibovitz a Pennie Smith.
Paolo Mazzucchelli
L'altra metà del pop. L'emancipazione femminile rappresentata nelle più belle copertine dei dischi
Stampa Alternativa
88 pagine
18 euro
giovedì, agosto 11, 2022
Immigrants
Prosegue la rubrica TALES FROM NEW YORK.
L'amico WHITE SEED è da tempo residente nella Big Apple e ci delizierà con una serie di brevi reportage su quanto accade in ambito sociale, musicale, "underground", da quelle parti, allegando sue foto.
Le precedenti puntate sono qui:
https://tonyface.blogspot.com/search/label/Tales%20from%20New%20York
New York City è fatta da immigrati questo si sa, forse quello meno noto è che una grossa fetta è irregolare.
Gli USA molto rigidi all'ingresso tra visti e controlli all'aeroporto, ma poi una volta dentro questi controlli spariscono totalmente.
La polizia non si occupa di queste cose.
Solo l'immigrazione puo' letteralmente rispedirti a casa ma questo e' molto raro in una citta' di quasi 9 milioni di cittadini.
Il prezzo da pagare a volte puo essere molto alto, ad esempio non poter piu tornare nel proprio paese e quindi non vedere per moltissimi anni figli, coniugi, genitori e amici, tornare a casa oppure uscire semplicemente dagli States vorrebbe dire non poter essere riammessi in territorio USA per 5/10 anni per via di avere oltrepassato il visto turistico della durata di soli 3 mesi.
A differenza dell'Italia qui si puo' trovare subito lavoro (pagamento Cash chiaramente) molte volte anche ben pagato, aprire un conto in banca e ri-farsi una vita rimanendo qui anche 20 anni clandestino.
Ognuno ha una propria storia alle spalle (che qui non interessa a nessuno) e una sua esigenza personale, chi viene qui per lavorare , chi si ritrova innamorato e assuefatto dalla metropoli, chi rimane qui qualche anno per far su un pacco di soldi per poi tornare nel proprio paese e chi rimane qui illegale per 25 anni fino ad ottenere la cittadinanza.
L'incredibile offerta di lavoro e la facilita' nel trovarlo rende questa città ancora oggi una meta ambita per quasi tutto il Sud America e non solo.
New York City non sarebbe lo stesso sballo senza immigrati che arrivano con le pezze al culo da ogni parte del Mondo, sono la vera forza lavoro della città.
Si percepisce meglio quando si vive qui e si capiscono i meccanismi che rendono questo posto magico, senza immigrati sarebbe una citta' vuota e forse anche noiosa.
Abolite le frontiere!