martedì, dicembre 31, 2013

Dicembre 2013. Il meglio



ASCOLTATO

NICK CAVE - Live from KCRW
Un ottimo live in uno studio radio.
Atmosfere semi acustiche, sospese, tese ma allo stesso tempo rilassate.
Un po’ di cose dal recente “Push the sky away” ma anche classici come “Jack the ripper” e “Mercy seat”.

HANNI EL KHATIB - Head in the dirt
Mezzo Palestinese, mezzo Filippino, prodotto da "prezzemolo" DAN AUERBACH dei BLACK KEYS, suona un misto di GARAGE, Rock, BLUES sporco ma si destreggia talvolta anche in contesti più “raffinati”.

da seguire. FITNESS FOREVER - Cosmos
Al secondo appuntamento sulla lunga distanza i FF si confermano abilissimi nell’accostare deliziose atmosfere 60’s con una concezione moderna (Stereolab, Pizzicato Five) della lounge music che si arricchisce spesso di connotati addirittura jazz fusion.
L’album è godibilissimo, divertente, interessante e la band abilissima sia a livello compositivo che negli arrangiamenti.

I RUDI - Tre pezzi di routine
Splendido ep in free download, tre brani, suonati benissimo, grande groove, stilosissimi in pieno mod mood. Da “Routine” vicinissima ai migliori Fine Young Cannibals, la bellissima “Anna” che unisce ritmiche Motown a quelle pop alla Luna Pop al tiratissimo pop soul alla Lambrettas di “Nei confini”.
Bello, bellissimo !
https://soundcloud.com/irudiband/sets/tre-pezzi-di-routine

RAF - Come on
Ottimo ep d’esordio per la mod americana dei RAF da Portland, Oregon.
Brani come “It’s a modern world”, “Ready, steady go” e “We are the mods” sono esplicativi della tendenza musicale, improntata ad un robusto Jam e 79 sound, con ritmiche serrate e chitarre distorte in buona evidenza su cu isi innestano melodie vocali di palese (e ovvia9 estrazione 60’s.
Su label tedesca Time For Action

PRETTY CARTEL - Tales from working class
Dall’Irlanda del Nord una mod band ruvida e impegnata su tematiche che affrontano la difficile realtà di Belfast e dintorni. 5 i brani che attingono dal classico brit pop, dai primi Who ma che assorbono anche (vedi “Diamonds and rainbows” elementi di folk irlandese).
Da scoprire
http://prettycartel.bandcamp.com/

TONY BORLOTTI E  I SUOI FLAUERS - Aperitivo da Tony
Attivi dal 1995, diversi dischi alle spalle all’insegna del recupero del BEAT ITALIANO degli anni 60, Luca Borlotti e i suoi Flauers da Salerno si ripropongono con il godibilissimo e fresco nuovo EP in rigoroso vinile con 4 brani “Aperitivo da Tony ".
Due cover, “Non ho colpa” di Pino Donaggio e “Droga” dei Fuggiaschi (a sua volta cover di I' m gotta get you di Cliff  Richards e gli Shadows) e due brani autografi e si è immediatamente proiettati nei favolosi anni Sessanta, riproposti in maniera filologica e fedele al sound originale.

THE BIDONS - Back to the roost
Da Salerno un poderoso album 100% garage beat tra Chesterfield Kinkgs, Kinks, Sick Rose, Fuzztones, Sonics. Suono aspro, diretto, senza fronzoli, ottimi i brani e perfetta l’attitudine.

SHARON JONES & the DAPKINGS - Stranger to my happines/Ain’t no chmneys
Splendido nuovo singolo della regina del Soul del Nuovo Millennio.
A breve il nuovo album (ascoltato in anteprima, davvero bello, bello, bello, nei top 2014). Classe, stile , soul, groove. Fantastica !

ALLAH - LAS - Had it all /Every girl”
Dalla California un discreto singolo in chiave jingle jangle profondamente 60’s, molto godibile.

HARRISON KENNEDY - Soulscape
Era nella soul band dei Chairmen of the Board, ora da solista viaggia nel blues più classico.
E il nuovo album ne è un buon esempio.

LOU TAPAGE - Finisterre
Al quinto album i cuneesi danno alla luce un lavoro in cui le anime musicali che li hanno sempre caratterizzati si fondono in un amalgama unico e personalissimo, tra folk, combat rock, testi in occitano, travolgenti brani di sapore celtico, la patchanka cara a Manu Chao e Mano Negra, varie influenze in arrivo dal cantautorato italiano.
Originale, fresco ed energico.

ASCOLTATO ANCHE:
PAUL CARRACK (ex Squeeze, Elton John, Pretenders, Roger Waters etc etc con un buon album solista a base di soul tra Van Morrison e Al Grren. Gradevole), MATTHEW SWEET & SUSANNA HOFFS (Si saranno divertiti tantissimo l’ex Bangles e un collaboratore di M.Stipe a rifare brani di REM, Smiths, Gogo’s, XTC, Costello. Pretenders etc. In effetti il risultato è molto gradevole anche se le versioni piuttosto simili agli originali) , SO SO GLOS (punk rock moderno senza troppi motivi di entusiasmo), KURT VILE (lunghi, indolenti brani a base di Lou Reed, Lloyd Cole, Neil Young e tanto altro. Si parla di capolavoro...mah...), JOHN FOGERTY (classico rock amaerican roots con uno stuolo di amici a dare una mano),TOY (Shoegaze, Primal Scream, un po’ di kraut, niente male).

LETTO

LUCA SELVINI - Glory Boys (qualcosa che vi racconto sul mondo mod)
Luca Selvini ha un lungo pedigree di assiduo frequentatore della scena 60’s oriented e mod italiana (è stato anche batterista dei Mini Vip) e in questo libro racconta uno spaccato di quel mondo, tra raduni, serate da DJ, tentativi, spesso infruttuosi, scontrandosi contro il muro di ignorante omologazione delle piccole province, di animare il territorio circostante.
Aneddoti, episodi, ricordi, scorrono veloci e ruspanti.
Chiude una corposa discografia del meglio per chi si avvicina a queste sonorità e un interessante elenco di film mod oriented e soprattutto di fumetti che hanno assimilato l’estetica e l’etica della cultura 60’s.

GIOVANNI BATTISTA MENZANI - L’odore della plastica bruciata
Una lunga serie di racconti dall’evidente taglio Carveriano ma ambientati in un’Italia che non si vede (o non si vuol vedere) ma che abbiamo quotidianamente, drammaticamente, a fianco. Il panorama è desolante, le storie amare e rancide, tremendamente realistiche (anche quando si spazia nella fantasia che finisce per essere pericolosamente vicina al reale).
Scritto molto bene, in modo efficace ed essenziale.

Claudio Pesectelli - Nudi e crudi - 3
La terza parte di un interessantissimo progetto che ripercorre la storia dei festival pop rock italiani. La terza parte abbraccia il periodo dei mid 70’s italiani fino al 1980 e ai primi vagiti del punk/new wave.
Il periodo più caldo, confuso ed estremo con gli scontri con gli autonomi, casini di ogni tipo, Parco Lambro etc. Il tutto corredato da una minuziosissima ricerca storica ed artistica. Basilare.

lunedì, dicembre 30, 2013

Get Back. Dischi da (ri)scoprire



BEACH BOYS - Holland
Inciso nel 1972 in Olanda con Brian Wilson sempre più immerso tra i suoi fantasmi (ma in grado di regalare un classico come “Sail on Sailor”) è uno di quegli album “imperfetti”, assemblati con difficoltà, problematici ma che proprio per questo acquisiscono ancora più fascino. Gioielli come “Leaving this town”, la mini suite “California saga” e l’ep semiparlato frutto della follìa di Brian “Mr Vernon and Fairway”.
Grande album, troppo sottovalutato.

NICK MASON - Fictitious sports
Il batterista dei Pink Floyd non ha mai brillato per capacità compositive nè, a giudizio personale, per quelle tecniche ed espressive.
“Fictitious sports”, uscito nel 1981, è però un album interessantissimo, particolare, pressochè unico nell’unire rock, modalità jazzistiche, Canterbury Sound, prog, pure uno strampalato rock n soul funk davvero intrigante ("Boo To You Too”), mentre i Pink Floyd latitano se non ad occasionali sprazzi.
La ragione è molto semplice: a comporre è Carla Bley (grande jazzista e avanguardista), a cantare Robert Wyatt, alle chitarre c’è Chris Spedding e il buon Mason si limita a batteria, produzione e a metterci il nome per attirare i fan del gruppo madre.
Non gli andò bene, l’album non ebbe un grande riscontro ma rimane interessante e da riascoltare.

CHAIRMEN OF THE BOARD - s/t
Band americana attiva a cavallo tra la fine dei 60’s e l’inizio del nuovo decennio esordì nel 1970 con uno stupendo album di soul moderno in cui risaltano la bellezza del Northern soul up tempo “Give me a little more time” e “You’ve got me dagling on a string” , una riuscitissima cover di “Come together” dei Beatles, una discreta di “Feelin alright” dei Traffic, una trascurabile di “My way” e una serie di altri perfetti brani che a tratti si sporcano già di funk (la conclusiva “Tricked and trapped”) ma si mantengono su un solido cammino soul, duro e aspro (tra Sam & dave e Rufus Thomas).

GHETTO BROTHERS - Power Fuerza
I Ghetto Brothers erano una mitica gang portoricana di strada del sud del Bronx di fine anni 60.
Ripulirono il quartiere da spacciatori e delinquenti, si prodigarono per proteggere i parchi e la sicurezza del luogo. Un odi loro morì in uno scontro con una gang rivale ma invece della vendetta i Ghetto Brothers cercarono e trovarono un accordo di pace.
Furono anche una interessante band, politicizzata , vicino alle poisizoni di estrema sinistra e a favore della causa independentista portoricana.
Incisero un ottimo album nel 1971 “Fuerza Power” tra funk, soul, qualche tocc opsych beat e influenze caraibiche, unico nel suo genere quanto la storia che li accompagna.

domenica, dicembre 29, 2013

The Moons (+ Paul Weller) al "100 Club" - London



Recensione di un concerto speciale a cura di ANDREA Cortez BERNINI.

15 dicembre, Oxford Street, Londra.
Arriviamo puntuali davanti al 100 Club e ci mettiamo in coda sotto la pioggia battente.
All'ingresso al botteghino ci viene consegnata una busta rossa con una cartolina d'auguri dei The Moons, autografata.
Una bella e gradita accoglienza.
Ci rendiamo subito conto di essere in un posto speciale dalle centinaia di foto appese sui muri.
Mick Jagger, Joe Strummer, Siouxsie and the Banshes, Paul McCartney, Sex Pistols, Oasis, Derrick Morgan, Steve Marriott, Specials, Chuck Berry, un elenco lunghissimo di artisti di ogni decade.

Mentre il club si sta riempiendo, ci beviamo una pinta di London Pride e diamo un'occhiata alla strumentazione sul palco, chitarre Hofner.
Poi un'occhiata alla Dj al mixer, bellissima, che ci propone un collaudato “sound from the 60's” nell'attesa che inizi il concerto.
Nemmeno il tempo di un secondo giro di birra che dal camerino esce e si dirige sul palco un ospite d'eccezione che ci lascia allibiti: Paul Weller.
Ovazione generale del pubblico.

Venti minuti di gig acustico, voce e chitarra, con riferimenti ai Jam e alla Motown, attacco con “I spy” e “Gravity” che con un bridge di chitarra apre alla ballad “White Line Fever” dei Flying Burrito Brothers, pubblico attento e partecipe, ovazione per la preziosa “Butterfly Collector” dei Jam al coro di we are mods!, we are mods!, durante l'esecuzione Paulino dimentica una strofa e si riprende su imbeccata del pubblico, risate.
Scroscianti applausi sulle note di “Heatwave” di Marta and the Vandellas.
Seguiamo il gig acustico davanti al mixer, ci uniamo ai lunghi applausi e ai cori, poi incredibilmente, nel passaggio di consegne ai The Moons, il Modfather scortato dai buttafuori ci passa davanti, quasi ci sfiora, stupore.
Andrà a sedersi al mixer di fianco alla Dj girl, che il nostro Marco “Lupin” Repetto a fine concerto andrà a conoscere per una foto ricordo.
E' una giovane modella londinese, Tara Griffin, che appare nel video della delicata ballad “Try me, love me” dei Moons.
The Moons, al loro secondo album, entrano in scena quasi imbarazzati dopo l'esibizione di Weller e con il locale pieno, sul manifesto è scritto “sold out”.
Attaccano con un ottimo rock'n'roll per rompere il ghiaccio, “Forever came today”, chitarre in gran spolvero.
Il sound dei Moons è di impatto, un ruvido e garbato r&b, originale, brillante, british. Hanno stoffa e suonano bene, con “Double vision Love” e “Its taking Over” infiammano il pubblico, i piedi si muovono a tempo di musica, c'è feeling. “Don't go changin” è un brano dal loro primo album, sincopato e veloce con basso e batteria in evidenza.
“Torn between Two” è il mio pezzo preferito, puro beat stile 60's con un riff di chitarra sprezzante.
Dal r&b al garage, al beat psichedelico, con qualche deliziosa ballad come “Revolutionary Lovers”, “English Summer” e “Jennifer” che la rivista Mojo includerà in un cd di compendio modernista, questi musicisti inglesi ci conquistano e ci regalano un'emozionante concerto.

It's all too beautiful, parafrasando gli Small Faces, ripetiamo nella bolgia collettiva del 100 Club.
Paul Weller si volatilizza prima della fine del concerto, noi ci avviamo verso la stazione di Tottenham Court sotto la pioggia battente, inebriati, soddisfatti, sfiniti.

We are mods!
We are mods!
We are, we are, we are mods!!!

sabato, dicembre 28, 2013

Lilith and the Sinnersaints stasera a Torino



Queata sera a TORINO all'HUSTLER di via Reggio 13, LILITH AND THE SINNERSAINTS in concerto.
A cura di United Club.

Il concerto sarà preceduto dalla presentazione del libro "Rock n Goal".

www.lilithandthesinnersaints.com
https://www.facebook.com/LilithandtheSinnersaints

Prossime date di LILITH AND THE SINNERSAINTS

Sabato 21 febbraio : Milano “Cox 18”
Sabato 08 marzo : Aosta “Espace”
Sabato 15 marzo : Cremona “Arcipelago”
Martedì 18 marzo : Milano “Rock n Roll Radio”
Sabato 12 aprile : Firenze “Tender”
Domenica 13 aprile : Roma “Le Mura”
Venerdì 25 aprile: Catania
Sabato 26 aprile: Messina
Sabato 10 maggio : Vignola (MO) “Circolo Ribalta”

Dischi MOD 2013



Una lista di uscite strettamente correlate all’universo MOD.
Si è già ampiamente parlato di STRYPES, MILES KANE, STATUTO e di tutti gli album di SOUL MUSIC.
Aggiungiamo una serie di titoli meritevoli di affiancarsi ad una discografia MOD che si rispetti.


THE MOMENT - ep
Tornano i Mod Gods ! I Moment sono stati tra le migliori mod bands dei mid 80’s e dopo una lunghissima pausa sono di nuovo in pista (con alla batteria Buddy Ascott ex Chords non presente in questo disco).
I quattro brani (prodotti da Ben dei Corduroy) ci restituiscono una band, guidata dalla mente inesauribile di Adrian Holder, in formissima che spazia dal Moment/Jam sound di “You are free”, la ballata “Ben Daisy”, il soul di “Be my lady” (che riporta alla mente i grandi Truth di Dennis Greaves), il northern soul impeccabile di “Minor emergency”.
Da avere. Su http://www.plastic-pop-records.co.uk

I RUDI - Tre pezzi di routine
Splendido ep in free download, tre brani, suonati benissimo, grande groove, stilosissimi in pieno mod mood.
Da “Routine” vicinissima ai migliori Fine Young Cannibals, la bellissima “Anna” che unisce ritmiche Motown a quelle pop alla Luna Pop al tiratissimo pop soul alla Lambrettas di “Nei confini”.
Bello, bellissimo !
https://soundcloud.com/irudiband/sets/tre-pezzi-di-routine

AL SUPERSONIC AND THE TEENAGERS - It’s alright
Da Granada un’altra band della scena mod soul spagnola, al secondo album, con un divertente, fresco, ballabile, gioioso soul sound sempre equilibrato e solare.
La voce ricorda spesso quella di Roland Gift dei Fine Young Cannibals, la band macina grandi brani, semplici ma bene arrangiati.
Eccellenti.

RAF - Come on
Ottimo ep d’esordio per la mod americana dei RAF da Portland, Oregon.
Brani come “It’s a modern world”, “Ready, steady go” e “We are the mods” sono esplicativi della tendenza musicale, improntata ad un robusto Jam e 79 sound, con ritmiche serrate e chitarre distorte in buona evidenza su cui si innestano melodie vocali di palese (e ovvia9 estrazione 60’s.
Su label tedesca Time For Action

PRETTY CARTEL - Tales from working class
Dall’Irlanda del Nord una mod band ruvida e impegnata su tematiche che affrontano la difficile realtà di Belfast e dintorni. 5 i brani che attingono dal classico brit pop, dai primi Who ma che assorbono anche (vedi “Diamonds and rainbows” elementi di folk irlandese).
Da scoprire
http://prettycartel.bandcamp.com/

venerdì, dicembre 27, 2013

I migliori dischi del 2013



La consueta lista dei migliori album dell'anno.
Un mix tra quello che ho ascoltato più spesso, più volentieri e quello che ritengo più innovativo, valido e destinato a rimanere.
Sono inseriti anche titoli già presenti nelle classifiche SOUL e ITALIANE.

In passato furono: nel 2005 White Stripes, Oasis e Supergrass, nel 2006 Bellrays, Capossela, Who e Beatles, nel 2007 Graham Day, Pj Harvey, Amy Winehose, nel 2008 Last Shadow Puppets, Oasis, Racounters, nel 2009 Madness, Dylan, Rancid, nel 2010 Gil Scott Heron, Paul Weller, Lanegan/Campbell nel 2011 Beady Eye, PJ Harvey, Meat Puppets, nel 2012 Secret Affair, Neneh Cherry and the Thing, Macy Gray, Martha High, Patti Smith.


1)
THE STRYPES - Snapshot
Giovanissimi, suonano come Dr Feelgood, Inmates, Yardbirds, primi Kinks e Stones messi insieme.
Suoni puramente 60’s, perfettamente calibrati, dinamica pazzesca, brani brevi pieni di elettricità, cori beatlesiani, armonica a bocca, chitarre sferraglianti, assoli precisi, ritmica pulsante e potente.
Bellissimo !

2)
MILES KANE - Don’t forget who you are

Il secondo lavoro di Miles è un gioiello di rara fattura che riassume il meglio del brit pop (da Beatles, Small Faces, Who e Kinks fino a Verve e Oasis, via Paul Weller e Jam).
Brani scarni, elettrici, sempre ben arrangiati, brevi, nervosi, urgenti, immediati corredati da avvolgenti melodie 60’s e un arrembante sound chitarristico.
Tra i collaboratori Paul Weller (che compone con Miles “You’re gonna get it” ) Andy Partridge ex XTC.

3)
FRANZ FERDINAND - Right thoughts, right words, right action

Al quarto album i Franz Ferdinand non perdono la nevrotica freschezza del loro personalissimo e unico sound, figlio dei riff robotici e netti che furono cari a B 52’s, XTC e Devo e al funk wave che rese famosi i Talking Heads, uniti ad una modernità che assimila brit pop, prima new wave, influenze 60’s e la carica punk (talvolta sembra di risentire i primi Stranglers o gli Arctic Monkeys) che brucia costante sotto le melodie apparentemente facili ma mai banali. I brani sono come sempre costruiti con sapiente ricerca del particolare e di precisi intrecci di chitarre, voci e ritmica costantemente serrata e nervosa.
Tutto l’album è un insieme di potenziali singoli dal groove travolgente e dai ritornelli contagiosi.
Un disco Pop, Modernista e Avant !

4)
EXCITEMENTS - Sometimes too much ain’t enough

Travolgente, splendida collezione di brani uno più bello dell’altro a base di soul, rhythm and blues, blues debitori alla lezione di Ike & Tina Turner dei primi 60’s, rozzo, minimale, aggressivo, primitivo, freschissimo.
Groove incredibile, animalità a profusione, atmosfera cool.

5)
JULIE’S HAIRCUT - Ashram Equinox

Al sesto album e una ventina di anni di attività gli emiliani JULIE’S HAIRCUT sfoderano un altro capolavoro attraverso un disco difficile e avanguardista ma dal respiro internazionale, in cui si concentrano miriadi di influenze, arrivando però a creare un sound unico.
“Ashram equinox” condensa il miglior  kraut rock (dai primi Karftwerk ai Neu!, ai Popol Vuh, ai Can) insieme a post-rock, afflati sinfonici, prog psichedelico, ambient, elettronica.
Il tutto in una unica suite strumentale divisa in otto parti singole.
Una sorta di sinfonia psichedelica futurista in otto atti, coraggiosa, lontana da ogni possibile compromesso commerciale ma non per questo ostica all’ascolto, anzi, avvolgente, ammaliante, soprattutto convincente.

6)
NICOLE WILLIS and the SOUL INVESTIGATORS - Tortured soul

Siamo a livelli di eccellenza assoluta per chi ama il buon vecchio soul.
Dall’esordio del 2005 “Keep reachin up” è passato parecchio tempo, la voce di Nicole è maturata, più sicura e avvolgente mentre il sound è rimasto stupendamente fedele alle buone vecchie radici Stax con inserti 70’s funk dalle calde tinte.
Suoni puliti ma mai leccati, dolcemente ruvidi, arrangiamenti scarni ma sontuosi, groove in abbondanza.

7)
WILLIS EARL BEAL - Nobody knows

Rinnovare il BLUES è impresa quasi impossibile.
Ci sono (quasi) riusciti negli ultimi anni Nick Cave, Tom Waits, il Gil Scott Heron di “I’m new here”) ce la fa anche WILLIS EARL BEAL, una vita al limite, anche da homeless, alle spalle che in questo album mischia John Lee Hooker con Tricky, Gil Scott Heron con Robert Johnson, canta un emozionante gospel con sottofondo di archi (“Wavering lines”), si lascia andare ad un brano perfettamente soul alla marvin Gaye (“Coming through”).
E’ BLUES, profondissimo, malato, inquietante, moderno, NUOVO.

8)
STATUTO - Un giorno di festa

Può sembrare improbabile ma gli Statuto, dopo 30 anni di attività e 11 album, oltre a compilation, live etc, realizzano il loro miglior album di sempre, condensando meglio di come mai avevano fatto tutto il loro preziosissimo bagaglio sonoro (ska, mod, soul, pop, rhtyhm and blues).
Brani perfetti, sound potente e pulito, arrangiamenti eleganti e raffinati.

9)
CHARLES WALKER & the DYNAMITES - Love is only everything

Un superbo album da Nashville con la matura voce di C.Walker accompagnato dall’incredibile groove dei Dynamites. Ci si muove tra soul di sapore Stax e rhythm and blues che spazia da Jackie Wilson a Wilson Pickett senza dimenticare stupende immersioni nel 70’s funk alla James Brown.

10)
MIDLAKE - Antiphon

Senza più l’anima della band Tim Smith i Midlake tornano comunque con un grande album, intensamente psichedelico, dove accennano ai Pink Floyd, primi Procol Harum, Tame Impala, varia psichedelia tardo 60’s e a quella che infarciva gli album di band come Spacemen 3 o Loop oltre a tocchi di primo prog e accenni al Canterbury sound.
Lavoro superbo, ottimi brani, energia, perfetto equilibrio tra antico e moderno.

11)
DAVID BOWIE - The next day

“The next day” è un album sorprendentemente valido, potente, che riscatta i passi falsi con cui ci aveva abbandonato (i deludenti e mediocri “Heathen” del 2002 e “Reality” del 2003), forte di una freschezza e di una lucidità ritrovate.
Il tutto condito da un’ (auto) ironia che pervade tutto l’album, attingendo con sapienza e creatività da numerosi periodi di Bowie ma in particolare sembra emergere un preciso riferimento a quello 1976/1980 da “Station to station” via “Lodger” a “Scary monsters”.
Un album da scoprire e che non mancherà di stupire favorevolmente.

12)
LAURA MARLING - One I was an eagle

Al quarto album la cantautrice inglese centra il bersaglio, sfoderando un lavoro che sfiora la perfezione con un album impegnativo e coraggioso, dove si destreggia tra brani dalla costruzione complessa, mai banali, talvolta ostici, strumentazione scarna e minimale, atmosfere sospese, drammatiche, tese.
I riferimenti sono i più svariati dai Led Zeppelin acustici al brit folk dei 70's dei Fairport Convention, a Dylan e Joni Mitchell ma senza dimenticare il jazz folk psichedelico del primo Van Morrison, le ballate della Carole King di "Tapestry", Johnny Cash, l'incedere severo e sgraziato di PJ Harvey.

13)
RAPHAEL GUALAZZI - Happy mistake

Abbiamo in Italia un autore, esecutore, arrangiatore originalissimo, colto, elegante, raffinato, che attinge dal blues, dal jazz, dal gospel, dal jazz, dal soul, con capacità, sapienza, riuscendo a passare indenne a SanRemo con una classe comune a pochi.
“Happy mistake” conferma lo spessore di Gualazzi, la sua versatilità, l’abilità di maneggiare materia difficile sapendola plasmare e renderla disponibile al grande pubblico senza alterarne gli ingredienti basilari. “Happy mistake” è un gioiello che brilla di brani divertenti, entusiasmanti, solari, personalissimi, con un marchio immediatamente riconoscibile.

14)
JOHNNY MARR - The messenger

A 49 anni, JOHNNY MARR arriva all'esordio solista, dopo una scintillante carriera con gli SMITHS, numerose altre esperienze con altre bands e il percorso con i suoi Healers.
"The messenger" è un ottimo capitolo della lunga storia di Marr. Il sound è diretto, scarno, chitarristico, molto immediato, corredato da avvolgenti melodie 60's (che riportano facilmente agli Oasis e ai Beatles), ricami chitarristici ovviamente debitori alla lezione impartita a suo tempo dagli Smiths e svariati richiami alla tradizione rock britannica (dagli Who, vedi l'iniziale "The right thing right", agli U2 più elettrci). 

15)
NICK CAVE and the BAD SEEDS - Push the sky away

15 album con i Bad Seeds, 4 con i Birthday Party , 2 con i Grindermen, e 35 anni di onoratissima e rispettatissima carriera.
Il nuovo lavoro coglie un Nick Cave ispirato, solenne, pacificato su lente e lunghe ballate pianistiche dai toni malinconicamente romantici ,tra gospel e blues, arrangiamenti elaborati, spesso con gli archi a corredo del tutto.
Niente di particolarmente nuovo nè un capolavoro ma fedele alla sua storia e alla tradizionale alta qualità delle produzioni, soprattutto un marchio personalissimo e inconfondibile.

16)
BEADY EYE - BE

Torna la nuova incarnazione di Liam Gallagher e il risultato, per quanto scontato e prevedibile continua a piacermi un sacco.
Lennon/Stones/Kinks/Small Faces/Bowie/psyche/Jam/Weller oriented, niente di nuovo o rivoluzionario (e chi lo vuole da Liam ?) ma bella musica, ottime canzoni, ben fatte, piacevoli.
A me basta.

17)
WILLIE NILE - American ride

Willie Nile è sulla scena da decenni (il primo album è datato 1980) in maniera irregolare, altalenante, tra problemi di tutti i tipi.
Si ripresenta con un album con i fiocchi, elettrico, ruvido, ruspante, aggressivo, nervoso dove sono le chitarre e il rock n roll a farla da padrone, tra il primo Bruce Springsteen il Joe Strummer (solista e con i Clash) Coverizza Jim Carroll in “People who died”, accarezza sonorità care a Tom Petty, si abbandona ad intense ballate country, a volte sembra Patti Smith al maschile, i ltono generale ricorda le ultime prove di un altro grande eroe minore dell’epopea rock a stelle e strisce, Garland Jeffreys.
Un grande album di rock vero e intenso.

18) ARCTIC MONKEYS - AM Lavoro maturo e introspettivo per la band di Alex Turner, di cui personalmente rimpiango sempre più i freschi esordi a base di elettricità e carica 60’s oriented.
Qui ci sono perfino omaggi spudorati a John Lennon e comunque sempre ottime canzoni ma l’impressione è che si sia persa l’urgenza iniziale, tratto caratteristico che li rendeva grandi.

19)
ARCADE FIRE - Reflektor

Al quarto album la band canadese lascia il suggestivo connubio di new wave, folk e sontuose orchestrazioni per un coraggioso tuffo in un calderone di influenze tra le più svariate in una sorta di personale “Album Bianco” (dei Beatles) o “Sandinista” (Clash) dove il filo conduttore era il rivolgersi in mille direzioni diverse.
A farla da padrone è la “dance”, intesa nel senso più ampio, dal funk, alle influenze africane, dalla disco all’elettronica.
Ma ci sono anche riferimenti ai Cure, Talking Heads, Blondie, proprio ai già citati Clash di “Sandinista” innamorati di reggae e dub. E poi accenni punk, a Bowie, ai Rolling Stones smaniosi di discomusic e una lunghissima suite finale di oltre 11 minuti che incrocia Moroder all’ambient music e David Byrne. Album complesso, pieno di suggestioni e stimoli sonori anche se talvolta eccessivamente dispersivo e forse non completamente a fuoco.

20)
DAFT PUNK - Random Access Memory

Il duo francese ripercorre la storia della dance degli ultimi 30 anni da Moroder al vocoder via Philly Sound, Chic e synth pop.
Possono non piacere ma sono geniali.

giovedì, dicembre 26, 2013

I migliori libri del 2013



Un elenco dei libri letti quest'anno con alcuni consigli a mio parere davvero meritevoli.

MUSICA E DINTORNI

1)
“Woody, Cisco and me” - Jim Longhi

Un libro a dir poco stupendo. Una storia dai tratti che riportano al Jack London più avventuroso (ma ne è esistito uno poco avventuroso ?) e che coinvolge l’immenso Woody Guthrie, talento artistico e musicale ma anche persona divertentissima, geniale, sarcastica e Cisco Houston, altra grande penna del folk americano, impegnati nella seconda guerra mondiale, nello sbarco in Sicilia, affondati due volte dai nazisti, vivi dopo mille difficoltà e avventure.
E in mezzo musica, testi, solidarietà, ribellione, socialità.
Un libro affascinante che non vorresti mai che finisse. E’ raro accada.

2)
Giancarlo Onorato - EX

Il grande talento compositivo (musicale, lirico e letterario) di Onorato non si scopre ora e questa nuova fatica ne è l’ennesima conferma.
Ma in “Ex” riesce a fare di più, rileggendo la storia personale (dai primi passi nel punk all’esperienza degli Underground Life) con un tratto personalissimo, parlando in seconda persona, con accenti costantemente poetici e allo stesso tempo crudamente spietati e disincantati con un corredo di conoscenza artistica e musicale che si palesa in ogni riga.
Libro appassionante, sentito, intenso, lucido, onesto, che sbaraglia il lettore.

3)
Mauro Zambellini - Love and emotion

La vita, non solo artistica, di Willy DeVille meritava un libro che ne approfondisse ed esaltasse l’incredibile fascino e spessore.
Ci è riuscito bene Zambellini con questo agile ed esauriente lavoro che ci restituisce la grandezza dell’uomo e dell’artista.

4)
MASSIMO COTTO - Pleased to meet you

un divertentissimo sunto di una vita passata da un palco ad un backstage, da un’intervista ad un incontro con alcuni tra i più grandi nomi della musica internazionale (da Lou Reed agli U2, da McCartney a Jagger, Ray Charles, James Brown e mille altri) e italiana.
Il tutto attraverso brevi, sintetici, talvolta fulminanti flash che immortalano i vari protagonisti in episodi divertenti, surreali e leggeri o tremendamente profondi, talvolta irritanti.

5)
S.Deabill - I.Snowball - Thick as Thieves: Personal Situations with The Jam

Uno splendido libro per ogni fan dei JAM che si rispetti.
Gli autori danno voce a fans, crew, produttori, giornalisti, agli stessi Paul, Bruce e Rick nel ricordare non tanto i Jam ma il loro pubblico, le sensazioni ai loro concerti, “la prima volta”, quello che un gruppo musicale (in realtà non un gruppo qualunque ma i JAM) ha rappresentato nella loro vita.
Il tutto corredato da una marea di foto e curiosità inedite e di memorabilia.

LETTO ANCHE:

LUCA SELVINI - Glory Boys (qualcosa che vi racconto sul mondo mod)
Luca Selvini ha un lungo pedigree di assiduo frequentatore della scena 60’s oriented e mod italiana (è stato anche batterista dei Mini Vip) e in questo libro racconta uno spaccato di quel mondo, tra raduni, serate da DJ, tentativi, spesso infruttuosi, scontrandosi contro il muro di ignorante omologazione delle piccole province, di animare il territorio circostante.
Aneddoti, episodi, ricordi, scorrono veloci e ruspanti.
Chiude una corposa discografia del meglio per chi si avvicina a queste sonorità e un interessante elenco di film mod oriented e soprattutto di fumetti che hanno assimilato l’estetica e l’etica della cultura 60’s.

Max Marchini - Greg Lake World Sculptures
Il giornalista e musicista Marchini propone un interessante e completo excursus nella vita artistica di Greg Lake dagli esordi beat e psych con Unit 4, Shame e Shy Limbs ai palcoscenici mondiali con King Crimson, ELP e la carriera solista, oltre alle collaborazioni con Who, Daltrey e Ringo Starr tra gli altri.
Tante foto, i testi, aneddoti a profusione.

Stefano Bollani - Parliamo di musica
Il virtuoso Stefano Bollani, star del jazz (e non solo) italiano (e non solo), brillante entertainer televisivo, sforna un libro in cui disserta di musica.
Lo fa in modo come sempre semplice e diretto, toccando vari aspetti del fare ed ascoltare musica, esaltandone l’immediatezza e l’istintività.
La (mia) sgradevole impressione è una certa supponenza del “maestro” che si cala nella plebe a spigare il “verbo”. Ciò nonostante rimane una lettura molto gradevole ed istruttiva.

Christopher Anderson - Mick Jagger. Gli eccessi, la pazzia, il genio
Classico (ed esemplare nel suo “genere”) testo spazzatura in cui le pagine scorrono elencando la vita di un Jagger costantemente assetato di sesso (4.000 donne ma anche uomini, da Bowie a Clapton...cos’ ci dice l’autore), soldi e droghe.
La musica è solo un compendio marginale.
Da evitare con cura.

“Sweet Soul Music” di Peter Guralnick
Bibbia fondamentale per gli amanti del soul di cui analizza con dettagli interessantissimi la nascita (con il passaggio dal gospel) fino alla “morte” con la fine della Stax Records.


ALTRE LETTURE

1)
“La figlia” di Clara Uson

La triste, drammaticissima storia di Ana Mladic, figlia di Ratko, il “boia di Srebrenica, suicida dopo aver scoperto le malefatte del padre di cui era ignara.
Una storia vera in cui si intrecciano parti romanzate e fedeli, terribili, testimonianze storiche sulla guerra in Yugoslavia.
Capolavoro emozionante.

2)
Paolo Rumiz - Trans Europa Express

Un emozionante viaggio al Centro dell’Europa, “verticale”, dalla Finlandia ai Baltici, via Kaliningrad, Bielorussia, Ucraina. Un mondo perduto e che si sta perdendo, travolto da speculazione e nuove povertà ma che conserva il battito che è proprio del Cuore dell’Europa. Davvero bello.
USCITO a fine 2012

3)
JURIJ GAGARIN - Non c’è nessun Dio quassù

Appassionante autobiografia di Gagarin, il primo uomo che il 12 aprile 1961, volò nello spazio. Gagarin era un convinto ed entusiasta fautore della rivoluzione sovietica, portatrice di uguaglianza e giustizia nel mondo, anche attraverso le imprese spaziali, destinate all’Umanità intera.
Non fu così ma il libro, pur se a tratti prolisso nell’elenco di nomi e di particolari tecnici, è appassionante quanto lo fu la corsa allo spazio dell’epoca.

4)“Radio Libertà” - Michele Anelli
Un ottimo lavoro quello di Anelli che parte dai preziosi resoconti dell’attività d iRadio Libertà, radio clandestina partigiana del biellese durante l’occupazione nazista e si sviluppa attraverso la storia delle radio “resistenti” (Radio Popolare, Radio Alice, Radio Aut etc) intersecando storie di musica antagonista (Clash, Billy Bragg) e personale (Anelli è l’anima dei Groovers).
Lettura agile, veloce e interessante.

5)
“Io sono il calciatore misterioso”

Un libro di un anonimo calciatore di Premier League seguito al successo avuto da una sua (altrettanto anonima) rubrica tenuta sul "Guardian" dove si "svelano" tutte le storture e i "segreti" del calcio (scommesse, prostituzione, soldi a palate buttati in Champagne in gare a base di alcol, feste selvagge a Las Vegas, partite combinate e un triste finale con l'esclusione dal club e relativa caduta nella depressione ).

5)
“Il calcio perfetto” - Alessandro Aleotti

Un lucido saggio, un (spesso) utopistico (in relazione a quello che è il calcio nelle sue strutture economiche e di business che conosciamo), sguardo su un mondo così vasto e stimolante, relegato da tempo al ruolo di un bersaglio su cui sparare a vista (vedi l’illuminante capitolo “La favola del grande calcio cattivo”).
Ottimo libro, disponibile gratuitamente.

5)
GIOVANNI BATTISTA MENZANI - L’odore della plastica bruciata

Una lunga serie di racconti dall’evidente taglio Carveriano ma ambientati in un’Italia che non si vede (o non si vuol vedere) ma che abbiamo quotidianamente, drammaticamente, a fianco. Il panorama è desolante, le storie amare e rancide, tremendamente realistiche (anche quando si spazia nella fantasia che finisce per essere pericolosamente vicina al reale).Scritto molto bene, in modo efficace ed essenziale.

LUIS SEPULVEDA - Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza
Una delle "solite" favole di Sepulveda, brevi, intensissime, profonde.
Luis rimane uno dei miei preferiti e quindi non posso che apprezzare e consigliare.

LETTO ANCHE:

CESARE RIZZI - Progressive & Underground
Ottima enciclopedia, essenziale, molto curata, soprattutto graficamente, esaustiva nel coprire tutto l’arco prog psichedelico da fine 60’s a metà 70s’.
C’è tutto il meglio, le realtà meno conosciute, discografie ben documentata, consigli accurati.

Claudio Pesectelli - Nudi e crudi - 3
La terza parte di un interessantissimo progetto che ripercorre la storia dei festival pop rock italiani.
La terza parte abbraccia il periodo dei mid 70’s italiani fino al 1980 e ai primi vagiti del punk/new wave.
Il periodo più caldo, confuso ed estremo con gli scontri con gli autonomi, casini di ogni tipo, Parco Lambro etc. Il tutto corredato da una minuziosissima ricerca storica ed artistica. Basilare.

Vera Lehndorff - Jörn Jacob Rohwer - Veruschka
La vita di Veruschka una delle top model più belle e conosciute nella storia della moda e del glamour. Una vita drammatica, segnata dalla scomparsa del padre, resistente anti nazista nella Germania hitleriana e giustiziato nel 1944, un’infanzia diffiicilissima, il successo, il glamour, macchiati da due tentativi di suicidio, ricoveri in cliniche psichiatriche, difficoltà, delusioni.
Personaggio controverso, triste, borderline ma interessantissimo, genuino e sincero.
Il libro, sotto forma di intervista, è spesso troppo inutilmente dettagliato e prolisso ma fotografa bene diverse , diversissime, epoche storiche e sociali.

BRET EASTON ELLIS - Glamorama
Thriller fiume (oltre 700 pagine), complesso, metaforico, ricchissimo di riferimenti, talvolta eccessivamente prolisso e confuso.
Alla fine il talento di Ellis emerge con tutta la sua forza ma solo con qualche centinaio di pagine in meno saremmo vicini al capolavoro.

RAYMOND CARVER - Tell it all
Prezioso e commovente compendio alla bibliografia dell’autore raccoglie alcuni “insperati” inediti e una serie di bellissime testimonianze sull’Uomo Carver che fanno disperare ancora di più per la sua scomparsa.
Come dice nel libro lo scrittore giapponese Haruki Murakami.
Ebbi la sensazione di essermi imbattuto in un genere di narrativa completamente nuovo che non aveva mai avuto eguali

Massimo Solari - Augusta Placentia
Un gradevole, leggero ma competente e ricchissimo di preziose informazioni nella Piacenza di 2.000 anni fa quand odalle mie parti passavano Giulio Cesare e soprattutto Annibale che castigò i Romani proprio nei campi attorno a casa mia....

Sergio Tavcar - La Jugoslavia, il basket e un telecronista. La storia della pallacanestro jugoslava raccontata dalla voce di Telecapodistria
Uno SPLENDIDO libro sula basket nella ex Jugoslavia (in cui si intrecciano le tristi vicende della dissoluzione e della guerra) tra aneddoti incredibili e la sconfinata passione di Tavcar, storico telecronista di TeleCapodistria.
Per chi ama lo SPORT, indispensabile.

Haruki Murakami - Norwegian wood / Tokyo Blues
Mi capita di rado di non finire un libro o di leggerlo svogliatamente, saltando pagine e periodi.
Più o meno è quello che è successo con “Tokyo blues”, spesso considerato un “capolavoro” ma che ho , personalmente, trovato anonimo e noioso.

Luciano Bianciardi - La vita agra
Un classico.
Da leggere e rileggere.
La crisi e l’assurdità del capitalismo selvaggio e robotico, attuale, purtroppo, anche 50 anni dopo. Bianciardi scrive con grazia e grande ironia.

John Fante - Full of life
Lettura divertente, spedita, (auto) ironica e auto biografica che si addentra nei tragicomici 9 mesi di gravidanza della moglie.

Carlo Levi - Cristo si è fermato ad Eboli
Un classico, crudo, essenziale, scritto alla grande.
Consigliatissimo.

Emmanuel Carrere - L’avversario
La storia vera di un francese che stermina la famiglia dopo che sono stati (quasi) scoperti 18 anni di balle raccontate a tutti e aver dilapidato tutti i soldi.
Storia allucinante, racconto serrato, dettagliatissimo, incalzante, giornalistico.
Alla fine agghiacciante.

martedì, dicembre 24, 2013

I migliori dischi soul del 2013



La SOUL MUSIC ha ripreso a sfornare da qualche anno capolavori di gusto classe e raffinatezza.
A fianco di qualche vecchia gloria tornata agli splendori del passato si affollano sempre più numerosi nuovi nomi di grandissima qualità e spessore.

Di seguito una guida al meglio del 2013
.

1)
EXCITEMENTS - Sometimes too much ain’t enough

Travolgente, splendida collezione di brani uno più bello dell’altro a base di soul, rhythm and blues, blues debitori alla lezione di Ike & Tina Turner dei primi 60’s, rozzo, minimale, aggressivo, primitivo, freschissimo.
Groove incredibile, animalità a profusione, atmosfera cool.

2)
NICOLE WILLIS and the SOUL INVESTIGATORS - Tortured soul

Siamo a livelli di eccellenza assoluta per chi ama il buon vecchio soul.
Dall’esordio del 2005 “Keep reachin up” è passato parecchio tempo, la voce di Nicole è maturata, più sicura e avvolgente mentre il sound è rimasto stupendamente fedele alle buone vecchie radici Stax con inserti 70’s funk dalle calde tinte.
Suoni puliti ma mai leccati, dolcemente ruvidi, arrangiamenti scarni ma sontuosi, groove in abbondanza.

3)
CHARLES WALKER & the DYNAMITES - Love is only everything
Un superbo album da Nashville con la matura voce di C.Walker accompagnato dall’incredibile groove dei Dynamites.
Ci si muove tra soul di sapore Stax e rhythm and blues che spazia da Jackie Wilson a Wilson Pickett senza dimenticare stupende immersioni nel 70’s funk alla James Brown.

4)
MAVIS STAPLE - One true vin
e
Torna il duo Jeff Tweedy (Wilco) e la voce super di Mavis Staple a rivisitare gospel, folk blues, soul, black country.
Ancora un grande album da brividi moderno e allo stesso tempo antico.

5)
MYRON & E - Broadway

Un black duo che richiama immediatamente (anche da un punto di vista estetico) Sam&Dave ma che in realtà, pur muovendosi in ambito strettamente soul, si appoggia ad altre referenze in particolare Sam Cooke (in stupende e sentite ballads gospel soul) e il Curtis Mayfield più soft e “caldo”.
Ad accompagnarli con gusto essenziale , minimale e il giusto groove, i finlandesi Soul Investigators usualmente al servizio della fantastica Nicole Willis.
Il risultato è un album raffinato ed elegante, pieno di stile e di buon gusto, sottofondo consigliatissimo ma con anche qualche spunto danzereccio di sapore funk o Northern soul che non guasta e movimenta il tutto.

6)
SWEET VANDALS - After all

Da Madrid una fantastica band guidata dalla voce nerissima di Mayka Edjo, attiva dal 2005 e ora al quarto, eccellente, album.
Funk soul della qualità migliore, sulle tracce della “solita” Sharon Jones e del groove Dap King.
I 10 brani filano via suonati benissimo e con un feeling di rara grazia.

7)
AL SUPERSONIC AND THE TEENAGERS - I’t’s alright

Da Granada un’altra band della scena mod soul spagnola, al secondo album, con un divertente, fresco, ballabile, gioioso soul sound sempre equilibrato e solare.
La voce ricorda spesso quella di Roland Gift dei Fine Young Cannibals, la band macina grandi brani, semplici ma bene arrangiati.

8)
CHARLES BRADLEY - Victim of love

Torna l'ottimo Charles Bradley, una vita incredibile alle spalle (tanto che a breve diventerà un film..) e l'esordio discografico solo poco tempo con i 60 anni passati da un pezzo.
Il suo mix di soul e rhythm and blues segue la formula consolidata di omaggi al James Brown più straziane ("Try me" o "Please please please"), delle classiche ballads alla Otis Redding, inserendo anche ottimi brani spediti e ultra stomp come "Confusion" che spazia tra il James Brown più funk e lo Sly visionario.
Ottimo album e voce sempre incredibile.

9)
IMPELLERS - This is not a drill

Da Brighton una band di ultra soul funk tra Sharon Jones, Martha High, il groove funk del James Brown mid 70’s, una gran bella voce e tanto ritmo, fresco, solare e dal tiro spettacolare.

10)
RUBY VELLE & the SOULPHONICS - It’s about time

E’ soul music, suonata bene, con un eccellente groove vintage, bella voce femminile, tinte funk, ottime songs. Serve altro ?

11)
THE PEPPER POTS - We must fight

Dalla Spagna con 10 anni di attività e sei album alle spalle, tornano i Pepper Pots con un nuovo fresco, solare, raffinato album in cui si mischiano soul, northern soul, Motown (frequenti e palesi i riferimenti alle Supremes, grazie alle due ottime voci femminili), 60’s pop.
Il tutto ben prodotto, arrangiato e suonato.

12)
REBECCA DRY - Sings soul

Accompagnata dalla Radek Azul Band la cantante francese all’esordio per la Q-Sounds Recording con un ottimo lavoro di classica soul music in cui si inseriscono elementi funk e northern e pure (“Bad thoughts”) ethio jazz.
“Sing soul” si inserisce nella felice nuova ondata soul a fianco di nomi come Nicole Willis, Sharon Jones o Martha High e merita un posto in tutte le discografie black che si rispettino.

13)
MONOPHONICS - In your brain

Spettacolare terzo album della band di S.Francisco.
Puro psychedelic soul tardo 60’s/primi 70’s (Sly, Funkadelic, Temptations) ma con numerose concessioni al soul più crudo, uno splendido groove e brani di qualità eccellente.

14)
JANELLE MONAE - Electric lady

La Prince in gonnella torna con un nuovo sorprendente album in cui mischia tutto lo scibile della black music, dal funk all’hip hop, da Stevie Wonder al soul, da Lionel Richie al blues.
Il sound è molto spinto e spesso eccessivamente patinato ma per rinnovare il soul si passa anche di qua.

15)
AA.VV. - RecordKicks 10th

La “nostra” Record Kicks festeggia 10 anni di attività (ovvero 109 realizzazioni di cui 90 in vinile per 51 artisti) con una doverosa e STUPENDA compilation in cui raccoglie il meglio della sterminata produzione.
E siamo all’eccellenza pura da Hanna Williams a i Dojo Cuts, Baker Brothers, Nick Pride, Trio Valore, Link Quartet, Doss per un totale di 21 brani che spaziano nel mondo RK tra funk, soul, Hammondbeat, afrobeat, rocksteady e tanto altro.

SEGNALO ANCHE

LIBERATORS - Power struggle
Splendido mix strumentale di AFROBEAT (remember Fela Kuti e Tony Allen ?), ETHIOJAZZ, FUNK e una grande soul song finale con Roxie Ray dei Dojo Cuts alla voce per l’affollata band (9 elementi) australiana, a cura di Record Kicks.

OSAKA MONOAURAIL - State of the world
Improbabile accostare funk e Giappone.
Ebbene costoro dal 2000 hanno infilato una decina di album a base di puro James Brown groove mid 70’s.
E replicano sulle stesse coordinate con il nuovo “State of the world” che sembra preso da qualche disco dimenticato di James, tra “Hot pants”, “Get on the good foot” o “The payback”.
Palesemente derivativo ma ugualmente piacevolissimo.

JESSE DEE - On my mind / In my heart
Da Boston Jesse Dee compone, canta, suona la chitarra, arrangia un delizioso album di puro rhythm and blues revivalista e fedelissimo alle origini.
Gli 11 brani scorrono via tra espliciti riferimenti alle ballate di Otis Redding e Joe Tex o ai brani più spediti debitori a Wilson Pickett e Jackie Wilson.
Qua e là un po’ di tocchi crooner alla Bublè e Cullum a raffinare il tutto.
Lavoro piacevolissimo, leggero, fresco e fedele alla linea.

NINA ATTAL - Yellow 6/17
Francese, 20 anni, un futuro che si preannuncia assolutamente brillante se ascoltiamo questo scintillante esordio a base di un poderoso funk soul per nulla retrò (anche se le matrice 60’s soul emergono spesso e volentieri).
Sound pulito che talvolta sconfina nella fusion, voce possente anche se ancora non completamente formata, band che gira alla grande con grooves irresistibili, brani ballabili, divertenti, solari, godibilissimi.
Grooooovy.

JC BROOKS & the UPTOWN SOUND - Howl
Al terzo album la soul band di Detroit prosegue il suo viaggio tra i suoni black (funk, soul, rhythm and blues dei migliori) spaziando da influenze più 60’s alla Otis al Curtis Mayfiled dei mid 70’s.

VALERIE JUNE - Pushin against a stone
Dagli Usa un ottimo album di folk soul, gospel, blues (prodotto e co-scritto da Dan Auerback dei Black Keys e con l’apparizione di Booker T in un brano).
Non sempre efficace ma convincente.

KERBSIDE COLLECTION - Mind the curb
Giovanissimi, da Brisbane, Australia con un Hammond funk groovissimo, strumentale dalle parti di Meters, Jack McDuff e George Benson.
Sparatissimi, ultra funk, da seguire !

M1, BRIAN JACKSON & the NEW MIDNIGHT BAND - Evolutionary minded
"Evolutionary minded" è un omaggio all'arte di GIL SCOTT HERON.
L'ex sodale BRIAN JACKSON e una serie di collaboratori tra cui CHUCK D dei Public Enemy, Martin Luther dei ROOTS e membri della sua MIDNIGHT BAND hanno inciso uno stupendo album tra black music, rap, hip, hop, funk con citazioni al genio di GIL, cose nuove e un gran GROOVE.

BOOKER T - Sound the alarm
Il vecchio Booker T piazza un altro riuscito colpo nella sua immensa discografia.
“Sound the alarm” riscatta le ultime tiepide e incerte uscite tornando in parte al vecchio buon Hammond sound intriso di soul, blues e funk ma dando spazio anche a molti episodi assolutamente moderni in chiave sonora e artistica, assorbendo influenze r’n’b, hip hop, new funk con ospiti prestigiosi del new soul più patinato (Mayer Hawthorne, Estelle, la bellissima voce di Kori Whiters, figlia del grande Bill Withers).
Un mix di nuovo e antico, pulito e pieno di classe e stile.

AKASHIC RECORD - Bring it back !
Da Boston puro funk soul strumentale tra Meters, Maceo Parker e primo JTQ.
Suonato benissimo, ottimi brani anche se il genere è risaputo e prevedibile.

MY BABY - My baby loves voodoo
Terzetto olandese/neo zelandese di grandissimo impatto.
Suonano un blues minimale, molto grezzo ma modernissimo, fresco, con influenze southern funk (Swamp Dogg, Rufus Thomas), spesso molto cool (si sentono addirittura i Gossip, Staple Singers, Al Green, Erykah Badu, Joss Stone), melodico e ballabile.

lunedì, dicembre 23, 2013

I migliori dischi italiani del 2013



L’Italia musicale continua ad esprimere eccellenze e dischi interessantissimi chw abitualmente seguiamo e segnaliamo il più possibile da queste parti.
L’elenco che segue è, ovviamente, lo specchio delle mie preferenze ma soprattutto tiene conto dei dischi che ho ascoltato di più e con più piacere (cercando di distribuire la lista in funzione dell'ampiezza di generi).


Guardando indietro nel 2007 c'erano ai vertici Statuto e Temponauts, nel 2008 Assalti Frontali, nel 2009 Julie's Haircut, Edda e Teatro degli Orrori, nel 2010 June e Statuto, nel 2011 Verdena, Peawees, Enrico Brizzi, Dellera, Paolo Apollo Negri, Statuto, lo scorso anno An Apple Day, Barbacans, Julie’s Haircut.

FUORI GARA ovviamente LILITH AND THE SINNERSAINTS, “Stereo Blues vol.1: the punk collection” ma che vi consiglio ardentemente di ascoltare (e magari anche di acquistare), perchè ne vale la pena !

Per ulteriori suggerimenti vi rimando al “Meglio di ogni mese” con abbondanza di altri titoli che ho segnalato.

1)
JULIE’S HAIRCUT - Ashram Equinox

Al sesto album e una ventina di anni di attività gli emiliani JULIE’S HAIRCUT sfoderano un altro capolavoro attraverso un disco difficile e avanguardista ma dal respiro internazionale, in cui si concentrano miriadi di influenze, arrivando però a creare un sound unico.
“Ashram equinox” condensa il miglior  kraut rock (dai primi Karftwerk ai Neu!, ai Popol Vuh, ai Can) insieme a post-rock, afflati sinfonici, prog psichedelico, ambient, elettronica.
Il tutto in una unica suite strumentale divisa in otto parti singole.
Una sorta di sinfonia psichedelica futurista in otto atti, coraggiosa, lontana da ogni possibile compromesso commerciale ma non per questo ostica all’ascolto, anzi, avvolgente, ammaliante, soprattutto convincente.

2)
STATUTO - Un giorno di festa

Può sembrare improbabile ma gli Statuto, dopo 30 anni di attività e 11 album, oltre a compilation, live etc, realizzano il loro miglior album di sempre, condensando meglio di come mai avevano fatto tutto il loro preziosissimo bagaglio sonoro (ska, mod, soul, pop, rhtyhm and blues).
Brani perfetti, sound potente e pulito, arrangiamenti eleganti e raffinati.

3)
RAPHAEL GUALAZZI - Happy mistake

Abbiamo in Italia un autore, esecutore, arrangiatore originalissimo, colto, elegante, raffinato, che attinge dal blues, dal jazz, dal gospel, dal jazz, dal soul, con capacità, sapienza, riuscendo a passare indenne a SanRemo con una classe comune a pochi.
“Happy mistake” conferma lo spessore di Gualazzi, la sua versatilità, l’abilità di maneggiare materia difficile sapendola plasmare e renderla disponibile al grande pubblico senza alterarne gli ingredienti basilari.
“Happy mistake” è un gioiello che brilla di brani divertenti, entusiasmanti, solari, personalissimi, con un marchio immediatamente riconoscibile.
Peculiarità ad appannaggio di pochi.

4)
CESARE BASILE - s/t

Grande album di uno dei cantautori più espressivi della scena italiana.
Basile si cala ancora di più nella sua terra e sforna un SIcilian Blues senza eguali, personalissimo, cattivo, spietato, spesso nella “lingua” natìa, a partire da “Introduzione e sfida” in apertura che riporta al De Andrè di “Nuvole”.
Poi si affonda nelle acque fangose alla Tom Waits, Screamin Jay Hawkins, Capossela, Dr,John, Piero Ciampi, tutti insieme.
Ed è un bel sentire.

5)
GIUDA - Let’s do it again

Con una miscela esplosiva fatta di rock n roll, glam, pub rock, street punk,  i romani Giuda hanno conquistato le platee e i cuori di migliaia di fans in Italia e all’estero.
Con il secondo “Let’s do it again” non si discostano dalle coordinate originarie ma affinano il tiro, con una maggior varietà nella proposta, introducendo anche una componente pop più marcata che avvolge i 10 brani (condensati nell’immediatezza e nell’urgenza di poco più di mezzora di musica).
Ogni brano è un condensato di energia, elettricità, contagiosa vitalità, gioioso divertimento, ironia, arrogante sfacciataggine.

6)
TEMPONAUTS - The canticle of Temponauts

Il secondo album per i nostri eroi della Val Tidone, viaggia sui consueti binari del miglior jingle jangle sound, dai Byrds al Paisley Underground attraverso Soundtracks of our lives, il groove chitarristico di Johnny Marr e quello di Peter Buck dei REM.
Un lavoro di grande freschezza e craetività che li conferma tra le migliori realtà italiane.

7)
SANTO NIENTE - Mare tranquillitatis

Umberto Palazzo è un personaggio della scena alt rock italiana, dagli esordi a suon di garage punk al passaggio ad una psichedelia cantautorale più raffinata con gli Allison Run, la fondazione dei Massimo Volume, la lunga esperienza con il Santo Niente di cui “Mare tranquillitatis” è l’ultima prova a ben sei anni di distanza dal precedente “Il fiore dell’agave”.
Solo sei i brani del nuovo album ma oltre 40 minuti di musica su cui svettano testi urticanti, spietati che fanno di questo album un lavoro importante, denso, di notevole spessore che va ascoltato e assimilato lentamente, nonostante sia ostico, lontano da ogni possibile compromesso commerciale, può piacere o meno, di sicuro non lascia indifferenti.

8)
CALIBRO 35 - Traditori di tutti


Al quinto album non finiscono di stupire per qualità, verve e freschezza pur praticando un genere ampiamente abusato e diffuso in tutte le salse, tra temi polizieschi anni 70, con tinte funk, psichedeliche, tardo beat.
Ma il tutto suonato così bene e con un groove assolutamente unico che lo rende un album eccellente.

9)
LORD SHANI - Progress your soul

Splendido esordio della superband milanese dei LORD SHANI , guidati dall’inconfondibile voce soul di Viola Road , affiancata da tre musicisti dalla vastissima esperienza (trascorsi in Timoria, Ritmo Tribale, Miura, NoGuru, Free The Nation tra gli altri).
L’album è un energico rincorrersi tra atmosfere di psychedelic soul, hard primi 70’s (vengono in mente i Curved Air di Sonja Christina o gli Atomic Rooster), trame psichedeliche con tinte stoner (“Cosmic ordeal”), riferimenti tardo 60’s (Jefferson Airplane in primis).
Personalità a secchiate, originalità e piglio arrogante.

10)
SVETLANAS - Tales from the Alpha Brigade

Gli Svetlanas risorgono dalle ceneri dell’Unione Sovietica e direttamente dagli archivi del KGB, tornano, con il secondo album ad impartire lezioni di durissimo soviet punk.
In realtà arrivano da più vicino e sono uno dei nomi di punta del punk italiano, con i piedi ben piantati nell’hardcore californiano dei primi 80’s ma che nel nuovo lavoro viene rafforzato da una struttura non aliena a sferzate metal in stile primo Motorhead. 
Wall of sound superbo, brani potentissimi, voce super abrasiva.

11)
STELLA MARIS MUSIC CONSPIRACY - Operation mindfuck

Grande album punk dal Granducato Hardcore toscano (di cui molti della band erano membri). Si passa da brani che potremmo mettere tranquillamente sul primo dei Circle Jerks o Dead Kennedys ad altri che sembrano presi da quelli di 999 o Vibrators.
Grande tiro, suono crudo e diretto.

12)
MASSIMO VOLUME - Aspettando i barbari

Come sempre i Massimo Volume non fanno prigionieri.
Il tono è acre, cupo, alle soglie del diluvio, della soluzione finale.
Scorrono severe le basi musicali in sottofondo, recita implacabile la voce di Emidio Clementi, compare una componente elettronica che ben si accompagna al classico duro post rock a cui ci abituati la band bolognese e su cui, nel consueto stile inconfondibile, scorrono, declamati, ora con rabbia, ora diretti allo stomaco, testi taglienti, crudi, evocativi.

13)
DIAFRAMMA - Preso nel vortice

L’immarcescibile Fiumani aggiunge l’ennesimo capitolo alla corposa discografia dei Diaframma.
Lontani gli anni new wave, siamo in ambito del rock d’autore, in questo caso più abbordabile rispetto alle ultime prove, tinteggiato di venature pop che ben si innestano su basi scarne ed essenziali.
Ottimi come sempre i testi, disco ben suonato, un po‘ di ospiti interessanti e alla fine, pur non essendo il miglior episodio della carriera, promosso a pieni voti.

14)
MASSIMO ZAMBONI - ANGELA BARALDI - Un’infinita compressione precede lo scoppio

L’austero e severo nuovo album conferma la somma del valore dell’ex CCCP e della Baraldi e confeziona un prezioso e riuscito lavoro che vive delle grandi capacità interpretative di Angela e dell’inconfondibile “suono” di Zamboni che spesso e volentieri richiama palesemente il gruppo d’origine.
Ma la forza del progetto sta nell’originalità della proposta che assimila canzone d’autore, punk, aggressività, malinconia, romanticismo.

15)
PETRINA -Petrina

Il genio versatile di Petrina si riconferma nel secondo stupendo album che ne fa una delle artiste più interessanti della scena itaiana, in virtù di una ricerca sonora che sa mischiare alla perfezione pop , avanguardia, retaggi classici, jazz, rock, impennate quasi zappiane, blues e tanto altro.
Nel nuovo album c’è addirittura un contributo di un suo fan eccellente, David Byrne ex “testa pensante” dei Talking Heads oltre ad uno spettro musicale che raccoglie con incredibile personalità e maturità un’infinità di influenze.

15) ANDREA BALDUCCI - Bloom
Elegante, raffinatissimo, gustoso esordio a base di una saporita e chic zuppa soul jazz per Andrea Balducci, allevato alla scuderia Schema.
“Bloom” scorre via veloce tra evidenti omaggi al mood di Jamie Cullum, Michael Bublè e Raphael Gualazzi.
Un ascolto piacevole, fresco, di alto valore qualitativo pur se in un contesto prevedibile come quello del crooner jazz style.

domenica, dicembre 22, 2013

La reunion degli Small Faces



Ian Mac Lagan
“Kenney and I have been talking; in two years' time it'll be the 50th anniversary of the Small Faces.
We would like to tour. Kenney's thinking on a small level, but I think it could be bigger than we think. I'm gonna speak to Paul Weller and see if he might be interested in touring with us, and maybe Noel Gallagher.
I don't know; they're two fans and they're two friends who love the Small Faces, and it would be nice to honor them.”


“Ne abbiamo parlato io e Kenney: tra due anni (2015) sarà il 50° anniversario degli Small Faces. Ci piacerebbe andare in tour.
Kenney pensava a qualcosa di limitato ma io penso che possa essere molto più grande di quanto possiamo immaginare.
Ne parlerò a Paul Weller per vedere se fosse interessato a venire in tour con noi e magari a Noel Gallagher.
Non so ,sono due fans e due amici che amano gli Small Faces e sarebbe una bella cosa”


Si parla di reunion degli SMALL FACES...certo che senza Steve Marriott e Ronnie Lane ci sarebbe non da ridere ma da piangere...ma forse con Weller e Gallagher un po’ meno !!
Il proposito è succulento, sperando che però non vada in porto se dovesse limitarsi ai soli Ian e Kenney.

Nel frattempo segnalo un album uscito un paio di anni fa di STEVE MARRIOTT “Lend us a quit”, raccolta di brani “perduti” destinati ad un progetto solista di Steve nel 1975, dopo lo scioglimento degli Humble Pie, ma rifiutato dalla casa discografica.
Sedici provini, spesso live in studio, registrati da Steve con Boz Burrell (bassista già con Bad Company e King Crimson), Ian Wallace (batterista di King Crimson, Bob Dylan, Alexis Korner, Humble Pie), Jimmy McCol
lough (Wings, Stone The Crows), Clem Clempson dei Colosseum, Alexis Korner. Il tuto prodotto da Andrew Loog Oldham. Ci sono eccellenti versioni di “Think” di James Brown e “Shake” di Sam Cooke (già nel repertorio dei primi Small Faces), una discreta di “To Ramona” di Dylan ed una fantastica di “Rain” dei Beatles in chiave hard blues.
Il sound è sempre piuttosto ruvido e di chiaro stampo mid 70’s (in pieno stile Humble Pie), la voce paurosa e il feeling notevole.
Ottimo album (trascurabile il live allegato, molto raffazzonato).

sabato, dicembre 21, 2013

LILITH AND THE SINNERSAINTS live a Vogogna (Verbania) - "Loggia del leopardo"



Si torna in concerto stasera con LILITH AND THE SINNERSAINTS a Vogogna (Verbania) alla "Loggia del Leopardo"

Tutti i dettagli qua:

https://www.facebook.com/events/238498106327027/

Su Lilith and the Sinnersaints qua:
http://www.lilithandthesinnersaints.com/
https://www.facebook.com/LilithandtheSinnersaints

Le prossime nostre date invece sono queste:

Sabato 28 dicembre : Torino “The Hustler”

2014
Sabato 21 febbraio : Milano “Cox 18”
Sabato 08 marzo : Aosta “Espace”
Sabato 15 marzo : Cremona “Arcipelago”v Martedì 18 marzo : Milano “Rock n Roll Radio”
Sabato 12 aprile : Firenze “Tender”
Domenica 13 aprile : Roma “Le Mura”
Venerdì 25 aprile: Catania (TBC)
Sabato 26 aprile: Messina (TBC)
Sabato 10 maggio : Vignola (MO) “Circolo Ribalta”

venerdì, dicembre 20, 2013

Le 100 canzoni più belle dei Beatles



Chi è assiduo di questo blog sa quanto mi diverte stilare classifiche....di tutti i tipi.
E' la Sindrome di "Alta Fedeltà" (vedi Nick Hornby).
E sa anche quanto ami i Beatles.
E i giorni pre natalizi sono l'ideale per una classifica delle 100 canzoni più belle dei Beatles.

NOTA BENE: la classifica è SOGGETTIVA, stilata per puro DIVERTIMENTO, un pretesto per riascoltare con attenzione la discografia dei Nostri (è ovvio che non c'è nessun criterio particolare per mettere "Sexy Sadie" al 53° posto e "Yer blues" al 76°...).


01 We can work it out
Uscita come singolo nel 1965 rappresenta il perfetto equilibrio tra i primi Beatles beat e quelli più maturi e un mirabile esempio di collaborazione compositiva tra Paul e John (per quanto il brano sia più del primo).

02 Strawberry fields forever
Singolo del 1967, opera del solo John, è forse il brano più rappresentativo della psichedelia pop brit di fine 60’s. Gli effetti psych sono perfettamente dosati, la melodia indimenticabile, i cambi ritmici geniali, Ringo Starr si esibisce in uno dei migliori drumming della sua carriera.

03 A day in the life
L’epica chiusura di “Sgt Pepper’s” è un geniale lavoro di John (che compone il tutto) e Paul (che inserisce invece la parte centrale dopo il suono della sveglia).
Il testo è pieno di riferimenti, il finale è tra i più noti della storia del rock con un accordo di piano che dura 40 secondi (suonato da tre pianoforte diversi più l’harmonium di George Martin).

04 Blackbird
Il solo Paul nell’ Album Bianco del 1968 esalta la sua innata capacità di scrivere con semplicità un capolavoro. Solo chitarra e voce per un brano (che parla di diritti civili) emozionante.

05 Let it be
E’ noto come Paul si sia spesso distinto per ballate melense e dolciastre.
“Let it be” rimane però intoccabile per grazia, incisività, interpretazione.

06 Tomorrow never knows
La vetta lisergica di John.
Consideriamo che è il 1966 e le tecniche di registrazione limitatissime e ascoltiamo cosa riuscirono a tirarci fuori. Non dimenticando la batteria ipnotica di Ringo, gli effetti, il basso potentissimo di Paul, il sitar di George.
Un lavoro di squadra superlativo.

07 Think for yourself
E’ uno dei brani meno conosciuti di George (da “Rubber soul”) ma è quello più innovativo (grazie anche al sorprendente basso distorto di Paul) e particolare con arrangiamenti vocali raffinatissimi e in primo piano su una base ostica, ritmicamente spezzata e un cantato cattivo e scocciato.
Un gioiello.

08 Hey bulldog
Trascurato e sempre relegato nell’oblìo, lo considero tra i capolavori di John e dei Beatles.
Riff originalissimo, cantato unico, una delle migliori interpretazioni di Paul al basso, un assolo cattivissimo di chitarra di George e il finale isterico di urla canine.

09 Come together
Un gioiello corale, per quanto il brano sia farina del sacco visionario di John, con la la linea di basso di Paul che sostiene il brano e l’originalissimo accompagnamento di Ringo.

10 I am the walrus
L’esplosione psichedelica di John, del 1967, testo dalle mille interpretazioni (reaki e presunte) e un arrangiamento magistrale dove su una base ritmica semplice e lineare si inseriscono mille suoni, rumori, cori, nastri, effetti.

11 I saw here standing there
Una delle migliori composizioni del primo periodo, su “Please please me” del 1963, principalmente di Paul ma con un buon contributo di John.
E’ rock n roll basilare, diretto, ancora “sporco” di Amburgo e “Cavern”.

12 Paperback writer
Il basso pulsante di Paul, un riff di chitarra mirabolante e le voci di John e George ad accompagnare ne fanno un perfetto brano beat in progress come si conviene a chi, nel 1966, guarda sempre avanti.

13 Day Tripper
Il lato B di “We can work it out” del 1965 coglie i Beatles in uno dei loro migliori periodi in cui si avverte chiara la transizione tra la commercialità e la spensieratezza beat e nuovi orizzonti.
Il riff (di John) è palesemente rock n roll (molto Stones), le voci perfettamente armonizzate, al testo lavorarono insieme John e Paul (il cui basso emerge bene nella spinta del brano).

14 Happiness is a warm gun
Uno dei capolavori compositivi di John dal White Album, una specie di mini opera rock di 2’45” in cui sono racchiusi diversi brani che cambiano repentinamente le atmsofere del brano.
In un momento di grande tensione nel gruppo in cui ognuno incideva e componeva separato dagli altri è uno dei rari esempi del White Album in cui tutt ihanno collaborato attivamente alla buona resa del brano.

15 Norwegian wood
Una delle migliori ballate di John (con un piccolo contributo di Paul), elaborata ma allo stesso tempo semplice, pura aria fresca.
L’aggiunta di poche note di sitar di George conferisce al brano un’aura assolutamente magica.

16 Rain
Relegata a B side di “Paperback writer” del 1966 è uno dei brani (di John) più rappresentativi del periodo pre psichedelico (pur se abbondantemente lisergico).
Ringo palesa il suo miglior drumming di sempre, probabilmente, le chitarre sono stupende, la voce di John perfetta, il basso di Paul ricama un giro avvolgente e il finale con il nastro rovesciato apre un’epoca. Per il brano furono realizzati ben tre video.

17 Two of us
Un delicato brano di Paul dal vago sapore country, bene accompagnato, con discrezione ed equilibrio dagli altri. Soave, leggero, fresco.

18 Helter skelter
Un incredibile, violentissimo hard rock di Paul, antesignano e ispiratore del genere che segna a fuoco il “White album” (già spesso orientato verso suoni particolarmente duri, da “Yer blues” a “Everybody’s got..”, “Birthday”, parti di “Happiness is a warm gun”) con un brano deliberatamente rumoroso. Il basso (a sei corde) martellante è di John, la chitarra distorta di Paul.

19 Hey Jude
Epica, monumentale canzone di Paul, dedicata al figlio di John, Julian.
Ottimo il lavoro di Ringo, il resto è un corale (in tutti i sensi) appoggio ad uno dei migliori brani in assoluto di Paul con finale sinfonico.

20 Abbey Road medley
Nove brevi brani a comporre un medley (avversato da John) di brevi canzoni (con l’eccezione di “You never give me your money”).
In realtà i collegamenti tra una e l’altra sono alquanto forzati ma alla fine il tutto è affascinante e stimolante con brani come “Mean Mr Mustard” o “Polythene Pam” che risultano interessanti proprio perchè brevi accenni. Geniale il finale con l’inedito assolo di Ringo di “The end” con i 23 secondi di “Her majesty” a chiudere inaspettatamente la carriera dei Beatles.

21 Something
Il brano più fortunato di George coverizzato da una lunga serie di artisti, composto nel 1968 e destinato al “Whte Album” ma per ragioni di spazio dirottato in “Abbey Road”.
Originariamente ne fu registrata una versione di otto minuti poi ridotta.
John suona il piano ma appare solo brevemente. Billy Preston all’Hammond.

22 Please please me
Brano di John originariamente concepito come un lento alla Roy Orbison poi aumentato di velocità per volere di George Martin rappresenta al meglio l’iniziale semplicità e freschezza ancora manifestatamente rock n roll.
Esemplare il drumming di Ringo che muove il brano con una ritmica sapientemente spezzata e con rullate brevi, precise, efficaci.

23 Love me do
L’esordio del 1962 è cristallino, diretto, facile, con la simpatica armonica bluesy di John.
Semplice ma rivoluzionario.

24 Twist and shout
Il brano degli Isley Brothers destinato a diventare un classico dei live con il celebre crescendo vocale marchio di fabbrica del primo periodo.

25 Sgt Peppers Lonely heart club band + reprise
L’idea iniziale del concept pensato da Paul parte con il brano che darà il titolo all’album.
Alla fine resteranno solo tracce sparse del concept originario, tra cui la breve reprise finale della title track. Un poderoso rock n roll dai tratti proto sinfonici con effetti sonori sparsi.
Di Paul l’assolo di chitarra.

26 Ticket to ride
In buona parte di John ma con un tocco di Paul (che inventò il riff e, pare, indicò a Ringo la caratteristica ritmica spezzata che rende il brano inimitabile). John (alla voce) lo ha definito “il primo pezzo heavy metal della storia”...esagerato ma è indubbio che il sound è pesante e “hard” per l’epoca (1965).
Il solo di chitarra è di Paul.

27 Yesterday
Buffo che sia attribuito Lennon/McCartney quando l’unico compositore ed esecutore è il solo Paul (con un quartetto d’archi).

28 If I needed someone
Capolavoro di George da “Rubber soul”, esplicitamente ispirato dai Byrds (il riff è “rubato” al loro “The bells of Rhimey”) e con andamento proto psych con riuscitissime armonizzazioni vocali di Paul e John.
E’ il brano più famoso dei Beatles con oltre 2.200 cover registrate (pare che renda 50.000 euro al giorno di diritti d’autore...).
Ed è un brano stupendo soprattutto quando eseguito dal vivo con solo chitarra e voce.
29 Eleanor Rigby
Il solo Paul (con le voci di John e George) e una sezione d’archi per uno dei brani più famosi della band.
Pur se attribuito spesso al solo Paul in realtà ebbe un notevole contributo di John (anche se è difficile credere alle sue parole quando disse che il testo era praticamente tutto suo) e in parte di George e Ringo che lo aiutarono nel testo.

30 Penny Lane
Per molti il capolavoro di Paul, forse no ma ci va molto vicino.
Grande ballata, in cui la musica va di pari passo alla nostalgia del testo.
Spettacolare l’assolo di cornetta di David Mason.

31 Flying
Composto da tutti e quattro, unico brano strumentale, originariamente di 9 minuti (brano preferito dei Beatles da Robert Wyatt....) è un affascinante quanto breve (poco più d i2 minuti) brano psichedelico dall’incedere epico.
Conturbante.

32 With a little help from my friends
Scritto da Paul (che contribuisce anche con un minimale ma efficacissimo arrangiamento di basso) e John per Ringo. Uno dei brani più famosi del gruppo, costruito in forma di dialogo e ancora freschissimo.

33 Taxman
Il brano apre “Revolver”, le capacità compositive di George hanno ormai un credito definitivo e la dimostrazione è questo rabbioso brano (sulle iniquità fiscale del governo inglese) con un grande ritmo, il basso di Paul (che firma anche uno spettacolare solo di chitarra), la chitarra distorta e acida di George, un efficacissimo quanto pulito drumming di ritm. Brillanti le risposte vocali di John e Paul.

34 Dear Prudence
Stupenda ballata di John dal White Album dedicata alla sorella di Mia Farrow nei giorni indiani con il Maharishi.
Alla batteria Paul.

35 Glass onion
Gioiellino psychobeat di John con vari riferimenti ai titoli delle canzoni dei Beatles e il famoso verso “the walrus was Paul” che alimentò le solite fantasie sulla morte di Paul.

36 While my guitar gently weeps
Uno dei capolavori di George con il famoso solo di Eric Clapton mai ufficialmente accreditato. Ballatona malinconica e dal grande impatto melodico con buon accompagnamento di piano di Paul (mentre il resto , dal basso alla batteria sembra particolarmente svogliato).

37 Help
Titolo dell’omonimo album e film del 1965 prosegue sulla falsariga tematica, armonica e stilistica introdotta l’anno prima da “I’m a loser” pur se arricchita da un arrangiamento vocale sopraffino.

38 Nowhere man
Uno dei primi brani dei Beatles a non parlare di amore o frivolezze, non per niente opera di John.
Le armonie vocali sono esemplari, l’accompagnamento chitarristico di ispirazione Byrdsiana.

39 All you need is love
Le tematiche pacifiste incominciano a diventare prioritarie per John che scrive una buona song, molto ben arrangiata, eccessivamente orchestrata ma un piccolo capolavoro (con particolare menzione per la ritmica che varia continuamente dai 7/4 agli 8/4).
Alle spazzole sul rullante è accreditato niente meno che Keith Moon....
Bella l’idea di inserire nella parte finale il coro di “She loves you”...

40 She said she said
Stupendo brano di John (ispirato da un incontro/”viaggio” con Peter Fonda in Usa), intensamente psichedelico e con uno dei migliori lavori di Ringo in assoluto che si destreggia tra rullate in controtempo e continui cambi di ritmica mentre una melodia lineare e arabeggiante si sviluppa in superficie. Paul non suona, George al basso.

41 Within you without you
Il contributo di George a Pepper’s è coraggioso anche se prevedibile nel suo momento di totale infatuazione per la musica indiana. La melodia è però bellissima, l’arrangiamento affascinante, George è al meglio.

42 I’m a loser
Considerata la prima canzone dei Beatles (di John) direttamente influenzata da Dylan, conserva in realtà tutte le classiche caratteristiche del Fab Four sound, nonostante la cadenza countryeggiante e l’armonica Dylaniana di assolo.

43 Getting better
Paul al meglio in un brano disimpegnato, leggero in cui suona praticamente tutto (gli altri rifiniscono) e si esprime ancora una voglia al meglio facendo diventare il basso uno strumento solista e portante.
Armonizzazioni splendide, solari, psichedeliche.
Pura classe.

44 Old brown shoe
Uno splendido brano di George del 1969 (b side di “The ballad of John and Yoko”), rock blues potentissimo, tirato, con un basso travolgente (pare suonato dallo stesso George), un grande assolo di George (John appare solo ai cori e Rinhgo doppia la frase dedicata a lui Wearing rings on every finger).

45 Everybody got something to hide except for me and my monkey
Un incredibile rock n roll, durissimo, di John dall’Album Bianco con riferimenti al rapporto con Yoko (anche se pare più palese quell oall’uso dell’eroina a cui si stava avvicinando sempre di più).
Come nel caso di ”Yer blues” ed “Helter skelter” l’esecuzione è quasi live, molto lo-fi e immediata. Grande il lavoro al basso di Paul.

46 The ballad of John and Yoko
Un atipico quanto bellissimo brano di John, suonato con il solo apporto di Paul (basso, voci e batteria), (auto)ironico, spensierato, coinvolgente. Paradossale pensare che stava per finire tutto....

47 I wanna be your man
Un rock n roll/beat classico, ben cantato da Ringo, composto da Paul (per i Rolling Stones) e inserito in “With the Beatles” (con George Martin all’Hammond).

48 A hard days night
Grande brano di John, titolo (di Ringo) dell’omonimo album e film, aperto dal famoso accordo di chitarra (e piano), con un bellissimo solo di George.

49 All my loving
Uno dei capolavori compositivi di Paul e di esecuzione del gruppo, con l’accompgnamento di terzinato di John, un breve sol odi George e una ritmica discreta ed essenziale di Ringo.
Su tutto le armonizzazioni di George sotto la voce di Paul.

50 Cry baby cry/Can you take me back ?
Drammatica ballata di John sul Bianco.
Ottime le armonie vocali in falsetto di Paul e John e il basso di Paul che ricama benissimo sotto una base di piano in evidenza. Conturbante l’ipnotico breve finale di Paul.

51 I want you
Blues sperimentale ed ipnotico di John che si avvale di un grande groove (soprattutto nello strumentale jazzy con un grandissimo Preston all’Hammond e la chitarra solista di John).
Il brano si conclude magnificamente con una brusca interruzione del nastro e sublima l’incredibile versatilità stilistica dei Beatles.

52 Here comes the sun
Un altro vertice di George in stato di grazia in Abbey Road.
Non c’è John, Paul si limita ad un basso mediocre ma Ringo si supera accompagnando in maniera superba una ritmica particolarmente complessa dai continui cambi di tempo.

53 Sexy Sadie
Un caustico omaggio di John al Maharishi (la canzone doveva intitolarsi proprio “Maharishi” ma fu cambiata su richiesta di George) nel White Album del 1968.
Una grande ballata mid tempo.

54 I’ve got a feeling
Bellissimo rock n roll bluesy mid tempo in cui John e Paul compongono in coppia un contagioso brano, rockeggiante e di grande presa. L’insert di John “Eveybody got a hard year” è perfettamente funzionale all’atmosfera.

55 For you blue
Semplicissimo rock blues di george (eseguito in un solo giorno) da “Let it be”, fresco, energico, tirato, solare e che restituisce l’immagine di una band affiatata e in formissima (e non ormai morta).

56 Got to get you into my life
L’omaggio di Paul al magico mondo dell’erba in chiave Stax/Motown con ampio dispiego di fiati, rimasto nel suo live set solista.

57 Free as a bird Il brano della “reunion” ricreato su un vecchio nastro inciso da John.
Discutibile finchè si vuole ma la magìa improvvisamente riappare e riesce ancora a strappa re un moto di emozione, rammarico e rimpianto.

58 Get back
Davvero un bel rock n roll tinto di blues a cura di Paul, con solo pregevole di Billy Preston e grande groove da parte di tutta la band.

59 I’m down
Stupendo, semplice, lineare rock n roll in chiave Little Richard di Paul del 1965, uscito solo su singolo, eseguita dal vivo con John alle tastiere.

60 Eight day a week
Un freschissimo beat di John e Paul del 1964 dal titolo ispirato da Ringo (nella stessa vena del gioco di parole di “A hard day’s night”, uscito anche come singolo.

61 I feel fine
Con il primo feedback (a quanto si dice con il primo feedback di chitarra della storia anche se in realtà Link Wray lo utilizzò già nel 1958 in “Rumble”) è un buon beat n blues di John mutuato dal riff di “Watch your step” di Bobby Parker.

62 Revolution
Controverso rock blues di John in cui (non) chiarisce la sua posizione sulla “rivoluzione” in atto nel 1968, riservandosi di decidere...al piano Nicky Hopkins. Brano di per sè banale ma importante nell’economia della band.

63 It won’t be long
Brano (di John) mai suonato dal vivo, presente solo nel secondo “With the Beatles” del 1963, è un gioiellino sottovalutato di beat cristallino con stupendi arrangiamenti vocali.

64 Don’t bother me
La prima canzone di George ad essere incisa (su “With the Beatles”).
Acerba, essenziale, scarna ma efficace e diretta con buon solo di chitarra.

65 You’ve got to hide your love away
Da “Help” del 65 è John che imita Dylan (come ha sottolineato Paul) con un brve solo finale di flauti (di John Scott).

66 Drive my car
Un buon rock n roll di Paul (con un piccolo aiuto di John) che ha poi spesso utilizzato nei live act solisti. Il solo di chitarra è di Paul (mentre George dichiarò di aver suonato il basso).

67 The word
Un sottovalutato brano da “Rubber soul” ma di particolare interesse. Composto insieme da John e Paul (dopo aver fumato, per la prima volta in fase di composizione, marijuana) è un o dei primi approcci al concetto di “amore” in chiave astratta mentre musicalmente è un stupendo driving beat con le armonizzazioni vocali di Paul,John e George che rasentano la perfezione.

68 Lucy in the sky with diamonds
Abitualmente inserito tra i migliori brani di John ma in realtà tra quelli che più ha subito il trascorrere del tempo. Senza i forzati riferimenti all’LSD etc etc un brano minore.

69 Back in the USSR
Classico rock n roll di Paul (che suona anche la batteria) che apre il White Album diventato costantemente presente negli act solisti.

70 Across the universe
Gioiello di John (originariamente con il solo contributo di George al sitar), sovra caricato di arrangiamenti ridondanti da Spector in “Let it be”. Di base una buona ballata, semplice e commovente.

71 Can’t buy me love
Un rock n beat del 1964 nel tipico stile di Paul, grande successo come singolo e piccolo classico della band. Buono il solo di George.

72 Things we said today
Una delicata ballata mid tempo di Paul con cambi armonici raffinatissimi e un bridge che porta su binari più rock per poi tornare nelle soffici atmosfere prevalenti.
Piccolo gioiello minore che Paul ha conservato in repertorio negli anni.

73 You can’t do that
John alla grande con un roccioso brano, cattivo e rozzo, con solo aspro dello stesso John.
I cori di contrappunto di George e Paul colorano benissimo l’andamento mid tempo del brano.

74 I want to tell you
Ottimo brano di George da “Revolver” con influenze psichedeliche, il basso ipnotico di Paul, bellissime melodie vocali di ispirazione indianeggianti.

75 Only a nothern song
George in una polemica canzone contro le edizioni musicali dei Beatles.
Psichedelia ed effetti in abbondanza, forse eccessiva (più bella la versione “pulita” su “Anthology 2”).

76 Yer blues
Pesantissimo hard blues di John registrato apparentemente live in studio, imperfetto, lo-fi, crudo, quasi in jam session.
Bello per quello.

77 Being for the benefit of Mr. Kite
John in pieno trip psych sperimentale mette insieme un brano di rara complessità dove un’armonia semplice si combina a costruzioni sonore avvolgenti, trasognanti, cerebrali.
E’ il 1967 ma i Beatles sono già avanti.

78 Eight days a week
Accreditato principalmente a Paul ma con il contributo di John (che canta la canzone, il cui titolo fu ispirato da Ringo) è un buon beat and roll con una rarità per l’epoca : l’inizio sfumato in crescendo.

79 Every little thing
Sempre poco considerata è una bellissima ballata di Paul (cantata, cosa rara, da John) tratta da “For sale” del 1964 (e molto ben ripresa dagli Yes).

80 Good day sunshine
Brano di Paul che conduce con un bel riff di piano e la voce ben supportata dai rinforzi di George e Ringo. Non ci sono chitarre.
Ringo si destreggia bene in cambi di tempo inusuali e ben studiati, George Martin provevde al breve solo di piano.

81 Lovely Rita
Paul in una pulsante piano ballad intrisa di effetti psych e di un mood jazzy ricco di armonizzazioni vocali molto particolari.

82 For no one
Da “Revolver” un altro brano “solo” di Paul, piano e voce (solo Ringo appare con una batteria lasciata in sottofondo mentre Alan Civil suona il corno). Ballata barocca con tanto di clavicembalo.

83 Dr. Robert
Divertente e spedito psycho beat composto da Paul e John con belle chitarre distorte, armonie vocali semplici ma fascinose, un discreto harmonium suonato da Paul.

84 Magical Mistery tour
Un rock n roll psichedelico di Paul (con un aiuto di John nel testo), bene arrangiato con una bella sezione fiati e un affascinante finale jazzato.

85 Fool on the hill
100% Paul ma con l’apporto anche degli altri tre (che pure così poco si sentono).
Una grande ballata, diventata un classico.

86 In my life
Un brano dal sapore rhythm and blues ballad abitualmente attribuita al solo John (che canta e scrisse le parole di forte sapore autobiografico) ma che ricevette un aiuto da Paul e da George Martin protagonista di un assolo barocco al piano.

87 Baby you’re a rich man
La B Side di “All you need is love” del 1967 è uno degli ormai rari brani composti a 4 mani da Paul e John, arricchito da vari effetti psych, dal ritornello facilmente memorizzabile e con un suono ricorrente simil fiato riprodotto con un proto synth.
Nel brano appaiono (pare) anche Brain Jones e Mick Jagger nei cori finali.

88 If I fell
Una delle migliori ballate di John da “A hard day’s night” del 1964.
Melodica, struggente, lineare, apparentemente semplice, in realtà ricchissima di scale melodiche inusuali.

89 The night before
Veloce ballata del 1965 di Paul con classico incedere beat con ottimo solo di chitarra dello stesso Paul (anche se nel film “Help” è George a mimarlo). Strana la voce di Paul leggermente roca per tutto il brano.

90 Run for your life
Canzone odiatissima da John (amata invece da George), forse anche per il pessimo solo di chitarra scordata dello stesso John è in realtà un buon beat n roll che se maggiormente curato e con un testo meno aggressivo (in cui augura la morte alla sua “little girl”) avrebbe potuto avere maggior credito.

91 And I love her
Classica ballata di Paul (per l’allora fidanzata Jane Asher), soffice, tipicamente mielosa ma raffinata ed elegantissima nell’arrangiamento semi acustico, arricchita da un buon solo di George all’acustica.

92 I’ve just seen a face
Un country spedito a cura di Paul che lo ha spesso ripreso sin dagli anni dei Wings.

93 Michelle
Zuccherosa ballatona di Paul (con contributo nel “ponte” di John), famosa per le parole in francese è un brano con tonalità gospel bluesy.
Pur se accreditati tutti e quattro ai rispettivi strumenti pare sia stata eseguita interamente dal solo Paul.

94 Yellow Submarine
Un brano per bambini composto da Paul per Ringo con l’aiuto di John e Donovan.
Ai cori anche Marianne Faithfull, Brian Jones e Pattie Boy.
E’ uno dei più famosi di certo non dei migliori.

95 Hello Goodbye
Un Paul classico, divertente e divertito con un brano semplice e solare, facile e 100% easy.

96 Fixing a hole
Uno dei brani più deboli di “Sgt Peppers”.
Paul non al top, brano trascurabile. Anche il solo di George non è particolarmente ispirato.

97 She’s leaving home
Classica ballatona di Paul orchestrata (degli altri Beatles il solo John partecipa ai cori), zuccherosa all’eccesso.

98 When I’m sixty four
La passione di Paul per le atmosfere retrò era già nota agli esordi.
Il brano è un odei primi composti dal nostro nei primi 60’s. Qui ripreso con ampi odispiego di arrangiamento.
Brano curioso e affascinante nel testo ma non particolarmente interessante.

99 Good morning good morning
John compone un divertente brano di scarso spessore ma dall’interessante arrangiamento di fiati e da una ritmica piuttosto complessa.

100 Martha my dear
Deliziosa canzoncina barocca di sapore jazz anni 30 di Paul (che suona, a parte fiati e archi, tutto dalla chitarra alla batteria) dedicata al suo cane. Uno dei rari momenti solari dell’Album Bianco.

100 I’m so tired
Un hard blues ipnotico e ripetitivo di John, che modula benissimo i passaggi da una parte dolce e leggiadra ad una dura e aspra.

100 Julia
Commovente ballata chitarra e voce del solo John, dedicata alla madre.

100 Savoy Truffle
George con un soul rock dal testo divertente (elenca una serie di dolciumi e cita una serie di brani dei Beatles). Bella la sezione di fiati. Non c’è John.

100 Long and winding road
Appesantita da un arrangiamento pomposissimo di Spector in “Let it be” è comunque una buona ballata in pieno stie Mac che canta e suona il piano (John all’incertissimo basso, Ringo alla batteria in sottofondo).

100 I me mine
Non la miglior prova di George, ultimo brano registrato dai Beatles (pur con John assente), con abbondanza si sovraincisioni orchestrali di Spector, originariamente di 1’ e 30”, “allungato” a 2 e 30 con un abile operazione di incollaggio.

100 Lady Madonna
Un bel boogie di Paul per piano e voce in evidenza con solo di Ronnie Scott, fondatore dell’omonimo jazz club in cui si esibirono tante bands de i 60’s.