Foto Alessandra Toffolo Outoflens (dal profilo FB di Music Village).
Grazie all'amico SOULFUL JULES una recensione del recente concerto dei PRISONERS a Pordenone nella rassegna "Music Village".
Quando Antonio mi ha chiesto una recensione del concerto dei Prisoners a Pordenone mi sono sentito un po’ a disagio.
Fosse stata un’altra band non mi sarei fatto problemi ma i quattro di Medway hanno quest’aura che fa il pelo alla leggenda, sono la personificazione dell’integrità, in oltre quarant’anni mai un passo falso, mai una brutta canzone o una caduta di stile e hanno qualche migliaio di ammiratori in tutto il mondo che, come me, li adora incondizionatamente.
Da autentico fan, da uno che ci tiene davvero, ho iniziato a pensare a quelli che seguono la band dalla prima ora, a chi li ha visti negli anni ottanta e nelle poche reunion successive, al fatto che leggendo il mio nome potessero chiedersi “E chi cazzo è questo?”
Ma ormai l’impegno me l’ero preso e mi sono messo a scrivere.
Ammetto di non aver ascoltato con attenzione il nuovo album, Morning Star; l’ho fatto andare in sottofondo un paio di volte appena uscito ma c’era qualcosa nel suono e nella composizione che non mi prendeva fino in fondo e quindi ho lasciato perdere.
Se davvero era un bel disco il suo momento sarebbe arrivato.
Più di qualcuno si sarà domandato perché proprio Pordenone come unica data oltre a quella del Roundhouse di maggio.
Credo che il motivo sia semplice.
I Prisoners hanno ricevuto una buona proposta da parte di organizzatori che lavorano bene, vari membri della band hanno già suonato diverse volte in zona e apprezzano il nostro territorio.
Il concerto si è tenuto nell’ambito del Music In Village, manifestazione che esiste da oltre trent’anni e che negli ultimi tempi ha trovato una nuova sede al parco IV Novembre, a pochi passi dalla stazione dei treni. Ingresso gratuito, food trucks, situazione per famiglie o giù di lì.
Venerdì i primi fan sono arrivati già dalle 17.00 per assistere al soundcheck, gestito in poco più di quaranta minuti.
Verso le 18:30 io ed Enrico Lazzeri abbiamo iniziato a mettere un po’ di dischi in sottofondo, garage, r&b, soul e 60’s rock, mentre arrivava gente da tutta Italia, dall’Inghilterra e dalla Germania. Nonostante il caldo micidiale, si è subito instaurato un bel clima tra amici che non si rivedevano da un sacco di tempo o persone che si conoscevano solo via internet.
Alle 21:50 i Prisoners sono saliti sul palco davanti a un pubblico numeroso e preso bene. Quando sono partiti con Hurricane (da Thewisermiserdemelza) ero un po’ indietro e il suono non era cristallino, la band mi è sembrata un po’ contratta e lì ho pensato che forse non sarebbe stata una grande serata, che si sta poco a sgonfiare l’entusiasmo di mesi e mesi di attesa e trepidazione, forse per il caldo o per l’impianto, l’acustica del parco, vai a sapere.
Per il secondo pezzo, Coming Home (A Taste Of Pink), sono andato sotto al palco, sulla destra, dal lato di Graham Day, e devo dire che il suono era buono, la voce e i riff della Telecaster belli graffianti così come l’hammond di JT, pulito e potente.
Applausi e grida di incitamento da parte del pubblico.
Con la terza canzone, Going Back, dall’ultimo album, ho avuto l’impressione che la band fosse finalmente entrata nel proprio elemento, sprigionava un’autentica energia propulsiva, i Prisoners non erano lì per rivivere i tempi andati ma per suonare davvero.
A seguire Save Me e Something Better, sempre dall’ultimo album, ora Prisoners si stavano godendo il concerto, soprattutto coi brani nuovi, che finora hanno suonato live in tre occasioni.
Come To The Mushroom (A Taste Of Pink) il primo strumentale della scaletta con l’organo più penetrante e ipnotico che mai, e per me questa è la bellezza di sentire certi brani più carichi e maturi rispetto alle incisioni originali.
Il concerto è proseguito senza interruzioni con un alternarsi di brani da Morning Star (dieci in tutto) e canzoni dei primi quattro album, In From The Cold il più penalizzato.
Direi che è stato un crescendo e la prova che questa nuova fase non è un’operazione nostalgica, la band vive e suona nel presente e probabilmente butta un occhio anche al futuro.
I miei pezzi preferiti sono stati A Taste Of Pink, Love Me Lies con il cantato feroce di Graham che non ha perso un briciolo di smalto e la bellissima Thinking Of You (Broken Pieces) a rallentare il ritmo per qualche battuta.
Del disco nuovo mi ha sorpreso Go To Him, ha un tiro punk pop abbastanza inusuale per il sound dei Prisoners - sembrano più i Buzzcocks o gli Undertones – e James Taylor alla voce è risultato molto coinvolgente e, a mio avviso, più convincente che in My Wife.
Prima dei bis una grandissima Melanie con tutto il pubblico a cantare, uno dei momenti più esaltanti del concerto.
Qualche istante di pausa e i Prisoners sono tornati sul palco per le ultime quattro canzoni: Better In Black (A Taste Of Pink) con Graham in forma super, Deceiving Eye bella potente (unico brano da In From The Cold) e poi lo strumentale American Jingle (The Last Fourfathers) che sfocia in Reaching My Head, uno dei momenti più intensi della serata.
Chiusura con una ottima Hush.
Nel complesso un grande concerto, forse non impeccabile dal punto di vista del suono e dell’esecuzione ma per la prima volta ho davvero apprezzato i brani nuovi, sentiti dal vivo hanno quel carattere e quella profondità che forse non emergono pienamente dalle incisioni di Morning Star.
I sei brani strumentali erano dosati in maniera corretta e probabilmente servivano a dare un po’ di fiato a Graham Day, uno dei migliori vocalist di sempre.
È stato bellissimo vedere i Prisoners in forma nella mia città, sereni e a loro agio, a tratti palesemente felici, coinvolti e coinvolgenti.
A seguire dj set fino all’una, con un mix di classici 60s ballati senza sosta da decine di persone, la moglie e le figlie di Johnny Symons sorprese a cantare I’ll Keep On Pordenon in mezzo alla bolgia.
Ottima l’organizzazione del Music In Village, super sbatti di Bruno Pisa che ci teneva particolarmente che tutto girasse per il meglio e che ha curato anche il ritrovo degli scooter d’epoca, una trentina di Vespe e Lambrette parcheggiate in bella mostra accanto al palco.
Una serata da ricordare e che fa ben sperare per altre date dei Prisoners in un prossimo futuro.
Foto della setlist di Johnny Symons "rubata" a Giampaolo Corradini.
Setlist (più o meno in ordine)
Hurricane
Coming Home
Something Better
Going Back
Come To The Mushroom
This Road Is Too Long
Till The Morning Light
A Taste Of Pink
Winter In June
Whenever I'm Gone
Morning Star
Explosion on Uranus
Save Me
Go To Him
Love Me Lies
The Green Meteor
If I Had Been Drinking
My Wife
Night Of The Nazgul
Thinking Of You (Broken Pieces)
Melanie
encore
Better in Black
American Jingle
Reaching My Head
Deceiving Eye
Hush
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