Riprendo l'articolo che ho pubblicato la scorsa domenica nel quotidiano "Libertà" nell'inserto "Portfolio" curato da Maurizio Pilotti.
Difficile se non impossibile pensare di conciliare le visioni filosofiche di rock e religione islamica, quanto di più antitetico si possa pensare (nella loro accezione più ampia e rigida) e reciprocamente ostili per mille, noti, motivi.
Ovviamente in questa sede non si vogliono approfondire, né fare cenno a contenuti religiosi e di fede, non avendone competenza, conoscenza ed essendo, come è immaginabile, un cosiddetto “terreno minato”, soprattutto quando si entra in contesti estremisti.
Ci si limiterà alle connessioni puramente artistiche.
Approfondendo, scavando e cercando, si possono trovare sorprendenti punti di incontri, seppur non particolarmente frequenti.
Innanzitutto è il jazz americano che per primo incrocia l'Islam, a cui si converte almeno un centinaio di musicisti.
Tra i pionieri Yusuf Lateef, originariamente William Emmanuel Huddleston, vicino a un piccolo gruppo statunitense di musulmani Ahmadiyya che ispiravano il loro credo ad Allah ma soprattutto alla non violenza. A lui seguirono grandi nomi del jazz come Art Blakey (che assunse il nome di Abdullah Ibn Buhaina) che si convertì all'Islam a fine anni Quaranta, dopo un viaggio in Africa. Ahmad Jamal (precedentemente Fritz Jones) ci arrivò nel 1950:
“Ho abbracciato l'Islam perché mi condusse dall'oscurità alla luce e mi diede una direzione”.
Il capolavoro del jazz (e non solo), “A love supreme” di John Coltrane, pubblicato nel 1964, fu ispirato dalla stretta amicizia che il saxofonista strinse con l'attivista e politico Malcolm X, ai tempi membro della Nation of Islam di Louis Farrakhan, da cui uscì per essere assassinato, nel 1965, si è sempre sospettato, proprio da ex compagni d'organizzazione.
Anche Charlie Parker, Pharoah Sanders, Dizzy Gillespie, McCoy Tyner, per citare i più famosi, si avvicinarono alla religione musulmana, più o meno direttamente e ne furono influenzati musicalmente.
Negli anni Sessanta l'Islam negli Stati Uniti, ancora fortemente pervasi da razzismo e discriminazione, era un elemento unificatore per la popolazione afroamericana, perché abbatteva le barriere razziali e dava ai suoi seguaci uno scopo e una dignità.
In questo senso le relazioni con la “musica nera” sono state frequenti, soprattutto nell'ambito hip hop, a partire dagli inventori del genere, i new yorkesi Last Poets, principali ispiratori di Gil Scott Heron, che, insieme a loro, si prese la nomea di “padre del rap”.
Poi seguiti da coloro che furono tra le fondamenta del primo hip hop americano, come Rakim, Afrika Islam, Q-Tip, Big Daddy Kane, Nas, Mos Def, Snoop Dogg.
Anche artisti più famosi come Public Enemy e Wu Tang Clan ebbero contatti più o meno espliciti con l'Islam mentre Ice Cube, già membro dei NWA, si convertì direttamente spiegandolo con un semplice “mi definisco un musulmano naturale perché siamo solo io e Dio”.
Uno dei massimi esponenti della musica in arrivo dall'Africa, il senegalese Youssou N'Dour, oltre ad essere sempre impegnato politicamente contro razzismo, disuguaglianze e discriminazioni ha sempre seguito con il massimo rigore i precetti musulmani compresa l'astensione da alcolici e fumo.
In ambito rock il fenomeno è stato più limitato, probabilmente a causa dell'ossimoro di accostare un contesto genericamente sempre ascrivibile alla famosa triade “sesso, droga e rock 'n'roll” con ben altre direttive e scopi di vita. Il caso più famoso è probabilmente quello di Cat Stevens.
Una carriera ben avviata e di successo negli anni Sessanta, nella Swinging London godereccia e viziosa, dei cui eccessi beneficia sempre molto volentieri. Ottiene notevole visibilità e diversi successi di classifica.
Quando si salva a stento da un annegamento rivede la sua vita in un'altra ottica, legge una copia del Corano che gli portò il fratello da Gerusalemme e nel 1977 si converte all'Islam.
Abbandona per lungo tempo la carriera musicale, tornando alla ribalta in casi controversi, quando viene lanciata la “fatwa” allo scrittore Salman Rushdie.
Yusuf Islam, suo nuovo nome, si dissocia ma viene male interpretato e severamente criticato da colleghi e stampa.
Viene inserito in una lista di indesiderati in America, dopo gli attentati dell'11 settembre, anche se in questo caso saranno in molti, compreso il ministro degli esteri inglesi a correre in suo supporto. Successivamente donerà i proventi di un suo disco alle vittime degli attentati.
Fonda anche istituti benefici e torna nel 2006 a incidere dischi (portando in molte canzoni tematiche religiose) e a suonare, partecipando anche, nel 2014 al Festival di Sanremo.
La tormentata vita della sfortunata cantante irlandese Sinead O' Connor contempla anche la conversione all'Islam nel 2018, con il nome Shuhada' Davitt (che non userà mai artisticamente).
“Sono orgogliosa di essere diventata musulmana. Questa è la conclusione naturale di un viaggio di ogni teologo intelligente. Lo studio di tutti i testi porta all'Islam e rende tutti gli altri inutili. Mi sarà dato un altro nome. Il mio nome adesso è Shuhada”. Sinead ci ha lasciati nel 2023, neppure la nuova strada religiosa abbracciata diede tregua ai suoi fantasmi.
Il cantautore e chitarrista inglese Richard Thompson si convertì a metà degli anni Settanta, dopo una bella carriera con la folk band dei Fairport Convention.
Tuttora musulmano Sufi, la sua credenza religiosa non ha mai influenzato la musica, l'abbigliamento né gli ha fatto cambiare nome.
Pare che sia stato indotto a questa scelta dai Mighty Baby, band con cui collaborò.
Ex membri di una dei gruppi mod beat più interessanti degli anni Sessanta, gli Action (prodotti dal “quinto Beatles”, George Martin), abbracciarono tutti la filosofia Sufi, cambiando radicalmente la direzione musicale, prima orientata verso un psichedelia con toni quasi hard, passando invece ad atmosfere più “spirituali”.
Un cambiamento radicale che sorprese i fan e chiuse sostanzialmente la loro carriera.
E infine un personaggio sotterraneo come Twink Adler, protagonista della scena psichedelica inglese prima con i Tomorrow e i Pretty Things poi con i Pink Faires con la brevissima esperienza degli Stars con l'ex Pink Floyd Syd Barrett. Musicista e agitatore culturale, negli anni 2000 si converte all'Islam con il nome di Mohammed Abdullah e prende definitiva residenza a Marrakech in Marocco.
Molto singolare la vicenda della scena Taqwacore americana. Nel 2009 vine pubblicato il libro di Michael Muhammad Knight con il titolo "The Taqwacores", che uscirà l'anno dopo in Italia come “Islam punk” con il palese riferimento al brano dei CCCP “Punk Islam”. Un divertentissimo resoconto della vita di una stramba e immaginaria comunità di Buffalo, in America, composta da punk musulmani, devoti ad Allah e al Corano ma, allo stesso tempo, amanti dei piaceri comuni (sesso, droga, alcol, punk) che male si accoppiano con i precetti sacri. "Il nostro gruppo comprendeva un fornicatore ubriacone con la cresta, un tossico, un omosessuale e me, qualunque cosa fossi. Umar era l'unico vero musulmano."
La vicenda finirà malamente culminando con un concerto di band “taqwacore” (ovvero hardcore punk con testi ispirati all'Islam), in cui succederà di tutto.
Il libro fece nascere una piccola scena hardcore punk (che fece il paio con quella “Krishnacore”, devota in vece ai principi Hare Khrisna), che si ispirò alle sue pagine, prendendone il nome, con gruppi, artisticamente marginali, come The Kominas, 8-bit, Vote Hezbollah Diacritical e Secret Trial Five.
Precedentemente in Inghilterra c'erano già stati i Fun-Da-Mental a mischiare hip hop, rock e post wave con precetti islamici, mutuati dal Corano, a sottolineare il ruolo di emarginazione dei musulmani.
Incidevano per la Nation Records, etichetta che produceva dance, elettronica, gruppi caraibici e asiatici, tenendo conto di precetti musulmani come l'avversione per alcol e sostanze stupefacenti.
Infine meritano una citazione una serie di band che arrivano da paesi musulmani e che, pur suonando metal o comunque rock durissimo: parliamo degli iraniani Tarantist, degli iraqeni AritmoTh, dei libanesi The Kirdz, degli indonesiani Purgatory e Tengkorak. Un contesto magmatico, difficile da definire e circoscrivere, da approfondire per capirne di più, valutato in questa sede volutamente in chiave rigorosamente musicale, comunque fonte di interesse, a causa della sua particolarità.
anonimo delle 12:42
RispondiEliminal'equivalente del christian rock? anche no grazie!!!!