Riprendo l'articolo che ho pubblicato ieri per il quotidiano "Libertà".
Parrà strano ma da qualche parte in questo tribolato mondo, ci sono ancora problemi se un'artista di colore decide di dedicarsi a una musica piuttosto che a un'altra.
Capita a Beyoncé, pluridecorata da trentadue Grammy Awards (tra carriera solista e quella con le Destiny's Child), una delle musiciste più note al mondo, che ha “osato” inserire nel nuovo album brani di estrazione e sapore country.
Ovvero la musica “bianca” per antonomasia, colonna sonora del sud degli Stati Uniti, notoriamente conservatrice. La reazione è stata in alcuni casi sdegnata, in altri stupita, in altri ancora, ostile.
In realtà il nuovo album “Cowboy carter” fa parte di un'ambiziosa trilogia in cui la cantante rilegge parte dell'universo musicale americano.
Con il precedente “Renaissance” del 2022 si era dedicata alla dance, elettronica, musica da club, mettendo l'accento sulle tematiche Lgbt+.
Con il nuovo guarda con maggiore attenzione invece alle radici del suono americano, dal soul al gospel, al country, non dimenticando però il sound abituale che ne ha contraddistinto la carriera, a base di pop, elettronica, dance.
Ma il fatto di avere in qualche modo (soprattutto a livello iconografico, vedi la copertina con cappello e vestito da “cowboy” e bandiera americana, tipica estetica delle donne cavallerizze nei rodeo) interagito con un genere “riservato” ai bianchi ha fatto storcere il naso a non pochi.
Ovviamente il lavoro di marketing sapeva bene dove si andava a parare e che spingere su questo tasto avrebbe comportato qualche polemica ma soprattutto maggiore visibilità.
Beyoncé, approfondendo l'argomento, ha specificato che il ruolo dei cowboy di colore è sempre stato sottovalutato, se non ignorato, nella storiografia americana, e che, lei nativa del Texas, ne è sempre stata diretta testimone.
D'altronde la presenza di persone di colore tra gli allevatori di bestiame e lavoratori nello specifico ambito lavorativo oltre che nei rodeo, è risaputa e certificata ma, soprattutto nella cinematografia, la loro immagine è sempre stata cancellata.
“Sono cresciuta andando al rodeo di Houston ogni anno. Era un'esperienza fantastica, diversa e multiculturale, dove c'era qualcosa per qualsiasi membro della famiglia, tra cui grandi esibizioni e cosce di tacchino fritte.
Una delle mie ispirazioni è venuta proprio dalla storia sottovalutata dei cowboy neri americani. Molti di loro venivano chiamati "cowhands" e dovevano subire profonde discriminazioni e spesso obbligati a lavorare con i cavalli più indisciplinati.
Col tempo questi cavallerizzi di colore hanno preso parte a spettacoli incredibili e ci hanno aiutati a reclamare il nostro posto nella storia e nella cultura western.”
Insomma pare però che country e afroamericani non debbano andare d'accordo, per qualche strana regola. Anche se il blues nero ha spesso flirtato con il country e un nome come Ray Charles nel 1962 pubblicò un inaspettato e rivoluzionario “Modern Sounds in Country and Western Music” in cui mischiava il suo classico rhythm and blues con la musica “dei bianchi”.
Sconsigliato da tutti, Ray insistette nel perseguire il suo progetto e alla fine ottenne un successo clamoroso, aprendo molte porte all'integrazione culturale tra le due, ancora rigorosamente divise, comunità. Tornando alla nostra artista, ha chiaramente dichiarato:
“La mia speranza è che tra anni, la menzione della razza di un artista, per quanto riguarda il rilascio di generi musicali, sarà irrilevante “ e “questo non è un album country ma un altro album di Beyoncè”.
Nel disco spiattella una lunga serie di brani (ventisette, per un'ora e venti di musica, per quanto parte di questi siano brevi intermezzi parlati o con rumori e suoni) che danno spazio anche al country, che però non riveste un ruolo preponderante.
Sicuramente c'è “Jolene” uno delle canzoni più celebri della musica in oggetto, composta e incisa dalla regina del country, Dolly Parton, nel 1974.
Che ha apprezzato la scelta:
“Sono una grande fan di Beyoncé e molto contenta che abbia fatto un album country”.
Beyoncé si è premurata di cambiare una piccola ma alquanto significativa parte del testo (in cui una donna prega un'avvenente spasimante del marito di non portarglielo via) che diventa da supplichevole a ordine perentorio:
“Ti prego, per favore, non prendere il mio uomo” di Dolly Parton si trasforma in “Ti avverto, non venire a prendere il mio uomo”.
Nel disco non c'è solo musica ma anche una presa di posizione sociopolitica ben chiara.
Come nella bella e riuscita cover di “Blackbird” dei Beatles, composta da Paul McCartney nel 1968 in omaggio alla rivendicazione dei diritti degli afroamericani e non a caso ripresa nell'album.
Ad accompagnarla Tanner Adell, Brittney Spencer, Tiera Kennedy e Reyna Roberts, musicisti di country di colore.
Un album completo, complesso, personale, profondo, destinato a rimanere tra le vette dell'anno in corso.
Beyonce Knowles, nasce a Houston, Texas, il 4 settembre 1981, da una famiglia con una predisposizione artistica già spiccata. Padre discografico, madre stilista, si distingue vincendo un talent canoro a soli sette anni, passando attraverso la classica “scuola” del coro gospel della chiesa locale.
Fu proprio il padre ad allestire e a gestire il nucleo di quello che diventarono poi (con Kelly Rowland, LaTavia Roberson e LeToya Luckett) le Destiny's Child.
Il primo album frutta la hit "No, No, No", il secondo "The writing's on the wall" ottiene sette dischi di platino, due nomination ai Grammy e un Image Award.
La band cambia formazione ma non perde il gusto per il successo.
“Ho sacrificato molte cose e sono scappata da ogni possibile distrazione. Mi sentivo come una giovane donna di colore che non poteva sbagliare. Ho sentito la pressione dall'esterno e gli occhi degli altri che mi guardavano inciampare o fallire. Non potevo deludere la mia famiglia dopo tutti i sacrifici che hanno fatto per me. Ciò significava che ero l'adolescente più attenta e professionale e sono cresciuta in fretta. Volevo rompere tutti gli stereotipi della superstar nera, che fosse vittima di droghe o alcol o dell'assurdo malinteso che le donne nere fossero arrabbiate. Sapevo che mi era stata data questa straordinaria opportunità e mi sentivo come se avessi una possibilità. Mi sono rifiutata di rovinare tutto, ma ho dovuto rinunciare a molto.”
Intanto assapora anche il gusto di un percorso solista parallelo con l'album del 2003 "Dangerously in love" con risultati di ottimo livello. Anche la carriera cinematografica la attira e le porta fortune e successo.
La band intanto si scioglie nel 2005 (si riunirà sporadicamente) e la lascia conquistare da sola il mondo.
Nel 2008 sposa il rapper Jay-Z da cui avrà un figlio nel 2012 e due gemelli nel 2017. La vita professionale è un susseguirsi di vendite stratosferiche (oltre sessanta milioni di dischi venduti) , record battuti e conquistati, una visibilità assoluta in tutto il mondo. Una popolarità che sfrutta per iniziative benefiche e per sensibilizzare fan e non su tematiche talvolta ostiche come il sessismo, diritti della comunità LGBTQ+, povertà e la condizione femminile. Nonostante il suo impegno non sia sempre del tutto gradito a gruppi femministi che le rimproverano l'esibizione e la presunta strumentalizzazione del suo corpo.
Si è schierata con il movimento Black Lives Matter, ha devoluto grandi cifre per bisognosi durante la pandemia.
“Nel 2013, ho fondato BeyGOOD per condividere la mentalità secondo cui tutti potremmo fare qualcosa per aiutare gli altri, qualcosa che i miei genitori mi hanno instillato fin dalla giovane età, per ispirare gli altri a essere gentili, caritatevoli e buoni. Ci siamo concentrati su molte aree di bisogno, tra cui il soccorso in caso di uragani, l'istruzione con borse di studio per college e università negli Stati Uniti, un programma di borse di studio in Sudafrica, i diritti delle donne, il sostegno alle imprese delle minoranze, l'assistenza alle famiglie con bisogni abitativi, le crisi idriche, l'assistenza sanitaria pediatrica e sollievo dalla pandemia.
BeyGOOD è diventata un'iniziativa mondiale per fornire supporto a livello nazionale e internazionale.
È sempre stato importante per me aiutare gli altri e avere un impatto positivo sul mondo.”
Beyoncé riveste l'importante ruolo di un'artista pop che prende posizione, si schiera, non teme di perdere consenso ma anzi scrive pagine importanti in un momento così precario per i diritti (ovunque calpestati e rimessi in discussione), rivolgendosi a un pubblico immensamente ampio e “generalista”.
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