giovedì, giugno 08, 2023

Sergio Giuntini - Lo sport imbroglione


Un accurato e approfondito viaggio nella storia del doping sportivo, con nomi e cognomi (da Dorando Pietri aal caso Alex Schwazer, come recita il sottotitolo), non tralasciando l'"intoccabile" calcio, passando per Olimpiadi, ciclismo (il Fausto Coppi che confessa pubblicamente l'uso di sostanze), il "doping di Stato" dell'est europeo pre 1989 (DDR e Urss in particolare) e abbondanza di storie ben circostanziate sulla situazione nostrana, che evidenziano l'esistenza di un "sistema" basato sulla connivenza di atleti, allenatori, dirigenti, federazioni sportive nazionali.

Il libro si sofferma sui casi Pantani, sulla Juventus di Agricola (che aveva una farmacia interna con ben 281 medicinali che venivano somministrati ai calciatori), Schwazer e la constatazione che i danni prodotti alla salute e all'etica non hanno mai fermato il doping.

"A partire dalla caduta del Muro di Berlino l'Occidente si liberò dei suoi tabù verso i limiti dello sport e diede vita a un sistema simile a quello dei vecchi paesi dell'est."

Non mancano gli interventi, talvolta provocatori ma neppure tanto, di chi propone la legalizzazione del doping.
Il libro offre un quadro desolante, più semplicemente aderente alla realtà, sorta di resoconto di ciò che accade ogni giorno.

"Lo sport è stato trasformato, da tempo, in spettacolo, show business, grazie a sponsorizzazione e audience Tv.
Il denaro che circola pretende, in cambio, grandi imprese.
Si è accettato che lo sport sia spettacolo ma nessuno si sogna di chiedersi se il grande attore che va in scena abbia assunto o meno cocaina. Ma l'atleta no, giammai: lo si vuole mondato da ogni tentazione"
(Gigi Riva)

"Il doping procede per ere geologiche: della cocaina e stricnina (tra Otto e Novecento), delle anfetamine (dai Giochi Olimpici di berlino del 1936), degli stimolanti (anni Cinquanta), degli steroidi, anabolizzanti (anni 60/70), dell'emoautotrasfusione (anni 80), dell'eritropietina e dell'ormone della crescita (anni 90), genetico (vietato dal 2003), proiettandosi ogni volta con più slancio e furbizia nel futuro prossimo."

La borghesia trionfante introdusse un elemento qualificante dello sport moderno: la misura verificata.
Ogni discrezionalità fu annullata e le regole, il cronometro, il metro, misure del progresso quantificto e oggettivato, assunsero la funzione di stabilire razionalmente le capacità i talenti, decretando sul piano ideologico il passaggio a una cultura fortemente centrata sull'efficienza e la produttività.
Velocità, continuo miglioramento di sé, aspirazione al successo, perfezionismo, spirito di concorrenza divennero le categorie di questo nuovo credo sportivo.
Le medesime che connotavano i primi stadi del processo capitalistico.


Il sistema capitalistico non è altro che un'immensa competizione mondiale, una concorrenza sociale generalizzata.
Il motore di questo processo è la ricerca sistematica del rendimento, che deve essere precisamente misurato e continuamente migliorato allo scopo di appropriarsi di nuovi mercati. Lo sport si presenta come il modello più perfetto della competizione umana impegnata in tutto il globo e in tutti i settori.
(Pierre Lauguillaume)

Riccardo Riccò, il "Cobra", squalificato ripetutamente per doping, recidivo. "Pensate si poassano fare 200 kilometri al giorno per tre settimane tra sole, gelo, pioggia, vento e neve solo a pane e acqua?
Pensate che si possa davvero vincere così o che ci sarebbe magari una tv disposta ad aspettarti in diretta per 7,8 o 10 ore cioè il tempo fisiologico per un tappone di mmontagna con 4.500 metri di dislivello e arrivo in salita dopo avere scollinato per altre quattro vette?
E magari, una volta arrivati al traguardo pronti già al mattino dopo a rifare la stessa cosa con la stessa Tv a imporre agli abbonati lo stesso strazio?
Vi siete mai chiesti perché ogni tappa di un Grande Giro arriva d'abitudine sempre tra le 17 e le 17.30 anche quando potremmo tutti, in gruppo, andare più piano o anche più veloce o comunque al nostro passo?
Non è possibile perché "la tappa deve arrivare entro le 17.30 sennò non ci stiamo con il palinsesto e allora addio pubblicità e sport e magari addio a premi e ingaggi", ci fanno sapere cortesemente dall'organizzazione.
E allora, come polli d'allevamento, ci alleniamo e "curiamo", qualcuno per vincere, i più semplicemenet anche solo per tenere il passo, stare a ruota, essere uno del gruppo.
Solo col doping vinci.
Senza doping non vinci
.
Questa è la regola aurea del gruppo, del mio gruppo".


Sergio Giuntini
Lo sport imbroglione
Ediciclo Editore
330 pagine
20 euro

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